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Autore: Anown    11/06/2021    2 recensioni
Per Leshawna è un periodo storto, ha delle responsabilità in merito e rischia di trascinare con sé chi le sta attorno. Si rifà viva solo per la lettura di un testamento… potrebbe rivelarsi una terribile idea!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harold, LeShawna, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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Durante la colazione, la signora Agnes sentì squillare il cellulare. Il nome sulla schermata non prometteva niente di buono.
-Non mi piacciono le ragazze incinte e instabili, non mi piacciono i neonati e non mi piacciono i ragazzi-padre sotto i trent'anni. Se non c'è un'emergenza, la risposta è no.- comunicò freddamente.
-Sto bene anche io, mammina carissima!- rispose Harold in tono giulivo. Era mezzo preparato ad una risposta simile. -No... non ho chiamato per chiederti qualcosa del tipo “Mamma, io e la mia non-più-fidanzata possiamo stare da te?” anche se da un punto di vista economico credo che complessivamente potrebbe convenire ad entrambi e potrei anche badare alla casa, farti risparmiare del tempo e...-
-Ci sono fra le due e mezzo, e le tre ore di macchina fra questa casa e la tua università. A meno che tu non voglia diventarmi una casalinga, e te lo puoi scordare, non vedo come un tuo ritorno qui possa rappresentare un vantaggio per uno di noi due. Inoltre... figlioletto caro, come va il tuo rapporto con i mezzi di locomozione?-
Gli sembrò di percepire del sadismo compiaciuto in quella voce. -Benissimo! Ormai io e la guida siamo... due concetti proprio inseparabili!-
-...Posso percepire l'odore della tua paura da qui, lo sai?- disse malignamente divertita. Non lo considerava un vero problema. Pensava che quando gli sarebbe servito, Harold si sarebbe suo malgrado adattato, come sempre. -Tornando a noi, Leshawna ha mostrato segni di squilibrio mentale?- chiese tranquillamente.
-Cos...? No!-
-Allora... Tu ti sei accorto di mostrare segni di squilibrio mentale? E come va la tua depressione? Hai pensieri suicidi? Stai prendendo i farmaci?-
-Non ho mai avuto pensieri suicidi, né mostro segni di squilibrio mentale!- sbottò. -Per quanto riguarda i farmaci, visto l'effetto ottenuto da quello per le vertigini sul mio tono dell'umore, preferirei evitarli finché riesco a cavarmela da solo.- sentì la donna sospirare. Sapeva che era convinta che non fosse colpa di un effetto collaterale del farmaco se per una settimana aveva passato gran parte delle giornate piangendo per gli stimoli più disparati e casuali, o al contrario, in altri giorni e momenti, a farlo rimanere apatico davanti a un qualunque stimolo.
Harold era consapevole che la depressione non gliel'aveva procurata il medicinale, ma era piuttosto sicuro che avesse fatto precipitare le cose ed in quel momento era terrorizzato all'idea di prenderne altri. Non poteva permettersi altre crisi di pianto incontrollato, specialmente davanti a Leshawna. Sarebbe stata la pietra sulla sua tomba...
Lei non doveva sapere e accorgersi di nulla, non doveva guardarlo con pietà e biasimo, non doveva pensare che fosse una creatura debole e inutile che aveva bisogno di stare sotto la sua ala, non doveva mettergli le mani addosso... dall'alto della sua megalomania, non doveva attribuirsi il merito del suo malessere...
“E' colpa sua... è colpa sua... è tutta colpa sua...” ripeteva in sotto fondo una parte di lui mentre si grattava il collo. -M...- non riusciva a più a parlare a causa di un groppo alla gola e gli occhi avevano preso a bruciargli. Ricordare lo faceva sentire suscettibile al ripresentarsi dei sintomi.
Si ricordò della donna dall'altra parte della linea, non voleva farsi sentire durante una crisi neanche da lei... né tanto meno dai passanti... -M...Mamma...- deglutì e continuò a parlare ignorando la sensazione di sentirsi strangolato. Si grattò più intensamente. -Mamma, se ritenevi probabile che ti avessi chiamato per qualcosa del genere, magari non avresti dovuto rispondere in quel modo. Sai, dire ad una persona che non la vuoi tra i piedi, non ti piace e non ti piace la sua situazione quando pensi che sia depressa, non è proprio l'ideale... Magari potresti anche spingere questa persona a mentirti sulla sua condizione...-
-Ma tu mi conosci. Sai che se hai bisogno realmente di aiuto sono disponibile e sai anche che ho un modo molto schietto di chiarire la mia posizione...- si giustificò la donna. -Il lato positivo di parlare con un familiare dovrebbe essere anche non dover fingere una personalità che non si ha e non doversi fare innumerevoli ragionamenti prima di dire una frase.-
-In un certo senso hai ragione...- “Ma sarebbe carino se dimostrassi di tenere allo stato d'animo di chi ti sta vicino.” si disse che era inutile farglielo presente, lei era una persona che riusciva a dimostrare di tenere alle persone solo con le azioni. Nel parlare in modo affettuoso e confortante, era abbastanza terribile...
