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Autore: ShawnSpenstar    23/06/2021    0 recensioni
Un nuovo campionato mondiale di Battle Spirits alle porte, il primo anno di liceo, strani eventi che accadono all'interno del piccolo mondo della sua cittadina, una sorellina da proteggere, una situazione familiare non più perfetta; tutto nella vita di Hajime Hinobori, studente e duellante di quindici anni sta cambiando. Inseguendo il sogno di diventare campione mondiale, si imbarcherà con gli amici di una vita in una grande avventura che forse potrà farne ben più che un duellante migliore.
Pronti per una nuova storia nel mondo di BS, tra sport, avventura e momenti di grande demenzialità?
Varco apriti, energia!
Genere: Avventura, Demenziale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Vorrei morire a quest’età
 
 
 
Una lattina abbandonata a terra volò lontano lungo la via colpita da un violento calcio; rotolò rumorosamente sull’asfalto per poco più di un metro fino a che l’attrito congiunto di aria e strada la fece fermare così da poter essere raggiunta nuovamente da suo torturatore, ansioso di ricominciare quel circolo vizioso.
L’aguzzino con la fascetta rossa proseguì con quella sua violenza gratuita ancora per qualche secondo, fino a quando un ultimo colpo non spedì il rifiuto su una stradina laterale; il ragazzo, al contrario, non svoltò e continuò in direzione della stazione dove avrebbe atteso il treno per l’università.
 
Perso a guardare la strada avanti a lui con occhi vuoti e stanchi, Hajime non riuscì a non tornare mentalmente al duello di qualche mese prima, il suo ultimo fino ad ora, e la cosa non poté non fargli salire la rabbia.
Il problema non era l’aver perso il duello, può capitare specie contro un altro nazionale giapponese, ciò che più lo preoccupava era come aveva svolto lo scontro: era stato distratto, aveva sbagliato dei passaggi elementari e si era perfino fatto prendere dal panico; era inutile nasconderlo, aveva veramente DUELLATO MALE.
 
Usare quell’espressione lo fece sentire in un modo… che non riusciva esattamente a descrivere, non era amaro in bocca, era qualcosa di diverso; non aveva mai realmente usato quella frase per descriversi, certo aveva disputato duelli in cui aveva commesso errori, ad esempio nel suo primo duello contro Tegamaru, però in ognuno di quelli scontri aveva duellato convinto di fare del proprio meglio, che ogni sua scelta fosse quella giusta.
Questa volta, no.
 
-Non ha senso, ero perfettamente cosciente di fare le scelte sbagliate- ripeté la voce nella sua testa -eppure ho sbagliato lo stesso, è come se l’avessi fatto apposta-
 
Più ci pensava e meno voleva crederci, era impossibile che avesse scelto, più o meno inconsciamente, di farsi battere una volta saputo della visita organizzatagli da padre, non era quel tipo di persona… almeno così credeva.
 
Quasi senza che se ne accorgesse, i suoi pensieri lo trascinarono fino alla consueta stazione ove, quasi come in uno scherzo del destino, arrivò quasi in coincidenza lo shinkansen diretto in città, quello che, in ogni giorno feriale, lo portava a scuola e che, in ogni giorno festivo, lo conduceva al club di Mika. Per qualche secondo, il ragazzo pensò seriamente di mandare allegramente affanculo suo padre con i suoi piani e montare su QUEL treno.
 
-Verrebbe a saperlo dal suo maestro- gli ricordò la sua voce della ragione
 
Tutto giusto, tutto vero, eppure in quel momento non gli sembrava nemmeno così importante fare la cosa giusta.
Rimase fermo ad un millimetro dalla porta aperta fino alla decisione; gli bastò un istante, le porte dietro di lui si richiusero e il treno rumorosamente tornò finalmente a correre sulla rotaia, pronto per raggiungere il luogo più felice della terra…
 
….
 
… e lui era li, voltato dalla parte opposta a guardare la rampa di scale.
 
Alla fine, non ce l’aveva fatta.
 
Nel silenzioso deserto della pensilina, il ragazzo attese il mezzo successivo (quello con destinazione Tokyo), vi salì, stavolta senza esitazioni, e si sedette nel primo posto libero per poter ripensare in pace un’altra volta a tutti i motivi per cui non era salito sull’altro treno; in realtà era solo una: voleva dargli un’altra occasione.
 
Faceva strano che fosse lui a dire questo di suo padre, di solito in questi casi è il contrario.
 
Diede un’ultima occhiata alle informazioni raccolte riguardo gli orari, settò la sveglia del suo cellulare collegandovi poi le cuffie e chiuse gli occhi, sprofondando immediatamente in un beato sonno che, almeno in teoria, sarebbe dovuto durare poco più di tre quarti d’ora.
Il rumore ritmico del treno che correva lungo le rotaie giungeva ovattato alle orecchie del ragazzo, quasi cullandolo nel suo sonno; nemmeno le improvvise frenate in occasione delle soste alle diverse stazioni riuscivano scuoterlo dal suo torpore, quel giorno era così svogliato e stanco da fare fatica persino a scendere dal letto…
 
… per quello aveva impostato l’allarme sul volume massimo.
 
“AHHAAHAAHAHAHIIIAAAA!!!” urlò strappandosi violentemente gli auricolari dalle orecchie quando la sveglia esplose perforandogli i timpani
 
Aprì gli occhi e capì immediatamente di essere arrivato proprio perché non riusciva a riconoscere nemmeno un metro del panorama di fronte a lui, un ambiente così simile eppure, in qualche modo, anche così diverso dalla sua Kadode; in lontananza poteva vedere il profilo della capitale nipponica, con tutta quella foresta di grattacieli e rotaie così estranea alla sua cittadina di campagna, ma per il resto la zona non era così lontana da quelle che il ragazzo frequentava regolarmente.
Scese dal treno e uscì dalla stazione, ritrovandosi su una piccola strada laterale completamente priva di macchine e persone, il silenzio era quasi surreale e faceva apparire l’ambiente come quasi spettrale; assurdo pensare che un luogo del genere si trovasse a pochi chilometri da Tokyo.
 
Seguì le indicazioni sulla strada e imboccò una lunga via centrale che si estendeva per almeno duecento metri avanti a lui; il ragazzo percorse quei primi metri con un’andatura lenta e barcollante, sbuffando rumorosamente e senza mai alzare lo sguardo da terra: poco importava che non ci fosse, non avrebbe dato nessuna soddisfazione a suo padre e ogni suo gesto in quella giornata avrebbe dovuto confermare la sua malavoglia di trovarsi li.
 
Purtroppo per lui e per i suoi propositi, venne il momento di cercare la conferma visiva di essere sulla strada giusta e così alzò gli occhi davanti a se: capì subito che la sua giornata non sarebbe mai andata come aveva pensato.
Davvero, fu uno di quei momenti che, come si è soliti dire, non avrebbe mai dimenticato in tutta la sua vita; riuscì a percepire ogni istintiva reazione del suo corpo con chiarezza, dal battito del cuore che passò da zero a cento alla velocità di una Ferrari, alle pupille improvvisamente dilatate, e in un istante attraverso tutte le fasi del lutto: lo stupore, il rifiuto e l’accettazione finale.
 
Già, perché davanti a lui si ergeva uno degli edifici più belli e maestosi che i suoi giovani occhi avessero mai visto, cosi bianco e lucido da sembrare che riflettesse la luce solare e costruito un modo che non ricordava di aver mai incontrato, riccamente decorato da non sembrare neanche una scuola e in cui le linee, sempre fluide e morbide, slanciavano una struttura comunque massicciamente salda sulle sue fondamenta.
 
“Pare che a progettare questo edificio siano stati due architetti, il giapponese che era stato messo a capo dell’opera era un seguace dello stile Liberty, in voga in Europa tra fine ottocento e inizio novecento, e volle assolutamente confrontarsi e lavorare con un suo collega francese che conoscesse l’argomento”
 
“Ecco perché non avevo mai v… aspetta un attimo, ma questa voce…” si interruppe Hajime, arrestando quel suo flusso di coscienza per potersi voltare e restare ancora una volta impietrito
 
“Ciao bendato!” sorrise divertito il proprietario di quella voce
 
Lo avrebbe riconosciuto tranquillamente, anche se non avesse usato quel cazzo di appellativo, anche se non lo aveva più visto, almeno di persona, dal giorno del loro ultimo duello e adesso si vestiva quasi sempre da bravo ragazzo dell’alta società.
 
“Tegamaru!” fece Hajime lasciando cadere la sorpresa e battendo energicamente il cinque all’amico-rivale “cosa diavolo ci fai qui, signor pezzo grosso?”
 
“Beh, per quanto questo possa sconvolgere la tua… ehm… mente, di solito esistono solo due motivi per recarsi in un’università: o ci lavori, o vorresti lavorarci”
 
“Stai pensando di diventare professore? Credevo che il tuo sogno fosse riportare il nome dei Tanashi al suo antico splendore”
 
La sberla che Tegamaru si diede in fronte all’udire quella risposta fu così forte da lasciarlo intontito e barcollante per una buona manciata di secondi, a rischio anche di fargli fare un poco simpatico volo per terra; per sua fortuna un elegante uomo sulla quarantina abbondante, con capelli neri come la pece e un paio di vistosi occhiali arrivò appena in tempo per sostenerlo.
 
“Stia attento signorino” esordì l’uomo con voce amichevole mentre un altro strano personaggio, un anziano signore dall’aria altera e il vestito solenne, lo raggiunse sulla scalinata d’ingresso
 
“Evita di comportarti in questo modo, ragazzo” sibilò il vecchio “il tuo dovere è onorare la nobile e gloriosa casata dei Tanashi, non di metterla in ridicolo”
 
“Non siate così duro con lui, mio signore” intervenne l’altro in tono ossequioso “in fondo ha solo quindici anni… e poi, è così tanto che non rivedeva qualcuno dei suoi amici”
 
“Non puoi capire Osamu, tu vieni da una famiglia di vassalli” replicò l’anziano, apparentemente insensibile, ma con un evidente sorriso “forse… forse però… hai… ragione”
 
Tempestivamente, l’uomo chiamato Osamu recuperò una sedia a rotelle pieghevole e vi fece adagiare l’anziano, il respiro dell’uomo si fece immediatamente più regolare e anche l’espressione preoccupata di Tegamaru si rasserenò.
 
“Nonno, stai pensando ancora a papà?” domandò Tegamaru, ricevendo un cenno d’assenso in risposta “non devi farlo e te l’ha detto anche il dottore, dopo un viaggio così faticoso devi stare tranquillo”
 
“Hai… hai ragione” sussurrò, rivolgendosi di nuovo verso l’altro adulto “grazie Osamu, non te lo dirò mai abbastanza”
 
“Si figuri signore, i genitori del signorino non erano solo “i padroni” per me”
 
“Lo so, tu e mio figlio siete praticamente cresciuti insieme”
 
Hajime aveva osservato tutta quella scena in silenzio, come impietrito; se avesse avuto dei popcorn in mano gli sarebbe quasi sembrato di essere al cinema per quanto fosse, almeno per lui, surreale ciò di cui era appena stato testimone.
Staccandosi dalla conversazione con la famiglia, l’erede dei Tanashi si voltò verso il suo rivale e lo trovò, appunto, perso a fissarli in stato semi-catatonico; divertito, il blu optò per qualcosa di molto poco signorile: batté sonoramente le mani davanti al suo volto, facendolo sobbalzare e cadere a terra.
Neanche il tempo di rialzarsi e le occhiate inquisitori di tutto il resto della compagnia erano su di lui.
 
“No è solo che… s-si, c-cioè” balbettò imbarazzato “t-tu hai u-un famiglia!”
 
