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Autore: Abby_da_Edoras    12/06/2021    5 recensioni
Questa storia, che si ispira molto liberamente all'ultimo episodio della serie TV "The White Princess", mi è venuta da un sogno, praticamente ho sognato tutta questa vicenda in una notte e non ho potuto fare a meno di scriverla, quindi se vi sembra una follia (come in effetti è!) prendetevela con il mio inconscio! E' la notte della vigilia dell'esecuzione di Edward Plantagenet e Perkin Warbeck (che per me è comunque Richard). I due giovani rinchiusi nella Torre non sanno cosa li aspetta ma... ecco che un uomo riesce a penetrare nella prigione e dichiara di essere lì per liberarli. L'uomo è al servizio di Sir Richard Pole e il suo vero scopo è salvare Teddy per ragioni, diciamo, anche personali, ma entrambi i ragazzi avranno salva la vita grazie a lui. E poi... il mio delirio prosegue, non so ancora per quanti capitoli, grazie a chi vorrà seguirmi!
Non cercate il personaggio di Erik nella serie TV, nel mio sogno è stato "traslato" direttamente da Erik il Rosso di Vikings e nemmeno io so il perché!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori di The White Princess.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Edward Plantagenet / Teddy, Margaret Pole / Margaret of York
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seconda parte

 

Wise man said just walk this way
To the dawn of the light
Wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Come si poteva prevedere, non fu così semplice e agevole trasportare fuori dalla finestrella il Principe Edward. Erik doveva calarsi lungo la Torre reggendosi alla corda che aveva portato con sé e non sarebbe riuscito anche a sostenere il ragazzo che, invece, avrebbe dovuto aggrapparsi da solo alle spalle dell’uomo. Edward, però, non appena si sentì penzolare nel vuoto con un salto di trenta piedi sotto di sé, cominciò naturalmente ad agitarsi non poco.

“Edward, devi cercare di star fermo e di tenerti stretto, altrimenti non riuscirò a scendere” disse Erik. “Dobbiamo far presto o quando le guardie verranno a prendere voi due per portarvi al patibolo ci troveranno tutti e tre qui appesi!”

“Ho paura… io non ce la faccio… ho paura, riportami indietro…” ripeteva Edward, spaventato e tremante.

“Ma certo che ce la puoi fare, coraggio, devi solo aggrapparti a Erik e farà tutto lui” lo incoraggiò Richard. “Pensa a me che devo calarmi con le mie sole forze!”

“Ascoltami, Edward” riprese Erik, continuando lentamente a scendere come poteva e dimostrando una pazienza infinita, “capisco che tu abbia paura, è normale avere paura in situazioni pericolose. E’ capitato anche a me, sai? Io sono nato e cresciuto in un piccolo villaggio della Norvegia e, quando avevo circa tredici anni, fummo attaccati da un gruppo di guerrieri Danesi. Razziarono quello che poterono, distruggendo e incendiando tutto il resto e uccidendo quasi tutti gli abitanti del villaggio, compresi i miei genitori, i miei fratelli e tanti amici e vicini.”

Il Principe, coinvolto e commosso dalla tragica storia, si strinse di più all’uomo e parve dimenticare le sue paure. Del resto, chi meglio di lui poteva comprendere la perdita delle persone care e una vita in fuga? Richard invece sorrise compiaciuto all’arguzia di Erik che aveva dimostrato di capire molto bene la psicologia di Edward: gli stava raccontando un episodio drammatico e spaventoso della sua vita per distoglierlo dalla paura. Quell’uomo era molto più sensibile di quanto non sembrasse a prima vista e, chiaramente, teneva molto al Principe.

“Mi dispiace tanto, Erik” mormorò il ragazzo. “E tu come hai fatto a salvarti?”

Un lieve sorriso increspò le labbra dell’uomo, soddisfatto di aver coinvolto Edward nella sua storia e di aver trovato il modo di fargli pensare a qualcos’altro che non fosse il fossato a trenta piedi sotto di loro e la semplice corda che li tratteneva…