Nonostante il pensiero, o forse a causa di esso, Harold sorrise leggermente. Sentì che le mani invisibili avevano smesso di pressargli la gola.
-E' per questo che la concezione moderna di matrimonio non funziona! C'è l'assurda pretesa di essere sempre piacevolmente colpiti l'uno dall'altro o che la metà più debole della coppia sia sempre disponibile per accontentare l'altro indipendentemente da come si sente. Alcuni non riescono proprio ad essere realisti e capire che la passione finisce... o che si sono sposati, mica hanno acquistato uno schiavo!-
-Uh... Mamma? Ci sei? Di cosa stiamo parlando? Ho accidentalmente toccato un nervo scoperto?-
-Ma no...- la donna rise... era un pessimo, pessimo segno... -Volevo solo dire che capisco la tua decisione di convivere con una persona a cui non sei sentimentalmente legato...-
-Oh... grazie...- “Strano...”
-Ma... è una tua ex... ci sono trascorsi animosi fra voi e il tuo attaccamento a lei è strano... Non...-
-Lo so da me che ci sono dei problemi e potrei anche rivalutare la mia scelta... Ma non mi va di parlarne ora, ok?- disse avvertendo una fitta alle viscere. “Sto mentendo? No? Non so...”
-Ok... Ma... No, niente...- la donna sospirò a voce bassa pensando di non poter essere utile in quel momento. -Uhm... se vuoi che sia utile e delicata...- in realtà, lei non credeva nella delicatezza affiancata al concetto di utile. Ma purtroppo, per trattare con alcuni esseri umani sembrava così necessaria... -Beh, magari la prossima volta non chiamarmi di mattina, d'accordo? Sai com'è, sono poco trattabile e mi viene difficile ragionare.-
-In realtà ho calcolato l'orario sulla tua abitudine di svegliarti alle sei... visto che impieghi circa un'ora per diventare trattabile e che dovresti uscire per andare a lavoro alle otto meno venti, ho pensato che le sette fossero un buon orario...-
-Hai scordato un fattore importante dell'equazione. Se a chiamarmi sei tu, un'ora di ripresa dal sonno non basta e mi viene voglia di attaccarmi alla bottiglia già di prima mattina.-
-...Grazie mamma.-
-Scherzavo... era per dire che mi dai molti pensieri, sopratutto ultimamente... vedi perchè non ci sentiamo così spesso al di fuori delle emergenze? Non siamo mai dell'umore giusto per comprenderci.- esorcizzò la cosa con un tono scanzonato. -A proposito, mi avevi chiamata per...?-
-Nulla di importante, volevo solo sentirti... ma mi chiedevo anche di quelle forbici da chirurgo... ricordi? Quelle che...-
-Dovrebbero essere ancora nella tua vecchia stanza... ma a cosa ti servono?- chiese sospettosa.
-No, in realtà volevo sapere perchè me le avevi date, perchè...-
-Avevo scordato il tuo compleanno.- ammise candidamente.
-L'onestà prima di tutto... aspetta, no... non era quello che intendevo.-
-Sapevo che non ci avresti fatto nulla di male né su di te, né su altri bambini. Chiamalo istinto materno se vuoi... ma considera che prima di te ho avuto altri due mostriciattoli, avevo accumulato esperienza... tu evita di essere così approssimativo col tuo primogenito... quelli dopo possono anche marcire. Ah, stavo di nuovo scherzando.- purtroppo non aveva mai avuto un tono troppo chiaro da interpretare.
-Tranquilla...- anche se non era soddisfatto, lasciò perdere. Era già stato sfinito con discussioni che avrebbe preferito non avere.
-Sono macchine quelle che sento in sottofondo?- chiese ad un certo punto, la donna, concentrandosi sui rumori che provenivano dal telefono.
-Sì, sto facendo una passeggiata.- rispose Harold.
-Distratto come sei, forse dovresti evitare di camminare parlando al telefono...-
-Grazie per la fiducia, ma sono fermo sul marciapiede.- sospirò gettando qualche briciola ai piccioni. -A meno che qualcuno non decida di schiantarsi contro il muro nella speranza di arrotarmi, dovrei essere al sicuro...- un gabbiano piombò giù dal cielo e cominciò a mangiare uno dei piccioni di Harold spaventando gli altri. Il ragazzo indietreggiò emettendo un verso acuto e lamentoso portando la mano libera alla bocca.
