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Autore: Memel    22/06/2021    13 recensioni
Ci sono storie che non possono essere cambiate, o aggiustate.
Non importa il numero di cancellature e riscritture, per quanto possiamo impegnarci il finale non cambia.
In questi casi la cosa migliore da fare è abbandonarle, accettare la sconfitta e ricominciare.
Ci sarà sempre una nuova pagina bianca ad attenderci, l’inizio di un nuovo capitolo, di una nuova storia.
~
Tratto dal prologo:
Fu soprattutto Bokuto ad attirare completamente la sua attenzione: imprimeva in ogni azione tutta la potenza che il suo corpo gli permetteva, e la sua passione traboccava da ogni sguardo ed esclamazione durante il gioco.
Sembrava davvero la persona più felice del mondo, intento a fare ciò che più amava e per cui era portato.
Era davvero al posto giusto, nel momento giusto.

[Characters Study / IC / OCxCanon + SideBokuAka]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A G O S T O

葉月 

 

 tracks n°18-19-20-23-24  
chapter pic

Nori 1 ; 2 ; 3

 

Sentii le cuffie sfilarsi mentre mi stiracchiavo sotto il sole tiepido, i rumori e le voci del parco intorno a me ora più nitidi. Era quasi ora di pranzo e i prati di Beacon Hill Park erano affollati di famiglie e bambini rumorosi. Guardai nervosamente lo schermo del cellulare abbandonato in grembo, chiedendomi se mi avrebbe trovata, qui, come tanti anni fa.

“Sei sempre la solita pigrona abitudinaria!” disse una voce che pensavo di aver dimenticato, facendomi sussultare

“Ero sicura che fossi qui, Nora!” 

Mi voltai e incontrai il volto sorridente di Sadie, pieno di lentiggini e di sole, le lunghe ciocche ribelli racchiuse dentro due grosse trecce, da cui sfuggiva qualche riccio.

“Era da tanto che qualcuno non mi chiamava così” dissi, alzandomi per andarle incontro

“È il tuo modo per dirmi che ti sono mancata?”

“Forse” risposi sorridendole

L’ultimo giorno delle mie due settimane in Canada era finalmente arrivato, e ancora non mi sembrava possibile che il tempo fosse passato così velocemente. E pensare che inizialmente ero terrorizzata all’idea di dover sacrificare metà delle mie vacanze lì, in un posto che sentivo quasi di aver dimenticato, bloccata con mio padre, con cui non parlavo seriamente da mesi.

Invece le cose erano andate bene, tutto sommato.

Certo, le prime mattine erano state un po’ tese, ma poi pian piano avevo percepito il suo silenzioso senso di colpa e la sua muta richiesta di essere perdonato, e avevo deciso di andargli incontro. 

Non sentivo nessun rancore verso di lui in fondo, e penso di non averne mai davvero provato. 

L’unica persona verso cui avevo riversato la mia frustrazione e insofferenza era sempre stata me stessa. Quegli ultimi mesi me lo avevano reso chiaro, e mi avevano anche fatto capire che non è da tutti avere la forza di staccarsi dal passato, e di perdonare sé stessi. 

Mio padre non ne era stato in grado e aveva, così, ingenuamente riversato i suoi stessi errori su di me. Ma a differenza sua io sentivo di essere riuscita a lasciar andare quella parte di me e del mio passato, non dimenticandola ma accettandola e facendola mia. 

Come un terreno che cambia cultura e ritorna fertile dopo anni, pronto ad accogliere nuovi frutti.

Sì, sentivo di aver davvero voltato pagina, sentivo di essere pronta ad abbracciare nuovi inizi.

O almeno era quello che stavo tentando di fare.

Così quelle settimane erano passate tra giri in bici fino ai giardini Butcharts, dove arrivavo sempre carica di tutti quei libri che durante l’anno tra impegni scolastici e del club non avevo potuto leggere, e passeggiate lungo la colorata Johnson Street, dove avevo finalmente scattato delle foto decenti. Poi la sera volava via tra maratone di film e serie tv, anche queste in arretrato, munita di tutti quegli snack che a Tokyo mi erano mancati, insieme a piatti su piatti di poutine, l’unica ricetta che mio padre era in grado di preparare senza far scattare l’allarme antincendio.

Ma nonostante tutti gli impegni con cui mi tenevo occupata, la mia mente non poteva fare a meno di tornare a quello che avevo lasciato a Tokyo, e che ero certa mi stesse aspettando.

Nonostante Victoria fosse la città che mi aveva vista crescere sentivo di non appartenere più a quel luogo, come se non avesse più nulla di nuovo da dirmi o mostrarmi.

“Quando ti ho vista davanti casa di tuo padre ti ho scambiata per un fantasma, una visione!” disse Sadie, ridestandomi dai miei pensieri

“Avrei potuto dire lo stesso di te, in fondo anche tu sei tornata qui solo per le vacanze, no?” le risposi, mordicchiando la cannuccia che galleggiava nel bicchiere mezzo pieno di frappè davanti a me

“Sì ma c’è una bella differenza tra il trasferirsi a Chicago e l’andare a vivere a Tokyo! A proposito come ti trovi?” mi chiese, sporgendosi per richiamare l’attenzione del proprietario del piccolo bistrot in cui ci eravamo sedute

“Molto bene, mi sembra strano dirlo ma a volte mi dimentico che sono lì solo da pochi mesi… eppure il tempo sembra essere volato!”

“Già, però devo dire che tu non sei cambiata affatto. O quasi. Ti sei lasciata crescere i capelli vedo!”

“Sì, dopo aver lasciato la squadra ho smesso di tagliarli…” 

“Bè, hai fatto proprio bene, ti donano un sacco!” disse lei, scacciando quel leggero velo di malinconia che sembrava avvolgermi ogni volta che con la mente tornavo a qualche anno prima

Non avevo raccontato tutto a Sadie, in fondo era stato subito dopo il suo trasferimento negli Stati Uniti che avevo cominciato a giocare a pallavolo, e nonostante i nostri tentativi di mantenerci in contatto, dopo pochi mesi avevo smesso di rispondere ai suoi messaggi, troppo presa dagli allenamenti.

Ma nonostante tutto il tempo che avevamo passato lontane lei sembrava conoscermi ancora bene, e capiva quando c’era qualcosa di cui non avevo voglia di parlare.

“A proposito, ho rivisto Noah un paio di giorni fa!” disse, mescolando il tè freddo che il cameriere le aveva portato “Anche lui non è cambiato per niente. Gioca ancora a hockey a quanto pare! Ti ricordi quanto ti piaceva a scuola? Scommetto che hai ancora un debole per gli sportivi scalmanati, ammettilo!”

Arrossii, facendola scoppiare a ridere divertita.

Sportivi scalmanati, quella definizione mi faceva tornare in mente qualcuno, pensai sorridendo.

Qualcuno che non aveva smesso di riempirmi di messaggi e chiamate da quando ero arrivata.

Qualcuno che mi ero ritrovata a pensare spesso in quelle due settimane.

Come in risposta ai miei pensieri sentii il telefono vibrare nella tasca frontale della salopette in cui lo avevo infilato. Sadie mi fece segno di rispondere e si alzò, diretta verso la vetrina di dolci del locale.

