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Autore: Pol1709    11/06/2021    1 recensioni
Bentrovati a tutti.
Questa storia è la continuazione de "Il Cavaliere e la Strega", ma si svolge nell'epoca di Oscar. Quest'ultima, dopo aver detto addio alla Guardia Reale, a Conte Fersen ed aver litigato con André (il famoso episodio della camicia strappata...) passa un periodo di riposo in Normandia prima di prendere il comando delle Guardie Francesi di Parigi. Lì viene coinvolta, a causa di una vecchia avversaria, nella caccia a una antica e potentissima arma, inseguita dagli agenti inglesi e affiancata da una antica nemica/amica.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Britannia – Primo Secolo d. C.
Avevano cavalcato a lungo. Lei era rimasta indietro e poi aveva fermato il suo cavallo di fianco a quello di suo padre che, come al solito, aveva vinto quella gara. Scese dalla sella e legò la briglia allo stesso ramo sul quale era legato Bran, il nero cavallo da guerra del suo genitore: un possente animale che faceva sembrare la sua cavallina baia Aine molto più piccola di quello che era.
Si guardò attorno e lo vide, di spalle, seduto su una bassa e larga roccia che guardava il mare oltre la scogliera. Lo raggiunse cercando di non fare rumore, ma lui si girò e sorrise – Sempre così! Ti muovi come un ubriacone e non come una guerriera! Come peraltro io ti ho insegnato! – disse e allungò una mano invitandola a sedersi accanto a lui.
Si sedette e si accoccolò nell’incavo della spalla di suo padre, lo guardò e vide, da vicino, quanto era invecchiato nell’ultimo periodo. Da quando era morta sua madre lui aveva cercato di starle vicino conciliando il suo ruolo di capo della tribù. La regina Cailin era morta dando alla luce il suo fratellino, morto anch’egli. Era una donna minuta, dai capelli neri come la notte e la pelle bianca come il gesso: una delle ultime rappresentanti di quello che chiamavano l’Antico Popolo. Suo fratello maggiore Cormac, colui che avrebbe dovuto prendere il posto di suo padre alla guida del suo popolo, era morto ancora prima, sventrato da un cinghiale durante una caccia.
Ma lei non somigliava a sua madre, i suoi occhi erano verdi e i suoi capelli erano del colore del rame, come suo padre Fearghal. Lui le strinse la spalla – Guarda laggiù – disse e indicò l’orizzonte. Si vedeva il mare grigio e un orizzonte altrettanto scuro, plumbeo, pieno di nubi che preannunciavano la tempesta. Vide saettare dei lampi e si strinse ancora più al corpo saldo e forte di suo padre. Lui sorrise, poi sospirò – La tempesta sta arrivando…Sai cosa c’è laggiù? Oltre il mare? –
Lui annuì – I nostri fratelli del continente…Noi siamo qui su una grande isola, più a sud ci sono i Celta e, ancora più a sud, il Mare di Mezzo, da dove vengono i mercanti greci – disse ripetendo la lezione che il suo istitutore le aveva insegnato. L’unico contatto che avevano con il resto del mondo erano stati i Celta d’oltremare e molti erano scappati da loro in cerca di asilo e rifugio dalla guerra. Una guerra come non avevano mai visto, contro un popolo del sud, che aveva marciato oltre le montagne e che, una dopo l’altra, aveva sconfitto le loro tribù. Ed erano arrivati fino al nord, fino alla loro isola, al comando di un uomo chiamato Cesare, per punirli, così sembrava, per il loro aiuto dato ai fuggitivi.
Ma i romani, così si chiamavano gli invasori, se ne erano andati limitandosi a qualche scaramuccia sulle coste meridionali alle quali aveva partecipato, da giovane, anche suo padre. Negli ultimi anni erano arrivati solo dei mercanti greci in cerca di ferro e stagno. A lei facevano ridere, avvolti in pellicce, sempre a lamentarsi del freddo pungente che nella loro patria non sembrava esistere. Uno di loro, un veterano di quei lunghi viaggi, aveva imparato la loro lingua e raccontava storie fantastiche: di dei e dee che si comportavano come bambini capricciosi, degli eroi greci che avevano assediato una possente città espugnandola nascondendosi in un cavallo di legno e, la sua preferita, di un grande guerriero che aveva sconfitto un mostro con il corpo di serpente, la testa di donna e serpenti vivi per capelli che pietrificava le sue vittime con lo sguardo.