-...Harold?-
-Un... un gabbiano mi ha ammazzato il piccione... e non siamo neanche vicino al mare!- disse con una di quelle risatine nervose che spesso precedevano lo scoppiare in lacrime.
-Harold, è la vita. O predi, o muori di fame.- gli disse con calma, riconoscendo il tono.
-L-lo so bene! È che non è comunque una bella vista...- rispose nervoso.

Rientrando nel condominio, intercettò una donna sulla sessantina, sottile come un grissino, che portava due buste della spesa apparentemente pesanti. Era la sorella della responsabile del condominio, la signora Allen.
Le due vivevano insieme e avevano la nomea di essere particolarmente pettegole, anche se Harold non ne aveva avuto esperienza diretta. Ma in quel momento c'era un'informazione di cui aveva bisogno così si avvicinò alla donna.
Visto che aveva avuto la chiara sensazione di non starle simpatico e che fosse poco incline a parlare con lui, cominciò a farsi una strategia.
-Signora.-
-Signorina.- lo corresse la donna voltandosi. Stranamente una volta che lo riconobbe, non lo guardò con l'espressione stizzita che gli rivolgeva di solito.
-Giusto, giusto... vuole una mano con...- non aveva neanche finito la frase che gli vennero messe in mano le buste della spesa. Il ragazzo si chinò sotto il peso inatteso, erano realmente pesanti.
-Grazie, giovanotto!-
-Ok, prego. Senta, volevo chiederle...- la donna era già entrata nell'ascensore. Harold sospirò e la seguì. -Volevo chiederle...- ripetè.
-Mi spiace moltissimo, McCarthys, ti sei un po' ripreso? Ti vedo sciupato...- disse la donna cercando di scimmiottare un'espressione e un tono triste, ma dava l'impressione di essere in qualche modo impaziente...
-Sarebbe McGrady...- la corresse. Aveva una pessima sensazione, ma cercò di darle il beneficio del dubbio e imputare il tutto all'ansia sociale. -A cosa si riferisce?- gli occhi della donna brillarono.
-Oh... forse le mie informazioni erano sbagliate..-
“Si è finta dispiaciuta per ottenere o verificare qualcosa...” sospettò infastidito.
-La sua compagna non aveva abortito? Non era per questo che avevate litigato e se ne era andata?- chiese innocentemente mentre uscivano dall'ascensore.
-Le sue informazioni sono decisamente sbagliate!- ribatè inacidito. -Ma che aspettiamo un bambino come lo sa?- “Chi è che se ne va a dire i cazzi miei in giro?!”
-Visto che ve ne eravate andati e c'erano due strane poliziotte che di tanto in tanto sembravano sorvegliare l'appartamento ho chiesto a loro...-
“MacArthur... sei una donna morta...” dava per scontato che fosse stata lei.
-Di solito non mi farei i fatti degli altri...-
-Oh, davvero?- “Ah ah aah...”
-Ma sa, visti i suoi precedenti per droga...-
-E da quando li avrei questi precedenti per droga?!-
-Quella era una supposizione errata a quanto sembra... Ma sa, cos'altro potevo pensare? Ha quei capelli a femmina, quel modo di vestire sempre disordinato e randomico, quell'aspetto insalubre e quella... compagna... Ha tutta l'aria di essere aggressiva, inaffidabile, incapace di autocontrollo... Quella donna, non è esattamente un buon biglietto da visita.- disse con un sorriso mellifluo.
-Ah... e lei avrebbe dedotto tutto ciò, da cosa, esattamente? Nasconde una sfera di cristallo da qualche parte, per caso?- chiese sempre più irritato. “Non mi interessa più niente di Leshawna...” ripetè fra sé e sé. “Ma odio le persone che dicono cose stupide, tutto qua...” pensò razionalizzando il suo fastidio.
-Ah, non capisco perchè vi mettiate subito sulla difensiva...- il volto della donna si deformò per un attimo. -Poi ovviamente sono curiosa di ascoltare la sua versione dei fatti! Quella grassona della poliziotta mi ha parlato di cose strane... lo sa che la pazza sembra invaghita della sua compagna? Lei cosa ne pensa?-
Harold senza dire una parola rientrò nell'ascensore tenendosi le buste e salì al piano di sopra, sotto lo sguardo attonito della donna. -Ma è impazzito?! Che fa con le mie buste?!-
Dopo poco, Harold, facendo finta di niente, tornò scendendo le scale a mani vuote.
-Le mie buste!- ribadì la donna premendo nervosamente il pulsante per richiamare l'ascensore.
Harold finse un'espressione di ingenua confusione.
