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Autore: Corydona    26/06/2021    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Il soffio del vento mattutino accarezzava la superficie del mare, che si spingeva dolcemente sulla battigia disegnando archi su archi. Il verso di alcuni gabbiani in lontananza si mescolava in armonia con il suono delle onde, arrivando fino alla stanza dove la regina Dal Mare riposava.

Ariel schiuse gli occhi, richiamata da un movimento al suo fianco: il lenzuolo chiaro era spostato e lui le mostrava la schiena, chino fuori dal letto.

«Che stai facendo?» gli chiese, con una punta di malinconia nella voce.

«Non posso rimanere ancora a lungo qui, lo sai» Si voltò con un sorriso a guardare la fanciulla, ancora avvolta dalle stoffe leggere, con le gambe che si erano aggrovigliate al lenzuolo, come intessute insieme nello stesso ricamo; che non avrebbe visto nessun altro, se non lui. Si chinò a baciare la guancia della sua amata, con quelle labbra piene che lei attirò sulle sue, in altro bacio che sapeva di passione, segretezza e amore.

Ariel sorrise mentre lui si rivestiva. Sapeva che trascorrere insieme quella notte era stato un rischio, ma aveva desiderato correrlo sin da quando aveva ricevuto la sua risposta alla lettera. Era disposto ad aspettarla fino a quando non sarebbe venuto il momento giusto per annunciare la loro storia. Sarebbero occorsi mesi, forse anni, ma anche lui era tanto innamorato da essere pronto a tutto. E lei gliene era riconoscente, anche se non riusciva a esprimerlo a parole. Non era il genere di ragazza che si abbandonava ai sentimentalismi, cercava sempre di cogliere e di assaporare quanto di bello la vita le offriva; aveva dovuto rivedere le sue priorità, inclusa quella della spensieratezza, quando si era ritrovata a capo del regno.

«Eros» sussurrò, allungando la mano nella sua direzione. Lui ormai era già pronto per andarsene, per abbandonarla ai ricordi di quelle tenere ore trascorse insieme. «Promettimi che ci rivedremo ancora.»

«Certo che ci rivedremo» le sorrise l'amante. Si sedette sul letto e chinò il viso, sfiorando il naso di Ariel con il suo, contando le lentiggini di quel volto splendido e baciandola ancora una volta. «Se hai bisogno di musicisti che ti rallegrino le giornate, sai dove trovarmi.»

«Mi eri mancato, non sapevo quanto avessi bisogno di te» disse lei sedendosi, tenendo il lenzuolo sul petto altrimenti nudo.

«Il regno ora ha bisogno di te» rimarcò lui, con tono serio. «Io sono solo uno dei tuoi tanti granelli di sabbia. Ti ho fatto una promessa, non ci penso proprio a rimangiarmela.»

Ariel si fece raggiante, e si alzò dal letto. Aprì l'armadio che aveva vicino e ne estrasse il primo abito che la sua mano afferrò, lasciando che lui la guardasse prepararsi per il nuovo giorno. Si infilò in quelle stoffe morbide e sistemò le pieghe del vestito, per poi avvicinarsi alla toeletta e constatare allo specchio che anche quel giorno non aveva bisogno di imbellettarsi per essere presentabile. Si concesse solo il capriccio di un po' di colore sulle labbra, sentendo gli occhi innamorati di Eros su di sé e la sua voce scherzosa.

«Sai benissimo che non ti serve a niente!»

Lei sorrise. «Vorrei solo sembrare più adulta quando i rappresentanti del popolo vengono da me. Non sono più una bambina, ed è giusto che anche loro lo sappiano.»

«Ti venerano tutti» commentò lui, avvicinandosi al tavolino a cui la sovrana si specchiava. Si sedette sulla sedia al fianco di Ariel e continuò: «Dovresti vedere le bambine che parlano di tingersi i capelli per essere come te. E non lo farebbero se i genitori non le avessero convinte che tu sei un modello e un punto di riferimento per tutti. Non sei solo una regina, sei...» si interruppe, guardando il volto di lei, che lo ricambiava nel riflesso. Sorrise e concluse: «Sei molto di più. E io sono d'accordo con loro.»

«Il tuo giudizio è leggermente condizionato» rise lei, spostando una ciocca ribelle all'indietro. «Non puoi essere imparziale quando si tratta di me.»

«Dovrei esserlo?»

La regina si alzò in piedi, cercando con gli occhi qualcosa sul pavimento. «Non sempre. A volte è meglio essere distaccati, ci aiuta a comprendere tutto in maniera più chiara.»