Sorrise ripensando alle sere passate con il greco che raccontava quelle favole davanti al fuoco a lei e agli altri giovani. Ma lui e i suoi compagni raccontavano anche di quello che accadeva nel resto del mondo. E tutte le terre che circondavano il Mare di Mezzo sembravano essere diventate parte di una città della penisola italica, la capitale dei romani, Roma per l’appunto. Ascoltava affascinata, anche se molto dubbiosa, le parole dei greci. Sapeva cos’era la guerra, il suo popolo combatteva per pascoli migliori, torrenti, zone di caccia, ma Roma sembrava guardare le cose più in grande: la Grecia, l’antica e potente Cartagine, il leggendario paese dei deserti e dei sovrani che si chiamavano faraoni e le terre dei Celta, fino al mare del nord, fino alla loro isola. Suo padre ascoltava con preoccupazione le ultime novità: dopo decenni di lotte intestine a Roma sembrava regnare l’ordine con il loro nuovo sovrano, Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, che aveva sostituito un certo re pazzo chiamato Caligola. Ma con l’ordine, avevano detto i greci, per i romani era anche arrivato il momento di innalzare di nuovo i vessilli di guerra, l’insegna dell’aquila dorata portata da uomini vestiti di pelli di lupo. Aquile e lupi, pensò lei, due feroci animali predatori.
I greci erano partiti via mare dalla loro terra, erano arrivati in un porto chiamato Massalia nel Mare di Mezzo, a sud di quel territorio Celta che i romani chiamavano Gallia e si erano diretti a nord. Sulla strada avevano visto centinaia dei soldati di Roma, quelli riuniti nelle formazioni chiamate legioni, perfettamente armati ed equipaggiati. E anche loro si dirigevano a nord.
Suo padre aveva chiamato anche altri capi per parlare con i greci, non solo i suoi alleati, ma anche quelli che di solito erano suoi nemici. Alcuni avevano ascoltato quei racconti con scetticismo, altri avevano riso, alcuni avevano invocato la chiamata alle armi di tutti i guerrieri e altri ancora, molto pochi, avevano persino invocato l’invasione romana.
Guardò di nuovo suo padre, lui sospirò – La tempesta sta arrivando – ripeté piano e poi la guardò, sorrise – Andrà tutto bene, mio piccolo tesoro –
Lei deglutì – Combatterai, padre? –
Lui annuì – Devo farlo! Non posso permettere ai romani di venire qui e di prendere la nostra terra…O di prendere te – disse e la strinse ancora più forte. Lei si sentì triste e lo abbracciò, affondando la testa nel suo petto.
Inghilterra – 1787 d. C.
Oscar si svegliò di soprassalto. Socchiuse gli occhi e si fece ombra con la mano. Era giorno fatto e del fuoco rimanevano solo cenere e braci. Sentì nell’altra mano la pietra rossa e la guardò. Cos’aveva sognato? Era un sogno molto vivido e ricordava benissimo i nomi dell’Imperatore Claudio e del suo predecessore Caligola. Dai suoi studi classici sapeva che Claudio era divenuto celebre per una sola conquista militare: la Britannia, l’attuale Inghilterra. Tentennò, si rialzò, si stiracchio come un gatto, rimise la pietra nel sacchetto e lo nascose nella tasca interna della giacca.
Poco dopo montò in sella e si diresse verso est, lungo la strada che l’avrebbe portata al cerchio di pietre. E si sarebbe fermata in un altro luogo, nominato solo una volta nel suo libretto nero: Glastonbury. Guardò l’orizzonte grigio e spronò il cavallo al galoppo.
 
Quanto tempo era passato? Non lo sapeva, il cielo era sempre grigio e un fastidioso vento le soffiava dritto in faccia e gli scompigliava i suoi lunghi capelli, tanto che li aveva dovuti raccogliere in una coda con un laccio di seta marrone. “L’Inghilterra…Colline verdi…Vento…Cielo grigio…Come mi manca la Francia!” pensò e poi sospirò. Le venne in mente che in quel periodo lei e André di solito andavano a Parigi e si fermavano a mangiare un delizioso stufato in un altrettanto deliziosa locanda sulla riva destra della Senna, con vista sul tetro palazzo della Conciergerie, l’antico palazzo dei Re di Francia. Scosse la testa e cercò di concentrarsi su quello che aveva sognato. Gli abiti della ragazza e dell’uomo sembravano molto antichi, ma cosa mai poteva significare? In cuor suo sapeva di aver già visto qualcosa di simile, anni addietro, ma non riusciva a focalizzare alcuna immagine.