“Hey, hey, hey, Nori-chin!” mi salutò la voce esaltata di Bokuto 

“Bokuto-san saranno appena le 6 a Tokyo, non dovresti strafare con l’Interhigh alle porte!” lo sgridai, sentendo il suo respiro pesante, segno che aveva già finito i soliti giri di riscaldamento prima degli allenamenti mattutini

“È proprio per questo che devo darci dentro!” 

Sospirai: era inutile provare ad avere ragione con lui quando si trattava di pallavolo, solo Akaashi era capace di zittirlo.

“A che ora mi avevi detto che arrivi stasera?”

“Baka, l’aereo lo prendo stasera ma arrivo domani mattina visto che sono 12 ore di volo!” gli ripetei per l’ennesima volta

“Oh giusto! Allora io e Akaashi possiamo passare a prenderti dopo gli allenamenti!”

“Non ti preoccupare, non sono molto carica, posso sempre prendere un taxi appena scendo dal Narita expres-“

“Non se ne parla! Oh, devo andare, Yukippe non sa che ho scoperto dove mi nasconde il telefono! A domani Nori-chan!” disse, ridacchiando come un bambino che raccontava la marachella fatta, prima di chiudere la telefonata senza darmi alcuna possibilità di controbattere 

Guardai lo schermo sovrappensiero: queste sue attenzioni mi avevano sempre fatto piacere ma ultimamente, soprattutto dopo la notte di Tanabata, sentivo di provare anche qualcos’altro quando si trattava di Kotaro.

Un misto di tensione e smarrimento, che si mescolava alla felicità che sentivo nel ricevere i suoi messaggi, fitti di emoji, dove sproloquiava di strategie e schemi, e a cui allegava puntualmente tonnellate di foto e selfie a tradimento con Akaashi e Konoha.

Un insieme di emozioni che mi rendeva stranamente silenziosa durante le nostre telefonate quotidiane.

Proprio quando avevo iniziato a fidarmi davvero di lui, e ad affidargli parte dei miei pensieri e paure, sentivo ora inconsciamente il bisogno di volerlo allontanare, senza comprenderne il motivo.

E il pensiero che domani mattina lo avrei rivisto non aiutava molto.

 

*

 

Midori Shikako sbadigliò guardando la pila di fogli accatastata sulla sua scrivania, che sembrava davvero non esaurirsi mai. Quando i suoi colleghi le avevano detto scherzando che non esistevano vacanze per gli insegnanti lei aveva semplicemente pensato che stessero esagerando, ma si era dovuta ricredere. E in fretta.

Si sporse sulla scrivania ingombra per afferrare il registro di classe nuovo, che avrebbe dovuto compilare prima della ripresa delle lezioni, e lanciò un’occhiata distratta all’orologio della sala insegnanti.

Quello che vide la svegliò del tutto.

Si alzò di scatto, tanto da far cadere a terra la sedia, cosa che le attirò le occhiate stranite di alcuni colleghi, e con un balzo atletico non da lei si precipitò verso gli impianti sportivi del Nekoma High.

Come aveva fatto a dimenticare che quella mattina Nori sarebbe tornata a Tokyo?

Ieri era riuscita a chiamarla qualche minuto prima che si imbarcasse da Vancouver, e l’aveva sentita strana, distratta, anche più del solito. Per questo quella mattina si era ripromessa di finire di sistemare le ultime scartoffie in tempo per poterla andare a prendere in stazione.

Ma come al solito le era passato di mente.

Si appoggiò alla porta aperta della palestra 2 cercando di riprendere fiato.

Vide la squadra di pallavolo intenta a provare i servizi, e aguzzò la vista in cerca del coach Nekomata.

“Midori-chan! Sei passata a salutarmi?” disse lui comparendo alle sue spalle

“Oh, buongiorno Nekomata-sensei, avrei bisogno che mi prestasse uno dei suoi ragazzi per un piccolo favore!” 

 

*

 

Akaashi osservò Bokuto camminare impaziente su e giù per la banchina, e fermarsi ogni tanto per sbuffare o controllare il tabellone degli arrivi sopra di lui.

“Non è che se lo continui a fissare il tempo scorre più velocemente” gli disse ad un certo punto, cominciando a spazientirsi pure lui

Keiji si sentiva nervoso quanto Kotaro, se non di più: da quando Nori era partita aveva sopportato gli sbalzi d’umore del suo capitano giorno dopo giorno, vedendolo diventare sempre più lunatico e irrequieto. Il pensiero che il ritorno di Shikako potesse in qualche modo mettere un freno a questa sua inquietudine, soprattutto ora che l’Interhigh si avvicinava sempre più, era l’unica cosa che riusciva a consolarlo. Almeno in parte. 

Perché sapeva che quella situazione si stava sempre più ingarbugliando e la pazienza di Bokuto aveva un limite. 

Non sapeva ancora quanto tempo sarebbe passato prima che quella strana bolla, che sembrava avvolgere lui e Nori, sarebbe scoppiata, cambiando il loro rapporto, nel bene o nel male. 

Ma di una cosa era sicuro: Kotaro non aveva la minima idea del casino in cui si stava andando a cacciare. Anzi, non aveva la minima idea di quello che stava succedendo.

L’unica cosa che voleva era rivederla.

“Oya, non sapevo che avessimo un appuntamento!” esclamò una voce a loro familiare, facendoli voltare entrambi

“Bè, che c’è? Il gatto vi ha mangiato la lingua?” disse Kuroo, sorridendo divertito di fronte alle loro facce stupite

“Kuroo-san, come mai sei qui?” chiese Akaashi sospettoso

“Credo per il vostro stesso motivo” rispose lui, per poi dirigersi verso Bokuto e mettergli un braccio intorno alle spalle 

“Sei qui per Nori anche tu?” mormorò Kotaro collegando finalmente i pezzi

“A quanto pare Shikako-sensei ha avuto un contrattempo a scuola, così ha chiesto se qualcuno della squadra poteva farle il favore di raggiungere Nori ed aiutarla con i bagagli. E la scelta non poteva che ricadere sull’affidabile e maturo capitano, ho ragione?” esclamò, indicandosi “Non sarai mica geloso, vero?” 

Bokuto si sfilò dalla sua presa guardandolo male, stranamente serio.

“Tsk, come se potessi cascarci!” disse, sorridendo dopo qualche secondo, facendogli una linguaccia

“Fossi in te non abbasserei la guardia. Non lo sai che mi piacciono le ragazze con i capelli lunghi?” continuò imperterrito Tetsuro, senza smettere di stuzzicarlo

Akaashi li guardò punzecchiarsi e scherzare come erano soliti fare ogni volta che si trovavano assieme, decidendo poi di lasciarli perdere e controllare il cellulare.

Ma in quel momento sentì una voce metallica annunciare l’arrivo del treno e una folata d’aria scompigliargli i capelli.

La banchina, non molto affollata, in pochi secondi si riempì di pendolari, coppie e turisti. Dopo qualche minuto videro spuntare anche Nori, che arrancava trascinandosi dietro un grosso trolley che le arrivava quasi all’altezza della vita.

“Nori-chaaan! Bentornataaa!” urlò Bokuto, sbracciandosi non appena la vide, per poi andarle incontro e afferrare la maniglia della valigia così da poterle togliere un peso

Quel piccolo e fugace tocco la fece sobbalzare, come se si fosse scottata.