“No sono orfano di tutto, MA CERTO CHE HO UNA FAMIGLIA, IDIOTA!!” sbottò il blu, in parte divertito dalla situazione “di solito, le persone normali non hanno bisogno di suggerimenti per capirlo”
 
“Guarda che neanche Kimari lo sa”
 
“Appunto, persone NORMALI!” sottolineò l’erede “guarda caso Kobushi, Chihiro e Manabu lo sanno”
 
“E non hanno mai pensato di dirmelo, begli amici” mugugnò tra se e se Hinobori prima di rivolgere uno sguardo contrito verso l’anziano “mi scuso per il mio comportamento signor Tanashi; io sono Hajime Hinobori, un amico, collega e rivale di suo nipote”
 
“Miroku Tanashi” replicò altero il vecchio, osservando il giovane con sufficienza “l’uomo che mi assiste è Osamu Fukuyama, erede di una famiglia di vassalli che serve il nostro casato da a…”
 
“Basta nonno” troncò brusco Tegamaru “devi smetterla con certe storie, non è più il tempo per fortuna”
 
“Probabilmente hai ragione” ammise malinconicamente il canuto “io non appartengo a questo tempo, avresti dovuto…”
 
Tegamaru appoggiò delicatamente la mano destra sulla spalla di suo nonno, interrompendolo prima che potesse concludere la frase; sapeva perfettamente dove volesse andare a parare, gliel’aveva ripetuto per tutto il viaggio e non aveva nessuna voglia di sentirglielo dire ancora.
Si abbassò, fino a raggiungere un’altezza che gli consentisse di guardare il suo anziano parente dritto negli occhi e lasciò che la il suo viso parlasse per lui… non ci fu bisogno di aggiungere altro.
 
“Ragazzo, lo so che Sengoku non ha un carattere facile, ma è un uomo retto e affidabile e, dato il suo ruolo precedente, dovresti…”
 
“Ne abbiamo già parlato e ti ho già detto che proverò a parlare con zio Sengoku, ora però vogliamo entrare?”
 
Rassegnato, il vecchio fece cenno con un braccio a Fukuyama di procedere e il duo si mise alla testa del piccolo corteo diretto verso l’accoglienza. In scia al dinamico duo, Hajime si affiancò a Tegamaru e, incuriosito, chiese qualche spiegazione.
L’erede, con estrema pazienza, spiegò tutto: di Sengoku Tanashi, membro di un ramo cadetto della famiglia (per lui, zio Sengoku) che aveva gestito, assieme ad Osamu, il patrimonio della famiglia negli ultimi anni; di come la sua fosse una grande famiglia (suo padre, ad esempio, aveva due sorelle e tre fratelli) e di come i membri del ramo principale si fossero logorati, anche fisicamente, nella ricerca del tesoro di famiglia; di quanto zio Sengoku fosse stato importante per suo nonno e per altri.
 
“Cazzo, non pensavo che la tua famiglia fosse così complicata!” esclamò il castano stupito
 
“Questo è perché sei un idiota, caro il mio bendato” ribatté Tegamaru “molti fratelli di papà sono morti, solo zia Himiko e zio Ryoma ne sono usciti… zio Sengoku… li ha letteralmente salvati”
 
Hinobori non avrebbe mai avuto l’ardire di definirsi un abile lettore degli stati d’animo altrui, ma francamente anche un cieco si sarebbe accorto del disagio che anche il solo pronunciare quel nome provocava nell’altro ragazzo e, come avrebbe “amichevolmente suggerito” Kimari, gliene chiese atto.
 
“Non è niente” dissimulò all’inizio il nobile “è solo che… si insomma… ha gestito l’impero Tanashi per anni e con la certezza assoluta che non ne avrebbe mai avuto diritto; è… triste”
 
Era chiaro che ci fosse altro dietro, ma il ragazzo con la fascetta decise di non calcare la mano (altro consiglio di Kimari) e si limitò ad un mezzo sorriso comprensivo, prima di puntare deciso verso il corridoio alla sinistra, dove le loro due guide erano già entrate.
Imboccarono il lungo condotto fino alla prima rampa di scale dove il gruppo si spezzò a metà con gli adulti presero che l’ascensore; percorsero i tre piani con un entusiasmo (e un’energia) in costante decrescita, arrivando all’ultimo piano ciondolanti e con le lingue a terra.
 
“Che gioventù” borbottò divertito Miroku
 
I due ragazzi impiegarono ben sedici secondi per rimettersi in piedi e dimostrare che la rampa di scale non li aveva messi K.O. (e li aveva messi K.O.), per poi spenderne almeno il doppio tra il cercare di imboccare la giusta via (sbagliando per tre volte consecutive) e provare a percorrerla in modo consono e dignitoso (caracollando in una maniera che non è che urlasse proprio “fierezza e dignità”).
 
Giunsero difficoltosamente alla loro destinazione, una sobria porta in legno da poco lucidato con sopra fissata una targhetta metallica recitante “ufficio 142”; raccogliendo tutte le sue, scarse, forze residue, il ragazzo con la fascetta bussò, ricevendo in risposta un invito ad entrare da una voce ferma ma cordiale.
Varcarono la soglia dello studio tutti e quattro assieme e, immediatamente, si ritrovarono quasi incastrati tra di loro: il locale era strano, angusto nelle dimensioni e spartano nell’arredamento, con pareti spoglie di quadri o teche e il gli unici mobili di spicco da ricercare nell’imponente, e ricchissima, libreria e nella bellissima cattedra in legno pregiato, il solo pezzo di reale valore.
Era tutto decisamente distante dalla loro immagine di studio di un preside di facoltà.
 
Il vagare di sguardi fu interrotto solo da un sonoro colpo di tosse che praticamente li costrinse a voltarsi; finalmente, non comprendendo bene come avessero fatto a ignorarlo fino ad ora, i loro occhi si fermarono, posandosi su un uomo sulla sessantina abbondante, con un volto visibilmente segnato dagli anni, ma ancora fisicamente in ottima forma, e con una chioma grigio scuro ancora piuttosto folta; l’aspetto austero e intimidente dell’uomo non impedì, ai due ragazzi, di notare alcune strane caratteristiche nei suoi tratti somatici, fattezze che, si direbbe, non erano comuni negli uomini giapponesi.
 
“Buongiorno e benvenuti, amici” esordì la profonda voce dell’uomo, cordiale ma grintosa “sono il professor Robert Minamoto e sono molto felice di conoscerti ragazzo, Mahiru mi ha tanto parlato di te”
 
Se la visione della sala aveva avuto sugli ospiti un effetto straniante, le parole che il padrone scelse per fare gli onori di casa li lasciarono letteralmente di sasso, in particolare Hajime: non era assolutamente abituato ad essere al centro dell’attenzione in contemporanea presenza di un Tanashi… e, a giudicare dall’espressione spazientita del vecchio Miroku, doveva essere così anche per loro.
Totalmente incurante di tutto questo, il professore si sollevò dalla cattedra per stringere calorosamente la mano al suo ospite e perdersi poi, assieme al ragazzo, nel “dialogo privato” meno privato di tutti i tempi visto che chiunque dei presenti era in grado di sentire ogni singola parola; vedendoselo girare intorno, in compagnia di un Hajime sempre più rosso in volto, Tegamaru non poté fare a meno di pensare che il preside fosse un uomo davvero coraggioso: nessuno aveva mai ignorato un membro della sua famiglia e quell’uomo addirittura sembrava fare come se lui e suo nonno non esistessero.
 
Quando però la durata di quella specie di slalom cominciò a passare dai secondi ai minuti, il giovane campione del mondo intuì la necessità di ricordare al loro anfitrione dell’esistenza della nobile famiglia Tanashi… perlomeno prima che lo facesse il rumore del digrignare dei denti di suo nonno, nascosto con sempre più fatica dal povero Osamu.
 
“Sono a mia volta molto felice di conoscerla, professore” si inserì educatamente Tegamaru “se posso permettermi, ammetto che mi aspettavo una persona più… ordinaria, e invece perfino il suo nome non è comune”
 
“Beh ragazzo, questo dipende dal lato del pacifico in cui ti capita di nascere, mia madre era americana e io tecnicamente ci sarei pure nato negli Stati Uniti” scherzò il rettore, riconoscendo finalmente la presenza degli altri “perdonate la scortesia, ma la visita del figlio di un mio dei miei più affezionati allievi mi ha messo di buon umore”
 
“Pure troppo” sussurrò divertito Osamu a Tegamaru, beccandosi un lieve colpo col bastone dal vecchio in segno di rimprovero
 
“Accetto le sue scuse” borbottò il capofamiglia, non proprio conquistato dall’uomo che aveva di fronte “il nome è Tanashi Miroku, attuale patriarca della nobile famiglia Tanashi, e questo ragazzo è il mio nipote ed erede, Tanashi Tegamaru”
 
“È un piacere incontrare di persona il leader di una delle famiglie più prestigiose del paese” disse l’uomo facendo un sobrio inchino “do a tutti voi un caloroso benvenuto nella nostra università e in particolare in quest’ala, adibita alla facoltà d’ingegneria di cui mi onoro di essere il rettore”
 
“Siamo noi che la ringraziamo per questa opportunità professor Minamoto, deve aver dovuto piegare molti regolamenti per permetterlo” replicò tempestivamente Tegamaru, speranzoso del fatto che l’anziano uomo non si accorgesse che, tra tutti, fosse proprio Hajime il meno desideroso di trovarsi li
 
“Oh una sciocchezza, il preside e gli altri rettori sono amici prima ancora che colleghi” spiegò Robert “mai avrei pensato di vedere ancora un figlio di uno dei miei ex studenti, uno dei migliori, venire in visita introduttiva; ero certo che sarei andato in pensione prima”
 
“Beh allora, immagino sia il caso di iniziare questa… visita” dichiarò Hajime, insolitamente intraprendente
 
“E sia!” concluse l’adulto in tono solennemente eccessivo prima di mettersi alla testa del corteo e condurlo fuori dallo studiolo
 
Come prima tappa del tour, il rettore scelse simbolicamente l’enorme aula magna della facoltà, al momento spenta e deserta ma da sempre teatro del primo approccio dei neo-immatricolati col nuovo mondo universitario; conducendoli sul palco, l’uomo spiegò che quello era anche il luogo in cui venivano presentati i progetti e le ricerche promossi dal dipartimento.
 
“Sai, tuo padre ha frequentato assiduamente questa sala” spiegò gentilmente al ragazzo con la fascetta “nella gloriosa storia della nostra facoltà sono pochissimi gli studenti che hanno partecipato a tanti studi quanti lui”
 
Al ragazzo parve quasi di poter vedere la scena con i suoi occhi: la sala gremita di ospiti, gli sguardi di tutti puntati sul palco illuminato dalla luce del proiettore e li, defilato rispetto al centro della scena, suo padre, sua madre e i loro collaboratori pronti a parlare a turno dal pulpito per spiegare i dettagli del progetto al ritmo dello scorrere del PowerPoint; non poté fare a meno di pensare a quanto dovesse essere bello trovarsi in una simile situazione, una di quelle esperienze che ti fanno sentire davvero importante.
 
In maniera del tutto surreale, fu il silenzio a scacciare i filmini dalla sua testa… già, perché l’unico motivo che lo convinse a tornare a focalizzarsi sulla realtà fu il non udire più nessuna delle voci dei suoi compagni di viaggio, cosa non così sorprendente visto che NON C’ERA PIÙ NESSUNO.
Immersi nel buio della sala, il professore e i Tanashi erano usciti senza accorgersi della sua assenza.
 
Abbastanza indispettito, il castano uscì dall’aula e si guardò intorno cercando di capire dove potessero essersi diretti; purtroppo per lui due sole erano le sue certezze: che i suoi compagni d’avventura avessero borbottato qualcosa riguardo alle prossime destinazioni della visita e che lui, però, non avesse sentito una mazza.
Dopo quindici minuti di nulla cosmico in testa, decise che non ne poteva più e che era arrivato il momento di azzardare in prima persona, uscì e imboccò d’istinto un corridoio… pessima idea per uno che, a parte casa sua, era stato capace di perdersi praticamente in qualunque luogo.
 
