Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Miky_D_Senpai    19/06/2021    2 recensioni
Il diario mentale di uno studente che non ha ancora capito il mondo che lo circonda, tenendo per sé una regola che è chiara solo alla sua famiglia. Nascondendo con un velo di apatia il rispetto per un'unica persona, riempiendo i propri vuoti con una devozione cieca.
Sopra le leggi di una società che ai suoi occhi cade a pezzi, ma non abbastanza alto da poter godere di una buona visuale sul mondo che lo circonda.
Dal testo:
"Volevate la solita storia sulla scuola? Su quei college americani tutti fighetti in cui c’è sempre il “cattivo ragazzo” che sta con la timida secchiona di turno, che la persuade a passare nel lato oscuro? “Lato oscuro” che poi è semplicemente in penombra.
[...]
... l’avevo notato dalla finestra, fermo nel viale del mio appartamento, di fronte al mio citofono. Mi diverte vederlo sbiancare ogni volta che pronuncio il suo nome."
[AU contemporanea, quasi tutti i personaggi, provate a shippare e lui vi ucciderà]
[Nota dell'autore: Ringrazio chiunque sia passato o passerà a leggere. Devo ammettere che è la prima volta che finisco una long del genere su Efp quindi grazie di tutto il supporto, alla prossima!]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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«Ehi, Hanji, svegliati»
Il risveglio per lei non deve essere stato dei più entusiasmanti. Dopo aver pensato che sarebbe stata una cosa carina farmi compagnia quella sera, ha deciso di chiamare i suoi per avvertirli che restava a dormire da un amico. Li ho sentiti chiaramente fare battute poco caste sul fatto che io non fossi Moblit, quell’uomo lo devono fare come minimo santo o dargli una svegliata.
Ecco, però, il pentimento di aver dovuto dormire con gli stessi vestiti che probabilmente userà oggi. Ovviamente il problema per lei non sussiste, sono io che la sto guardando con orrore. Mi sta veramente venendo da dare di stomaco, nonostante la sua figura sul mio letto sia anche gradevole alla vista, soprattutto per come tiene il pugno leggermente piegato attorno alle lenzuola.
Sono comunque i vestiti di due giorni, si deve alzare dal mio letto o la ribalto.
Si stiracchia rumorosamente per tutto il tragitto verso la cucina, dove la attende la colazione, sempre se Swiffer non abbia già attaccato le tazze tentando di imporre loro il suo dominio del tavolo.
«Come hai dormito Levi?» Stupida domanda per fare conversazione di prima mattina, come se stuprare le mie lenzuola con dei panni che dovrebbero stare in lavatrice non fosse già abbastanza.
«Bene»
Sbuffa sapendo che non ho la benché minima voglia di parlare, come ogni giorno di lezione in presenza, eppure non so quanto effettivamente sappia tenere a freno la lingua.
Come immaginavo, la palla di pelo è sul tavolo, ma sta solo facendo compagnia al tè fumante, in un letale e sottile equilibrio che, dato quanto sta facendo ondeggiare la coda, sembra sul punto di terminare. Il pelo soffice e candido accoglie però la faccia della quattrocchi senza che questo comporti da parte sua una minima lamentela, come se il grasso sottostante fosse fatto appositamente per fondersi con il suo naso.
«Gatto morbido» borbotta mentre lui sembra un trattore, rispondendo al suo affetto con le fusa.
Decisamente il loro rapporto sembra migliore di quello che ho con entrambi e come se non bastasse, le lecca anche la guancia.
«Lo prendo come un tradimento, palla di grasso» Sorseggiando il tè mi accorgo di quanto effettivamente siamo in anticipo rispetto a quanto pensassi e decido di fare qualcosa per il suo abbigliamento. «Visto che quei vestiti sono lerci, dovrei avere ancora quelli che hai lasciato qui quella volta»
Mi guarda interrogativamente, non si aspettava che avessi tenuto i suoi vestiti per quasi un anno. Li ho anche lavati, effettivamente, togliendo macchie della cui natura non ho mai investigato. I suoi occhi sporgono leggermente dal ventre bianco, aveva spostato gli occhiali sulla fronte per non averli in mezzo mentre si affogava nel mio gatto.
«I miei vestiti non sono lerci»
«È inutile che cerchi scuse, non sei ingrassata così tanto da febbraio»
Tenta di nascondere il fatto che quel mezzo complimento le possa fare in qualche modo piacere e si sforza per non far perdere forma al broncio. «Non si dovrebbero dire certe cose a una ragazza!»
Sorride, lasciando che la metà positiva delle mie parole abbiano la meglio.