“G-grazie m-ma ce la faccio!” disse prontamente, abbassando lo sguardo

Raggiunsero Akaashi e Kuroo che erano rimasti ad aspettarli poco più in là.

“Kuroo-san?! Che cosa ci fai qui?” chiese Nori, sinceramente stupita dalla sua presenza

“Beh tua madre a quanto pare voleva farti una sorpresa, ma è rimasta bloccata a scuola… quindi ho deciso di fartela io” le rispose, facendole l’occhiolino

Lei lo guardò diffidente: non gli aveva ancora perdonato il piccolo casino di qualche mese prima, quando si era ingenuamente prestata ai suoi giochetti. Da quel giorno aveva capito che Kuroo non era così mansueto e innocente come pensava.

“Certo non mi immaginavo che avessi già una scorta personale ad attenderti!”

“Nori-san non badare a lui, piuttosto, è andato bene il volo?” le chiese Akaashi, ignorando volutamente le frecciatine di Tetsuro

“Sì, stranamente ho dormito per quasi tutto il viaggio. Ah, ho recuperato anche quel film di Bong Joon-Ho che mi hai consigliato, davvero terrificante! E anche l’ultima serie di Shonen jump mi sta piacendo, hai fatto bene a farmela iniziare!” disse Nori, sollevata di poter avere finalmente una discussione normale

E anche di poter ignorare Bokuto, che non sembrava intenzionato a smettere di lanciarle occhiate imploranti e di scrutarla con espressione interrogativa.

 

*

 

“Siamo arrivati!” dissi loro, fermandomi davanti all’uscio di casa e appoggiandomi stancamente alla porta di legno consumato “Bè, vi ringrazio per avermi aiutato con la valig-“

Ma non feci in tempo a terminare la frase perché la porta dietro di me si aprì con uno scatto, facendomi perdere l’equilibrio.

“Nori sei tornata! Ho sentito delle voci e ho subito pensato che foste tu e Midori!” disse mia nonna, sbucando dall’uscio

“Mamma non è riuscita a venire, ma mi hanno accompagnata loro” le risposi, alzando lo sguardo per farle notare i tre ragazzi che la fissavano incuriositi

“Lei deve essere la obasaan di Nori!” disse Kotaro, avvicinandosi e facendo un veloce inchino per salutarla

“Finalmente mi presenti i tuoi amici! Bè, che aspettate? Su venite, lasciatevi almeno offrire un tè per il disturbo” esclamò, facendoli entrare in casa senza ulteriori indugi

“Era da tanto che non si vedevano dei giovanotti qua dentro!” aggiunse poi, facendomi l’occhiolino

La seguii, sentendomi sprofondare, e con la scusa di darmi una veloce rinfrescata mi chiusi in camera per riprendere fiato. Ma dopo qualche minuto sentii bussare.

“Nori-chin ti ho portato la valigia, tua nonna mi ha detto che eri qui” sentii dire Bokuto

“Ok grazie” dissi sovrappensiero, sperando che se ne andasse, continuando a togliermi gli abiti sciupati dal viaggio

Ma in quel momento la porta si aprì e vidi Kotaro entrare indisturbato trascinandosi dietro il trolley.

Mi paralizzai, stringendo a me la maglietta che mi ero sfilata.

“Baka, non ti ho mica detto che potevi entrare!” esclamai, sentendo finalmente la voce tornare

“Eh?” lui mi guardò, preso in contropiede, arrossendo leggermente ma senza smuoversi di un millimetro

“La smetti di fare il pervertito ed esci da qui?” gli chiesi, sentendo le guance in fiamme

“Non capisco perché ti agiti tanto, tu mi vedi sempre a petto nudo e poi una volta sei pure entrata negli spogliatoi mentre mi stavo cambiando!“

“Sì ma solo perché mi avevi detto che eri vestito!” 

“Beh avevo le mutande, non ero mica nudo no?” controbatté, sorridendomi con aria divertita, per nulla turbato “Oh, tua nonna ha detto di portare di là quei biscotti che ti aveva chiesto di comprarle. Che biscotti sono?” 

Lo guardai allibita: come faceva a essere così svampito?

Niente, dovetti spingerlo fuori e chiudergli la porta in faccia, mentre sbuffava contrariato, per tornare ad avere un po’ di privacy.

 

*

 

“Ohh quindi questi sono i genitori di Nori-chan da giovani, Obaasan?” chiese Bokuto, chinandosi incuriosito su una delle foto sparpagliate sul tavolino ingombro di tazze da tè vuote e briciole

“Sì, questa me l’ha mandata la mia Midori qualche mese dopo aver scoperto di essere incinta” gli rispose Hiyori Shikako, lasciandosi trasportare dai ricordi “Mentre questa…” proseguì, afferrando un altro scatto “…è di quando si sono conosciuti, qualche anno prima, durante una delle ultime partite di Gilbert”

“Cosa? Una partita?” chiese Kuroo interessato

“Il padre di Nori ha giocato fino al college come centrale, e proprio durante un’amichevole ha conosciuto Midori, che quel giorno era lì solo per accompagnare un’amica fidanzata con il libero della squadra. Dopo averlo visto fare 3 ace di fila ha giurato a sé stessa che gli avrebbe parlato e così ha fatto” concluse sorridendo

“Bokuto-san stai facendo cadere tutte le foto!” disse Akaashi, afferrando gli scatti che erano scivolati dalle mani di Kotaro

“Obaasan, questa è Nori-chin vero?” domandò lui, indicando una bambina dai capelli corti e le ginocchia sbucciate, sorridendo divertito

“L’hai riconosciuta subito vedo! All’epoca era molto più maldestra e distratta, e ogni estate che veniva a trovarmi tornava a casa sempre piena di cerotti o con qualche nuova piccola cicatrice” gli rispose lei, pescando dalla scatola di legno laccata altre foto “Poi si è fatta più carina, e invece di giocare con i gatti di strada ha cominciato a diventare più posata e tranquilla, e a chiedermi di accompagnarla in libreria e al cinema invece che al parco. Ma la mia preferita è questa…” disse mostrando loro la foto di una bambina di poco più di 6 anni avvolta in un kimono rosa pesca, che le stava evidentemente troppo grande

“Wooow che carina che era!” esclamò Bokuto addossandosi su Kuroo per vedere meglio

“Ah sì? Perché ora come sarei?” disse una voce alle loro spalle, facendoli sussultare

“Nonna la devi smettere di tirare fuori quelle foto ogni volta che viene a trovarci qualcuno, non interessano a nessuno…” brontolò Nori, mentre cercava di raccogliere i capelli in una treccia morbida

“A me interessano!” esclamò Kotaro allungandosi sulla scatola prima che lei potesse afferrarla

“Bokuto non ti facevo un lolicon-” 

“Kuroo-san, non penso che Bokuto sappia cosa vuol dire quella parola” gli rispose Akaashi, smorzando quella provocazione sul nascere 

Nori sbuffò esasperata, e si chinò per prendere uno degli ultimi biscotti allo sciroppo d’acero rimasti dal vassoietto che aveva offerto loro, una piccola parte della scorta che sua nonna le aveva chiesto di portarle come souvenir, e che con ogni probabilità avrebbe offerto anche alla squadra l’indomani mattina visto quanto erano stati apprezzati.