“Io e un piccolo gruppo di ragazzini riuscimmo a scappare in mezzo alla confusione e alle urla e ci nascondemmo nella foresta, ci arrampicammo addirittura in cima agli alberi più alti sperando che i Danesi non venissero a cercarci. Rimanemmo nascosti per tre giorni, terrorizzati, mangiando solo quello che potevamo trovare sugli alberi e senza avere il coraggio di scendere” continuò Erik. “Finalmente gli invasori ripartirono e noi potemmo uscire dalla foresta, ma non avevamo più niente, il villaggio era completamente distrutto e bruciato, le nostre famiglie erano morte, eravamo soli. Con noi c’erano anche due bambine di quattro o cinque anni, più o meno. Io e altri tre ragazzi decidemmo di andarcene dalla Norvegia e riuscimmo a imbarcarci su una nave diretta in Inghilterra, proponendoci al capitano come mozzi. Facemmo i lavori più umili, ma questo ci permise di portare con noi anche le due bambine. I due ragazzi più grandi, invece, scelsero di restare in Norvegia e cercare ospitalità in altri villaggi, desiderando soltanto diventare grandi guerrieri e potersi vendicare dei Danesi alla prima occasione. Sulla nave c’era una famiglia inglese molto gentile che si offrì di adottare le due piccole, mentre io e i miei amici ci sottoponevamo ai lavori più umili e massacranti… comunque, in qualche modo arrivammo in Inghilterra e lì ci separammo, cercando lavoro nelle città e nei villaggi che ci sembrarono più ospitali. Un giorno ebbi la fortuna di incontrare Sir Richard Pole, che allora era un giovane proprietario terriero del Galles. Ebbe compassione di me, mi prese sotto la sua protezione, mi fece addestrare e diventai prima un suo scudiero, poi guardia del corpo, infine Capitano delle guardie. Sono al servizio di Sir Richard e adesso anche della sua famiglia da più di vent’anni e ogni giorno ringrazio Dio di averlo messo sulla mia strada e rinnovo la mia promessa di essergli fedele fino alla morte.”

Edward era così affascinato, colpito e rattristato dalla vicenda di Erik che non aveva più pensato a dove si trovasse e… rimase molto stupito quando si accorse che erano riusciti ad arrivare sani e salvi alla base della Torre senza rompersi l’osso del collo o qualcosa del genere!

I tre si allontanarono dalla Torre in direzione della boscaglia, dove Erik aveva legato due cavalli.

“Attraverseremo i boschi e i sentieri per raggiungere le campagne e dirigerci verso la tenuta di Sir Richard” disse Erik. “Non è prudente attraversare Londra.”

“Per voi, forse, ma io so dove andare” affermò Richard con un sorrisetto. “Ho ancora degli amici e dei sostenitori in città, il Re e la Regina non sono riusciti a catturarli tutti. Mi nasconderanno per qualche giorno e poi, quando le acque si saranno calmate, mi aiuteranno a rifugiarmi in Scozia.”

“Sei sicuro della tua decisione?” domandò Erik, perplesso. “Puoi venire con noi, se lo desideri, potrai riposare e riprenderti e poi partire per la Scozia in un secondo momento.”

“No, è meglio così per tutti. Sarà un bene se, nei prossimi giorni, correrà voce che siamo stati liberati dai miei sostenitori, magari da amici della Duchessa di Borgogna” replicò Richard. “Così nessuno sospetterà di Sir Richard e voi sarete al sicuro, io nel frattempo farò in modo di riorganizzare un esercito. Non importa quanto ci vorrà, prima o poi riuscirò a tornare a Londra da Re e cacciare l’usurpatore e Edward potrà vivere tranquillo in campagna con la sua famiglia.”

“Allora, se è così che hai deciso, le nostre strade si dividono qui. Ti auguro buona fortuna” disse Erik, stringendo la mano al giovane.

“Buona fortuna anche a voi e… Edward, ti auguro di riuscire ad avere tutto quello che desideri da tanto tempo… e non intendo soltanto un cane!” sorrise Richard, abbracciando affettuosamente il Principe a cui si era tanto affezionato in quei mesi di prigionia condivisa. “Meriti di essere finalmente felice con le persone che ti vogliono bene.”

Poi il giovane salì velocemente a cavallo e spronò l’animale, dirigendosi verso la città. Era ancora notte, ma l’alba si avvicinava, entro poche ore il sole sarebbe sorto e anche Erik e Edward dovevano allontanarsi il più possibile da quel luogo di morte. L’uomo salì a cavallo e aiutò il Principe a montare dietro di lui, dirigendo poi l’animale verso la boscaglia. Sarebbe stata una lunga cavalcata, lo sapeva, ma doveva mettere quante più miglia possibili tra Edward e coloro che lo volevano morto.

“Andiamo da Maggie, adesso?” chiese il ragazzo.

“Non subito” rispose Erik, che non voleva rivelare a Edward tutta la verità. Sapere che sua sorella era stata anche lei rinchiusa in quella prigione per aver tentato di liberarlo gli avrebbe spezzato il cuore e lui era sicuro che Sir Richard avrebbe trovato il modo di tirarla fuori in breve tempo. “Quando si scoprirà che tu e Richard siete fuggiti, Sir Richard e Lady Margaret saranno i primi ad essere sospettati, perciò dovranno tenere un profilo basso e conquistare la fiducia del Re. Non appena saranno liberi di tornare in Galles, tua sorella verrà subito a trovarti.”

“E allora noi dove andiamo? In Galles?”

Il fuoco di fila di domande di Edward era davvero pesante, ma ad Erik quella curiosità ingenua faceva solo tenerezza, era uno dei tanti motivi per cui aveva sviluppato nei suoi confronti un affetto molto speciale.

“Da quelle parti, sì. Sir Richard ha molti possedimenti là e, oltre alla sua tenuta, ha anche un piccolo cottage nei boschi che nessuno conosce. Noi andremo là dove nessuno penserà a cercarci” spiegò l’uomo. “Ti dispiace non andare subito a casa, Edward?”