In quel momento alzò la testa e la piegò lievemente di lato. Tese i muscoli e tirò le redini stringendole, tanto che anche il cavallo nitrì sentendo il suo nervosismo e fermandosi. Li sentiva distintamente: rumori lungo la strada, sempre più forti e quindi vicini.  “Cavalli in formazione…Una formazione serrata! Sono in molti!” pensò e subito affondò i talloni sul fianco del cavallo che partì al galoppo.
Dopo qualche istante Oscar si girò e vide chi la stava inseguendo di gran carriera. Era in effetti una formazione di cavalieri, ma non erano i briganti che aveva visto in Normandia, o meglio, non sembravano loro. Questi indossavano delle giacche rosse e i fucili sulle loro spalle li qualificava inequivocabilmente come soldati dell’esercito inglese. Per Oscar, ovviamente, non cambiava quasi nulla visto che, tecnicamente, non doveva trovarsi in Inghilterra e quindi si abbassò sul collo del cavallo e lo spronò di nuovo.
Il capo del drappello distanziò i suoi uomini cercando di starle dietro: - Fermatevi! – urlò, ma Oscar sorrise – Ma certo, my dear… Coraggio inglese…Vienimi dietro se ci riesci! –
Lei tirò le redini e fece uscire il cavallo dalla strada, lanciandosi nella brughiera, sempre inseguita dai soldati. Sorrise quando capì che li stava distanziando, ma improvvisamente, il suo cavallo si bloccò e si impennò. Cercò di tenersi sulla sella tirando le redini, ma cadde con un tonfo, sulla schiena e per un attimo non respirò. Guardò il cielo grigio e poi si rialzò per accorgersi che il mondo girava tutto intorno a lei. Barcollando si mise di fronte ai soldati che si stavano avvicinando e mise mano alla sua pistola nella giacca – Venite! E guardate come combatte un soldato di Francia! –
L’uomo che le aveva ordinato di fermarsi, un giovane con la divisa da tenente, bloccò il cavallo e aggrottò la fronte guardandola, mentre i suoi uomini li raggiungevano. L’ufficiale, con un bel volto contornato di capelli castani, si piegò in avanti – Ma siete pazzo per caso? Vi stavamo gridando che c’é un burrone in questa direzione! E meno male che il vostro cavallo ha più discernimento di voi! –
Oscar si girò e vide che, effettivamente, il terreno scendeva in una scarpata. Si girò di nuovo – E voi cosa volete? –
Il tenente sospirò – Oh! Ma nulla! Facevamo una cavalcata…Così…Per farci un giro…Dalla vostra fuga deduco che siete il francese che ci hanno mandato a cercare –
Oscar alzò il mento – Chi e perché mi fa cercare? –
L’altro portò un pugno al fianco e aggrottò la fronte – Sentitemi bene! Per prima cosa…Se siete francese potevate portare con voi dell’ottimo cognac che avremmo potuto sequestrare…Per me e questi valorosi soldati…In secondo luogo io eseguo gli ordini! Hanno mandato diverse pattuglie a cercare un francese alto, biondo e con gli occhi azzurri…E direi che siete voi…Che veniva dalla direzione di quel buco di fogna del villaggio di Tintagel…E di nuovo siete voi! Quindi…Ne dobbiamo discutere ancora? –
Oscar strinse le labbra – Sono francese, ma sono qui per una semplice visita alla vostra meravigliosa campagna –
Il tenente inarcò un sopracciglio – La campagna inglese può essere meravigliosa, ve lo concedo, ma quella della Cornovaglia… Paludi e insetti…E poco altro – disse e si piegò in avanti guardando il cavallo di Oscar. Lei si girò e notò che parte della copertura della sella, probabilmente a seguito del brusco arresto e dell’impennata, si era spostata facendo intravedere un lungo oggetto metallico orizzontale con all’estremità un’elsa lavorata.