“Beh sarà meglio che mi incammini, ho ricevuto il permesso dal coach Nekomata di usare la palestra anche oggi pomeriggio e non vogliamo certo battere la fiacca” disse Kuroo alzandosi e guardando Kotaro con un ghigno 

“Akaaashiii andiamo anche noi allora!!” esclamò Bokuto strattonando Keiji 

“Bokuto-san non abbiamo avvisato la squ-“

“Non importa, li chiameremo per strada! Nori-chan ti aspettiamo in palestra!”

“Ma almeno il coach Yamiji lo sa?” tentò di dire lei, seguendoli fino all’entrata

Avevano passato l’intera mattinata ad allenarsi e già stavano programmando di ritornare a scuola quello stesso pomeriggio, un sabato pomeriggio per di più, e durante le ultime settimane di vacanze estive!

“Obaasan grazie per il teee!” urlò Bokuto dall’ingresso

“Nori-san, scusa per il disturbo” disse invece Akaashi facendo poi un veloce inchino verso Hiyori, imitato da Tetsuro

Lei si appoggiò allo stipite di legno e li salutò sbadigliando, cominciando a risentire degli effetti del fuso orario. Eppure da quando era atterrata non aveva chiuso occhio un secondo, anzi si era pure fatta un giro tra i negozi dell’area arrivi poco prima di andare a prendere il Narita Express…

Negozi. Aereoporto. Quelle due parole le fecero tornare in mente qualcosa.

“Bokuto-san!!” urlò un secondo prima di vederlo svoltare in fondo alla via

Lui si voltò, guardandola sorpreso, staccandosi da Kuroo e Akaashi per raggiungerla.

“Mi hai chiamato, Nori-chin?” disse appoggiandosi alla porta per riprendere un po’ fiato dopo quello scatto

Lei arrossì per l’improvvisa vicinanza e indietreggiò, precipitandosi velocemente verso camera sua per recuperare qualcosa, decisa a sfruttare quel momento in cui erano soli e lontani da occhi indiscreti.

“Non sono brava a fare i regali, né tanto meno a comprare souvenir, ma mentre aspettavo il treno in aeroporto ho visto dei gashapon carini e quando mi è uscito questo ho deciso di volertelo regalare…” disse lei, facendo scivolare sul palmo aperto di Bokuto un portachiavi.

“Ohh ma è un gufo!” esclamò lui, colpito da quel gesto inaspettato

“Sì, insomma mi hai ripetuto un sacco di volte che vuoi che la squadra si chiami così dopo la partita 3 contro 3 con Kuroo al ritiro. E poi… beh mi sembra adatto a te no, Bokuto-san?" (nda: il termine “Bokuto” indica una tipologia di gufo in Giapponese) farfugliò Shikako, lanciando un’occhiata al buffo portachiavi che Kotaro stava ammirando mimando la stessa espressione sorpresa dell’animale disegnato

“Sei uguale!” disse, scoppiando a ridere

“Non è veroooo! Io sono più bello!” le rispose, fingendosi offeso per qualche secondo, per poi sorriderle divertito

La osservò ridere spensierata e sentì una voglia irresistibile di toccarla, tanto che affondò due dita nelle sue guance morbide, punzecchiandole.

“Nori-chan, te l’ho mai detto che hai una bellissima risata?”

Lei alzò lo sguardo su di lui, bloccandosi, come le succedeva ogni volta che Kotaro le faceva un complimento, spesso senza nemmeno rendersene conto, come un bambino abituato a dire sempre la verità, senza filtri.

“Beh sarà meglio che vada, a più tardi Nori-chin!” esclamò Bokuto d’un tratto, staccandosi da lei “E grazie per il portachiavi, mi piace tanto!” aggiunse, lanciando con enfasi un pugno in aria in segno di vittoria e aumentando il passo, fino a scomparire dalla sua visuale.

Lei sospirò, rimanendo ancora qualche istante imbambolata sull’uscio, sfiorandosi le guance sovrappensiero.

 

*

 

“Akaaaashiii avevi detto che mi avresti alzato la palla!”

“Bokuto-san stai disturbando gli allenamenti!”

“Ma-“

“Ho detto che lo avrei fatto dopo che tutta la squadra avrà finito di fare pratica con le battute”

“Eh?! Non è giustooo!!!”

Anche senza essere lì, dalle voci che mi arrivavano dalla porta aperta della palestra, mi immaginavo benissimo il broncio che in quel momento Kotaro aveva dipinto in faccia: le sopracciglia aggrottate, lo sguardo vuoto e abbattuto, gli occhi ridotti a due fessure, e il tono lamentoso che lo faceva assomigliare ad un vecchietto brontolone.

Mi chinai per prendere la bottiglietta di tè al limone dalla macchinetta, sorridendo a quel pensiero.

“Sto morendo di fame! Stasera sembrano proprio instancabili!” sospirò Yukie al mio fianco, finendo con un risucchio rumoroso il suo brick di latte alla fragola

“Già” mormorai, riprendendo fiato dopo aver vuotato tutta la bottiglietta in un sorso solo

“Ma non avevamo avanzato alcune confezioni di senbei al sesamo dalla spesa al konbini dell’altro ieri?” chiese Kaori, stiracchiandosi stancamente

“Magari! Konoha e Bokuto hanno scoperto dove le avevo nascoste e hanno fatto piazza pulita!” 

“Cosaa? Di nuovo?! Non dura niente quando ci sono loro!”

“I maschi sono davvero degli animali, vero Nori-chan?”

“Uhm?”

“Ultimamente sei sempre sovrappensiero!” disse Yukie, allungandosi verso di me e dandomi un leggero pizzicotto “Soprattutto da quando sei tornata dal Canada… non è che hai incontrato qualche vecchia fiamma?” mi chiese, sorridendo allusiva

“Ma va, cosa vai a pensare!” mi difesi, pregando di non arrossire

“Mmm, non me la racconti giusta… insomma, non ti lamenti più per gli allenamenti fino a tardi, sorridi senza motivo, hai sempre la testa tra le nuvole, ti lasci pure mettere i piedi in testa da Bokuto e spesso gli dai anche corda… non ti riconosco più!” 

“Dai non esagerare, Nori a volte è troppo buona tutto qua, non vedere sempre doppi sensi ovunque!” la ammonì Kaori

“Dici? Perché a me la situazione sembra piuttosto semplice…” replicò lei, avvicinandosi pericolosamente “… non è che per caso ti sei presa una cotta per Bokuto?” mi chiese senza tanti giri di parole, finendo con un rumore secco il brick che teneva in mano, senza staccare gli occhi dai miei, pronta a cogliere la mia reazione

Era sicura che sarei andata nel panico, e lo credevo anche io, ma al contrario quelle parole mi infusero una strana calma, come una voce fuori campo che in poche semplici frasi metteva chiarezza in una storia ingarbugliata.

Mi ero resa conto anche io che il mio atteggiamento verso Kotaro era mutato nelle ultime settimane: stare in sua presenza non era la stessa cosa di qualche mese fa, e anche se non avevo mai seriamente formulato quell’ipotesi non potevo negare che quel pensiero mi avesse sfiorato ben più di una volta.

“F-forse…” mi sentii rispondere, la voce ridotta ad un sussurro

Yukie per poco non si strozzò con l’ultimo goccio di latte che aveva bevuto.