Come ampiamente pronosticabile, tempo venti secondi circa e si ritrovò in un’area mai vista prima senza aver memoria della direzione da cui fosse arrivato; stava cominciando ad innervosirsi, non era mai stato, fuori dal contesto dei duelli, un fenomeno nel gestire la tensione e la situazione riusciva solo a far riemergere tutti i cattivi pensieri: il litigio col padre, i suoi amici che si divertivano mentre lui era costretto a questa stupida visita e tutto il resto; era ad un passo dall’esplodere e dovette fare appello a tutto il suo solitamente scarso autocontrollo per restare calmo.
 
Per sua fortuna, proprio in quel momento, giunse in suo aiuto un’inattesa mano, ad ennesima conferma della teoria, di Kimari, secondo cui il ragazzo avesse stretto un patto coi kami perché altrimenti “non si spiega come un simile imbecille riesca sempre a pescare lo spirit chiave dal mazzo della sua vita”.
 
“Ehi ragazzo, sbaglio o quella è la divisa del liceo di Kadode?”
 
A quanto pare, quel giorno il patto coi kami aveva scelto di prendere l’aspetto di un ragazzo dai capelli castano chiaro, quasi biondicci, fisicamente molto simile al presidente Manabu (magro e allampanato), con addosso un’elegante camicia bianca e la giacca blu scuro della divisa universitaria appoggiata sulla spalla; accanto a lui c’era una bellissima ragazza, anch’ella abbastanza alta, con stupendi capelli ambrati e un’espressione divertita disegnata sul volto.
 
“S-si, perché?” balbettò il ragazzo, un po’ intimorito alla vista dello studente in rapido avvicinamento
 
“È fantastico!” esclamò entusiasta il maggiore dopo aver confermato di persona la sua tesi “ho un fratellino che frequenta quella scuola; magari lo conosci, di sicuro non è del tuo anno ma è un importante membro del club d…”
 
“Mi spiace, l’unico club a cui sono iscritto è quello di Battle Spirits”
 
“Oh, beh peccato” fece quello un po’ sconsolato “scusa l’invadenza, ma cosa diavolo ci fa un primo anno di liceo qua?”
 
“Ero venuto per una visita all’università sotto la guida del professor Minamoto ma…”
 
“Cos… addirittura il rettore?!” si stupì “allora devi essere figlio di qualcuno di importante”
 
Hajime non poté fare a meno di sorridere a quella considerazione; se li avesse sentiti il nonno di Tegamaru probabilmente li avrebbe uccisi entrambi e poi dato fuoco ai loro cadaveri.
 
"N-no, solo di un suo ex studente" mormorò lievemente intimidito

“Cosa che fa di te il figlio di qualcuno importante” sottolineò l'altro divertito “semplicemente, importante per lui”
 
Risero ancora, stavolta tutti e tre (la ragazza si era avvicinata mentre parlavano), dopodiché, lasciata scemare l’ilarità, il ragazzo prima sussurrò qualcosa all’amica, che tornò da dove era venuta, e poi fece cenno con la mano al minore di seguirlo.
 
“Forza, vieni con me, caro ex collega” invitò l’universitario, incontrando la reazione stranita dell’altro
 
“Mi era sembrato che tu ti fossi perso, mi sono forse sbagliato?” proseguì quello cercando di interpretare “è “ex collega” che ti suona strano? Beh, devi sapere che anche io e la signorina, al nostro tempo, abbiamo frequentato il tuo liceo”
 
Tranquillizzato, il duellante passò a valutare l’offerta… per circa cinque secondi, poi capì che non avrebbe mai ricevuto una proposta migliore e si affiancò alla sua nuova guida per seguirlo nella ricerca.
 
Provarono a ripercorrere mentalmente tutte le mosse fatte dal ragazzo da che aveva lasciato l’aula magna e bastarono per entrambi pochi attimi per rendersi conto che perlomeno otto su dieci di esse non avevano nessun senso; anzi, grazie all’idea avuta dal maggiore Hajime si rese perfino conto di aver girato in tondo in almeno un paio di occasioni, cosa che, una volta compresa, gli creò non poco imbarazzo.
Dal canto suo, la sua guida non si curava di nulla se non di cercare di immaginare dove potesse trovarsi il professore; era certo che si fosse accorto dell’assenza dell’ospite e che quindi lo stesse cercando, l’idea più sensata era che si trovasse in un ampio crocevia di corridoi da cui fosse facile controllare più vie possibili e che il luogo non fosse lontano da dove avevano perso di vista il liceale.
Fortunatamente non erano molti i luoghi che corrispondevano ad un simile identikit e infatti…
 
“Professor Minamoto!”
 
“Hajime, finalmente!” esclamò sollevato l’adulto, prima di avvicinarsi “dov’eri fin… Nakamura? Perché il mio ospite era in sua compagnia?”
 
“L’ho solo accompagnato da lei, professore” spiegò lo studente “quando l’ho incontrato era solo e abbastanza spaesato e, siccome indossava l’uniforme del mio vecchio liceo, ho deciso di dargli una mano”
 
“Bene” replicò l’uomo in tono ironico ma senza cattiveria “sono felice che il suo istinto di buon samaritano necessiti di particolari… condizioni di attivazione; cos’è lei, un essere umano o una carta burst? La ringrazio per il suo servizio ma ora vada dai suoi colleghi, a studiare in biblioteca”
 
“Sarà fatto comandante” scherzò il ragazzo, battendo i tacchi e mettendo il petto in fuori come un soldato “alla prossima Hajime, e salutami mio fratello se dovessi vederlo”
 
“Co-come si chiama?” domandò il duellante, trattenendo a stento le risate per la scenetta precedente
 
“Shukuro Nakamura” rispose “lo riconoscerai subito: è praticamente identico a me, solo un po’ meno alto, con un paio occhiali e sulla divisa la spilla di presidente del club”
 
Conclusa la sua descrizione, lo studente si allontanò per poi svanire dietro il primo angolo, sempre con quel suo sorriso da schiaffi stampato sul volto.
Hajime rise tra i denti; mettendo assieme quel sorriso, la luce furbesca negli occhi e la sceneggiata da bravo soldato di prima poteva facilmente dedurre che il suo nuovo amico Nakamura non avesse troppo intenzione di seguire l’invito del professore; era, anzi, abbastanza sicuro che dietro quell’angolo lo stessero aspettando due ammalianti occhi verdi e una folta chioma ambrata.
 
“Direi di proseguire” riprese il rettore “vorrei mostrarvi ancora alcune aule, la biblioteca, e state tranquilli perché non lo troveremo la, e infine vorrei portarvi anche in un particolare laboratorio”
 
Tracciato a grandi linee il programma, il gruppo poté finalmente riprendere il suo affascinante tour dell’istituto. In ottemperanza alla stringente tabella di marcia, le aule al pian terreno non meritarono più di una toccata e fuga, giudicate poco interessanti dal capogruppo, mentre molto più approfondita fu la visita al primo piano; nello specifico due furono i luoghi che seppero catturare le attenzioni di qualcuno della combriccola: la prima aula tecnica, che, del tutto sorprendentemente, rapì Hajime, e la biblioteca, che conquistò completamente il lato Tanashi e, in particolare, proprio Tegamaru; non lo avrebbero mai dichiarato pubblicamente, ma in quel momento entrambi i ragazzi pensarono, per la prima volta, che in fondo non fosse così terribile, trovarsi lì quel giorno.
 
Dopo aver svolto perfettamente il ruolo di Cicerone durante la lunga e approfondita sosta nella biblioteca di facoltà, dove ovviamente NON trovarono Nakamura, Minamoto fece per incamminarsi in direzione della tappa successiva, ma proprio in quel momento l’eccellente vista, a dispetto degli occhiali, di Osamu Fukuyama notò un voluminoso tomo dall’aria familiare appoggiato su uno scaffale; con l’aiuto di Tegamaru, il vassallo avvicinò la scala e recuperò il volume.
 
Aveva ragione.
 
“Ma questi sono gli annali della famiglia Tanashi!” esclamò sorpreso ed eccitato al tempo stesso “erano andati dispersi come moneta di scambio in uno dei tanti tentativi di recuperare il tesoro; cosa ci fanno in una biblioteca a tema ingegneristico?”
 
“Credo siano stati acquistati dall’università ad un’asta” provò a spiegare l’uomo “purtroppo immagino siano finiti qui a causa della negligenza di qualche studente”
 
“Anche di qualche bibliotecario” mugugnarono risentiti Fukuyama e Tanashi senior
 
“C-certamente” balbettò imbarazzato il preside, lanciando un’occhiataccia ai collaboratori “guardate signori, non mi sembra giusto che un documento di tale importanza per la vostra famiglia resti in nostro possesso; per questo, in via del tutto eccezionale, chiederò al magnifico rettore di concedervi il diritto di recompra a prezzo d’asta”
 
“Va bene” sbuffò il vecchio Tanashi, convinto probabilmente che il suo cognome dovesse da solo valergli il diritto di recompra a prezzo di nulla
 
“Abbiamo un accordo allora” concluse ignaro il canuto, rivolgendosi poi al bibliotecario “signor Yamano, dovrebbe, per cortesia, ritirare questo documento e rimuoverlo dagli inventari; è requisito fino a nuovo ordine”
 
“Mi spiace professor Minamoto, ma sia io che lei sappiamo benissimo che il documento appartiene ad un’altra biblioteca di dipartimento” provò a replicare il gestore “non abbiamo nessuna autorità per mettere in pratica ciò che propone”
 
“Suvvia Toshiro, non faccia storie” lo blandì il preside, appoggiando amichevolmente il braccio sulla sua spalla “penso io a parlare con il professor Higurashi; è un mio caro amico e so che non mi negherà questo favore”
 
L’addetto non parve così convinto da quelle parole ma, alla fine, fece come gli era stato richiesto e spostò il tomo negli scomparti sotto al bancone; finalmente soddisfatti, i Tanashi guidarono la squadra fuori dalla biblioteca, per poi lasciare ancora al rettore l’onere del comando, obbligo che l’uomo accettò volentieri conducendoli prima all’ultimo piano e poi, in particolare, in un corridoio buio chiuso da una porta azzurra.
Il primo della fila lanciò una rapida occhiata alla compagnia per controllare che stavolta ci fossero tutti, nello specifico, il suo sguardo si soffermò su Hajime, un po’ perché era quello che prima si era perso e un po’ perché quell’ultima tappa lo riguardava da vicino.
 
“Ho fatto chiudere questo laboratorio all’uso pubblico ormai molto tempo fa” spiegò l’uomo con gli occhi lucidi “mi ero ripromesso di aprirlo solo se qualcuno mi avesse portato un progetto degno di chi lo aveva preceduto, ma credo che, data la speciale circostanza, sia giusto fare un’eccezione”
 
Concluse il preambolo e, dopo aver estratto la chiave dal taschino della giacca, la fece ruotare tre volte nella serratura sotto gli sguardi inaspettatamente aguzzati dei due ragazzi, desiderosi di scoprire cosa ci fosse li dentro di così importante da essere precluso ai comuni studenti.
L’eccitazione dei due parve inizialmente essere destinata a scemare quando oltre la soglia sembrò materializzarsi null’altro che un comune laboratorio sperimentale, solo più impolverato dei tre precedenti, ma quando poi entrarono e rivolsero all’ambiente una seconda e più accurata occhiata, qualcosa si accese in loro.
 
“Aspetta, ma queste…” sussurrò Hajime osservando alcune teche appese
 
Il vecchio rettore andò a posizionarsi a fianco del ragazzo, con gli occhi sempre più bagnati e un sorriso soddisfatto sulle labbra: la stanza era ricoperta da enormi teli di cellophane e, sotto di essi… e uno strato di dieci anni di polvere, stavano mucchi di videocassette, fascicoli, registrazioni su CD, grafici e fogli volanti, quasi a comporre una grande e caotica opera d’arte. Uno solo sembrava essere il vincolo che univa tutto quel materiale, il solo nome comune a tutti e tre gli attestati premio conservati nelle teche: Mahiru Hinobori.
 