Il tenente si raddrizzò e sorrise – E immagino che vi siate portato lo spiedo per cucinare la selvaggina! –
Oscar lo fissò torva – Parlerò solo con un vostro superiore! –
L’altro fece un gesto con la mano – E allora siamo fortunati! E’ lì che vi devo portare. Ce la fate a montare in sella o vi dobbiamo forse aiutare? – disse e i soldati risero.
Lei sospirò, andò verso il cavallo, coprì la spada e si issò in sella, meno agilmente di quanto avrebbe voluto, ma velocemente. Il tenente annuì – Andiamo al passo adesso, dopotutto avete subito una brutta caduta. Comprendo che vi faccia male l’orgoglio, ma credetemi, lo so, fa più male il fondoschiena! –
Oscar si mise al fianco dell’ufficiale e ripresero la strada principale. Lei guardò il tenente, aveva un aspetto molto giovane, anche troppo per un graduato – Perdonatemi tenente, ma quanti anni avete? –
Lui sorrise, con un sorriso che, se mai era possibile, lo rendeva ancora più giovane – Ho già diciotto anni, sir…Oh! Scusatemi, monsieur. Ma permettete… - disse e si portò la mano destra alla fronte nel saluto – Tenente Arthur Wesley, del 4° Reggimento Cavalleria di Sua Maestà Re Giorgio III d’Inghilterra. Anche se mio fratello maggiore Richard crede che la pronuncia esatta nel cognome sia Wellesley e che dovremmo cambiarlo, ma è lui l’erede –
Oscar aggrottò la fronte – Siete nobile di nascita? –
L’altro si portò una mano al petto – Mio padre era il Conte di Mornington, di nascita sono irlandese, ma la mia famiglia è di solide origini inglesi –
Oscar strinse le labbra e guardò attentamente quel volto, come per imprimerselo bene in mente. Lui fece un gesto con la mano – La mia famiglia mi ha comprato il grado, ma non so se la vita militare farà per me – (n.d.a.: all’epoca i rampolli della nobiltà e della ricca borghesia acquistavano i gradi militari ed era una consuetudine nell’esercito inglese)
Arthur la fissò – Non ho avuto il piacere di sapere il vostro nome –
Oscar guardò in avanti – E mi scuserete se non lo avrete. Lo dirò solo a colui dal quale mi state portando…Che è…? –
Lui annuì – Il mio comandante è il generale Lord Walsingham ed è da lui che vi stiamo portando. Da lui abbiamo ricevuto gli ordini, soprattutto quello di non farvi alcun male –
Oscar aggrottò la fronte e guardò dritta davanti a sé, rimase in silenzio e pensò che quella che stava vivendo in quel momento era una strana evoluzione del suo viaggio.
 
Dopo aver preso una lunga deviazione raggiunsero, alla fine, la loro meta. Il tenente Wesley allungò una mano e indicò una bianca costruzione – Lowerfield House, siamo vicino a Lapford –
Oscar socchiuse gli occhi e vide una bianca costruzione, alta solo due piani, con un tetto spiovente, di colore bianco. Di fronte all’ingresso c’era un pennone dello stesso colore della casa ed in cima sventolava gagliardamente la bandiera inglese, quella che veniva chiamata Union Jack, dal nome di Re Giacomo che l’aveva voluta: l’unione di tre diversi stendardi, la croce rossa di Sant’Andrea in campo bianco dell’Irlanda, quella di Sant’Andrea bianca su sfondo blu della Scozia la croce di San Giorgio rossa in campo bianco dell’Inghilterra vera e propria. Attorno all’edificio principale c’erano altre costruzioni più piccole e molte tende. Dall’andirivieni di uomini in uniforme rossa Oscar capì che era una sorta di campo militare e che, finalmente, avrebbe visto chi e perché l’aveva fatta cercare. Passarono accanto ad un drappello di soldati in marcia e solo allora lei realizzò che, effettivamente, non si trovavano più in Francia. Poteva far valere il suo grado e il suo rango di nobile di Francia solo fino ad un certo punto e, cosa più importante, si trovava in un paese con cui il suo era nominalmente in pace, ma di fatto c’era una guerra ancora in corso. Pensò anche, con un leggero brivido lungo la schiena, che era completamente sola. Non c’era nemmeno André che poteva aiutarla e si chiese, ancora una volta, se lui stava pensando a lei in quel momento.