“Forse? Che vuol dire forse? Pensavo che ti saresti messa a ridere o che non mi avresti neanche risposto per l'assurdità che avevo detto! Quindi sei seria?”

“Non lo so, non so più cosa mi passa per la testa ultimamente…” ammisi, decidendo di essere sincera per una volta

“Penso che passino tante immagini del nostro capitano condite da cuoricini e musiche di sottofondo romantiche!” aggiunse lei, palesemente divertita e compiaciuta dalla piega che aveva preso la situazione

Scossi la testa, sospirando pesantemente, e allontanandomi con aria spazientita: sapevo benissimo dove sarebbe andata a parare quella conversazione in fondo. 

Forse sarebbe stato più saggio parlarne prima con Kaori, che almeno possedeva un po' di tatto e serietà in più rispetto a lei. Non che ci volesse molto.

“Ti sei davvero presa una cotta per Bokuto! Per Baka-to!” mi canzonò Yukie, scoppiando a ridere sotto lo sguardo carico di rimproveri di Kaori

Le diedi le spalle, decisa a non darle corda.

Quindi era così? Mi piaceva davvero?

Cercai di mettere ogni imbarazzo da parte e riflettere sul significato che quelle parole celavano.

In quei mesi sentivo che Kotaro non era cambiato molto dal nostro primo incontro: continuava a comportarsi spesso da idiota, mettendo a dura prova la pazienza mia e della squadra, combinava disastri, ed era sempre il solito smemorato, ingenuo e permaloso che sfruttava ogni occasione buona per mettersi in mostra e divertirsi. 

Ma quando pensavo a lui non erano queste le prime cose che mi venivano in mente.

No, erano la passione che metteva in ogni cosa che faceva, la sua dedizione, il suo non arrendersi mai, la forza che sembrava possedere e trasmettere inconsciamente a chiunque gli stesse intorno.

Il suo viso che, come un libro aperto, tradiva ogni tensione e pensiero, passando dall’illuminarsi con il più sfrontato dei sorrisi al rabbuiarsi con il più infantile dei musi lunghi.

Quel suo essere semplicemente sé stesso, sempre e comunque, era qualcosa che mi rassicurava, che mi faceva sentire bene. 

La sicurezza che trapelava dalle sue parole e dai suoi gesti sembrava avere effetto anche su di me, facendo evaporare tutti i miei dubbi e le mie incertezze.

Ci conoscevamo da poco, quello era vero, ma ogni giorno che passavamo insieme davo sempre più per scontata la sua presenza nelle mie giornate, una costante a cui mi ero ormai abituata ma su cui raramente mi ero soffermata a riflettere.

Sentivo anche di essere cambiata e che stare in sua presenza ora mi faceva sentire inquieta, tesa, perennemente nervosa. Ma allo stesso tempo ricercavo sempre più la sua compagnia: come aveva detto Yukie non mi lamentavo più degli allenamenti che si prolungavano fino a tardi, non arrivavo più in modalità zombie la mattina in palestra e ultimamente non mi lasciavo scivolare addosso le sparate di Kotaro, anzi, gli rispondevo spesso e a volte ero io stessa a punzecchiarlo. 

Perché?

Stavo finalmente uscendo dal guscio che mi ero costruita in questi ultimi anni?

“Ehi Nori-chin! Non dirmi che ti sei offesa!” esclamò Yukie, destandomi dai miei pensieri

Mi voltai per farle una linguaccia, e farle così capire che l’avevo già perdonata. 

“A proposito, manca poco al tuo compleanno vero?” proseguì, appoggiando la testa sulla mia spalla e alzando lo sguardo su di me “C’è qualcosa che vorresti?”

La vidi abbozzare un sorriso malizioso e le scoccai un’occhiataccia: ormai la conoscevo bene.

Agosto era davvero volato, pensai. Mancava poco anche alla fine delle vacanze estive.

In effetti c’era qualcosa che volevo.

Delle risposte.

 

*

 

Le giornate avevano ripreso pian piano ad accorciarsi di nuovo, e quando Bokuto entrò in palestra vide che avevano già ricominciato ad accendere le luci anche la mattina presto.

Si tolse la tracolla dalla fronte e prima di dirigersi verso gli spogliatoi andò a salutare il coach e le manager.

“Yukippe! Kaorin! Buongiornoo!” esclamò pimpante nonostante l’ora “Oya? Ma Nori-chin non è ancora arrivata? Ultimamente è sempre puntuale!” 

“Baka, oggi è il suo compleanno non lo sai?” gli rispose Yukie trattenendo uno sbadiglio, china sul quaderno degli schemi che teneva in mano

Il silenzio di Kotaro la insospettì così alzò lo sguardo, incuriosita.

“Sì esatto, oggi Nori viene solo agli allenamenti del pomeriggio visto che il coach le ha suggerito di prendersela comoda e di festeggiare con la sua famiglia” proseguì Kaori notando lo sguardo perso del loro capitano
 “Aspetta, non dirmi che te ne sei dimenticato!” esclamò Yukie, divertita da quella situazione

Era sempre il solito idiota, non ricordarsi nemmeno del compleanno della ragazza che gli piaceva, che testa, pensò cercando di non scoppiare a ridere.

“Oh, buongiorno”

La voce di Keiji sembrò scuotere Bokuto dallo stato catartico in cui era piombato dopo lo shock di quella rivelazione.

“Akaaashiiiii” sbraitò, voltandosi verso di lui “Perché non mi hai ricordato che oggi è il compleanno di Nori-chan?!”

“Bokuto-san, ho cercato di parlartene la settimana scorsa ma mi hai subito fermato dicendo che non te lo saresti certo potuto dimenticare…” gli rispose, sospirando di fronte al suo sguardo stupito e colpevole

Kotaro afferrò la tracolla abbandonata a terra e si diresse con passo strascicato verso gli spogliatoi, sospirando sconsolato e maledicendo la sua pessima memoria. Sentì il cellulare vibrare nella tasca della tuta e si obbligò a rispondere.

“Oi, oi, oi, indovina cosa ho appena fatto!” 

“Kuroo non sono dell’umore oggi…” 

“Eh? Che vorresti dire? Oggi non è il compleanno di Nori-chan? Non dirmi che le hai fatto un regalo orribile!” 

Quelle parole fecero sentire ancora più in colpa Bokuto che sospirò pesantemente, affranto.

“Ah, quindi c’è di peggio… non te ne sarai mica dimenticato?” esclamò Tetsuro sorpreso, per poi scoppiare in una risata sguaiata

“Sto per mettere giù!” lo minacciò Kotaro, per nulla divertito

“No, no okay la smetto” disse lui cercando di ricomporsi “Dai, non c’è bisogno di farne un dramma, sei ancora in tempo per farle gli auguri e rimediare in qualche modo. Io glieli ho appena fatti a proposito…” aggiunse con tono provocatorio

Ma dal silenzio di Bokuto capì che quella volta la faccenda era davvero seria.

“Okay, ho capito. Ti darò una mano”

“Uhm? E perchè mi vorresti aiutare?” gli chiese Kotaro sospettoso 

“Lo sai no? Sono una brava persona in fondo!” 

 

*

 

Per fortuna ero quasi arrivata, pensai sollevata: tra la borsa frigo e la tracolla mi sentivo davvero impacciata e in più per la fretta mi ero dimenticata di legarmi i capelli, e ora sentivo la schiena umida e bollente per il caldo che quel giorno non accennava a diminuire.