L’incantesimo era scattato.
 
Senza pensarci due volte, i due giovani rovesciarono i teli trasparenti scaraventando con noncuranza uno tsunami di polvere sugli altri tre compagni di viaggio (con notevole disappunto del signor Tanashi), dopodiché presero a spulciare uno a uno i vari memorabilia; su ognuno di essi era stampato quel nome, dalle foto celebrative, ai fogli di prova, ai ritagli di giornale.
Era il vero comune denominatore della stanza.
 
Gli occhi del vicecampione mondiale di BS ritornarono al documento che per primo aveva attirato la sua attenzione, le due teche, un attestato e un ritaglio di giornale, appese sul muro destro. Erano di gran lunga gli oggetti meno polverosi, e quindi i più recenti, e forse anche per questo esercitavano su di lui una certa attrazione, ma solo quando li lesse è ne comprese davvero il perché: su quel documento, oltre che ai consueti Minamoto Robert e Hinobori Mahiru, erano presenti in calce le firme di Tatsumi Denjiro, Arisawa Akari, segnata ancora col cognome da nubile, e di quello che immaginò fosse il vero nome del dottor Sunset.
 
“Questo è stato il loro primo lavoro insieme, l’hanno sviluppato proprio qui sai” raccontò il professore “e non solo, è qui che tuo padre ha lavorato sulla sua tesi di laurea ed è sempre qui che, con gli altri, ha posto le basi per il progetto “spazio virtuale fisico” oggi noto come…”
 
“Il terreno di gioco tridimensionale” lo interruppe il castano, sempre più catturato da quel luogo
 
L’uomo al suo fianco sorrise dolcemente.
 
“Sai Hajime” fece “ho praticamente vissuto in questa università, come insegnante o come rettore, per almeno trent’anni e ho conosciuto e insegnato a centinaia, migliaia di studenti… nessuno di loro è stato più brillante di tuo padre”
 
Hinobori si fece scuro in volto e strinse le spalle, cercando di nascondere il brivido che gli stava salendo per la schiena.
 
“Devi essere molto fiero di lui”
 
Ed eccola finalmente, la domanda che più si sarebbe aspettato e a cui meno avrebbe voluto rispondere; provò a pensare a qualcosa ma la sua testa era persino più vuota del solito.
 
“Beh io… i-io… io no-non”
 
Nemmeno con le parole ce la faceva, non riusciva a fare altro che balbettare e si che sapeva cosa avrebbe voluto dire: certo, la giornata si era rivelata molto più piacevole di quanto pensasse; certo, il professore era un uomo in gamba; certo, in ultimo poteva persino ammettere di essersi divertito, ma tutto questo non aveva cambiato la sua opinione a riguardo.
 
Però dirlo così, apertamente, nel luogo che era stato praticamente la sua seconda casa, davanti al suo maestro…
 
Per la prima volta nella sua giovane vita, Hajime Hinobori si sentì un vigliacco.
 
“Non è così difficile come domanda” provò a scherzare il canuto, cercando di allentare la tensione “basta rispondere si o no”
 
“Io… non posso” ammise l’altro con aria di sconfitta “è troppo difficile da spiegare, specie a lei”
 
“E tu prova a semplificare”
 
Fu la goccia che fece traboccare il vaso; al ragazzo si chiuse la vena e non connetté più il cervello alla sua bocca, non riuscì più a pensare che in fondo l’università non fosse così male o che, magari, quell’uomo stesse solo cercando di tirargli fuori le parole con un trucchetto.
No, in quel momento riusciva a vedere solo l’ennesimo adulto che si prendeva gioco dei suoi problemi.
 
“Io non volevo nemmeno venirci qui!!” sbraitò, gelando i suoi tre compagni di viaggio “papà si è presentato a casa dopo mesi e ha detto che dovevo venire qui perché aveva già preso appuntamento con lei; mi ha costretto anche se non ho nessuna intenzione di andare all’università, IO VOGLIO SOLO GIOCARE A BATTLE SPIRITS!!!”
 
Ansimò, forte, per riprendere fiato: era stato come un fiume in piena, una trance temporanea di una ventina di secondi e si era liberto in un colpo solo di tutto ciò che aveva avvelenato quella giornata finora, così, ora che ne era uscito, non restava che stringere le spalle e mettersi in posizione difensiva; non che fosse un esperto di boxe, ma gli sembrava di aver assestato un buon paio di colpi e non aveva intenzione di farsi trovare impreparato sulla replica.
 
“Beh fidati ragazzo, sono pochi quelli che vogliono davvero venirci qui” ammise tranquillamente l’altro “direi la stragrande maggioranza degli studenti, più di metà del personale di servizio e probabilmente anche parecchi docenti”
 
Il giovane di Kadode rimase di sasso.
 
“Sei sorpreso ragazzo?” proseguì il professore, con una voce molto più dura e inquisitoria “vedi, questa è l’università; qui non ci sono punizioni o compiti a casa… e, in ogni caso, non è compito mio”
 
“Ma io… allora… m-ma quindi lei… no-no-n-non è o-offeso?” biascicò il duellante
 
“E perché dovrei offendermi? Hai solo espresso un’opinione” spiegò, tornando all’amichevole tono di prima “sono un uomo di scienza e sono sempre disposto ad ascoltare un’opinione quando essa è adeguatamente motivata; ora sta a te Hajime, sai dirmi per quale motivo il tuo solo desiderio e obiettivo è giocare a BS?”
 
Ok, ORA era veramente il giorno più assurdo della vita del ragazzo. Dopo tutto ciò a cui aveva pensato nei giorni precedenti il “nefasto evento”, dopo tutto quello che era successo e dopo il suo recente sfogo, qualcuno finalmente gli poneva LA domanda della sua vita e LUI NON SAPEVA RISPONDERGLI; MA CHE DIAVOLO STAVA SUCCEDENDO?
 
“Pe-perché… mi-mi di-diverte?!” fece il castano sentendosi un imbecille nel momento esatto in cui concluse quella risposta
 
“Bene è un buon inizio” replicò l’interlocutore, seriamente o scherzosamente non seppe dirlo
 
Incoraggiato, il povero bendato rimase a vagare ancora nei meandri della sua mente alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa, che fosse in grado di inspessire la sua posizione, ma niente, più pensava più sentiva di allontanarsi dalla soluzione.
 
-Oh, al diavolo-
 
“Mi-mi dispiace si-signore, a-al momento non riesco a darle una risposta” sussurrò sconsolato “posso solo dirle che, per me, Battle Spirits è tutto”
 
“Questa, figliolo…” fece l’altro “… è davvero un’ottima risposta; ci vuole del coraggio per ammettere di non avere la verità in tasca”
 
“Quindi… va bene così?”
 
“Certo” rispose Minamoto “era lo stesso per tuo padre, solo che per lui “tutto” fosse l’ingegneria informatica. Ora dimmi ragazzo, se tu avessi dei bambini immagino che, proprio perché per te BS è tutto, cercheresti di trasmettere a loro la tua passione, giusto?”
 
“Beh si, direi di si perché…”
 
“… perché ogni padre sogna di poter condividere la propria più grande passione con i figli”
 
Lo ammutolì definitivamente, quella frase così perentoria e pronunciata con un tono così saldo, senza ammiccamenti e senza nemmeno voltarsi a guardarlo. Fu come se il mondo intero si fosse aperto davanti ai suoi occhi: cose che prima non capiva, che non gli erano chiare, ora brillavano di una luce diversa.
 
Si voltò lui verso il vecchio maestro e lo vide che sorrideva, sorrise a sua volta.
 
Non era mai stato più felice di essere stato messo nel sacco.
 
Come avessero usato il kai, la tecnica di “Naruto” che disperde le arti illusorie, il lucchetto di tensione che aveva gelato visi e voci dei visitatori venne sbloccato, tutti scoppiarono in una fragorosa risata liberatoria e l’aria da funerale divenne aria di festa; il professore entusiasta diede una sonora pacca sulla spalla al ragazzo e praticamente lo lanciò in direzione di un irrefrenabile Tegamaru che a sua volta lo colpì amichevolmente.
 
“E così Battle Spirits per te è tutto?” domandò ironicamente “cavolo, non me n’ero mai accorto; che amico del cazzo che sono, eh bendato?”
 
“Amico del cazzo lo sei di sicuro” replicò l’altro allontanandolo con un morbido pugno, prima di rivolgersi contrito verso il patriarca “cielo, mi scusi sign…”
 
Non poté, e mai avrebbe potuto, concludere quella frase, non con ciò che stava vedendo davanti ai suoi occhi: Miroku Tanashi, l’austero capofamiglia, aveva dipinto sul volto qualcosa di molto simile ad un sorriso… il primo che il vicecampione del mondo gli avesse mai visto fare.
 
“O, sei vivo?” lo prese ancora in giro Tegamaru, seguito da un altrettanto allegro Fukuyama “dai che, durante il viaggio di ritorno, ti racconto di alcuni duellanti che ho incontrato nei miei viaggi di lavoro”
 
La notizia mise particolarmente di buon umore il castano e fu più facile fargli accettare il fatto che, ormai, fosse giunta l’ora di lasciare quella stanza; i due ragazzi, in particolare ne uscirono a malincuore e, non a caso, restarono ad osservare il momento della chiusura, con quella fessura che, secondo dopo secondo, si faceva sempre più sottile e compressa.
Riuscirono a darle l’ultima occhiata; era strano, pur non essendo cambiata in nulla non sembrava la stessa stanza di quando vi erano entrati; forse aveva ragione il presidente Manabu: a volte sono i nostri occhi a cambiare.
 
Fedele al suo ruolo, il rettore ricondusse tutto il gruppo nell’atrio d’ingresso ove dichiarò ufficialmente conclusa la visita e liberò i suoi ospiti che, infatti, salutarono e iniziarono ad incamminarsi verso la limousine, invitando Hajime stesso a seguirli; il ragazzo con la fascetta fece come gli era stato detto, montò un rapido cenno di saluto e fece per lanciarsi all’inseguimento dei Tanashi.
 
“Ehi ragazzo, aspetta un attimo!” lo bloccò l’anziano, ansante dopo la breve, ma intensa, corsa alle calcagna del liceale “pensa… pensa a-a-a ciò che ti ho detto oggi”
 
“Credevo che non fosse compito suo” osservò ironicamente il giovane “e che qui all’università queste cose non si facessero più”
 
L’uomo sorrise.
 
“Mahiru ha ragione sai” commentò “sei un ragazzo in gamba, Hajime Hinobori”
 
Il ragazzo sorrise a sua volta.
 
“Sa professore, mi ha detto lo stesso di lei” replicò prima di incupirsi di nuovo “p-professore, lei crede che io…”
 
“Non per forza” lo anticipo Minamoto “nessuno dei miei parenti, ne prossimi ne antichi, è mai stato anche solo maestro di scuola eppure… prometti solo che proverai a pensarci”
 
Il duellante non rispose, si voltò e prese la via principale in direzione del grande cancello; arrivato più o meno a metà strada, si arrestò di colpo e alzò il braccio destro, il pollice rivolto al cielo.
Il sorriso dell’uomo si fece ancora più caldo.
 
“Buona fortuna ragazzo”
 
 
 
Nonostante avesse passato metà del tempo ad osservare i banchi vuoti dei suoi amici, la giornata seguente fu, con tutta probabilità, la sua miglior giornata dal punto di vista scolastico da che aveva iniziato il liceo, forse la migliore di sempre: il suo quaderno era pieno di appunti ordinati e comprensibili e nessuno dei question time era riuscito a metterlo in difficoltà.
Si sentiva decisamente fiero di sé: non capiva bene come ci fosse riuscito, ma questo era di sicuro il miglior modo per rispondere a suo padre… era quasi un peccato che fosse l’ultimo giorno.
 