 
Da una delle finestre del primo piano una grossa figura inguainata in una uniforme bianca e rossa con spalline dorate sorseggiò da una tazza da the in porcellana bianca decorata con immagini floreali. L’uomo, anziano e corpulento, indossava anche una parrucca bianca incipriata con un codino trattenuto da un fiocco di seta nera. Appoggiò la tazza sul piattino e fece un gesto stanco con la mano – Mi dica colonnello…E’ quello il francese che stavamo aspettando? –
L’altro uomo si avvicinò – Si Mylord generale…Ma non è un uomo, è una donna, il…L’ex comandante delle Guardie Reali del Re di Francia, Oscar François de Jarjayes –
Il colonnello che aveva parlato era molto più magro del generale e non indossava una parrucca, ma portava i suoi capelli neri sciolti. Il generale sospirò – Nientemeno…La famosa donna che hanno messo al comando di quei manichini impomatati a Versailles – disse e riprese la tazza sorseggiando la bevanda – Immagino che perlomeno le avranno insegnato a servire il the –
Il generale si voltò e guardò il colonnello – E perché un nome da uomo? – aggiunse.
L’altro scrollò le spalle – Da quello che ne so suo padre, il Conte Generale de Jarjayes, ha avuto solo figlie femmine e all’ultima… Ha dato un nome da uomo e l’ha considerata suo figlio ed erede –
L’altro sbuffò – Bah! Non ho più l’età per cercare di capire i francesi…E, colonnello Harrison, nemmeno la voglia. E perché Lord Baxter, un influente membro del Parlamento, ci ha chiesto di portarla qui? –
Harrison socchiuse gli occhi – E’ una nobile francese, un militare e, per di più, un’amica personale della Regina Maria Antonietta. Non sappiamo cosa ci fa qui, nel sud dell’Inghilterra, ma sua Maestà Re Giorgio, che Dio l’abbia in gloria, ha affidato a Lord Baxter il compito di sorvegliarla –
Il generale scrollò le spalle – Che venga da me allora! –
 
Oscar scese da cavallo e guardò l’ingresso della casa. Vide uscire un’imponente figura la cui uniforme sembrava sul punto di scoppiare. Non era grasso, però, quello che vedeva in quell’uomo gigantesco con la divisa da capitano, ma muscoli possenti. Aveva una faccia rotonda contornata da una barba di un biondo rossiccio e dei lunghi capelli sciolti che gli ricadevano sulla schiena. Il gigante non la degnò di uno sguardo e il tenente Wesley si mise sull’attenti – Signore! Abbiamo trovato il francese che cercavamo –
L’uomo annuì e fece quello che sembrava un grugnito. Spostò il volto verso Oscar e lei si sentì trafiggere da due occhi grigi – E allora seguimi! – gli disse senza mezzi termini.
Oscar serrò le mascelle, ma seguì l’ufficiale all’interno della costruzione, salirono le scale e si trovarono di fronte ad una grande porta doppia in legno di quercia. L’ufficiale non bussò, ma aprì i battenti e poi si fece di lato. Lei entrò e sentì alle sue spalle richiudersi le porta. Di fronte c’era una scrivania con dietro, seduto flaccidamente, un corpulento ufficiale con l’uniforme da generale, dal viso rotondo e che teneva in mano una tazza da the in porcellana bianca decorata a motivi floreali. Accanto al tavolo c’era un altro uomo, in piedi, moto più magro, con i capelli neri sciolti, un volto affilato e due occhi piccoli e neri che la fissavano quasi con avidità.
Il generale appoggiò la tazza e sorrise – Bene! Colonnello Harrison…Ci presenti per cortesia –
L’altro uomo sorrise debolmente – Si, Mylord generale: abbiamo il piacere di avere qui con noi il comandante dimissionario delle Guardie Reali della guarnigione di Versailles, il colonnello Oscar François de Jarjayes. Colonnello de Jarjayes: le presento il generale Lord Oliver Duncan Wilkinson-Foster, Conte di Walsingham, generale dell’esercito di Sua Maestà Re Giorgio, il Terzo del suo nome e pari d’Inghilterra –
L’uomo aveva parlato con un ottimo francese e Oscar batté i tacchi e fece il saluto militare. Il generale fece un gesto in aria con la mano e sorseggiò ancora la sua bevanda – Benvenuta in Inghilterra…La vostra fama di donna al comando della Guardia Reale Francese vi precede colonnello –
Oscar batté di nuovo i tacchi – Lord Walsingham, vi prego di chiamarmi colonnello o Conte de Jarjayes, se vi aggrada –
Il generale inarcò le sopracciglia, ma il colonnello sorrise – Non credo che vi ricordiate di me, ma ero assegnato a Versailles con la nostra delegazione diplomatica molto tempo fa, all’epoca del famoso Scandalo della Collana. Ho imparato ad apprezzarvi, colonnello, e ad ammirarvi nel comando militare…In effetti…Il vostro ruolo…E il vostro sesso, hanno suscitato un profondo interesse in tutta Europa, persino nella lontana Russia –
Walsingham sorrise sommessamente – Ci credo! Una donna…Perlomeno hanno avuto il buon gusto di metterla al comando della Guardie Reali, di manichini da parata e non di una unità combattente…Certe cose le possono fare solo i francesi! – disse e sorseggiò di nuovo dalla sua tazza.