-Ops... Ma quindi il suo piano è questo? Non era quello sopra? Ho lasciato le buste lì... O no... Ma sa com'è, dopo anni di droghe, le mie sinapsi sono ormai andate... povero, povero me...- disse con un sorrisetto innocente e con una voce palesemente e volontariamente artefatta per rendere impossibile credergli.
-Io ti uccido! Anzi, ti butto fuori! Tu e quell'altra...-
-Ci provi!- esclamò il ragazzo per evitare di sentire altro che potesse innervosirlo. Nel mentre si era già precipitato correndo giù lungo la rampa di scale, saltando a tre a tre gli scalini. Non aveva motivo di correre, sentiva solo il bisogno di consumare energia. Forse aveva esagerato ed era stato immaturo? Aveva pure lasciato la porta dell'ascensore aperta perchè la signorina dovesse farsela a piedi... o forse, invece non si era fatto rispettare e avrebbe dovuto risponderle duramente?
“Pazienza! Non posso farci più nulla!” si ripetè frustrato. “Ops... devo decisamente rallentare, se continuo così finirò per svegliare tutto il condominio...” frenò riuscendo per miracolo a non perdere l'equilibrio.
Vide un condomino affacciarsi dalla porta. Harold si sentì accaldato, evitò lo sguardo dell'uomo e continuò le scale sperando di non far trasparire nessuna emozione. “Spero non si sia affacciato a causa mia... o che comunque non mi ricolleghi al rumore...” pensò imbarazzato.
Finite le scale, andò a urtare accidentalmente una persona piuttosto piccola... entrambi persero l'equilibrio.
-Come osi?!- esclamò una voce vagamente infantile. Era il ragazzino paffuto e dai capelli viola che aveva visto la sera precedente... e Harold ricordò improvvisamente ciò che voleva chiedere alla signora Allen.
-Ehi tu! Non è che per caso...- il ragazzino si alzò e cercò di fuggire. Harold sospirò e lo inseguì riuscendo a superarlo e pararglisi davanti. -Allora, violetto, io...- “violetto” corse via dalla parte opposta. Dopo aver ripetuto quella dinamica altre due volte, il ragazzino si accasciò a terra sfinito. Apparentemente era anche meno resistente di Harold, o forse il ragazzo era migliorato negli anni e non se ne era mai accorto.
-Cavolo! Stai bene?!- il ragazzino annuì e si sedette a terra respirando con affanno. “Perfetto... ho accidentalmente bullizzato un ragazzino sovrappeso!” -Vuoi una bottiglietta d'acqua?- gliela porse. -Non l'ho ancora usata, ma gradirei che bevessi senza appiccicarci la bocca... Ok, troppo tardi, te la regalo...-
-N-non dire niente ai miei genitori...- disse il giovanotto, staccatosi dalla bottiglietta.
-Eh? Se è per ieri sera, non dovresti chiederlo a me. Io non abito nell'appartamento vicino al tuo, ero lì per caso...- trovava un po' strano che Courtney non fosse già andata a lamentarsi per il serpente.
-No! Intendevo che non devi digli che non sono andato a scuola oggi!-
-Eh... perchè dovrei fare la spia?-
-Ecco, appunto! NON devi farlo... CHIARO?!-
-Ok...- aveva abbastanza difficoltà a prendere sul serio quel tono. “Da adolescente, davo anch'io un'impressione così bambinesca?” il giovane semi-sconosciuto gli ispirava una strana e istintiva simpatia.
-Mads, volevo chiederti se sai...-
-Mads? É Max! Ma... come hai fatto a indovinare metà del mio nome?!-
-Ho sentito i tuoi genitori richiamarti per le scale una volta...-
-Inquietante...-
-Ho solo un'ottima memoria per i dettagli che non dovrebbero interessarmi... Comunque, sai qualcosa delle vicine che abitavano  nell'appartamento prima della giovane coppia di ieri sera? Fanno Novak di cognome...-
-..Perchè questa domanda?- chiese l'altro, improvvisamente scuro in volto.
-Ecco...- aveva una pessima sensazione. -Avevo parlato qualche volta con la figlia e... per quel che so, trovo un po' strano che lei e la madre se ne siano andate e... Vorrei solo sapere se c'è stato qualche problema... Se ti è sembrato che stessero bene, se le hai viste...-
-Eri amico di Roza?- domandò Max quasi infastidito.
-Ci ho parlato solo qualche volta...- disse inquieto.

Madre e figlia litigavano molto spesso, anche se l'unica voce udibile dall'esterno, non era quella flebile di Roza...
Dopo la separazione dei suoi, Harold, era sempre stato abbastanza isolato, con un solo genitore e una sorella terribilmente discreta. Non aveva vissuto così a stretto contatto con famiglie litigiose e non riusciva a valutare se quella delle vicine fosse una situazione usuale o meno, sapeva solo che quei rumori lo destabilizzavano e monopolizzavano la sua attenzione.
