Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Sleepyheadven_ita    24/06/2021    1 recensioni
“Ho bisogno che tu faccia finta di essere il mio ragazzo per qualche settimana” gli aveva rivelato chiaramente, con un sorriso imbarazzato.
Lui l’aveva guardata a sua volta senza voler esternare niente nella sua espressione, incerto su se fosse seria o meno. Hanji era strana, per cui ci poteva anche stare che la sua idea di fare scherzi potesse essere questa.
“Che genere di favore sarebbe?” le aveva chiesto alzando un sopracciglio.
“Uno grosso” aveva risposto lei incerta, scrollando le spalle. “Te la faccio breve, i miei stanno divorziando, mia mamma si risposa il mese prossimo e io ho bisogno di presentarmi lì con un ragazzo, altrimenti mia madre non mi lascerà andare via. È davvero convinta che morirò da sola.”
Storia in cui Hanji e Levi fingono di essere in una relazione stabile per qualche settimana
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vi risparmio la storia della mia vita in questi quattro anni. Diciamo che ci sono state gioie e tragedie, e tra queste tragedie alcune che lo sono state davvero tanto, e altre che lo erano fino ad un certo punto. Tra queste ultime, un computer maldestramente affogato dalla mia mamma intenta a sistemare un grosso vaso di fiori sul tavolo dove lo avevo incautamente lasciato durante una mia visita a casa dei miei, con inserita la pen drive dove avevo lasciato tutti i miei appunti di questo lavoro, incluso l'appunto con le credenziali log in dell'account. Tra tutto quello che ho dovuto recuperare per lavoro, questo passatempo, cercate di capirmi era l'ultima cosa. E poi la vita è andata avanti, e mi sono un po’ dimenticata.
Benedetti salvataggi con Time Machine, comunque, dove recentemente ho ritrovato delle bozze di questo lavoro e mi sono detta, tanto stavo in zona rossa senza poter lavorare, perché no? In fondo è anche giusto e corretto per le persone che mi seguivano, sperando che qualcuno giri ancora da queste parti.
E allora sotto con questi ultimi quattro capitoli!
Vi saluto per ora, porgendovi le mie più umili scuse,
FoolThatIam
(nome non scelto a caso)




Capitolo Decimo
(versione originale del testo)