Oscar si sentì avvampare, come se fosse nuda di fronte a quei due uomini. Com’era possibile? Il suo ruolo aveva suscitato interesse persino in Russia? E perché mai in quella terra lontana dovevano pensare a lei? Non aveva dimostrato il suo valore quando aveva battuto a duello il giovane Conte Giroudel per il comando della Guardia Reale? Non aveva salvato la Regina Maria Antonietta più volte? Non era abile nel combattimento alla spada come con la pistola e il fucile? Non era brava a cavalcare come un qualsiasi ufficiale di cavalleria? E alla fine capì. Capì che una vita da uomo, comportandosi come un uomo, credendo di essere un uomo, non cancellava il suo errore più grave: era una donna. Aveva sempre creduto che il rispetto si guadagnasse con il duro lavoro e con il valore che lei aveva abbondantemente dimostrato e si rese improvvisamente conto che non era servito a nulla. Era nata donna e restava una donna. Lei non restava in piedi per fare i suoi bisogni corporali e una volta al mese era triste e frustrata come e più delle altre e questo quei cosiddetti soldati di ogni esercito d’Europa non potevano capirlo e non potevano accettarlo. Persino suo padre, che pure l’aveva addestrata alla disciplina, all’onore e al rispetto, aveva ritenuto giusto dirle che il comando delle Guardie Francesi era troppo per lei, che andava bene solo per la Guardia Reale; poteva sentire nelle sue orecchie le risate di scherno delle dame e dei nobili di Versailles, le accuse di lesbismo che le erano state rivolte durante lo Scandalo della Collana e, soprattutto, André. André con il suo sguardo triste, le braccia che bloccavano le sue, che la costringevano a baciarlo e poi…Il suono acuto della camicia strappata e la sua femminilità esposta e violata.
Lo sapeva che stava tremando, di rabbia e di dolore. Strinse i pugni e si avvicinò alla scrivania facendo sobbalzare i due uomini. Si piegò in avanti – Forse il Lord generale crede che debba dimostrare la mia perizia nel maneggiare le armi? Al Lord generale va bene la spada? La pistola? Vuole andare a Londra da Sua Maestà Re Giorgio a chiedere la licenza di sfidare questa donna francese? –
Il generale divenne rosso e strabuzzò gli occhi. Si alzò si scatto lasciando cadere la sua tazza e fece una smorfia più simile ad un ringhio – Come osi! Dannata francese! Dovrei farti impiccare! E all’inferno tu e la Francia intera! – gridò.