Già instabile per essere stato abbandonato da Leshawna, sotto una spinta egoistica, Harold, un pomeriggio salì al piano superiore senza sapere neanche cosa avrebbe dovuto fare.
Si sentì in colpa quando, seduta davanti la porta dell'appartamento, trovò quella ragazza pallida, poco più grande di lui, dall'aria trascurata e occhi morti.

-Tu sei suo amico, invece?- chiese a Max.
-Lei... lei era in prova per diventare un mio scagnozzo...- commentò il ragazzino, fissando il pavimento.
-Scagnozzo?-
-Conquistare il mondo è un duro lavoro, sai?-
Harold pensò fosse una sorta di gioco di ruolo. Sorrise leggermente. Gli faceva piacere che Roza avesse qualcuno a tenerle compagnia, la ragazza era... come lui... ma peggio... forse era qualcosa che sarebbe potuto diventare anche lui se non fosse riuscito a tenere la depressione sotto controllo...
-Come sta lei?-
-Morta...- rispose Max faticando un po'. -In coma in realtà... Ma è la stessa cosa!-
Rispetto a ciò che aveva sentito all'inizio, Harold si sentì un po' sollevato anche se quell'informazione poteva non valere niente. “Ho troppe poche informazioni! ...In che senso in coma? Cos'è successo?!”
-Dicono che sia stato un tentato suicidio! Ma io sono sicuro che c'entra la madre... l'ha sempre odiata! La insultava sempre! L-lei! L-lei...- balbettò il ragazzo torturandosi le mani.
-In un certo senso...- sussurrò Harold senza farci troppo caso.
-Sai qualcosa?!- esclamò Max scattando in piedi e afferrandogli i polsi.
Harold sapeva solo che la ragazza era tanto grave da non riuscire quasi più ad uscire di casa e ad essere produttiva nel lavoro o nello studio. Era questa la causa delle tensioni con la madre, degli urli e gli insulti... la ragazza si sentiva probabilmente con l'acqua alla gola. Era priva di un posto in cui sentirsi al sicuro e non credersi un macigno indegno d'esistere, che fosse dentro casa, o nel mondo esterno...
“Sapevo che sarebbe andata così... Bugia... bugia... Ma avrei dovuto parlarle di più... dovevo conoscerla meglio... cercare di fare qualcosa... Meh! Non sono capace di risolvere i miei problemi in realtà... figuriamoci quelli di un'altra persona! Però... avrei dovuto consigliarla... che sto studiando a fare?!” cercò di calmarsi. “E' ancora viva... forse non è finita...”
-Ehi! Sveglia! Stai facendo un viaggio extra corporeo o cosa?!- Max lo scosse per riportarlo alla realtà.
-Non sono della polizia, non ho idea di cosa sia successo!- rispose Harold nervosamente. Max digrignò i denti. -Nell'ipotesi che sia un caso di tentato suicidio, cambieresti opinione sulla ragazza?- chiese Harold severamente.
-Lei non avrebbe mai...-
-Quindi se lo avesse fatto, perderebbe il tuo rispetto?-
-Non l'ha fatto! Non l'ha fatto!- ringhiò l'altro.
-Ma se lo avesse fatto?- ripetè Harold con un certo fervore. -Per quanto il suicidio possa essere un errore, dall'esterno non si può dare un giudizio. Non si può capire cosa la persona abbia passato, cosa abbia provato mentre prendeva quella decisione, quanto fosse realmente lucida e avesse davvero il controllo delle proprie azioni! Una persona che si suicida o tenta di farlo ha già sofferto abbastanza! Non sarebbe giusto stigmatizzarla neanche da morta!- quasi lo sgridò.
-N-non volevo dire nulla del genere!- balbettò Max.
-Scusami... tu... tu avrai sicuramente i tuoi motivi per pensare ad un tentato omicidio... se sai qualcosa, parlane con la polizia... Mi spiace...- ripetè Harold mortificato. -E' che... è molto delicato per me...-
-E' importante che non si bullizzi chi muore da suicida o chi lo tenta?- chiese il ragazzino infastidito. -Lasciando perdere chi non ci riesce, che vuoi che gliene freghi ad una persona morta?- disse in tono di scherno.