“Quindi Elizabeth questa è tua figlia?” aveva domandato tranquillamente una donna che Hanji non aveva mai visto, i suoi capelli erano acconciati in un’elegante coda di cavallo.
“Salve, sono Hanji, piacere di conoscerla” aveva sorriso amichevolmente porgendole la mano per stringerla. L’altra aveva esitato brevemente prima che le sue labbra si piegassero in un sorriso e le afferrasse la mano con decisione.
“È così bello poter dare un volto a un nome, Elizabeth non ci ha mai mostrato tue foto. Oh, comunque io sono Lynne, lavoro con tua madre” si era introdotta con gentilezza, con un marcato accento francese. “Ti stai godendo la tua permanenza qui?” aveva domandato per fare conversazione.
Hanji aveva annuito entusiasta. “Assolutamente! Tutto è così bello, ci sono stata più di una volta ma lo giuro, non mi stanca mai” aveva detto tutto d’un fiato, gesticolando per accompagnare le sue parole.
Levi non si era sprecato ad ascoltare il resto della conversazione, di fatto si era estraniato da tutte le voci squillanti che erano occupate a mischiarsi nella folla. Si era seduto in cucina, occupandosi di qualsiasi lavoro potesse dargli una scusa per non interagire con nessuno. Aveva preparato, cucinato, servito e pulito fino a che non c’era stato altro da fare.
Nel frattempo Hanji aveva vagato da una stanza all’altra dando da chiacchierare senza problemi agli altri. Levi non era certo di cosa fosse peggio, se il suo atteggiamento antisociale o quello dell’altra che sociale lo era fin troppo. Non era affatto un’esagerazione dire che fossero completamente a due poli opposti.
“Va tutto bene piccoletto? Hai lo sguardo da omicida” l’aveva preso in giro, facendo cadere pesantemente una mano sulla sua spalla. Non sembrava volesse smettere o che fosse stanca del suo modo eccentrico di comportarsi.
Le aveva rivolto una rapida occhiata prima di rimettere i suoi occhi chiari sul suo bicchiere pieno di vino rosso. “C’è un sacco di gente oltre me che puoi infastidire in questo momento. Vai da loro” le aveva detto senza entusiasmo, prendendo un piccolo sorso tranquillamente.
“Per caso qualcuno è geloso?” aveva scherzato Hanji con un sorrisetto furbo in faccia. “Non temere, mio amore, non ho occhi che per te” gli aveva detto per poi fargli un occhiolino, anche se invece che uno le si erano chiusi entrambi.
Levi aveva nascosto bene che quella cosa l’avesse divertito, pur sapendo che Hanji probabilmente l’aveva capito lo stesso. “Sei una scema” le aveva detto roteando gli occhi. Il suo atteggiamento era diventato più gentile quando Hanji era andata a dargli un innocente bacio sulla testa, accarezzando affezionatamente con le dita le sue ciocche nere. I suoi occhi celesti avevano vagato per la stanza, cercando di vedere se ci fosse sua madre, o magari Nick nei paraggi.
“Non ci guarda nessuno” gli aveva detto Hanji semplicemente, allontanandosi da lui. “Mi sembrava solo che avessi bisogno di qualche attenzione”.
Levi aveva riso ironico alle sue parole, rivolgendo il suo sguardo altrove rispetto a quello divertito di Hanji. “Non ho bisogno di attenzioni, quello che vorrei è di stare alla larga da tutta questa gente con grossi bastoni su per il culo” aveva mormorato monocorde.
“Non sono tutti poi così male” aveva cercato di convincerlo. “Molti sì, ma non tutti”.
La loro conversazione si era interrotta quando Armin era entrato con aria smarrita nella stanza.
“Che è successo?” gli aveva chiesto Hanji inclinando appena la testa osservandolo.
L’altro si era lasciato andare contro lo stipite della porta, scuotendo la testa.
“Tua madre mi ha appena abbracciato così forte da togliermi il respiro” aveva detto in un soffio, prima di accorgersi dell’altro uomo che era nella stanza. Aveva esitato, decisamente gli sembrava così ingiusto che sapesse quello che sapeva, ma non era certo sul se dovesse vuotare il sacco o meno sulla faccenda. Aveva messo entrambe le opzioni a confronto per tutta l’ora che era appena passata, ma non era ancora riuscito a decidersi.
Per un verso dire tutto avrebbe solo fatto sentire lui a posto con la coscienza mettendo gli altri due in imbarazzo, ma mantenere un segreto del genere lo avrebbe stressato troppo alla lunga, e non voleva apparire strano con la sua nuova sorellastra che conosceva solo da meno di una settimana.