Non che mi faccia impazzire, ma sembra quasi un dovere fare qualcosa per far sentire bene le persone più si avvicinano.
Sistemo le tazze nel lavandino, mentre lei è finalmente andata in bagno, urlandomi che i suoi genitori sarebbero passati ad accompagnarci a scuola, dato che sembra si stia per mettere a piovere e io abito abbastanza distante da farci arrivare zuppi fino alle mutande. Nonostante io non sia completamente sicuro di quanto possa essere confortante passare tutto quel tempo con i responsabili dei suoi geni.
«Sei sicura che sia una buona idea?» Mi siedo vicino a Swiffer, che mi annusa come se fossi un estraneo e stesse controllando quanto io sia ostile. Gli porgo la mano, forse l’odore del sapone per piatti è ciò che gli stuzzica di più l’olfatto. Mentre chiude gli occhi come se fosse stanco e non avesse dormito tutto ieri, Hanji torna sulla soglia della cucina.
Non mi interessa se entra ancora comodamente in quegli abiti, voglio solo che si sia cambiata e che sia anche pronta per andare.
La guardo dalle caviglie in su. Le stanno, bene.
 
I suoi arrivano in perfetto orario, proprio all’inizio del diluvio. Ed è proprio in questo momento che mi sento assalito da un dubbio.
Forse non è lei il problema, forse la ragione, o il gene, che la rende così strana è da ricercare tra le radici del suo albero genealogico.
Fortunatamente l’ombrello che Kenny aveva sempre per casa è uno di quelli sotto il quale potrebbero entrare una decina di persone. Quindi raggiungiamo la vettura senza quasi bagnarci, evitando anche di stringerci troppo sotto una copertura più che sufficiente.
«Ehi ragazzi, tutto bene?» ci chiedono appena faccio salire Hanji che, mentre slitta sui sedili per non farmi fare il giro, risponde con un “Bene” troppo convinto.
Non so quanto effettivamente abbia spiegato loro la situazione in cui mi trovo, ma lascerò che siano loro a parlare fino all’arrivo a scuola.
E, come al solito, mi posso illudere quanto voglio, ma non riuscirò a tenere lontana la curiosità di certe persone.
«Levi, tu stai bene?» la solita domanda del cazzo.
Dato che sa quanto io non abbia la benché minima voglia di rispondere, Hanji cambia repentinamente argomento. I suoi, forse per un minimo di consapevolezza o proprio per distrazione, la seguono ricominciando una discussione, che avevano palesemente già affrontato più volte, sul prendere un animale domestico.
Forse ho trovato qualcuno a cui lasciare Swiffer.
 
Al nostro arrivo nel lungo viale che porta alla sede del liceo, ha addirittura smesso di piovere. Non è periodo di acquazzoni, ma significa che se esce il sole ci sarà un’umidità tale da rendere impossibile tenere le mascherine in faccia.
Una volta salutati i suoi, lei si incammina verso il gruppo del terzo a cui ha fatto da tutor quando erano solo matricole. Viene acclamata come una zia che non si vede mai, ma che porta sempre dolci e per quello viene amata da tutti i suoi nipotini.
Attraversando il cortile tra il cancello e il portone di ingresso, noto che Mike è fermo davanti alla segreteria, come se aspettasse il permesso per entrare, ma a uscire da quella stanza, insieme al personale incaricato di perdere tempo con le nostre scartoffie, c’è Erwin.
Non mi sorprendo del fatto che sia occupato con chissà quale campagna di rivoluzione della burocrazia, anche se, a detta sua, è la cosa che più lo annoia del suo incarico, ma mi meraviglia il fatto che non mi abbia detto che sarebbe venuto oggi.
Il martedì è la giornata in cui le terze e le quarte sono in presenza, come minimo sta saltando le lezioni per essere qui a fare qualcosa che poteva benissimo delegare a me, o chiedermi di aiutarlo.
Mi guarda, attraverso la grande vetrata.
Non posso sapere cosa sta pensando, gli occhi sono l’unica cosa che si intravede nitida, insieme a una piccola nota di colpevolezza. Mi fa un cenno, che, purtroppo, non è quello di seguirlo. Ne avrei tutto il diritto in quanto vice, ma evidentemente non devo essere con lui stavolta.
Mi fa cenno con l’indice, come a dirmi di aspettare un secondo e che sarebbe tornato.
Sinceramente non ho voglia di aspettarlo, se non stesse proprio nello stesso posto in cui sto per entrare, proverei a cambiare strada, paese, pianeta se fosse possibile.
«Ehi Levi!» Hanji mi chiama quando, in fondo al cortile, compaiono anche Petra e gli altri. Io sto osservando le due alte figure seguire la bidella verso lo studio del preside Zakari.