Dalla palestra arrivava il solito vociare, anche se più tranquillo del solito stranamente, notai varcando la soglia.

“Ciao a tu-“

“Oh, Nori-chan! Buon Compleanno!” mi accolse Yukie, venendomi incontro e gettandomi le braccia al collo

La squadra si voltò verso di noi e tutti iniziarono a farmi gli auguri, uno dopo l’altro: Kaori, Akaashi, Saru, Konoha, Komi, Anahori, Onaga, Washio e… Bokuto?

Kotaro rimase in disparte a guardarci da lontano, per poi finalmente decidersi ad avvicinarsi quando vide le occhiate stranite che gli lanciavo.

“A-auguri Nori-chin!” esclamò tutto d’un fiato senza aggiungere altro e tornando in campo

“Ma che gli prende?” chiesi, seguendolo con lo sguardo

“Bè, parliamo di Bokuto, forse è meglio non saperlo” mi rispose Kaori sorridendo e trascinandomi verso le panchine

“Oh, a proposito ho portato una torta, posso chiedere al coach se-“

“Cosaaa? Una torta? E perché non lo hai detto subito?” esclamò Yukie, gli occhi che le brillavano

Anche quell’anno avevo deciso di portare avanti quella sorta di tradizione che accompagnava da tempo i miei compleanni. Non mi piaceva cucinare, o meglio, preferivo mangiare piuttosto che perdere ore in cucina per un piatto che in cinque minuti facevo sparire. E mia madre purtroppo era uguale a me in questo, anzi forse era anche peggio, visto che era capace di digiunare per giorni pur di non doversi trascinare a fare la spesa. Per fortuna c’era nonna Hiyori, altrimenti penso che avremmo seriamente finito per vivere di onigiri e dorayaki.

Ma c’era una sola cosa che mi piaceva preparare con le mie mani: le torte. Quelle comprate, soprattutto in Giappone, erano troppo dolci per i miei gusti e mi lasciavano sempre un retrogusto stucchevole e artificiale. Per questo sin da piccola avevo deciso che la torta del mio compleanno l’avrei fatta da sola, e tra tutte la mia preferita era sempre stata la lemon meringue pie: avevo sempre adorato la parte in cui bisognava bruciare la crosta di meringa con la fiamma del cannello, fino a farla dorare e caramellare.

“Ma è buonissima, Nori-san! Potevi dircelo prima che sapevi cucinare!”

“Saru quella è la seconda fetta che ti vedo prendere!”

“Eeeh? Perché rimproveri me, Komi? Yukie-san è alla terza!”

“Yukippe non è giusto! Così non potrò fare il bis!!”

“Non è colpa mia se siete lenti a mangiare!”

Li guardai azzannarsi sull’ultima fetta, mentre Akaashi e Kaori osservavano la scena scuotendo la testa, ma in fondo non c’era nulla da fare, quando si trattava di cibo Bokuto e Yukie diventavano irrecuperabili.

Quel pomeriggio volò senza che me ne accorsi, soprattutto perché Kotaro non spiccicò quasi parola per tutta la durata degli allenamenti, limitandosi a lanciare strane occhiate a Keiji ed evitandomi in tutti i modi possibili.

Non era la prima volta che si comportava così: l’ultima volta che era successo era stato lo stesso giorno in cui mi aveva chiamato per chiedermi cosa facessi a Tanabata.

Stava forse architettando qualcosa?

Scossi la testa e tornai a concentrarmi sul quaderno di appunti di gioco che mi aveva passato Kaori.

“Nori-chan! Stasera festeggiamo vero?” mi chiese Yukie, appoggiando la testa sulla mia spalla

“Uhm? Che vuoi dire?”

“Insomma è il tuo compleanno! Dobbiamo fare qualcosa!”

“Ma è già quasi buio e poi non ho pensato a niente…”

“Non ti preoccupare, la sottoscritta ha già un’idea in mente!”

Mi voltai per guardarla incuriosita, e anche leggermente preoccupata, e notai così lo strano sorriso divertito che le increspava le labbra.

E che non prometteva nulla di buono.

 

*

 

L’insegna del karaoke Molten brillava ipnotica, spiccando tra le luci della via piena di negozi e locali, in contrasto con le sfumature pastello del cielo, dove il sole era da poco tramontato.
 “Ta-daaan!” esclamò Yukie, parandosi di fronte alle due amiche e indicando l’entrata alle sue spalle “Allora sei contenta? Era da mesi che volevamo andarci!”

Nori sorrise, colpita da quella loro piccola ma bellissima sorpresa. Sentiva che tutto quello di cui aveva bisogno era proprio staccare la testa per qualche ora e divertirsi.

Voleva davvero mettere a tacere quel pensiero fisso che negli ultimi giorni non l’aveva abbandonata e non rimuginare più sul comportamento indecifrabile di Bokuto, che quel pomeriggio in particolare non aveva fatto altro che distrarla con quegli strani silenzi e prese di distanza. 

Non voleva ammettere a sé stessa di esserci rimasta un po’ male, ma in fondo sapeva che era così.

Si diressero verso la reception ma Nori non fece in tempo ad aprire bocca che Yukie l’anticipò.

“Abbiamo prenotato la stanza 20!”

“Oh, siete quelli della party room! Bene, vi aspettavamo… la sala è in fondo al corridoio!”

Quella frase stranì Shikako, che guardò interrogativa le sue amiche, che nel frattempo l’avevano presa a braccetto e la stavano trascinando quasi a forza.

Una volta arrivate di fronte alla porta della stanza 20 si voltarono a guardarla, facendole capire che toccava a lei aprirla.

Nori non aveva mai particolarmente amato le sorprese, preferiva farle piuttosto che riceverle: stare al centro dell’attenzione la faceva sempre sudare freddo e sentire tesa come una corda di violino.

Prese un respiro profondo e con uno scatto girò la maniglia, perché se c’era qualcosa che sopportava ancora meno era temporeggiare. 

La stanza era buia e calda, le luci soffuse, quasi spente. 

Un’atmosfera tanto silenziosa da sembrare surreale visto il contesto. 

Ma non appena la porta si richiuse alle loro spalle le luci si accesero, accecandole per qualche istante, e un coro di voci si alzò, facendo quasi tremare le pareti.

“BUON COMPLEANNOOO!” 

Nori riconobbe la squadra del Fukurodani al completo, che la fissava con aria soddisfatta per l’espressione di sorpresa che aveva stampata in viso, e tra loro intravide anche alcuni membri del Nekoma, tra cui Kuroo, Lev, Yaku e Yamamoto.

Ma tra tutti spiccava Bokuto, che in prima fila le sorrideva compiaciuto ed esaltato, e che iniziò a cantare, anzi urlare, Happy Birthday seguito a ruota dagli altri.

Shikako si trattenne dal ridacchiare per la pronuncia inglese sgangherata e storpiata, ma non poté fare a meno di arrossire e sorridere, tanto che le guance cominciarono quasi a farle male.

Kotaro si avvicinò pericolosamente tenendo il microfono in mano, fino a quando le fu davanti.

Lei si coprì il volto con le mani, avendo intuito le sue intenzioni, limitandosi ad applaudire una volta che la canzone fu finita.

Ma Bokuto non aveva intenzione di cedere e Nori intravide tra i palmi delle mani dischiusi che le stava davvero porgendo il microfono.