“Tutto bene?” aveva chiesto Hanji preoccupata, con le sopracciglia aggrottate.
Armin aveva sentito che le sue guance si stavano arrossando, si era perso nei suoi pensieri e probabilmente sembrava un pazzo.
“Tutto bene, scusa, stavo solo riflettendo” aveva risposto per scacciare la sua preoccupazione, andando verso il frigo per prendersi da bere.
Levi aveva osservato il giovane ragazzo, chiedendosi che problema avesse.
“Ah, e a che pensavi? Doveva essere qualcosa di serio per farti sembrare così turbato” aveva insistito Hanji guardandolo dall’alto mentre si sedeva dall’altra parte del tavolo, il biondino aveva voltato lo sguardo da quello inquisitorio dell’altra.
“No-non era niente”.
“Oh, Quattrocchi, lascia in pace il ragazzino. Ha l’aria di uno che sta per farsela addosso” aveva detto seccamente Levi, mentre con noncuranza si appoggiava allo schienale della sedia, accavallando le gambe.
Armin aveva notato che nonostante la piccola statura e la faccia da bambino, l’uomo che gli sedeva di fronte era la persona più intimidatoria che avesse mai incontrato.
“Posso dire una cosa a entrambi?” aveva chiesto loro.
“Certamente.”
“No.”
Hanji aveva zittito Levi con un gesto del polso, facendo invece cenno ad Armin di parlare.
“Ignoralo, è solo infastidito perché la mia attenzione non è concentrata completamente su di lui” aveva detto guadagnandosi un’occhiata furibonda dall’uomo che le sedeva accanto.
“Beh, voi due avete fatto visita al caffè dove lavoro qualche giorno fa” aveva detto quasi esitando, guardando con attenzione le loro espressioni. “Il mio amico, Jean..”
“Ah, il ragazzo che lavora al bancone?” l’aveva interrotto Hanji allegra.
Armin aveva annuito, per nulla infastidito dell’interruzione. “Sì, è lui. Comunque, ha sentito per caso una vostra conversazione qualche giorno fa, sul fingere una relazione. È venuto a raccontarmelo dopo, divertito dalla situazione. Ed è stato in quel momento che vi ho visti entrambi seduti al tavolo, la coppia che faceva finta di essere…”
“Chiudi la bocca” aveva ordinato Levi calmo, ma le sue parole secche avevano fatto indietreggiare Armin, nonostante il tono. “O almeno non dirlo a voce alta.”
Hanji si era drammaticamente portata la mano sul viso. “Di tutte le persone che potevano scoprirci, proprio il figlio di Nick.”
“Se ti azzardi a dirlo a qualcuno…” aveva fatto per minacciarlo Levi.
“No!” aveva detto il ragazzo alzando le mani. “Non lo farò, ve lo prometto. Avevo solo bisogno di dirlo a voi perché mi sembrava sbagliato saperlo e non dire niente.”
“Grazie per averlo fatto, credo” aveva mormorato Hanji. Si era domandata tra sé e sé sul dirgli o meno che quella relazione non era più basata completamente su una bugia come prima, ma si era decisa per non farlo. A malapena lei stessa e Levi avevano idea di cosa stesse succedendo, non c’era alcuna ragione per coinvolgere qualcun altro. “Finché non dici niente, va tutto bene.”
“Posso chiedervi cos’è che vi ha convinto a farlo?” aveva domandato Armin crucciato al pensiero.
Hanji si era seduta, aveva preso il bicchiere di vino di Levi e l’aveva svuotato in un sorso solo. L’altro a malapena aveva preso coscienza del fatto, non si era degnato di fare alcun commento.
“Mia madre è un bel soggetto, se ancora non l’avessi notato. È convinta che morirò sola, quindi ogni volta che la vengo a trovare mi organizza alcuni appuntamenti al buio. Non volevo avere ulteriori problemi mentre ho a che fare con questo matrimonio e mio padre, tutto il dramma e il resto, quindi ho portato Levi con me. È il mio più caro amico e mi tranquillizza quando ne ho bisogno, questa è la ragione.”
“Mi dispiace” aveva detto Armin, chiedendo scusa.
“Non arrovellare la tua bella testolina su questa faccenda, quello che è fatto è fatto” gli aveva risposto sorridendogli. “E adesso andiamo a socializzare un po’, che ne dite? Anche tu, Brontolo” aveva aggiunto alzandosi in piedi, anche se era stata la sola a farlo.
“Anche no.”
“Anche sì” aveva controbattuto veloce, trascinando Levi fuori dalla stanza per la mano.