“E' crudele... i morti devono essere lasciati in pace... specie se hanno già sofferto...” ma non era una risposta logica. La logica voleva che una persona che smetteva di esistere non potesse soffrire, la morte significava quello... -Se si scherniscono le persone che commettono suicidio, chi è depresso o ha pensieri suicidi potrebbe vergognarsi e sentirsi scoraggiato a chiedere aiuto.- cercò di giustificare il suo pensiero. - Inoltre mettersi su un piedistallo morale parlando di quanto quelle persone siano state stupide, irrispettose della vita e di quanto noi non faremmo mai niente del genere...- “Certo, pensano tutti così, ma più alto è il piedistallo, più cara sarà la caduta...” pensò non riuscendo a trattenere un'espressione malevola. -...E' inutile per prevenire altre tragedie.-
-Beh... forse potresti diventare il mio nuovo assistente, l'espressione malvagia è quella giusta...- ammise Max un po' a disagio. -E anche se potresti avere ragione su Roza, prometto che non ce l'avrò con lei e cercherò di capirla quando se mai si sveglierà...- disse emettendo un risucchio dal naso -Perchè piangi adesso?!- chiese Max infastidito.
-S-sei tu che stai piangendo! Ma stimoli lo stesso meccanismo anche in me... No, non ti sto prendendo in giro...- ammise Harold.
Max si strofinò gli occhi con la manica. -B-buono a sapersi! Sfrutterò questo... ehm... super potere del pianto contagioso d'ora in poi!- disse continuando a strofinare occhi e naso.
-No...- pronunciò Harold con un lieve sorriso nervoso. -Funziona solo su di me. La mia empatia si è tipo rotta...- gli venne spontaneo essere sincero, tanto non aveva nessun altro a cui dirlo. -Ultimamente il mio corpo tende a imitare automaticamente le manifestazioni di tristezza che vede. È come se cercasse di ricalibrarsi regolandosi sulle emozioni altrui per tornare a funzionare bene... lo so, non ha molto di scientifico.- disse sedendosi su uno scalino.
-A me sembra estremamente scientifico.- Max si sedette accanto a lui, sembrava molto affascinato da quella tesi. -Quindi sei un depresso?- chiese con inopportuna esaltazione. -Oh... ecco perchè ti eri arrabbiato...- disse fissandolo storto.
-Ah... non me la sono presa per questo... non sono grave e non ho pensieri suicidi, ma non voglio comunque che le persone che li hanno vengano trattate come pezze... tutto qua...-
-Ok... signor Depresso...-
-Il mio nome è Harold...-
-Signor Depresso, ma se è stato un tentato suicidio, è comunque colpa della madre!- disse con uno sguardo fervente. -Lo pensi anche tu...- affermò.
-P-probabilmente...-
-Dovrebbe pagarla per questo!-
-E'... è complicato...- disse dando una fastidiosa sensazione di alienazione. -Forse si sente già male per come la trattava...-
-Ma se la odiava!-
-Non è detto... si può tranquillamente fare il male di una persona volendole bene...- “Forse, forse... è anche più facile...” -E se le vuole bene...- non voleva parlarne al passato “E' viva...” -...La starà pagando.- disse il ragazzo con tono funereo e sguardo basso.
Max lo guardò estremamente infastidito, gli diede un pugnetto sul braccio.
-Perchè non sei arrabbiato?! Eri suo amico anche tu!-
-Sono arrabbiato...- mormorò Harold. “Ma non con quella donna... O almeno credo... Il problema è che...” -Sono molto arrabbiato...- affermò nuovamente senza lasciar trasparire molto di ciò che diceva.
Max gli picchiettò sulla testa. -Hai ragione, il tuo encefalo deve essere rotto... posso aprirlo e dargli una controllata...- disse palpando con cura la testa di Harold.
-No, grazie!- notò che Max aveva ancora gli occhi lucidi, Harold si rassegnò calcolando che gli sarebbe accaduto lo stesso. -Come hai conosciuto Roza?-
-Ha recuperato Pitty una volta che si era perso...-
“Il serpente?”
-Era una ragazza molto gentile...- disse tristemente Max.
-Sì...- “Non la conoscevo molto, ma è l'impressione che mi ha dato...” -E' una ragazza gentile...- lo corresse utilizzando il presente, sperava di fare bene. -Magari potremmo andare a trovarla uno di questi giorni.- Max sbuffò a quella proposta.
-Ho visto il suo fantasma... era distesa sul soffitto della mia camera e mi fissava...- confessò il ragazzino con lo sguardo perso nel vuoto.
-Potrebbe star facendo un viaggio extra-corporeo.- ipotizzò Harold pensando che offrire opzioni non paranormali all'esperienza di Max non sarebbe stato utile. Max lo studiò con diffidenza, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro. -Magari se l'andiamo a trovare, si sentirà più invogliata a tornare nel suo corpo.- continuò Harold.
-Ero troppo arrabbiato per farmi dire dov'è stata portata...- ammise Max.
-Troverò un modo per rintracciarla...- sospirò Harold.