Quando la fine dell’ultima lezione di giornata venne annunciata, e con essa l’inizio del break estivo, il ragazzo gettò con poca cura i suoi strumenti dentro la borsa e, con passo spedito, uscì dalla classe… ma non andò verso il grande cancello d’ingresso.
Forse per abitudine, forse stordito dai Kana-Boon che sparavano la loro “Silhouette” a tutto volume nelle sue orecchie o forse per altro ancora, le sue gambe imboccarono un’altra strada, quella più battuta che portava all’edificio secondario, come se stessero viaggiando con l’autopilota; alla fine era quasi un riflesso incondizionato, il ragazzo non aveva nemmeno bisogno di alzare la testa per sapere che la rotta seguita fosse quella giusta e, infatti, in pochi minuti si ritrovò dove pensava di ritrovarsi.
 
-Che diavolo sto facendo?-
 
Sembrava quasi la scena di uno di quei film americani sullo sport, quando il protagonista, dopo essersi momentaneamente arreso, ritorna dall’allenatore e dalla squadra e si blocca davanti alla porta dello spogliatoio nel disperato tentativo di mettere assieme un discorso di scuse degno di questo nome.
Anche lui stava scrivendo il suo discorso… ma per chi? Non c’era nessuno li dentro, la porta stessa era chiusa e non avrebbe mai potuto sbloccarla visto che non aveva una copia della chiave, e tutto questo lo sapeva benissimo perché, per la prima volta da che aveva frequentato un qualunque grado dell’istruzione, non aveva portato a scuola con sé il mazzo.
 
 Abbassò comunque la maniglia, quasi a voler rigirare il coltello nella piaga.
 
-Cosa pensavo, che la lasciassero aperta?- pensò, quasi divertito dalla sua stessa ingenuità
 
Malinconico, il duellante si spostò dall’altro lato del corridoio, dirimpetto alla porta, e si lasciò accasciare a terra, lasciando cadere la propria borsa accanto a sé e chiudendo gli occhi per potersi perdere nei suoi pensieri: dove andare? Cosa fare per tutto il pomeriggio prima di tornare a casa? Il club di Mika non avrebbe avuto senso, senza le carte.
 
E allora…
 
-Ma certo, ci sono!- esclamò soddisfatta la sua voce interiore
 
Si sollevò di slancio dal pavimento, quasi dimenticandosi indietro lo zaino, e si lanciò con rinnovato entusiasmo verso l’incrocio alla fine del corridoio; uscì dall’edificio ed attraversò il cortile per poi entrare nell’altro palazzo, dirimpettaio rispetto a quello da cui era venuto.
Si incamminò nei cunicoli seguendo le indicazioni fino a raggiungere un altro crocevia, ove trovò una piantina; si fermò, estrasse il quaderno e, dopo aver impresso nella sua mente il percorso, ne fece un rapido schizzò sull’ultima pagina.
Non era niente male.
 
Si immise nel condotto alla sua destra e seguì passo per passo le sue stesse indicazioni, in pochissimo tempo raggiunse l’ala dell’edificio corrispondente (notevole miglioramento rispetto agli eventi del giorno prima) e poté dedicarsi a passare in rassegna tutte porte.
Passò circa cinque minuti a fare avanti e indietro di fronte alla schiera di porte chiuse con l’etichetta sopra senza trovare ciò che cercava; c’era qualcosa di strano, era sicuro di non aver sbagliato nel disegno della sua mappa e l’aveva seguita nei minimi dettagli eppure l’aula che cercava non c’era e lui cominciava ad innervosirsi.
 
“Mi scusi” chiese ad uno studente più grande che passava di lì in quel momento “sa dirmi dove si trova il club d’ingegneria?”
 
L’altro ragazzo prima si bloccò di colpo come fulminato, poi, voltatosi verso il minore, prese a scrutarlo con occhi aguzzi e un’espressione dubbiosa, come se ci fosse qualcosa in lui che non andasse.
Parzialmente infastidito da tutto ciò, Hajime rispose allo sguardo inquisitorio con il suo sguardo inquisitorio: c’era qualcosa di stranamente familiare in lui, in particolare era il suo viso che sentiva di aver già visto anche perché, per il resto, il suo aspetto (capelli castano chiaro, un po’ più alto della media, gracilino) era decisamente banale.
Proseguirono ancora in quella sfida di sguardi non dichiarata, almeno fino a che il ragazzo più grande non decise di rompere il ghiaccio.
 
“Ma tu… sei uno studente?”
 
Stavolta toccò ad Hajime di guardare l’altro stranito.
Ma diceva davvero? Lui era lì con addosso la divisa con stemma del liceo e quello comunque gli chiedeva se frequentava quella scuola; ma era scemo?
 
La situazione era così strana che il ragazzo arrivò financo a darsi un’occhiata per essere sicuro di AVER ADDOSSO la divisa, sentendosi ovviamente un coglione nel momento in cui capì di averla; in quel momento dimenticò ogni tipo di riverenza e rispetto dovuto ai senpai.
 
“Ma certo che sono uno studente!” sbottò “ma cosa sei, cieco? Non la vedi la divisa?”
 
Hajime non poteva saperlo (o meglio, avrebbe potuto saperlo, ma solo se fosse stato… completamente un’altra persona), ma il club di ingegneria del liceo di Kadode era estremamente noto e prestigioso; grazie, infatti, al contributo economico e non di molti suoi storici ex studenti (leggasi: suo padre), esso era riuscito a passare da club minimale e di poco conto, l’ingegneria era considerata materia troppo complessa per dei liceali, ad una piccola anticamera dell’università, spesso preferito agli indirizzi tecnici.
 
“Stai calmo ragazzino” lo canzonò il maggiore, con evidente senso di superiorità “sai, non pensavo esistesse qualcuno in questo liceo che non sapesse dove si trova il club di ingegneria… ma vedo che sei solo un primino, in questo caso direi che sei parzialmente scusato”
 
Il duellante avrebbe davvero voluto azzannarlo alla gola e rimanere li a guardare mentre quello moriva dissanguato. Ma che diamine, non bastava aver fatto una mezza figura di merda, doveva anche sorbirsi le prese per culo di questo stronzo; doveva solo ringraziare i kami che non ci fosse Kimari al suo posto o sarebbe già morto tra atroci sofferenze.
-Va anche detto che Kimari, di regola, figure di merda non ne fa- osservò correttamente la sua voce interiore
 
“Ehi, terra chiama ragazzino!” esclamò sonoramente lo studente senior, riportando l’altro alla realtà “mi pare di ricordare che tu mi abbia fatto una domanda… anzi, a tal proposito, com’è che sei arrivato nell’area diametralmente opposta a quella della tua destinazione?”
 
Fu la goccia che fece traboccare il vaso: passino le ironie, il fargli perdere tempo e il senso di superiorità, ma che si criticasse il suo lavoro in una di quelle tre-quattro volte che si impegnava davvero in qualcosa che non fosse Battle Spirits proprio no.
Fu per questo che, orgogliosamente, gli sbatté in faccia lo schizzo di mappa che aveva tracciato poco prima… non l’avesse mai fatto.
 
“Ok, prima di tutto devo complimentarmi per lo sketch” esordì il ragazzo con il tono più sincero che Hajime gli avesse mai sentito “immagino tu l’abbia fatto senza un metro, vero? Le linee sono davvero precise e le proporzioni sono molto simili a quelle delle cartine stampate, si vede che hai della mano per queste cose”
 
Hajime si impettì come un soldatino, arrivando anche ad arrossire in modo tenue; era la prima volta che qualcuno gli faceva dei complimenti per qualcosa che non fosse BS e, doveva ammetterlo, la cosa era pure piacevole.
Si beh, peccato non avesse idea della doccia fredda imminente.
 
“Detto questo, scusami, ma perché sei andato nella direzione opposta?” domandò “cioè, perché, dopo esserti tracciato il percorso, sei andato a destra invece che a sinistra?”
 
Hinobori lo guardò come se avesse visto un fantasma; imbarazzato, viaggiò a ritroso nella mente lungo il percorso che lo aveva portato dove si trovava ora fino ad arrivare di nuovo a quel crocevia ove tutto era iniziato. Si posizionò virtualmente davanti alla piantina e guardò prima da un lato e poi dall’altro; lo capì subito: aveva confuso la destra con la sinistra.
 
Più rosso in volto delle sue carte, il ragazzo si riprese il quaderno e, d’impeto, fece per immettersi nel corridoio da cui era venuto, pronto a ripercorrere, stavolta fisicamente, il percorso da lui seguito; per fortuna (soprattutto sua, per la verità) lo studente più grande lo fermò.
 
“Piano tigre, dove vuoi andare?” disse, afferrandolo per la spalla
 
“Che domande mi fa?” replicò il ragazzo con la fascetta “torno all’incrocio e…”
 
“Questo l’avevo capito anch’io, detective Conan” lo scherzò “quello che intendevo è: perché farlo”
 
“Perché… è il percorso più veloce?”
 
“Partendo dall’incrocio forse, ma da qui basta prendere il corridoio alle tue spalle e andare diritto” lo corresse il maggiore indicandogli la direzione “usa le finestre che danno sul cortile interno per orientarti, il club che cerchi si trova all’altezza della quintultima vetrata”
 
Non se lo fece ripetere due volte; Hajime salutò cordialmente e ringrazio il senpai (assurdo pensando a come era iniziato il tutto), per poi lasciarselo rapidamente alle spalle nella sua passeggiata attraverso il lungo corridoio.
Percorse tutta l’ala, da un vertice a quello opposto, quasi accecato dal sole che entrava da ognuna delle numerose finestre che davano sul cortile e sull’altro edificio (quello adibito ai club sportivi), fino ad arrivare appunto a quella indicatagli dallo studente di prima; si voltò verso il lato interno ed era lì, la porta per il club di ingegneria.
 
Bussò, anche con troppo entusiasmo per la verità, e un ragazzo probabilmente della sua stessa età venne prontamente ad aprirgli; alla vista di un volto non appartenente al club, il povero ragazzo si irrigidì e una serie di tic nervosi cominciarono a prendere possesso del suo corpo.
 
“Sei del consiglio studentesco o della vigilanza?" domandò quello, quasi terrorizzato “le ripeto che i-il club non centra nulla con lo scherzo di settimana scorsa, sono disposto a giurarlo sulla mia stessa vita”
 
Ok, Hajime stava cominciando davvero ad arrabbiarsi con i kami per avergli rifilato quella giornata… anzi no, quell’intera settimana. Era mai possibile che di recente tutto il mondo cospirasse per fargli ritornare sempre in viso quella sua cosiddetta “faccia da pesce lesso decerebrato” (cit. Kimari)? Non è che fosse proprio l’espressione di cui andasse più fiero, e vedere in lontananza gli altri membri del club che ridevano non aiutava a migliorarne l’opinione.
 
“Ti pare che un primino come te possa entrare a far parte del consiglio studentesco?” chiese uno dei senior del club in tono canzonatorio
 
-Ah, ma allora…-
 
“Diamine Hayama, ci farai scoprire se continui così” osservò una ragazza dai capelli rossi, avvicinatasi ai due sulla porta “sai, dovresti rilassarti un po’, vai a prenderti una tisana”
 
“S-si, scusami Takahashi-senpai” mormorò il minore uscendo dalla porta
 
Hajime seguì con lo sguardo la sua goffa corsa verso la prima intersezione, dove svoltò e uscì dal suo campo visivo; come incantato, il duellante rimase ancora a guardare il nulla chiedendosi cosa stesse succedendo e così fu fino a che la ragazza del club non ricominciò a parlare.
 
“Perdonalo” riprese lei “è un primo anno come te per cui è molto teso. Ciao, sono Mamori Takahashi, come posso aiutarti?”
 