-

Levi aveva lasciato che Hanji se lo trascinasse dietro per tutta la durata della festa. Aveva stretto la mano a innumerevoli sconosciuti che avevano invaso la casa della madre di Hanji, tutto quello che desiderava in quel momento era di lavarsi le mani e di buttarsi in un barile di disinfettante.
“Quindi entrambi vivete a Seattle, giusto? Com’è vivere da quelle parti?” aveva chiesto un uomo calvo, per fare conversazione. Levi aveva resistito all’impulso di roteare gli occhi e aveva mormorato a denti stretti ‘fottutamente umido e pieno di gente’, ma si era guardato bene dal fare i suoi commenti secchi a voce alta sapendo che molto probabilmente Hanji avrebbe reagito dandogli un pestone su un piede, se l’avesse fatto.
“È piacevole. Non ho mai vissuto altro che lì quindi non ho altri termini di paragone, ma sono certa che per qualcuno che non l’avesse mai visitata sarebbe anche meglio di come la descrivo” aveva detto sorridendo. “Abbiamo tanta pioggia e lo Space Needles, quindi è un’esperienza abbastanza unica” aveva concluso sempre ridendo appena.
“È anche piena di senza tetto” aveva aggiunto sua madre che era apparsa all’improvviso, facendo una risatina di scherno (o per lo meno così era suonata nella testa di Levi). “Proprio non mi manca, affatto” aveva concluso appoggiando delicatamente una mano sia sulla spalla di Hanji che di Levi, mettendosi in mezzo a loro due.
“Hai bisogno di aiuto per qualcosa, Elizabeth?” le aveva chiesto Levi, con un tono calmo, ma anche annoiato. Segretamente sperava che avesse combinato un disastro in cucina da quando se n’era andato, aveva bisogno di una scusa per allontanarsi il più possibile da tutti.
“Oh, no, non posso proprio chiederti altro aiuto. Hai fatto più del necessario” aveva risposto però la donna scuotendo la testa e le mani, contraria all’idea.
Levi aveva mentalmente sospirato, non poteva certo pregarla. Aveva semplicemente annuito una volta, voltando le spalle all’uomo con cui lui e Hanji stavano parlando. Durante il tempo in cui era stato distratto l’altra era riuscita a trascinare il suo interlocutore in una conversazione sulle tarantole. Il tizio stava sbiancando sempre di più ed era assolutamente a disagio, Levi aveva lasciato che le sue labbra s’increspassero in un lieve sorrisetto sardonico, divertito dalla sua reazione.
Era riuscito senza problemi a escludere il suono della voce di Hanji, guardando nel nulla davanti a lui. Del resto era abituato ormai a fare in modo che il tono della sua voce scomparisse tra i rumori di fondo. Il tizio sfortunato che adesso si trovava nel bel mezzo di una conversazione sull’apparato digestivo delle lucertole, invece, non ne era capace. Povero bastardo.
“Hey Levi” l’aveva richiamato Hanji, i suoi occhi celesti avevano ritrovato i suoi.
“Hm?” le aveva chiesto con un verso, non scomodandosi a usare parole.
Aveva un sorrisetto malizioso dipinto sulle labbra, i suoi occhi castani luccicavano dietro gli occhiali. “Ho bisogno di te per una cosa, puoi aiutarmi?” aveva chiesto quanto più innocentemente potesse.
Levi aveva alzato un sopracciglio interrogativo, ma aveva comunque annuito nonostante l’incertezza della situazione.
Hanji aveva cominciato a camminare lungo la scalinata, facendo cenno a Levi di seguirla guardandolo oltre la sua spalla. Lui s’era guardato le spalle velocemente prima di seguirla sulle scale di buon passo. Si era domandato tra sé e sé di cosa mai poteva aver bisogno lassù. I suoi occhi chiari si erano fermati su una foto che stava alla parete, di Hanji con le codine e un sorriso sdentato.
“Ero adorabile, vero?” aveva detto aspettandolo in cima alle scale, con le mani appoggiate sulla vita.
“Una specie” aveva bofonchiato lui raggiungendola.
Gli aveva preso una mano rivolgendogli uno sguardo sornione, portandolo verso la fine del corridoio. Levi sembrava sul punto di incominciare a protestare, ma si era tranquillizzato quando l’aveva vista aprire una porta e ce l’aveva spinto dentro con forza. Sul punto di sgridarla si era fermato di colpo guardandosi intorno, aveva quasi del tutto serrato le palpebre rendendosi conto che erano dentro un armadio di cappotti.
“Che cazzo, Quattrocchi?” si era voltato a guardarla a braccia conserte aspettando una spiegazione.
“Oh, andiamo Nanetto, mica mi vorrai dire che ti stavi divertendo di sotto, no?” aveva detto esasperata, sbuffando lievemente irritata. Si era avvicinata a lui, lo sguardo furbetto le stava facendo brillare gli occhi di nuovo. Levi era rimasto fermo, guardandola attentamente.
Hanji si era avvicinata, abbassandosi verso di lui, gli aveva fatto inclinare la testa verso di lei con un tocco sul suo mento, il suo sguardo infastidito aveva incontrato quello di lei.
“Stiamo per pomiciare nel maledetto armadio di tua madre?” aveva mormorato, mentre spostava lo sguardo dagli occhi di Hanji alle sue labbra, che erano pericolosamente vicino alle sue.
Hanji aveva fatto semplicemente spallucce. “Ti crea problemi?”
“No” era stata la sua semplice risposta.
Gli aveva sorriso, e Levi aveva colto la palla al balzo per afferrarla per il colletto spingerla contro di lui e per unire le loro labbra. Hanji aveva riso contro la sua bocca, ma non l’aveva per niente fatto desistere dall’approfondire quel bacio. Hanji era avanzata fino a che le spalle di Levi non avevano incontrato il muro con un leggero tonfo, le sue mani si erano posate sul suo collo, le dita erano andate a sfiorargli la porzione di nuca dove i capelli erano cortissimi prima di intrecciare le dita ai suoi capelli scuri.
Levi aveva appoggiato le mani ai suoi fianchi, aveva sollevato i lembi della stoffa della camicia che portava passando sensualmente le sue dita fredde sulla pelle nuda. Hanji aveva lasciato uscire un lieve gemito contro la sua bocca, premendo febbrilmente il corpo contro quello di Levi, che aveva approfondito il bacio, sentendosi come se la sua pelle andasse a fuoco mentre esplorava con trasporto la bocca di Hanji. Si erano staccati l’uno dall’altra col fiatone, cercando di respirare mentre Hanji scoppiava a ridere.
Gli aveva preso le guance tra le mani, obbligandolo a guardare su verso di lei.
“Sei sorprendentemente bravo a farlo.”
“Non ho capito se dovrei offendermi o essere lusingato” aveva replicato monotono, con un sorrisetto sulle labbra.
“Probabilmente tutt’e due, a essere onesta” aveva ammesso Hanji, dandogli un piccolo bacio sulle labbra.
La porta si era aperta all’improvviso, i due si erano come gelati sul posto mentre la luce irrompeva in quello spazio scuro, illuminando i loro volti stupefatti. Un ragazzo coi capelli biondi era entrato nella cabina armadio, prima di fermarsi bruscamente notando la loro presenza. Aveva balbettato agitandosi mentre i suoi occhi chiari si posavano su di loro.
“Ehm… oh… s…scusate!” aveva esclamato maldestramente, chiudendo la porta di scatto nuovamente.
Levi e Hanji erano rimasti in silenzio mentre sentivano il rumore della corsa con cui si era allontanato lungo il corridoio, fino a che non avevano più potuto sentirlo. Levi aveva guardato verso la porta, per niente impressionato mentre Hanji invece scoppiava a ridere, lasciando la presa sull’altro mentre si piegava su se stessa.
“La s…sua faccia!” era riuscita a commentare in mezzo alle risa.
Levi aveva semplicemente sospirato, appoggiandosi con le spalle al muro.