Sapeva quanto poteva essere testardo e in più sentiva addosso gli sguardi di tutti i presenti.

Non poteva proprio tirarsi indietro.

“G-GRAZIE A TUTTIII” urlò, afferrando il microfono e attingendo a tutta la sua riserva di coraggio

La stanza sembrò tremare di nuovo, questa volta per le risate dei ragazzi, sinceramente colpiti da quel gesto, a cui si aggiunse, qualche minuto dopo, il vociare e gli schiamazzi dei presenti che avevano subito cominciato a contendersi le prime canzoni.

Nori sentì le ginocchia cedere e scivolò sul divanetto più vicino, grata che l’attenzione su di lei si stesse pian piano dissolvendo.

 

*

 

“Don't stop me, don't stop me! Don't stop me, hey, hey, hey! Don't stop me, don't stop me! Ooh, ooh, ooh, I like it!!” 

Bokuto e Kuroo avevano nuovamente monopolizzato i microfoni, ma sinceramente, dopo aver sentito per la terza volta di fila l’opening di Evangelion, richiesta da Komi e Saru, ero contenta che avessero cambiato genere e avessero optato per un pezzo di rock classico.

Guardai il menù indecisa se prendere la terza limonata della serata, ma sentivo la gola secca e in più l’aria della stanza era diventata davvero irrespirabile, sempre più umida e calda.

“Ehi festeggiata, dopo tocca a te cantare!” esclamò Yukie, lasciandosi cadere stancamente sul divanetto accanto a me

“Cosa?! Sei pazza?!” le risposi prontamente, nascondendomi tra le pagine del depliant che tenevo in mano

“Ma è il tuo compleanno!”

“Non se ne parla, io non canto da sola neanche sotto tortura!”

“Neanche se io e Kaori ti facciamo da spalla?”

Alzai lo sguardò per vedere se faceva sul serio.

“O cantiamo insieme o niente” le dissi con un tono che non ammetteva repliche

“Uff, e va bene testona! Ma niente canzoni straniere, lo sai che l’inglese non è il mio forte!”

Kaori recuperò il tablet, approfittando di un momento di distrazione di Bokuto, e me lo porse.

Scorsi le migliaia di canzoni divise per generi, sperando di riconoscerne qualcuna.

Alla fine la vidi, una melodia che avevo ascoltato per caso anni fa e che mi era rimasta impressa.

Lemon di Yonezu Kenshi? È piuttosto famosa ma non pensavo la conoscessi” disse Yukie, regolando il microfono nell’attesa che le parole della canzone comparissero sullo schermo 

Presi un profondo respiro e mi concentrai sul testo, cercando di non pensare all’improvviso silenzio che aveva sostituito il vociare intorno a noi, scandito solo dalle note dalla musica che aveva invaso la stanza.

Sentii le parole scivolarmi addosso, fino a che non arrivai ai versi prima del ritornello, e per qualche secondo percepii il respiro morirmi in gola mentre leggevo i kanji di fronte a me:

 

戻らない幸せがあることを

Modoranai shiawase ga aru koto wo 

Alla fine, sei stato tu ad insegnarmi

最後にあなたが教えてくれた

Saigo ni anata ga oshiete kureta 

Che esiste un tipo di felicità che non ritornerà più

言えずに隠してた昏い過去も

Iezu ni kakushiteta kurai kako mo 

Anche il mio passato oscuro, che ho nascosto senza poterlo raccontare

あなたがいなきゃ永遠に昏いまま

Anata ga inakya eien ni kurai mama

Sarebbe rimasto per sempre oscuro se non ti avessi incontrato

 

Come in un film la mia mente si annebbiò di flashback e ricordi, mentre mi lasciavo docilmente trasportare alla notte di Tanabata, a quando avevo letteralmente aperto il mio cuore e messo a nudo quel passato che mi trascinavo come un peso da troppo tempo, e che aveva finito per farmi perdere di vista tante cose: il mio presente, il mio futuro, me stessa.

Bokuto non mi aveva giudicato, ma si era limitato ad ascoltarmi, riuscendo a illuminare con la sua luce quei ricordi macchiati di tristezza e rimpianto, mostrandomeli con occhi diversi, facendomi capire che non avevo sbagliato niente e che dovevo smetterla di incolparmi, ed iniziare invece ad essere consapevole degli sforzi che nascondono i fallimenti.

È vero, esiste un tipo di felicità che non ritorna più e spesso quando ce ne accorgiamo quel momento è già passato. Ma lui aveva saputo avvertirmi, dicendomi che farsi troppe domande non serve a nulla a volte, e che invece dobbiamo impegnarci solo nel cogliere quell’attimo che ci fa sentire vivi, e farlo nostro senza interrogarci oltre.

 

あの日の悲しみさえ あの日の苦しみさえ

Ano hi no kanashimi sae ano hi no kurushimi sae 

Anche la tristezza di quei giorni, anche il dolore di quei giorni

そのすべてを愛してた あなたとともに

Sono subete wo aishiteta anata to tomo ni 

Sono riuscita ad amarli con te al mio fianco

胸に残り離れない 苦いレモンの匂い

Mune ni nokori hanarenai nigai remon no nioi 

Nel mio cuore sento l’aspro profumo di limone che non va più via

雨が降り止むまでは帰れない

Ame ga furiyamu made wa kaerenai 

Non potrò tornare a casa finché non smette di piovere

今でもあなたはわたしの

Ima demo anata wa watashi no hikari

E ancora adesso tu sei la mia luce

 

Se ora mi trovo qui, circondata dai miei compagni, dalle mie nuove amiche, in fondo è in parte merito suo. 

Certo, avevo deciso io diventare manager, di dargli confidenza e di aprirmi di più con le persone che mi circondavano. 

Ma anche il fiore più forte ha bisogno di luce per sbocciare.

Quando per la prima volta lo avevo visto giocare non erano state tanto le sue capacità come giocatore a colpirmi, quanto la passione e l’energia che filtrava da ogni suo gesto, da ogni sorriso.

Come una forza incontrollabile che finisce per travolgere tutto ciò che la circonda.

Ed è proprio quando conosci il sole e il suo tepore che non puoi più fare a meno di ricercarlo sempre e comunque.

Senza fare nulla di speciale aveva saputo ritagliarsi uno spazio nel mio cuore, facendosi largo nei miei pensieri, spiazzandomi con la sua ingenua semplicità, la sua disarmante onestà, il suo entusiasmo irruente.

Mi aveva fatto capire che a volte basta semplicemente mettere le cose in prospettiva e vederne il lato positivo, cogliendo le opportunità che abbiamo davanti a noi, senza pensare troppo agli sbagli che potremmo commettere, ma semplicemente divertendoci.

E immersa in tutti questi pensieri in cui mi ero rifugiata non mi ero accorta che a cantare l’ultima strofa ero rimasta solo io.

“Meno male che non ti piace cantare da sola, eh?” mi canzonò Yukie dandomi una leggera gomitata

“Vado a prendere una boccata d’aria” le risposi, sentendomi improvvisamente accaldata e sudata come non mai

Mi diressi verso la porta, che aprii con uno scatto deciso, accorgendomi solo allora di Kuroo, che stava rientrando proprio in quel momento, con cui finii per scontrarmi.

