Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: ClostridiumDiff2020    18/06/2021    0 recensioni
Questa Storia Partecipa alla 365 Writing Days Challenge 2021
365 finestre...
365 storie, una raccolta di racconti, una raccolta di vite.
Ogni giorno, partendo da una parola, si aprirà una porta verso qualcosa, verso qualcuno...
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
169 - I Can't Feeling Nothing
 
 
Si era proposta volontaria per coprire i turni di notte. Preferiva non dormire all’idea di intercettare continuamente sguardi ostili. Si chiedeva spesso perché fosse rimasta in quel posto ogni notte che vagava per quegli interminabili corridoi. La speranza di trovare una soluzione alla sua condizione era svanita da tempo. Non avrebbe mai sentito niente, era destinata a rimanere dolcemente insensibile fino alla fine dei suoi giorni.
Così i giorni si erano accumulati gli uni sugli altri.
Il suo era un mondo assurdo e folle, vendicatori mascherati, alieni dallo spazio eppure tutto le appariva così grigio, insignificante.
Se fosse possibile avrebbe detto che persino le sue emozioni si stessero atrofizzando, il suo cuore stesse diventando più freddo di giorno in giorno.
Era una delle tante notti, fredde, noiose la priva volta che percepì la sua presenza.
Per un attimo aveva avuto l’impressione di sentire un urlo, aveva seguito quel grido fino a quella posta. Era costantemente sorvegliata, ma a lei era concesso di entrare.
La prima cosa che aveva notato in quel fagotto di persona che si agitava legato in quel letto era che emergeva come una scheggia di colore in un mondo sempre più grigio. La sua mente si era tanto abituata a vivere senza colori che dovette massaggiarsi gli occhi. Colori vivaci che schizzavano l’oscurità.
“Chi sei? Cosa vuoi…” le aveva chiesto con voce roca.
Era uscita rapida, come se colpita da una scarica elettrica.
Eppure, aveva continuato a percepire quella voce. Come un richiamo, la notte lei passeggiava lungo quel corridoio e lo sentiva fremere. Un richiamo irresistibile. Così tante emozioni, urlate al silenzio della notte. Trovava impossibile persino la sua curiosità. Non aveva percepito nulla, da così tanto. E adesso era come se tutto quel dolore potesse aver riacceso il flebile opaco spettro di una percezione.
Si ritrovò a fissarlo, fremeva in silenzio, stanco di chiedere senza ricevere risposta.
Quando lei allungò le mani per sfilargli la maschera si ritrasse ma le sue mani non si fermarono. Voleva vedere, voleva sentire quello che provava lui.
“Fanno ancora male?”
Lui annuì, nel suo sguardo un misto di incredulità e rabbia.
“Deve essere bello…” sussurrò lei.
Lui imprecò ruggendo come una belva ferita. E lei sorrise incuriosita.
“Cosa ci trovi di tanto divertente? Perché sei qui, perché continui a tornare… Come tutti loro… Con i loro sguardi inquisitori, le loro pretese… Tante domande e nessuna risposta… Cosa vuoi da me…”
Le sue mani si avvicinarono al suo volto, inseguendo quella rabbia, quella frustrazione che percepiva fremere in quel corpo che sembrava incapace di contenere.
“Questo…”
Lui rise divertito. “Non pensavo di essere diventato un pupazzo… Ma immagino che non importi più vero?”
Lei lo guardò impassibile e se ne andò lasciandolo nel silenzio dei suoi dubbi.
Ogni volta che tornava lui sembrava più tranquillo, come se si stesse abituando a quella spettrale presenza.
“Non dormi molto la notte vero?”
“Lo sai bene” li rispondeva fremente lui.
Alle volte sembrava capire che le sue domande erano finalizzate a scatenare la sua rabbia.
“Perché? Perché lo fai?”
Lei scrollava le spalle “Perché così posso sentire anche io…”
Lui non capiva e nemmeno lei riusciva a spiegarsi quel che accadeva.
Sapeva solamente che attraverso di lui improvvisamente lo spettro di una sensazione si era affacciato nella sua mente. Era tornata in quella stanza come tutte le sere, non si era accorta di essersi ferita, fu il suo sguardo incredulo a farle capire.
Una chiazza di sangue si allargava, sulla sua maglia, la lama del bisturi si era conficcata in profondità. Lui la osservò rimuovere la lama. Senza battere ciglio.
“Come…” farfugliò incredulo.
“Non è magia, è una malattia congenita…”
“Deve essere comodo… Non sentire niente… “
La osservava mentre si ricuciva la ferita, con la stessa noncuranza con cui si muoveva in quella stanza, con la stessa indifferenza con cui reagiva a tutto.
“Il dolore è importante, ti avverte che qualcosa non va… Senza rischi di ferirti senza neanche accorgertene…”
“Molte cose non vanno in me… Vorrei non sentire più niente…”
“Io vorrei sentire tutto…”
Era stata la prima volta che il contatto si era intensificato così tanto.
Da quel momento i loro incontri si erano riempiti di parole.
Lui aspettava, sempre più calmo, chiuso nel suo involucro che lei sollevasse la maschera.
Lei attendeva che tra le ombre dell’apatia apparissero le emozioni che poteva sfiorare attraverso i suoi incubi.
“Alle volte ho l’impressione di percepire qualcosa, in lontananza. Del calore sfiorarmi le dita…” ammise lei una volta. Si erano detti molto, tranne i loro nomi.
Erano spettri che si incrociavano nelle lunghe notti insonni, finché il sole non sorgeva spazzando via ogni cosa.
“Alle volte sento di ricordare qualcosa oltre al dolore…”
Lei gli portava le risposte che cercava e il mosaico dei suoi pensieri si ricomponeva gradualmente. Lei sapeva essere brutale, crudele persino. Ma lui sapeva che non era in grado di mentire. Quello che diceva poteva essere doloro, ma era sempre vero. Lei non voleva farlo soffrire, non era fisicamente capace di provare piacere dal suo dolore, ne alcuna emozione ma alle volte poteva intravedere lo spettro di una lacrima nei suoi occhi.
Gli incubi stavano lasciando la sua mente, gli scheletri venivano spazzati via da una nuova chiarezza ma su di lui incombeva ancora un’ombra.
“Alzati…” le disse lei improvvisamente.
Lui la osservò incredulo, libero per la prima volta, di respirare, muoversi alzarsi di nuovo in piedi. “Dobbiamo andare...” Gli disse porgendogli una mano.
Lui la afferrò senza esitare. Una mano calda, non l’avrebbe lasciata andare.
Se voleva comprendere perché quell’uomo riuscisse a raggiungerla oltre il muro che l’aveva isolata da sempre doveva condurlo via, lontano da quella prigione di metallo.
L’ospedale dormiva e loro sgattaiolarono via, come ombre in una notte grigia senza stelle.
 
 
Day 169 – Prompt -. Percezione (18.06.2021)
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: ClostridiumDiff2020