-

La festa era finita senza che succedesse niente di eclatante. Gli invitati avevano cominciato a prendere commiato, Levi e Hanji erano stati tra gli ultimi a dare l’arrivederci mentre si dirigevano alla porta. Nick, Armin ed Elizabeth li avevano seguiti.
“Grazie per aver aiutato così tanto Levi” aveva detto Elizabeth mielosa. “Sei una perla” gli aveva detto complimentandosi, con un gran sorriso.
“Figurati” aveva replicato con tono annoiato, aveva solo fretta di allontanarsi da quella donna e dai suoi finti elogi. Doveva ammettere che aveva fatto tutte le faccende che gli aveva rifilato volentieri, ma si era comunque approfittata di lui.
“Sei un tipo così femminile” aveva sostenuto Nick, andando a dargli una sonora pacca sulle spalle.
Levi l’aveva investito con uno sguardo feroce, cercando di resistere all’immensa voglia di strangolarlo davanti a suo figlio e alla sua fidanzata. “Probabilmente sei più bravo a pulire di Hanji ed Elizabeth messe insieme. È impressionante.”
Hanji aveva finto una risatina, mettendo un braccio intorno alle spalle di Levi e spingendolo contro di lei per allontanarlo da quell’uomo.
“Penso che la nostra auto sia qui. È stato bello incontrarti di nuovo Nick, e molto bello conoscerti Armin! Hai organizzato proprio una bella festa mamma.”
Aveva salutato con la mano e sorriso mentre trascinava Levi giù per le scale, il quale semplicemente era rimasto a guardare davanti a lui, non volendo voltarsi indietro.
“Cazzo, lo odio” aveva ringhiato Levi mentre saliva sull’auto, mettendosi la cintura di sicurezza.
Hanji l’aveva seguito, rivolgendogli un sorriso divertito mentre lo faceva.
“Grazie per non averglielo detto in faccia.”
Aveva riso rumorosamente, immaginando la scena che ne sarebbe seguita se fosse successo. “Hai dimostrato un sacco di autocontrollo, e lo apprezzo. So che dev’essere stato difficile non pestargli i piedi per dimostrare la tua ‘mascolinità’ o qualcosa del genere” gli aveva detto lodandolo dolcemente, con gli occhi che le brillavano dietro le lenti degli occhiali.
Levi aveva alzato gli occhi al cielo, il suo sguardo aveva catturato il paesaggio fuori dal finestrino. 
“Perché non chiudi il becco?” le aveva chiesto senza indugio, guardandola male quando era andata a strizzargli un fianco per gioco in risposta.
“Ci credi che Armin ci ha beccati quasi mentre limonavamo duro, dopo che gli avevamo raccontato tutta la faccenda? Quel povero ragazzino sarà così confuso.” Aveva detto cambiando argomento, ridendo un po’ di naso al pensiero. Il biondino sembrava di indole abbastanza dolce, non aveva niente della stranezza del padre, tuttavia ne possedeva un po’.  Per lei era dolce, quindi simpatizzava con lui per il fatto che doveva avere a che fare con sua madre tutto il tempo.
“Gli sta bene, dato che spia conversazioni di estranei” aveva detto la sua Levi alla brunetta seduta accanto a lui, andando a raddrizzarle gli occhiali che le stavano storti sul suo naso.
“Non era stato lui a spiarci, Levi, era stato il suo amico. E comunque, quante erano le probabilità che un’estranea fosse la figlia della donna con cui suo padre è fidanzato insieme al suo amico ma non più solo amico che si da il caso stia anche fingendo di essere il suo ragazzo? Per niente probabile, te lo devo dire” aveva buttato fuori sconclusionatamente.
Levi avevo solo alzato un sopracciglio in risposta.