“Ce-cercavo il presidente del club” fece Hinobori titubante “ho incontrato suo fratello e…”
 
“Hai un fratello?!” esclamò un altro di quelli del club rivolto ad un terzo ragazzo, in quel momento di spalle “perché non ce l’hai mai detto?”
 
“Perché non ne ho uno” replicò l’altro studente voltandosi verso il visitatore “sicuro di non esserti sbagliato?”
 
Era assolutamente certo di essersi sbagliato e lo fu dall’istante in cui lo vide per la prima volta in faccia; certamente era meno alto di suo “fratello”, ed effettivamente portava gli occhiali… peccato che tutto il resto fosse totalmente fuori posto: i lineamenti facciali erano completamente diversi, gli occhi erano verdi, non neri, e il fisico non era affatto gracile.
 
I casi erano due: o Nakamura aveva voluto farsi quattro risate a sue spese e gli aveva rifilato una balla, o lui aveva combinato il solito disastro.
O entrambi in realtà; dati i soggetti in gioco era possibilissimo che entrambe le condizioni si fossero verificate contemporaneamente.
 
Decise di togliersi dente, dolore e tutto quanto d’altro.
 
“Lei non è Shukuro Nakamura, vero?”
 
“Shukuro… no, io… cioè” farfugliò il presidente del club, colto stranamente di sorpresa da quella domanda “aspetta un attimo, hai detto fratello?!!”
 
“S-si”
 
“Ma quindi è tor… no aspetta, volevo dire… si insomma, hai conosciuto Kaito?!”
 
Nonostante quella somigliasse più ad una ruminata che non ad una frase, il giovane duellante riuscì a cogliere il senso ultimo di quel piccolo parto sintattico, giusto per rendersi conto che in realtà non sapeva nemmeno il nome di quello studente universitario; anzi, ad essere sincero non era nemmeno certo di quale club fosse presidente il famoso fratello visto che non gli aveva nemmeno lasciato il tempo di dirglielo.
 
Non era mai stato tanto felice che Kimari fosse completamente da un’altra parte come in quel momento.
 
“Hajime, cosa diavolo ci fai qui?!!” trillò qualcuno alle sue spalle
 
Memo per Hajime: mai cantare vittoria troppo presto.
 
Girò solo la testa, giusto per confermare un’identità che non necessitava ne desiderava confermare, e, fatto ciò, riprese la posizione iniziale pronto a proseguire nella sua conversazione; si, Kimari l’avrebbe certamente sbranato, ma almeno avrebbe vissuto i suoi ultimi attimi da uomo civile (onore abbastanza discutibile, in verità).
 
“Si, credo di si” ammise non pienamente convinto
 
“Ma è fantastico!” esultò l’altro sinceramente entusiasta “ma allora vuol dire che è tornato a Ka… oh, ma che modi sono; scusatemi, io sono Toranosuke Hatsuyama, presidente del club di ingegneria di questo liceo”
 
“Hatsuyama… Toranosuke” sussurrarono i due ragazzi
 
“Chiamatemi pure Tora se vi è più facile”
 
“No, no, non è quello” fece Hajime trafelato “è solo che, se è così, significa che ho sbagliato tutto”
 
“Io, invece, semplicemente non riesco a capire cosa sta succedendo qui!” si inserì una Kimari piuttosto contrariata “perché sei al club di ingegneria Hajime? Manabu e gli altri ti stanno aspettando”
 
In quel momento il presidente Hatsuyama Toranosuke trasalì, come se avesse appena captato qualcosa che prima gli era sfuggito.
 
“Aspetta, hai detto Hajime?” chiese “non sarai mica Hinobori…”
 
“Si, sono il figlio di Hinobori Mahiru” replicò il duellante, ormai stanco di sentire quella tiritera
 
“Non è quello che mi interessa… cioè, in realtà anche, visto che tuo padre ha donato più o meno mezzo club” raccontò “no, intendevo dire Hinobori Hajime, il vicecampione del mondo di Battle Spirits”
 
Evidentemente era proprio vero che il dessert DEVE arrivare a fine pasto, magari c’era da sperare che la prossima volta il pasto durasse un po’ di meno, ma in fin dei conti ne era valsa la pena.
 
“Si, sono io!” esclamò lo studente junior, con un sorriso così smagliante che Kimari ne fu quasi spaventata
 
Sfoderando, a sua volta, un’espressione di gioia almeno altrettanto inquietante, il senior mise la mano nella tasca destra e ne estrasse un portamazzi giallo che sventolò davanti agli occhi degli ospiti come una bandiera.
 
“È fantastico” esultò “è il destino che ci ha fatto incontrare: tuo padre è il mio modello per quanto riguarda la passione ingegneristica e tu sei il mio idolo come duellante”
 
Kimari osservò quella scena in silenzio, ma con le dita intente a danzare freneticamente sul cellulare alla ricerca del più vicino istituto di igiene mentale. Mai, nemmeno nei suoi sogni (o meglio incubi) più sfrenati, avrebbe potuto immaginare di vedere uno studente senior, di più, il presidente, del prestigiosissimo club di ingegneria del liceo di Kadode osservare Hajime Hinobori come se stesse guardando un’idol; stava cominciando a pensare che, forse, i maya avevano solo sbagliato anno.
 
“Parteciperà ai regionali del blocco rosso?” domandò il duellante rosso speranzoso
 
“Mi spiace molto Hajime, ma non mi sento ancora pronto” rispose sincero l’altro provocando nel ragazzo con la fascetta un moto di sconforto “dai, non fare quella faccia; facciamo così, ogni tanto vieni a trovarmi qui al club, tu puoi allenarmi nei duelli e io in cambio posso… che so, provare a spiegarti qualcosa sul lavoro di tuo padre”
 
“Si!” confermò il castano, con un entusiasmo financo eccessivo, per poi tendere solennemente la mano al suo interlocutore “sa senpai, non sono mai stato tanto felice di essermi sbagliato”
 
“Chiamami pure Tora” ripeté l’altro sorridente “ah e a proposito di quello, Shukuro è il mio migliore amico e viene spesso qui a trovarmi; se vieni al club, lo incontrerai di sicuro”
 
“Purtroppo i prossimi due mesi mi serviranno per l’allenamento in vista dei regionali” concluse “ma sappia che, a torneo concluso, verrò di certo, Tora-senpai”
 
In tutto questo, Kimari era sempre lì ad osservare, statuaria e silenziosa, e a cercare di comprendere.
Era strano; la scena più assurda a cui avesse mai assistito si era sviluppata ed evoluta, come un climax, fino a diventare qualcosa di ancora più assurdo, eppure nella sua testa non c’erano né ironie, né timori per i segni di un’imminente apocalisse, solo un particolare orgoglio: non aveva idea di cosa fosse successo al suo amico in quei tre giorni in cui non si erano visti ma, se questi erano gli effetti, allora non poteva che esserne felice.
 
“Avete finito?” sbuffò lei, dando finalmente voce ai suoi pensieri “dai su, vieni scemo che io e il presidente abbiamo tanto da raccontarti”
 
Senza farselo ripetere due volte, il giovane Hinobori salutò Tora e il resto della compagnia del club e si lanciò fuori dall’aula all’inseguimento della sua amica di sempre, partita in anticipo; la raggiunse e insieme proseguirono di buona lena attraverso i corridoi dell’edificio, lei sempre davanti, a guidare, e lui sempre a seguire.
I loro ruoli, rispetto a prima, si erano ribaltati, con il ragazzo che proseguiva a testa bassa e in silenzio e l’altra cui, invece, spettava l’onore, e l’onere, di raccontargli tutto: del loro incontro con Masaki e della sua promessa di una grande sfida ai nazionali; dei duellanti dilettanti, uno dei quali le aveva regalato un interessante spirit; di Toppa Bashin, il figlio dell’ex campione del mondo, e “Meganeko” Otonashi, che avevano sacrificato la carriera di duellanti per la loro relazione.
 
-Anche loro- pensò Hajime malinconico
 
“… avendo diciott’anni immagino sappiano quello che fanno, e poi avresti dovuto vederli: erano davvero dolci; scommetto che sarebbero piaciuti anche…”
 
“Scusa Kimari” si inserì rompendo quella specie di voto di silenzio “posso chiederti come mi hai trovato”
 
“Non si interrompe la gente quando parla!!” lo rimproverò veementemente, per addolcirsi poi subito dopo “sai, in fondo sono felice che in questi tre giorni perlomeno non hai imparato l’educazione, sarei rimasta senza lavoro. Comunque è stata pura fortuna, girando ho incontrato un ragazzo castano del terzo anno a cui avevi chiesto informazioni e lui me l’ha detto”
 
Hajime non replicò più, non ne sentiva il bisogno, e i due proseguirono nel più totale silenzio fino al cortile, all’altra ala e, infine, alla porta del club, ora aperta; entrarono e la scena apparve davanti agli occhi di Hinobori come un quadro: Manabu seduto sul tavolo, con Kataru alla sua sinistra, Chihiro appoggiata al muro accanto all’ingresso e Tameru in prossimità delle finestre.
Affilò, quasi d’istinto, lo sguardo, come a voler scrutare con più attenzione quell’immagine; c’era qualcosa in quello strano quadretto che non gli sembrava giusto, le espressioni sui loro visi non erano quelle che si immaginava, ma soprattutto era l’insieme a parergli sbagliato, anzi, incompleto… e non perché mancasse QUALCUNO ma QUALCOSA.
 
“Aspettate un attimo, dov’è il premio?” domandò, cercando in giro per la stanza una coppa, una targa o financo un attestato, memore dell’esperienza universitaria del giorno prima
 
Con grande pacatezza, Manabu si alzò dal tavolo e gli andò di fronte, fermando il correre nevrotico dei suoi occhi; per qualche secondo rimase lì, taciturno, a sovrastare con la sua altezza e i suoi due anni in più il ragazzo con la fascetta.
La sua mano destra diede due delicate pacche sulla spalla del kohai e questi alzò lo sguardo verso il presidente, che solo allora dismise il silenzio.
 
“È una lunga storia”
 
“Ho tempo” replicò il castano, facendo un cenno al maggiore che cominciò a raccontare
 
“È stato un duello… strano, fin dai primi turni; che il mio avversario fosse un tipo particolare mi era chiaro sin dal suo duello contro Masaki, ma non avrei mai immaginato che… uno così non l’avevo mai affrontato”
 
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TURNO 1
 
 
“Fase principale!” esclamò Manabu “evoco Pressautoma e Fido Golem, entrambi a livello 1”
 
I due zaffiri si sbriciolarono lasciando ricadere sul terreno i due combattenti pronti a battagliare, non che si potesse portare alcun attacco nel primo turno ma vederli così presi e sull’attenti non poté che far piacere a Manabu: i suoi ragazzi erano centrati almeno quanto lui.
 
“A te”
 
 
TURNO 2
 
 
“Evoco Chrysanthe MK VIII Artefatto Guardia a livello 1 e passo il turno”
 
 
“Cioè, fammi capire” intervenne Hajime “non ha nemmeno usato le frasi di rito?! Ma aveva così fretta di finire”
 
“Te l’ho detto che è un tipo strano” ribatté il presidente “parla pochissimo e le uniche volte che lo fa, lo fa per provocare” 
 
“Un simpaticone, insomma”
 
“Più o meno come te quando interrompi gli altri, idiota” sibilò Kimari “vada avanti presidente, o non finiamo più”
 
 
TURNO 3
 
 
“Fase iniziale: prima fase dei nuclei e fase di acquisizione” enunciò lo studente senior “perfetto, preparati ad una grande fase principale: evoco Zigoro Maestro Pescatore a livello 1 ed elevo Fido Golem a livello 2”
 
Manabu seguì con un occhio l’apparizione del rospo col cappello di paglia mentre l’altro scrutava ancora le carte in mano; aveva ancora un’ultima cosa da fare, poi poteva dare il via alle danze.
 