-Ottimo, nuovo assistente!- disse l'altro ritrovando un po' di fiducia.

Prima di lasciare il ragazzo, Harold, tornò un attimo indietro e chinò lievemente il capo.
-Mi spiace per il tuo ragno, la mia ragazza...- preferì semplificare indicandola in quel modo, ma gli dava molto fastidio. -E' incinta e questo la rende impulsiva e violenta davanti le minacce, o presunte tali, per questo gli ha sparato...-
L'unico segnale che diede Max inizialmente fu sbuffare e stringersi un po'. -Era vecchio per la sua specie... quindi suppongo, vada bene...- disse alla fine. Harold continuava a non sentirsi troppo bene. -E' che per i miei animaletti, casa di Roza era un posto in cui potevano andare...- Harold si sentì ancora peggio sentendolo. -Potresti chiamare tuo figlio con un nome che ricordi la parola ragno, per farti perdonare...- suggerì Max.
-E' facile che venga ucciso proponendolo.- affermò Harold.
-Tu provaci.- rispose Max in tono beffardo.

Lasciato solo dal ragazzino, Harold venne risucchiato dai suoi pensieri. Consciamente non accettava che la semi-sconosciuta di cui si era preoccupato, fosse più morta che viva.
Forse era destino che fosse ancora in vita, la ragazza poteva risvegliarsi...
“Non l'hai ancora capito? Il destino non esiste, non sei stato attento?”
L'ultima volta che aveva parlato con Roza, era stato un pomeriggio, quando l'aveva vista su un marciapiede poco lontano dal condominio.
Era strano vederla fuori casa e la ragazza era rimasta per così tanti secondi ad osservare le macchine con inquietudine, che Harold aveva sospettato che Roza non sapesse più attraversare la strada.
-Novak!- l'aveva chiamata andandole incontro. La ragazza lo aveva guardato disorientata, come se avesse bisogno di qualche secondo per riconoscerlo.
-McGrady...- aveva detto con un cenno della mano. Sembrava abbastanza tesa.
-Sono contento di vederti qui in giro...- ci riflettè un po', poi decise che era inutile, erano consapevoli dei rispettivi problemi. -Anche per me a volte è un po' difficile uscire di casa...- pensò di metterla a suo agio esponendosi in quel modo, ma non sapeva come continuare. “E' bene allenarsi a uscire? Sono fiero di te? Ma così suonerebbe strano... come una presa in giro? Sarebbe inopportuno? È solo una vicina ed è più grande... Se ci fosse un ragazzino che mi trattasse così, come la prenderei?” -Magari qualche volta possiamo fare la spesa insieme?- le chiese alla fine. “Cosa diavolo ho detto?!”
Roza sembrò indecisa su come comportarsi. -Ok...- disse mostrando un sorriso tremolante.
Harold aspettò pensando che la ragazza volesse dire qualcos'altro “Avrò avuto l'impressione sbagliata...”
Di tacito accordo, fecero la strada di ritorno insieme.
-McGrady...-
-Si?- il ragazzo si bloccò.
-Se non ti incontravo non tornavo a casa...- affermò la ragazza in tono neutro.
Harold la guardò stranito. -Volevi fuggire di casa?-
-No...- ad Harold vennero i brividi ripensando alla ragazza mentre guardava il traffico con aria inquieta, non era preoccupata di non sapere più come attraversare...
-Dovresti parlarne col tuo terapista.- disse preoccupato.
-Sì... ma quello che intendevo è grazie... La tua presenza e il tuo modo gentile di fare, mi tirato su di morale e mi hai distratta dai miei... progetti...- gli sorrise. -Quante probabilità c'erano che incontrassi qualcuno che conoscevo per caso? Non conosco più così tante persone...- disse con una strana allegria.
-Magari è stato il destino a farci incontrare proprio ora. Quindi, vedi di starmi bene, ok?- le diede una pacca sulla spalla. In un primo momento Roza sembrò sul punto di indietreggiare, non era abituata al contatto. -Ma sul serio, parlane col tuo terapista, è molto importante.-
-Uh... forse non dovevo dirtelo, ti ho messo sotto pressione...- riflettè la ragazza senza mostrare particolari emozioni.
-Non dire sciocchezze, sapere di aver accidentalmente evitato il suicidio di qualcuno può solo farmi sentire onorato. Inoltre... non hai motivo di vergognarti nel parlarne con un depresso traumatizzato dalle persone che urlano. Anzi, se hai voglia di parlare di qualcosa, ci sono.-
-McGrady, tu credi ai fantasmi?-
-Non lo so... perchè?-
-Si dice che dal tuo piano, si sentano dei lamenti, soprattutto durante la notte...-
-...L-lamenti?- deglutì.