“No… del resto quella non è casa mia, è la casa del marito di Maggie” ribatté il ragazzo, dopo averci pensato un po’. “Mi piace il cottage nei boschi, spero solo che Maggie verrà presto! E quindi, nel frattempo, io vivrò con te?”

Eccola, la domanda da un milione di sovrane d’oro! Come avrebbe reagito Edward alla prospettiva di vivere con un perfetto estraneo? E lui, Erik, come avrebbe reagito trovandosi attorno il Principe da mattina a sera?

“Eh… ecco, sì, per questo primo periodo almeno. La cosa ti mette a disagio?”

“No, perché dovrebbe?” replicò candidamente il Principe. “Tu mi hai salvato la vita, sei amico di Maggie e di suo marito, quindi sei anche amico mio.”

Appunto. Il ragionamento non faceva una piega.

Erik continuò a spronare il cavallo, gli dispiaceva far faticare tanto quella povera bestia, ma si rendeva anche conto del fatto che l’alba si stava avvicinando e che per raggiungere il cottage ci sarebbero volute ancora almeno tre ore, se non di più. Cosa sarebbe accaduto quando le guardie fossero andate a prendere Edward e Richard nella prigione per condurli al patibolo e non li avessero trovati? L’uomo ragionava in fretta: un soldato sarebbe corso ad informare il Re (e questo avrebbe fatto guadagnare loro tempo prezioso), ma a quel punto? Lady Margaret Pole era tuttora prigioniera nella Torre e forse il Re avrebbe sospettato di lei… e di Sir Richard, magari. Era tutto sbagliato, tutto troppo pericoloso, e la colpa era solo di quella malvagia Regina che aveva ingannato il povero Principe per avere una scusa valida per giustiziare subito lui e il giovane pretendente al trono. Edward era rimasto prigioniero della Torre per quattordici anni, cosa sarebbe cambiato se avesse atteso ancora un mese o due, o magari anni? E, nel frattempo, Sir Richard avrebbe potuto pianificare in modo più sicuro la sua evasione, possibilmente senza che in carcere finisse sua moglie…

“Erik… per favore, puoi fermare il cavallo?” mormorò Edward con voce flebile, interrompendo i pensieri angosciosi dell’uomo.

“Cosa succede? Sarebbe più prudente arrivare il prima possibile al cottage” rispose Erik.

“Lo so ma io… davvero, non ce la faccio più, sono talmente stanco e mi fa male dappertutto, da quanto tempo stiamo cavalcando?” si lamentò il ragazzo.

Edward non aveva tutti i torti, poverino. Stavano cavalcando senza tregua da più di un’ora e, se anche l’animale era stremato, il giovane Principe non era da meno. Dopo aver trascorso gli ultimi quattordici anni della sua vita in prigione (più di quelli che aveva trascorso fuori… a ben pensarci era una cosa terribile!), il suo corpo non era abituato a simili sollecitazioni e una cavalcata così lunga e impetuosa era diventata ben presto una tortura per lui.

Erik sospirò e fermò il cavallo, volgendosi poi verso il ragazzo.

“Purtroppo non possiamo permetterci di fermarci” disse. “Come vedi, già comincia a fare giorno e dobbiamo allontanarci il più possibile da Londra. Però c’è qualcosa che posso fare per aiutarti almeno un po’.”

Scese da cavallo e spostò Edward più avanti, rimettendosi poi in sella dietro di lui e stringendolo a sé.

“Procederemo più lentamente, anche per consentire al cavallo di non sforzarsi troppo” spiegò. “Sarò io a sorreggerti, così potrai riposare un po’ e anche addormentarti, se ci riesci. Va bene?”

Il ragazzo lo gratificò di un sorriso, stanco ma tenerissimo.

“Grazie, Erik, io… ci proverò” disse. “Sei così gentile e sono contento che sia tu a prenderti cura di me. Sei un uomo buono.”

Erik era molto turbato. Per darsi una specie di contegno spronò il cavallo, che iniziò a muoversi al trotto. Sì, in quel modo ci sarebbe voluto più tempo per raggiungere il cottage, ma l’uomo riteneva che potesse essere sufficiente e, in ogni caso, non aveva intenzione di sacrificare l’animale né, tanto meno, di far soffrire il Principe. Pochi minuti dopo, Edward era crollato in un sonno profondo con la testa appoggiata sul petto di Erik e saldo nella sua stretta sicura e protettiva, nonostante gli scossoni e l’indolenzimento: doveva essere proprio sfinito.

In preda a un’emozione fortissima, Erik sfiorò con un bacio i capelli scarmigliati del ragazzo, del suo protetto, del Principe che aveva salvato.

“Dormi bene, Teddy” sussurrò appena, mentre la cavalcatura si dirigeva sempre più lontano da Londra e da coloro che volevano morto quel giovane innocente e il sole iniziava a spuntare tra le colline.

Fine seconda parte

 

 

   
 
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