“Posiziono un burst e passo alla fase d’attacco” affermò “attacco con Fido Golem; attivo l’effetto Sgretola che mi permette di eliminare due carte dal tuo mazzo”
 
Lo strano ragazzo biondo non fece una piega nell’osservare le due carte volteggiare dal mazzo agli scarti; con un ghigno sprezzante, il giovane mostrò il petto e, con l’indice segnò la prima delle sue vite.
 
“Ne rispondo con la vita”
 
L’animale corazzato fece un lungo balzo che lo portò ad atterrare sullo scudo azzurro a difesa della postazione avversaria, colpendolo poi intensamente con le zampe anteriori; la barriera fu percorsa da una violenta scossa che giunse fino alla base della postazione… ma non si ruppe.
 
“Effetto di Chrysanthe MK VIII Artefatto Guardia a livello 1 e 2 durante ogni fase del duello” si inserì Galaxy dalla sua postazione “le vite di entrambi i giocatori sono immunizzate dagli attacchi di spirit aventi costo 0, 1 o 3 e, poiché Fido Golem ha costo 3, l’attacco è respinto”
 
Manabu alzò lo sguardo e vide il robotico spirit avversario con le braccia congiunte e il gigantesco scudo giallo a celle esagonali, normalmente diviso tra i due arti, ricomposto e splendente di luce bianca; il ragazzo del consiglio studentesco avrebbe voluto mordersi la lingua dalla rabbia, i suoi spirit schierati avevano costo 0 e 3.
Era nel sacco.
 
“A te la mossa”
 
 
TURNO 4
 
 
“Fase di acquisizione” aprì il minore con una voce fredda e monotona, quasi fosse un robot come i suoi spirit “fase principale: evoco Zaneegun e il nexus Nave Madre dell’Infinito, entrambi a livello 1”
 
Il cielo dietro la postazione si squarciò per consentire alla nave di approdare a destinazione, illuminando di luce bianca tutta l’arena; il suo proprietario, da par suo, non la degnò di uno sguardo, ma si affrettò a dichiarare ancora una volta la fine del turno.
 
Era davvero strano, ma, se possibile, i turni successivi furono ancora più strani.
 
L’Ohizumi, per esempio, dapprima sentì in bisogno di pareggiare il numero di vascelli schierati attivando il nexus Impavida Città Sulla Nave e poi, durante il settimo turno, replicò praticamente la sua tornata precedente attivando il secondo nexus Esplosione del Vulcano Sottomarino, il tutto condendo entrambi con un attacco dello spirit Fido Golem e del suo effetto sgretola, prima di livello 2 e poi di livello 3, che condussero a zero vite distrutte ma cinque carte eliminate.
Dall’altra parte del ring, per di contro, il biondo con l’aria da teppista proseguì con quella sua strategia incomprensibile: schierò il nexus Grande Torre d’Avvistamento ma, al momento di distruggere uno spirit con meno di 5000 PB grazie al suo effetto, lui scelse Pressautoma al posto del molto più sensato Fido Golem; poi, al turno seguente, evocò Cristallorso Bestia Vacua a livello 3 ma non posizionò il burst che gli avrebbe permesso di rendere la sua difesa praticamente impenetrabile.
 
“Credo sia il caso di aspettare il prossimo turno per avere una panoramica più chiara” fece Galaxy, interpretando il pensiero di tutti i presenti in quell’arena
 
 
TURNO 9
 
 
“Non hai burst in mano, vero?” chiese Manabu con un’arroganza che, normalmente, non gli apparteneva
 
“Si faccia gli affari suoi, signor Manabu Ohizumi della nazionale” troncò l’altro, alterato
 
“E sia, fase principale: abbasso a livello 2 Fido Golem, evoco Idra Corazzata anch’essa a livello 2”
 
Con un sorriso di soddisfazione, il biondo presidente osservò la bestia dalle cinque teste armate pestare rumorosamente le possenti zampe sul terreno di gioco; il suo costo era 4, finalmente avrebbe potuto dare a quell’arrogante ragazzino un motivo per cui parlare.
 

 
Che diavolo gli prendeva, non era da lui parlare in quel modo.
 
“A-attacco…”
 
“Attenzione!” lo interruppe Yui Inoue “il duellante non ha dichiarato la fase; come da regolamento, riceverà un’ammonizione formale”
 
“S-si, scusate” balbettò un po’ imbarazzato “fase d’attacco: attacco con Idra Corazzata
 
Nemmeno la magra figura fatta precedentemente poté togliere al senior il compiacimento nel vedere finalmente quel maledetto scudo blu sfondato dai denti affilati della sua creatura del mare; poco importava che il successivo, ennesimo, attacco di Fido Golem si fosse limitato alla distruzione di due carte, per quel turno non aveva nessun rimpianto.
 
 
TURNO 10
 
 
“Fase iniziale: fase dei nuclei e d’acquisizione” dichiarò ragazzo più giovane che non aveva ancora avuto bisogno di una singola fase di recupero finora
 
Osservò la carta appena arrivatagli dal mazzo e, incredibilmente, non si limitò ad aggiungerla alla sua mano senza spenderci più di un secondo, si ritrovò invece a studiarla; dall’altra parte dell’anello, gli occhi di Manabu lo notarono e il sorriso del presidente si fece più spavaldo.
 
Ma aveva cantato vittoria troppo presto.
 
“Fase principale: evoco Artefatto Forseti a livello 1, Cristallorso scende anch’esso livello a 1 e poi uso la magia Ricarica Nuclei grazie alla quale posso guadagnare tanti nuclei quanti sono gli spirit del genere “Macchina armata” da me controllati” enunciò il biondino “combinando questo effetto con quello del nexus Nave Madre dell’Infinito a livello 1 e 2 posso quindi aggiungere tre nuclei alla mia riserva e, con essi, elevo a livello 2 il nexus Grande Torre d’Avvistamento
 
La sequela di azioni era stata tanto esaltante quanto difficile da seguire, al punto che Galaxy e Yui decisero di ricapitolare il tutto una volta che si erano calmate le acque; molte furono le parole spese in quelle spiegazioni, ma per Manabu la sola cosa che contava era che qualcosa che sarebbe dovuto succedere non era successo.
 
“Fase d’attacco: attacco con Artefatto Forseti” sibilò il ragazzo, risvegliando un Ohizumi evidentemente impreparato dai suoi pensieri
 
“Ne-ne rispondo con la vita” balbetto il ragazzo più grande
 
L’androide concluse la carica con un violentissimo fendente che tagliò la superficie dello scudo a difesa della postazione; Manabu sopportò l’urto del nucleo con fierezza, in silenzio e senza indietreggiare di un passo, ma sotto quella maschera di sicurezza percepiva una strana amarezza: erano pari, quattro vite a testa, ma lui aveva attaccato cinque volte mentre il suo avversario solo una.
 
 
“Ha attaccato per la prima volta al decimo turno?!!” domandò Hajime rompendo il flusso della narrazione
 
“Ma tu proprio non ce la fai a non rispettare le regole del vivere civile!” lo rimproverò Kimari “smettila di interrompere”
 
“E come diavolo fa una dittatrice a conoscere le regole del vivere civile?” ribatté Hinobori in maniera inaspettatamente acuta “e poi scusa, come potrei non fare domande visto che non ho avuto la fortuna di vederlo di persona”
 
Doveva ammetterlo, era stata una mossa abbastanza squallida quella di far leva sul senso di colpa, ma, a parte il fatto che Kimari non l’aveva un senso di colpa, non gli piaceva che facessero come tutto fosse già alle spalle.
 
“Comunque, effettivamente è una cosa che ha fatto anche nel duello contro Masaki” bisbigliò la castana effettivamente imbarazzata “intendo l’attaccare solo al decimo turno, forse è una sua strategia”
 
“Non credo, troppo rischiosa” osservò Manabu
 
“Si, però due duelli così simili non possono essere un caso” commentò convintamente il ragazzo con la fascetta
 
“Vero, ma credo lo stesso che la sua strategia sia un’altra” replicò il presidente “è qualcosa che comincia molto prima, oserei dire prima anche del primo turno”
 
“In che senso?”
 
“Ora vi spiego” concluse prima di riprendere il racconto
 
 
TURNO 11
 
 
“Fase principale: per prima cosa rimuovo il burst posizionato” esordì il castano mostrando a commentatori/arbitri la carta burst Pugno Esplosivo “e, al suo posto, colloco un altro burst”
 
Appoggiò soddisfatto la carta nello spazio apposito, forse era stato un po’ precipitoso ma gli eventi del turno prima gli avevano fatto capire che non aveva più tempo da perdere, era il momento di dare una svolta all’incontro.
 
“Elevo a livello 3 sia Zigoro che Fido Golem” aggiunse prima di passare all’offensiva “fase d’attacco: Fido Golem, Idra Corazzata attaccate!”
 
Le due creature si lanciarono alla carica in perfetta sincronia, preparati all’imminente impatto con lo scudo o con la linea difensiva avversaria; a metà corsa circa, il cane corazzato rallentò e abbaiò lasciando partire una potente onda d’urto, manifestazione del suo effetto Sgretola, che lanciò in aria altre tre carte dell’avversario, poi raggiunse di nuovo il compagno di battaglia e proseguirono assieme fino alla postazione avversari che solo il mostro in armatura riuscì a espugnare.
 
 
TURNO 12
 
 
“Fase iniziale: attivo l’effetto del nexus Grande Torre d’Avvistamento a livello 2 che mi consente di pescare una carta supplementare dal mazzo in fase di acquisizione” esplicò il giovane teppistello prendendo le due carte destinategli “fase principale: abbasso il nexus rosso a livello 1 ed uso un’altra carta magia Ricarica Nuclei
 
Come al turno precedente, tre nuove gemme azzurre apparvero nella riserva del ragazzo che, immediatamente, le spostò sul terreno di gioco per un’evocazione: lo spirit brave Drago-Phoenix Pistola Dragonica, di cui ovviamente attivò l’effetto “Quando evocato” con cui distrusse Zigoro e il nexus Impavida Città sulla Nave; Manabu, da par suo, poteva solo sorridere, la mossa che aspettava era arrivata.
 
“Con l’attivazione di un effetto “Quando evocato” posso dare il via allo show!” esclamò il membro del consiglio studentesco afferrando al volo la carta sparata in aria dall’attivazione “effetto burst di Guerriero Saigord Eroe d’Acciaio: elimino dal mazzo un numero di carte avversarie pari al costo dello spirit che ha causato l’attivazione del mio effetto, inoltre, se tra le carte scartate ce n’è una con effetto burst, posso evocare il mio titano a costo zero!”
 
Cinque carte saltarono in aria e planarono delicatamente verso l’area scarti del tabellone di gioco del minore; in quel momento Manabu Ohizumi era davvero convinto, anzi era proprio certo, che da lì a poco avrebbe vinto, come sempre gli accadeva ogni volta che il suo eroe era con lui nell’arena… cantava vittoria troppo presto.
Le cinque carte vennero polverizzate negli scarti, tra di esse non c’era nessun burst.
 
“NO!” urlò Manabu, perdendo per una volta la calma
 
Ma era tardi, il suo campione venne strappato dalla sua mano e lanciato con poco riguardo negli scarti.
 
“Mi spiace molto Manabu Ohizumi della nazionale” lo canzonò l’altro “ma io non ho neanche un burst nel mio mazzo. Ora, se non le dispiace, continuo la mia fase principale: produco il brave spirit tra Artefatto Forseti e Drago-Phoenix e lo elevo a livello 2, ma, soprattutto, evoco il primo figlio della luce lunare, il drago dalle candide ali metalliche Strike-Siegwurm Drago della Luce Lunare a livello 2”
 
La fusione tra l’automa spadaccino e il drago-pistola passò quasi inosservata se posta a confronto con la spettacolare entrata in scena dello spirit, disceso sul terreno di gioco come dalla luna e avvolto in una luce paradisiaca che le sue cromature di metallo ricoperte di bianco riflettevano in tutto l’ambiente circostante.
 