Mentre i nostri compagni di classe si raggruppano attorno a me, facendomi riflettere su quanto questi idioti non riflettono sul significato della parola “assembramento”. Le mascherine non cambiano il fatto che mi stanno tutti vicini, un branco di idioti e non riesco a staccarmi di qualche centimetro che sono sempre lì a farmi domande.
«Come stai?» Mi guarda con curiosità e preoccupazione Petra, sembra che l’unica parte che ormai deve truccare sono quei due occhi da cerbiatta, ma stavolta la matita sembra piuttosto rovinata, per non dire sbavata dalle lacrime.
Lancio un’occhiata a Erd, che ricordo essere l’ultimo dei due a essersi rifidanzato con lei, e anche lui non sembra per niente sereno. La seconda occhiataccia se la merita Auruo, per la sua mascherina abbassata sotto il mento che rende ancora più rettangolare la sua stupida faccia e per le grandi falcate con le quali si sta avvicinando a Petra. Non perde proprio occasione per mettersi in mezzo a quel triangolo, ma ogni volta è come se venisse intimorito da me e dalla mia influenza sulle decisioni della sua cotta.
«Sei tu quella a cui dovrebbero chiederlo» le rispondo, con tono stranamente rassicurante. Anzi, per fortuna non è uscito un singolo accenno di quanto in realtà sono scazzato per quello stupido spilungone e la sua mania di non rivelare mai i suoi piani.
Sembra di giocare a scacchi con qualcuno che copre tutte le sue mosse con un telo o, peggio, che non ha ancora piazzato i pezzi e già ti mette in scacco. Questo vuol dire essere nella vita di Erwin Smith, anche se sembra più di essere coinvolti in uno dei giochi di Saw l’enigmista.
«Abbiamo soltanto litigato perché sono uscita con Gunter…» Petra continua a parlare, raccontandomi fatti di cui non ho chiesto e dei quali non voglio sapere. Il mio mimo intanto ha capito che non è aria e va a rassicurare il suo amico e rivale in un amore che non ha né capo né coda.
Se fosse possibile intrecciare la trama di un manga come l’intruglio “romantico” che si è generato nella nostra sezione non basterebbe tutto il tempo impiegato da Oda per arrivare al capitolo mille. Però di quei quattro che non riescono a decidersi, quello coinvolto di più sembro io. Ma io sono più preso da… un’altra persona.
«… tu cosa ne pensi Levi?»
«Penso che dovresti fare come al solito, prenditi del tempo per riflettere su quello che veramente vuoi» L’ho ignorata tutto il tempo e le ho detto la stessa identica cosa che le direbbe Hanji, ma sembra che queste fossero esattamente le parole che voleva sentirsi dire, o fa così soltanto perché si è illusa che la stessi ascoltando, fortuna che non può darmi un abbraccio.
 
Dopo qualche altro, lunghissimo minuto, iniziano a farci entrare.
Facendoci seguire un ordine che credo sia stato imposto solo nella nostra scuola. E sezione per sezione controllano tutto, da temperatura a nome, così che una volta dentro puoi essere rintracciato e consegnato alla CIA per sperimentazioni sugli animali. Procedure standard, volute dal nostro rappresentante degli studenti per riavviare comodamente le lezioni.
Dopo aver varcato la soglia, e aver avuto la conferma dalla misurazione che la mia temperatura corporea è quella di un cadavere, noto che le vene delle mie mani sono più in rilievo del solito. Ma proprio mentre ho la pelle ancora bagnata dal gel per le mani, compare di nuovo il biondo.
«Hai un secondo?»
Mi allontano dal gruppo, la bidella sa che comunque non può dire molto se si tratta di lui e anche il prof lascia correre.
«Mi fai fare tardi»
Non mi ha detto nulla del fatto che sarebbe passato, nonostante sappia perfettamente che abbiamo poco tempo per sistemare i nostri conti in sospeso.
Evidentemente sta dando più importanza a una scuola che abbandonerà presto invece che a qualcuno che magari potrebbe tenersi come amico, anche se solo online.
«Voglio solo dirti che per giovedì è confermato a casa mia verso le otto, puoi dirlo a Zoe?» Probabilmente ha notato la mia avversità e ha deciso di non dire effettivamente quello che voleva e chiamare la quattrocchi per cognome ne è solo la conferma. Sta cercando le parole e sta evitando di essere spontaneo, come sempre si potrebbe dire.
«Ma certo, tu pensa solo alla tua scuola» gli rispondo, dandogli allo stesso momento le spalle.
Oggi, stranamente, mi girano.
   
 
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