-

[Armin] Jean.
[Armin] Non t’immagineresti mai cosa è successo oggi.

Il biondo adolescente aveva scritto mezzo addormentato alcuni messaggi al suo amico. Riusciva a malapena a tenere i suoi occhi blu aperti, ma sentiva la necessità di dare informazioni al suo amico dai capelli biondo cenere. Gli aveva promesso di fargli sapere come andava la giornata, non poteva non farlo.

[Jean] Cosa?
[Jean] Tuo padre se l’è fatta nei pantaloni? ;P

Armin aveva lasciato che un sorrisino arricciasse le sue labbra, dondolando appena la testa in diniego alla risposta.

[Armin] No Jean…
[Armin] Ricordi la coppia che abbiamo visto al Caffè qualche giorno fa? La brunetta con gli occhiali e il tizio che faceva paura?

[Jean] Come no, i finti sposati, giusto?

[Armin] Sì, certo. Comunque… la ragazza in verità è la figlia di Elizabeth, quella che dovevo conoscere oggi, sai? Anche il tipo era con lei.

[Jean] MA CAZZO DICI??? Fra’.
[Jean] Gliel’hai detto che lo sai? Per piacere non dirmi che gliel’hai detto, Armin…

[Armin] Ho dovuto.

[Jean] Che cazzo, Armin.

[Armin] Mi devi dispiacere? Perché dovevo tenerlo segreto poi?

[Jean] Adesso ci siamo giocati la possibilità di prenderli in giro. :(
[Jean] Ma va bene lo stesso, merdina che non sei altro. :P Ti dice bene che sei carino, lo sai.

Armin si era appena agitato a quelle parole, non gli andava giù come quel ragazzo appena più grande di lui riuscisse ad innervosirlo con i suoi nomignoli scherzosi e quel fare come se ci stesse provando. Non avrebbe dovuto arrossire, ma non poteva farci niente se era così. Non poteva farci niente anche di non sapere cosa rispondere a quel messaggio. I suoi pollici erano rimasti in aria sopra la tastiera, esitanti, in una specie di balletto.

[Armin] Sono carino, eh? :3

[Jean] Molto.

Aveva deglutito nervosamente, prima di digitare il messaggio.

[Armin] Molto bene, penso che sei carino anche te.

[Jean] Ma davvero? ;) Allora potremmo essere carini insieme.

Armin non era sicuro di cosa quelle parole sottendessero, quindi le aveva volute intendere come il solito modo che aveva Jean di punzecchiarlo. In ogni caso, di nuovo, non era stato sicuro di come avrebbe potuto rispondergli, quindi si era semplicemente messo a fissare lo schermo per un po’.

[Armin] Haha. :P

[Jean] Non hai più niente da dire, Arlert?

[Armin] Zitto. :P Mi metti a disagio.

[Jean] Mi dispiace.

[Armin] Non ti dispiace per niente.

[Jean] Sì, hai ragione, non mi dispiace.
[Jean] Perché sei adorabile quando le guance ti diventano fucsia… non mi sento per niente in colpa.
[Jean] Ma per quanto vorrei continuare questa conversazione, mia mamma mi sta dando il tormento perché devo pulire la cucina, quindi devo andare. :\
[Jean] Ci vediamo domani a lavoro. Buonanotte. :)
[Armin] Notte, Jean.

   
 
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