Harrison deglutì e alzò le mani, come per parare un colpo – Mio Signore…Non credo proprio che il colonnello de Jarjayes volesse offendervi –
L’altro lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite – Ah, no!? E cosa voleva fare? –
Oscar strinse le labbra – Volevo sfidarvi a duello! Se siete pronto! –
Lord Walsingham la fisso abbassando la testa come un toro pronto alla carica, persino sbuffando dalle sue grandi narici – Non provocarmi ancora, piccola francese, o te ne pentirai! –
Harrison sospirò – Mylord generale…Evidentemente il vostro coraggio non è conosciuto dai francesi…E’ risaputo che a Londra Sua Maestà ripete sempre che se ci foste stato voi al comando delle truppe nelle colonie americane la guerra sarebbe finita molto prima… -
Walsingham sembrò calmarsi – Mi basta il rispetto di Sua Maestà, non certo di questo…Di questa…Cosa…E adesso portatela via colonnello Harrison, che si ripresenti solo a cena –
Oscar sbatté le palpebre sorpresa, era mai possibile che il generale non si fosse reso conto della fine e alquanto perfida ironia delle parole di Harrison? Il colonnello inglese si avvicinò e le indicò la porta. Lei lo seguì e quando furono fuori, nel corridoio, ad una distanza sicura dalle orecchie del generale, si girò verso l’altro e sorrise – La guerra sarebbe finita molto prima? Immagino che non abbiate un’alta considerazione del vostro superiore…Come del resto il Re. Ma ditemi, colonnello, il Lord generale beve molto? –
Lui aggrottò la fronte e lei sorrise debolmente – Quando mi sono avvicinata ho sentito chiaramente che il profumo della bevanda nella tazza non era quello di un the, ma…Diciamo…Più alcolico…Cos’era? Cosa bevete voi inglesi? Whisky? Oppure dell’ottimo cognac francese…O addirittura un più esotico rum spagnolo? –
Harrison strinse le labbra, socchiuse gli occhi e la sua espressione si fece seria. Si avvicinò e la prese per il gomito – Lord Walsingham è un idiota! Lo so bene! Ma per qualche disgraziato motivo che sfugge alla nostra comprensione, mademoiselle, lui ha qui potere di vita e di morte su di voi…Siete una persona famosa, non lo neghiamo: siete pur sempre un alto ufficiale dell’esercito francese, siete amica della Regina Maria Antonietta e figlia di un nobile importante e potente: sappiamo che il Conte generale de Jarjayes ha appena ottenuto il titolo di responsabile degli armamenti di tutto l’esercito francese e che non si arriva in quella posizione senza essere o senza conoscere qualcuno… - disse e strinse ancora di più la presa facendo irrigidire Oscar – Ma non azzardatevi a pensare che qui siamo tutti come Walsingham…E nemmeno che la vostra fama e la vostra famiglia siano un scudo impenetrabile…I rapporti tra i nostri due paesi sono molto tesi e quando il Foreign Office, il nostro servizio informazioni, ha saputo che voi eravate qui lo Stato Maggiore e Sua Maestà Re Giorgio in persona hanno dato ordine di controllarvi e di lasciarvi stare. Ovviamente solo fino a quando il vostro resterà un viaggio di piacere –
Oscar strattonò il braccio e si liberò dalla presa – E allora perché sono qui? E come avete fatto a sapere che mi trovavo in Inghilterra? –
Harrison sorrise con un ghigno – Vi stavano sorvegliando, fino a Tintagel, poi siete scappata e siete qui per farvi intendere che non potete fare quello che vi aggrada in questo paese, mon colonel. Per quello che riguarda la seconda domanda…Credete davvero che una guerra si combatta solo sui campi di battaglia? Con belle divise e cavalli impennacchiati? Il nostro servizio di informazioni sa cosa mangia appena sveglio Re Luigi ogni mattina e immagino che il vostro servizio di informazioni sappia quante volte al giorno va a defecare Re Giorgio. In questo momento siete in quella zona d’ombra che sta tra la pace e la guerra. Noi non vogliamo un nuovo conflitto con la Francia, ma non intendiamo per questo prostrarci di fronte a voi e ai francesi…E adesso prego – disse allungando un braccio e mostrando il corridoio a Oscar.
Camminarono fino ad una porta con di lato una sentinella armata di fucile. Il soldato batté i tacchi e presentò l’arma. Oscar notò che aveva la baionetta inastata, come in battaglia. Lei sorrise – Dovrei sentirmi onorata? –
Il colonnello sospirò – Sentitevi quello che vi pare! Siamo in un campo militare, ricordatevelo se vi verrà voglia di uscire. Nella stanza troverete dell’acqua calda, degli asciugamani e quello che serve a…A una donna…Credo…Non siamo abituati ad avere ospiti femminili qui –
Oscar lo guardò andarsene e poi guardò il soldato – Riposo – disse e lui abbassò l’arma battendo i tacchi.
Sospirò ed entrò nella stanza. Era bella, pulita, con un grande letto con morbide e profumate lenzuola bianche. Di fronte vide un grande specchio e sorrise, accanto c’era un tavolino con un catino di liquido fumante e degli asciugamenti bianchi. Aggrottò la fronte. Lì vicino c’erano delle spazzole in argento, uno specchio portatile, dei pettini e dei nastri colorati. Si abbassò e vide che c’erano anche degli astucci porta trucchi femminili in argento. Alzò la testa e vide, appesi alle ante di un armadio, degli abiti di ricambio. Erano abiti femminili.