“Oya? Tutto bene Nori-san?”

“Sì, voglio solo uscire a prendere un po’ d’aria…”

“Oh, ha appena iniziato a piovere, ti consiglio di usare l’uscita sul retro che da su un cortile riparato” disse, indicandomi una porta poco più in là

 

*

 

“Ehi, chi ha richiesto All Star degli Smash Mouth?” chiese Konoha, voltandosi verso il resto della squadra alle sue spalle

“Bokuto-san, non l’avevi prenotata tu?”

“Sì, ma non trovo Nori-chan, me l’aveva consigliata lei e vorrei che la cantassimo assieme! Akaashiii, sai dov’è?”

“Se cerchi la festeggiata è nel cortile sul retro a prendere una boccata d’aria” gli rispose Kuroo, stiracchiandosi sul divanetto di fronte a loro “Fossi in te la raggiungerei…” aggiunse con un sorriso malizioso 

Bokuto lo osservò con aria pensierosa e meditabonda per qualche istante, per poi alzarsi di scatto e dirigersi verso la porta.

“Oi, oi, oi aveva lo stesso sguardo concentrato di quando cerca di sfondare il mio muro” disse Tetsuro commentando la scena

“Akaashi-kun, che cosa ha intenzione di fare Bokuto?” domandò Komi, scambiandosi occhiate allusive e preoccupate con Sarukui e Konoha

Keiji non rispose, in quel momento neanche lui aveva ben chiaro che cosa passasse per la testa del loro capitano. Anche durante le partite, per quanto riuscisse a leggere e interpretare i suoi movimenti e le sue intenzioni, capitavano dei momenti così, in cui l’asso si lasciava guidare dall’istinto e non dalla sua squadra, spesso ribaltando le sorti della partita.

Ma questa volta non avrebbe saputo dire se in meglio o in peggio.

Kotaro si richiuse la porta cigolante alle spalle, inspirando a pieni polmoni l’odore di pioggia che riempiva l’aria, cercando con lo sguardo Shikako.

La vide pochi metri più avanti, al limitare della tettoia che li riparava dal temporale estivo da poco scoppiato: appoggiata alla parete dietro di lei, gli occhi socchiusi, i capelli sciolti raccolti da un lato, che lasciavano la spalla sinistra scoperta, su cui erano scivolate alcune gocce di pioggia. 

Trattenne il respiro indeciso sul da farsi, sentendo il cuore scoppiargli nel petto, lo stesso suono che tuonava nel cielo, così forte da sovrastare ogni suo pensiero.

Se c’era una cosa che non gli era mai riuscita era essere paziente. 

Aveva sempre voluto tutto e subito: nella pallavolo, in amicizia, a scuola.

L’attesa lo snervava e lo portava ad annullare inutili distanze, formalità e schemi.

Quando si trovava di fronte al suo obiettivo sentiva la mente come svuotata, ogni fibra del suo corpo tesa e pronta ad ascoltare cosa gli suggeriva l’istinto o, in questo caso, il cuore.

Si mosse verso di lei con passo felpato, deciso a non spaventarla, guidato solo dal desiderio di annullare ogni distanza tra loro, letteralmente.

Un ultimo passo e sarebbe stato di fronte a lei, che ancora sembrava non essersi accorta della sua presenza.

Voleva farle aprire gli occhi su di lui e sui sentimenti che in quelle settimane aveva goffamente nascosto e messo da parte, nell’attesa del momento giusto, dell’istante che avrebbe potuto cambiare tutto.

Con uno slancio si parò su di lei, le braccia tese sopra le sue spalle, inchiodandola così tra lui e il muro, un gesto che ricordava di aver visto molte volte in qualche sceneggiato romantico in tv.

In quello stesso istante un fulmine squarciò il cielo con un boato che fece sussultare entrambi.

Nori aprì gli occhi di scatto, ancorandosi d’istinto alla prima cosa che trovò davanti a sé, in quel caso il petto di Bokuto, a cui si appigliò per qualche secondo, il tempo necessario per riprendersi da quello spavento improvviso e per rendersi conto della situazione in cui si trovava, realizzazione che le fece mollare la presa dalla camicia di Kotaro e tentare di sottrarsi dalla sua presa.

Ma lui non si voleva arrendere, e notando il poco impegno che aveva messo in quei tentativi si chinò ancora di più su di lei, fino a sentire la sua frangia solleticargli la fronte, e il suo respiro sfiorargli il collo fino a farlo rabbrividire.

Nori

Il suo nome scivolò dalle sue labbra come un sospiro, perdendosi nel silenzio che vi seguì, un silenzio carico di premesse, simile agli attimi di quiete che anticipano una tempesta.

Ma il rumore della porta del locale, che si aprì di scatto, distrasse entrambi, rompendo quella bolla nella quale sembravano essere sprofondati.

“Oh. A-avete visto Lev?” chiese Yaku, visibilmente imbarazzato per la scena che si gli si era parata davanti, pentendosi subito di quella richiesta e optando per ritornare dentro e lasciarli nuovamente soli

Bokuto si voltò verso Shikako, che nel frattempo aveva approfittato di quel momento di distrazione per allontanarsi da lui, e la vide raggiungere la porta a grandi falcate, fino a scomparire dalla sua vista, inghiottita dal locale.

 

 

 

 

- - -
 
N O T E
 

Grazie a chi continua a leggermi e a seguire questa storia!

Questo è uno dei capitoli a cui sono più affezionata, nonché uno dei più corposi e intensi. Vi anticipo che il prossimo chiuderà un po’ il cerchio e ci darà modo di affrontare nuovi temi e sviluppi importanti. Non vedo l’ora! 

Vi spiego brevemente la questione del nome Nori/Nora: in pratica la scelta è ricaduta su “Nori” perché l’alga nori (quella che si trova nel sushi e negli onigiri) era l’unico cibo che non provocasse nausea a Midori durante la gravidanza, inoltre era simile al nome scelto da suo padre, “Norah”, un tributo alla cantante Norah Jones, le cui canzoni sono state il sottofondo musicale del primo appuntamento dei genitori di Nori. Ancora oggi suo padre e alcuni suoi vecchi amici canadesi la chiamano Nora.

Come per il ryokan Mikasa qui abbiamo il karaoke Molten XD, due, per chi non lo sapesse, dei marchi più celebri di palloni di pallavolo. 

E che ne dite del riferimento alla canzone della celeberrima canzone dei Queen “Don't Stop Me Now”? Penso che sia azzeccatissima con Bokuto e inoltre mi sono lasciata ispirare da questo bellissimo video di cui vi consiglio la visione.

Per la canzone scelta da Nori vi dico solo che l’ho trovata cercando le canzoni più gettonate ai karaoke giapponesi e che non appena ho letto il testo (la traduzione ovviamente XD) ho subito pensato che fosse perfetta per lei e per la storia! Ho scelto di inserire sia una cover che l’originale, perché è stupenda in entrambe le versioni e magari sentendola cantata con una voce femminile vi riuscite a immaginare meglio la scena che ho descritto.

La mossa finale di Kotaro è il kabedon XD 

Volevo troppo inserirlo, spero non sia risultata una mossa eccessiva ma comunque IC (oddio spero XD)

Fatemi sapere che ne pensate, qualsiasi opinione è ben accetta e mi farebbe felicissima <3

A presto,

Mel

   
 
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