Nonostante l’attenzione totale, l’attesa crescente e financo un sempre maggiore tifo nei suoi confronti, il ragazzo non perse la bussola e passò rapidamente la mano.
 
 
TURNO 13
 
 
Mai, nemmeno nelle sue previsioni più negative, Manabu Ohizumi avrebbe pensato di trovarsi in una simile situazione al settimo turno personale: aveva perso il suo spirit chiave, era senza una strategia precisa e il suo avversario aveva schierato una notevole potenza di fuoco.
Per incredibile che fosse, doveva ringraziare la presenza di Chrysanthe MK VIII Artefatto Guardia o avrebbe già perso.
 
Di una cosa però era certo: che per nessun motivo si sarebbe arreso, specie di fronte a quel suo arrogante avversario; doveva insegnargli una lezione e in un modo o nell’altro ce l’avrebbe fatta, per questo, dopo aver elevato a livello due il nexus Esplosione del Vulcano Sottomarino, decise che no, non avrebbe rinunciato all’offensiva e mandò Fido Golem e il suo effetto Sgretola di livello 3 all’assalto.
 
“Blocco con Strike-Siegwurm!” gridò il biondino sorprendendo tutti “Azione lampo! Attivo la magia Colpo Assoluto che mi permette, a patto che io abbia sul terreno di gioco uno spirit con “Strike” nel nome, di scegliere uno spirit avversario e costringerlo ad attaccare: siccome possiedo Strike-Siegwurm, posso costringere Idra Corazzata ad attaccare e bloccarla con Chrysanthe MK VIII Artefatto Guardia
 
Nel momento in cui la spada dell’automa e le cinque teste dell’idra inflissero l’un l’altro le ferite mortali, il presidente capì che era tutto finito, quello che era il suo ultimo scudo era crollato e adesso non aveva più modo di scamparla; seguì con sufficienza il turno successivo, vide con la coda dell’occhio l’evocazione di uno spirit Ele-Gadget e udì di sfuggita la voce dell’avversario che, prima, dichiarava l’intenzione di elevare a livello massimo quattro dei suoi spirit e, poi, annunciava un attacco totale… l’ultimo.
 
Manabu alzò lo sguardo e osservo i cinque spirit in feroce carica, sorrise e lasciò cadere le braccia ciondolanti ai lati del suo torso in un laconico gesto di resa.
 
“Ne rispondo con la vita”
 
Aveva…
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“… perso?!” fece stupito Hajime “le-lei ha perso co-contro uno sconosciuto che ha dichiarato solo due fasi d’attacco e usato solo un’azione lampo?!!”
 
“Te l’ho detto che è stato assurdo” rispose lo studente senior “era come se avesse giocato con me fin dall’inizio; quello che sto per dirti può sembrare assurdo, ma qualcosa nel suo atteggiamento, in come parla, in come duella ti spinge a fare… scelte sbagliate”
 
“Ma è-è i-impossibile che questo… co-come ha detto che si chiama?”
 
“Kawashima, Yukio Kawashima” si inserì Kimari “conoscevo di fama la famiglia visto che è una delle più ricche del paese, ma non sapevo nulla delle sue doti di duellante”
 
“Già, la sola che sembrava saperne di più era Chihiro” proseguì Kataru “non voleva parlarne, ma si è lasciata sfuggire qualche particolare, tipo che non è di famiglia nobile e che il bianco è sempre stato il LORO colore”
 
“Loro?”
 
“Non abbiamo approfondito l’argomento; lei non ci sembrava a suo agio e NOI siamo persone civili a differenza di qualcun’altro” specificò la ragazza castana “comunque è stata un’avventura interessante, io ho perfino guadagnato un nuovo spirit”
 
Hajime diede una veloce lettura alla carta appena datagli dall’amica di sempre, analizzandone gli effetti; Kimari aveva ragione, non era niente male e il fatto che si trattasse di uno spirit premio rendeva quasi impossibile trovare qualcuno che l’avesse davvero visto in azione.
Lo rimise nelle mani della ragazza e si allontanò verso la finestra. Udì solo distrattamente i suoi due amici discutere riguardo ad un patto ad handicap, prevedente l’esclusione dei loro migliori spirit dal torneo regionale, che volevano stipulare con lui poiché la sua testa era completamente concentrata su qualcosa che aveva detto Kimari poco prima, qualcosa che sentiva anche lui.
 
“Si, è stata un’avventura interessante” sussurrò, replicando quelle parole
 
Eppure, sotto sotto, sentiva di aver detto qualcosa di completamente diverso.
 
 
 
SPAZIO DELL’AUTORE
 
È questione di equilibrio, non è mica facile” scrivere questi capitoli in tempi decenti, però, per fortuna, parlare di BSH è una cosa che trovo davvero divertente, la serie è spassosa e se io, con questa mia storia, riesco a replicare anche solo un decimo della demenzialità dell’anime, posso considerarmi soddisfatto.
 
Su questo capitolo, in particolare, sono tre le cose principalmente da dire:
 
1) La prima è che si tratta con tutta probabilità del primo capitolo che manda effettivamente avanti la storia (che, lo ripeto, è la crescita di Hajime e dei ragazzi, la grande avventura che li attende sarà importante ma sarà un mezzo per quel fine), mettendo Hajime a confronto con il mondo “reale”; consiglio a tutti gli eventuali lettori di tenere presente questo capitolo e di ritornarci ogni tanto perché ci sono tanti personaggi importanti destinati a riapparire.
2) La seconda è che per sto capitolo mi sono decisamente voluto fare del male e, tra continui cambi di ambientazione, nuovi personaggi, uno stacco temporale e, dulcis in fundo, un duello in flashback, ho prodotto un episodio che sono conscio può risultare confusionario per cui se avete qualcosa da chiedere o se dovete criticare, fatelo pure, mi serve per capire dove ho sbagliato ed, eventualmente, a migliorare.
3) La terza e ultima è che mi sono divertito un mondo a scriverlo, far fare ad Hajime tutte quelle figure di merda a catena mi ha fatto sentire un po’ come Dida delle “Trip’s Strip” (miniserie correlata ai fumetti di PKNA) che si prende gioco del suo personaggio mettendolo in situazioni assurde.
 
Non assicuro del tutto la correttezza delle mie informazioni su come funzionano le scuole superiori e le università giapponesi; come ho già spiegato, la mia fonte è la serie di videogiochi “Persona” in cui, comunque, quella è una parte secondaria, spero solo di non aver scritto castronerie totali e, nel caso così sia, spero possiate perdonarmi.
 
E con quest’ultima precisazione siamo arrivati alla fine del capitolo e dell’arco del torneo interscolastico (si lo so che è pretenzioso usare gli archi come fanno i veri shonen, ma la cosa mi aiuta); spero vi siate divertiti, se si preparatevi per il torneo regionale del blocco rosso.
 
Vi lascio con la turnazione della finale, i mazzi usati durante il torneo interscolastico (più una modifica ad un mazzo già pubblicato) e, in ultimo, alle anticipazioni per il prossimo capitolo ove spero di ritrovarvi.
 
Da ShawnSpenstar: varco apriti, energia!
 
Turno 1: Pressautoma, Fido Golem, Triangolo di Divieto, Esplosione del Vulcano Sommerso + Zigoro Maestro Pescatore
Turno 2: Chrysanthe MK VIII Artefatto Guardia, Nave Madre dell’Infinito, Grande Torre d’Avvistamento, Ricarica Nuclei + Artefatto Forseti
Turno 3: Pugno Esplosivo
Turno 4: Zaneegun
Turno 5: Impavida Città Sulla Nave
Turno 6: Cristallorso Bestia Vacua
Turno 7: Guerriero Saigord Eroe d’Acciaio
Turno 8: Colpo Assoluto
Turno 9: Idra Corazzata
Turno 10: Drago-Phoenix Pistola Dragonica
Turno 11: Sigilla Maelstrom
Turno 12: Ricarica Nuclei, Strike Siegwurm Drago della Luce Lunare
Turno 13: Falange di Ferro
Turno 14: Ele-Gadget
 
Mazzi torneo interscolastico (avviso valido anche per i tornei e singoli duelli futuri: inserirò solo i mazzi dei duelli che ho scritto per intero o che hanno una certa rilevanza; per i duelli minori di cui verranno rappresentati solo frammenti et similia, non scriverò né turnazione ne mazzi).
 
YUKIO
Strike Siegwurm Drago della Luce Lunare x 1, Mam-Morl Mammuth Bestia dei Ghiacci x 1, Slei-Uranus Suprema Bestia di Urano x 1, Artefatto Forseti x 2, Chrysanthe Mk VIII Artefatto Guardia x 2, Chimairon Bestia Corazzata x 1, Cristallorso Bestia Vacua x 1, Orsa Polare x 3, Ele-Gadget x 2, Fenneparabola x 2, Zaneegun x 2, Drago-Phoenix Pistola Dragonica x 2, Balli-Star Bestia Giavellotto x 2, Potenziamento Magico x 2, Codice di Riavvio x 3, Carta del Vuoto x 2, Aura Protettiva x 2, Lucchetto del Silenzio x 1, Colpo Assoluto x 2, Ricarica Nuclei x 2, Lucente Spada Suprema x 2, Nave Madre dell'Infinito x 2, Foresta delle Bestie Giganti x 1, Grande Torre d’Avvistamento x 2
 
MASAKI
Lord Dragon Eroe Drago x 1, Siegwurm-Altair Drago Splendente x 1, Dilophoza x 2, Legolus Principe Leone Dragonico x 2, Drago Lame Gemelle x 1, Dragone Phobos x 2, Dragone Kagutsuchi x 1, Hinoshishi x 2, Iguana Buggy x 2, Fagiano di Ferro x 2, Dragocertola x 3, Bal-Gunner Drago Cannoniere x 1, Megabisonte Bestia Corazzata x 1, Cerbelord Imperatore delle Zanne x 1, Beowulf Lupo con le Lame x 1, Burn-Crow Drago dalle Ali Nere x 1, Creatura Bikorno Bestia Celeste x 1, Doppia Esplosione x 1, Fortezza Esplosiva x 2, Artigli Affilati x 1, Fiammata Esplosiva x 2, Sussurro Magico x 1, Pescata Coraggiosa x 2, Aura di Coraggio x 1, Codice di Riavvio x 3, Incrocio Esplosivo x 1, Illusione Cristallina x 1, Scudo Divino dell'Eroe Imperiale x 1, Spada Divina dell'Eroe Imperiale x 1, Divinità nelle Sacre Montagne x 1
 
TOPPA
Siegfridiano Sacro Imperatore x 1, Supremo Drago del Caos x 1, Siegfried Drago Imperiale x 1, Volsung Dragone Unicorno x 2, Balmung Dragone Rigenerato x 2, Centauro Cavaliere x 2, Kujaraku Pavone Fiammeggiante x 1, Dragosauro x 2, Goradon x 3, Eyeburn x 2, Lucertola Rasoio x 3, Anello dei Nibelunghi x 1, Aura Offensiva x 2, Settima Cremisi x 1, Pescata Doppia x 3, Tempesta Fiammeggiante x 2, Giavellotto Esplosivo x 1, Lancia Sterminatrice x 1, Ballista Fulminante x 2, Doppio Cuore x 1, Richiamo dei Caduti x 2, Carica dei Draghi x 2, Altopiano del Duello x 2, Antichi Resti x 1, Trono dei Sette Draghi x 1
 
KIMARI
Aggiunge Geraldy Suprema Principessa Magica x 1 al suo mazzo.
 
 
A voi le anticipazioni:
 
Dopo aver vissuto le giornate più strane della loro vita, l’esistenza di Hajime e dei suoi amici ritorna sui binari della normalità appena in tempo per l’apertura della fase regionale; durante gli accesi turni di qualificazione le vittorie schiaccianti faranno da contraltare a sonore sconfitte e le conferme di alcuni saranno le sorprese di altri; perché tutto questo è… Il gunslinger.
  
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