Oscar sentì un crampo allo stomaco. Era quello che vedevano gli inglesi: una donna. Si avvicinò ad uno degli abiti; era di buona fattura, non come quelli delle dame di corte, certo, ma di sicuro il colonnello Harrison si era dato da fare per trovarlo. Si chiese come avesse fatto a conoscere la sua taglia, ma poi pensò che di sicuro erano di misure diverse, per ogni evenienza. Sospirò e si mise di fronte allo specchio: “Quindi? Devo spazzolarmi i capelli, mettermi i nastrini e sorridere civettuola nascondendo le labbra dietro la mano come la Contessa Du Barry?” pensò e sorrise alzando la mano e mettendosela sulla bocca sbattendo le palpebre.
Strinse i pugni e guardò la porta. Si avviò all’uscita a grandi passi e aprì l’anta. Il soldato di fianco si irrigidì. Oscar uscì e si mise di fronte a lui sorridendo – Soldato…Avete un deposito per le uniformi qui? –
Lui deglutì e mosse gli occhi a destra e sinistra, poi la guardò – Io…Si, sir…Voglio dire…Si, Mylady…Abbiamo un magazzino per le uniformi –
Oscar annuì – Sir o Mylord vanno bene quando ti rivolgi a me…E le uniformi per gli ufficiali? –
Il soldato aggrottò la fronte – Ci sono anche quelle! Nella lavanderia vicino al deposito ovviamente –
Lei sorrise – Benissimo! Indicami la strada –
Il soldato rimase a bocca aperta – Ma…Ma io… -
Oscar sospirò – Soldato…Io andrò a cercare quel magazzino e quella lavanderia…Tu devi sorvegliarmi e quindi tanto vale che mi indichi la via…Non perdiamo tempo! –
Il soldato deglutì, imbracciò il fucile e gli fece strada.
 
Dopo la visita al magazzino delle uniformi Oscar rientrò nella stanza che gli avevano assegnato. Appoggiò gli abiti che avrebbe indossato quella sera sul letto e li guardò soddisfatta. Si levò la giacca, il gilet e la camicia; si mise di fronte allo specchio e si toccò la fascia che le stringeva il seno. Sospirò e levò i ganci. Il suo seno libero sussultò e lei si massaggiò le irritazioni sulla pelle. Si levò gli stivali, i pantaloni e la biancheria, rimanendo completamente nuda di fronte allo specchio. Piegò la testa di lato, si chiese se era una bella donna. Se non lo era non era importante, era un bravo soldato, o almeno così credeva. Ma se lo era, perché Fersen non poteva amarla? In fondo cos’avevano Maria Antonietta o le altre donne che lei non possedeva? Era intelligente e gran parte delle dame di corte che accompagnavano i mariti o gli amanti erano state scelte per la bellezza e l’arrendevolezza, non certo per il loro acume. Era coraggiosa e lo aveva dimostrato più volte e anche nelle tante feste che si svolgevano a Versailles sapeva rendersi gradevole e gentile nei discorsi con i gruppi di uomini.
Allungò una mano e toccò il riflesso del suo seno, si chiese cosa mai ci trovavano gli uomini in quella parte femminile. Ma poi si ricordò di André, di quella maledetta sera, di quella camicia strappata a forza e di una vergogna e di una debolezza che mai nella sua vita aveva provato e che, giurò, non avrebbe mai più avuto. Un brivido la scosse e si coprì il petto. Guardò di lato e vide che c’era un nuovo catino con acqua calda, come aveva richiesto. Si lavò il viso e il resto del corpo, poi si stese supina di traverso sul letto bianco. Aveva ancora un po' di tempo. Si allungò e prese la pietra rossa dal taschino interno della sua giacca, la sollevò e la guardò: “Alla fine dove mi porterai? Dove andremo? E perché mai ho la sensazione di aver già visto questa terra?”.
Portò la mano con la pietra alla fronte e chiuse gli occhi e, per un attimo, pensò a come sarebbe stato bello non essere più un soldato, non avere alcuna responsabilità, senza Francia o Inghilterra, solo lei, il suo cavallo e il mondo intero per cavalcare. Sorrise, era impossibile ovviamente, ma era bello sognare.
   
 
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