-Qualcuno che inspira e sospira profondamente, emettendo suoni perlopiù acuti... come un fantasma piangente... forse sembra un maschio...-
Harold arrossì violentemente, temeva di essere lui l'origine. Anche Roza probabilmente l'aveva capito. -Accidenti... Beh, grazie dell'avvertimento...-

A causa dell'intensificarsi delle sue crisi, Harold finì per stabilirsi dalla sorella per un po'.
Anche se ora sapeva di non essere l'unica persona nel condominio, con cui Roza poteva parlare, si sentiva in colpa per essersene andato. “Mi sto dando troppa importanza... sicuramente non mi calcolava, ero un quasi-estraneo...” cercò di convincersi. “Ma in certi momenti, i quasi-estranei diventano molto importanti...
Il destino non esiste... il fatto che l'avessi incontrata per caso distogliendola dai suoi intenti suicidi, non è servito a niente, l'ha fatto comunque! Forse si rivelerà inutile anche che sia rimasta viva per il momento...” sentì gli occhi bruciare. Però era consolante che non avesse bisogno di imitare Max per lacrimare e che gli venisse da piangere in quel momento era perfettamente normale, non era il segnale di una crisi... Ma la sensazione si fermò e il ragazzo non pianse, ma si sentì profondamente stordito e dovette tornare a sedere sugli scalini. Finì per stendersi. Per qualche secondo sentì la propria coscienza svanire. “Mi sarò affaticato troppo...”
Si risvegliò per il freddo, la temperatura sembrava calata di molto. Il ragazzo si strofinò le braccia, poi si rialzò e decise di prendere le scale.
Aveva la sensazione di essere seguito e si girò più volte ma non riuscì a vedere nessuno, nonostante sentisse chiaramente dei passi. Riprese a grattarsi il collo nervosamente.
“Eppure, sembra così vicino... e si avvicina sempre più...” ma non compariva nessuno.
Harold riprese a camminare un po' innervosito, aumentò il passo senza neanche esserne consapevole.
“McGrady, tu credi ai fantasmi?” ripensò alla voce consumata e difficile da udire di Roza... la voce di un morto? Ora capiva perchè Leshawna fosse infastidita dalla sua voce, la notte prima...
-Mi sarebbe piaciuto risponderti di sì...- disse Harold in un sussurro.
Si fermò sulle scale ascoltando i passi che continuavano ad avvinarsi. In fondo non era mai stato così infastidito dalle basse temperature e la pelle d'oca, ma i passi si fermarono poco prima di raggiungerlo.
Si girò e non vide nessuno.
-A me va bene giocare...- Sospirò. Si sentiva un po' frustrato. Che fosse un'allucinazione data dallo stress, il senso di colpa, il desiderio di rivedere qualcuno con cui si ha un conto in sospeso o un vero fenomeno paranormale, non aveva realmente importanza... non capiva bene perchè esperienze simili avessero il potere di inquietare altre persone...
“Se fossi dentro un film horror, forse sarei quello ingenuo che da accidentalmente il permesso allo spirito maligno di possederlo, o di diventare il suo coinquilino...” ma era inutile, solo le cose vive potevano essere realmente spaventose, per quello gli alieni erano così terrificanti!
-Se sei tu, tanto verrò presto a farti visita.- disse facendo un cenno di inchino per congedarsi.


Angolo dell'autrice:

Questo capitolo è stato difficile da scrivere e inizialmente doveva essere meno... speranzoso(?)
Sarà anche colpa dei documentari sul crimine che ho visto di recente, più uno su una piovra(vi assicuro che era assolutamente commuovente...) ma non mi sono sentita a mio agio ad “uccidere” definitivamente Roza. Inoltre ho pensato che mi avrebbe potuto dare anche problemi nella trama... spero di aver preso la decisione giusta e di essere riuscita a gestire le tematiche... in caso contrario mi scuso, ma volevo provarci...
Non so quanto senso abbia Max contestualizzato in questo modo... ma mi fa tenerezza per qualche strano motivo ed è uno dei pochi personaggi di quella stagione ad essermi piaciuti, quindi mi è venuto naturale inserirlo nella storia.
Mi spiace se la storia risulta lenta, ma voglio provare a delineare i rapporti fra i personaggi, le loro situazioni, problematiche e il loro contesto mentre vanno avanti con la storia... ma voglio anche evitare di scrivere capitoli troppo lunghi... Alla fine, questa storia è un esperimento per me. Spero di riuscire a scrivere decentemente e interessare in qualche modo o comunque di migliorare...
In ogni caso, grazie mille della pazienza e di aver letto fino a qui.
Mi scuso per eventuali errori. Se volete darmi dei pareri mi fa molto piacere.
Alla prossima.
  
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