«Le tue scarpe sono dentro l'armadio, ce le hai messe ieri sera» disse Eros, ridendo. «Ma se ti presenti scalza nella sala del trono, non si sconvolgerà nessuno.»

Ariel interruppe la sua ricerca, per guardarlo con aria canzonatoria. «Avrei potuto farlo qualche tempo fa, ora non più. Le cose sono cambiate.»

Aveva pronunciato l'ultima frase con tono malinconico, tanto che lei stessa volle distrarsi dalle proprie parole spalancando le ante dell'armadio. I suoi sandali di corda erano posati in basso, insieme ad altre calzature da tenere a portata di mano. Li afferrò e si sedette sul letto per indossarli.

«Non tra noi» disse Eros, con voce ferma. «Quello che è successo qui non ha cambiato quello che provo per te, e neanche quello che tu provi per me. Finché ci ameremo, niente sarà davvero cambiato.»

La giovane sovrana sorrise, ma non si voltò verso di lui. Intrecciò i nastri attorno alle caviglie con un sorriso, poi si alzò in piedi e si avvicinò di nuovo allo specchio della toeletta per guardarsi, anche se da lontano per entrare interamente in quel piccolo ovale: l'abito blu le ricadeva con dolcezza sul corpo, donandole quell'aria solenne e genuina che la accompagnava in ogni momento. Si rifiutava di acconciare i capelli, preferendo che ricadessero sciolti sulle spalle, come una piccola mareggiata di fuoco che ondeggiava al soffio del vento.

«So che tra noi non è cambiato nulla» mormorò allora, puntando i suoi occhi chiari in quelli scuri di Eros. «Ma tutto il resto sì. Io mi aspettavo di diventare regina, ma non ora... non in questo modo. Loro non dovevano morire, non è giusto che sia accaduto, ma non è tempo per starci a pensare.»

Lui si alzò in piedi e fece quel mezzo passo che lo separava da Ariel. Non disse nulla, ma la abbracciò con dolcezza, accarezzandole la schiena con una mano e infilando l'altra tra i suoi capelli rosseggianti, e lei si lasciò stringere, abbandonandosi a un sospiro.

Non era mai stata una ragazza malinconica; tuttavia quella notte di tenerezze le aveva ricordato a cosa, almeno per il momento, era costretta a rinunciare. Desiderò avere più tempo, o almeno di poterlo rallentare per rubare altri momenti al dio Crasio. Strinse gli occhi al pensiero di quel nume, circondato da clessidre piene di sabbia, quella stessa sabbia che lei accoglieva nel suo palazzo come un futile orpello. Lei non voleva i granelli chiari, ma il potere di arrestare il loro inesorabile corso, anche per pochi istanti, e rimanere con lui che le permetteva di essere sé stessa, senza le responsabilità del regno sulle sue spalle. Godere per alcuni attimi di quella spensieratezza che aveva dovuto abbandonare tanto presto.

«Forse è meglio che vada» mormorò Eros, senza sciogliere l'abbraccio, con il respiro che si perdeva tra i capelli di lei.

Ariel annuì. «Ti accompagno.»

Lasciarono la stanza inoltrandosi per i corridoio silenti e ancora immersi nel sonno. I pochi residenti del palazzo reale non si alzavano mai alle prime luci dell'alba, perciò i due amanti procedettero con sicurezza. Neanche la servitù ridotta al minimo si aggirava affaccendata, perché non c'era molto da fare. La regina aveva concesso a tutti di poter iniziare le giornate con calma, senza correre dietro alle faccende e ai rispettivi compiti, a prescindere dal rango. Quella cameriera che era sopravvissuta alla strage non aveva voluto abbandonarla, nonostante si guardasse sempre intorno con circospezione, diffidando di chiunque non conoscesse; tuttavia gli unici che le erano completamente estranei erano i soldati Inverno. Non aveva colto il consiglio di Ariel di trascorrere qualche giorno a Ehoi, od ovunque volesse. La giovane non glielo aveva detto con chiarezza, ma la sovrana ne aveva intuito la ragione.

Non ha mai parlato di genitori o parenti, forse non le è rimasto nessuno.

Arrivarono alla saletta in cui il principe e la principessa avevano ricevuto i loro insegnamenti quando erano bambini. La regina aspettò che il suo amante avesse richiuso la porta, prima di scostare un arazzo che arrivava fino al pavimento. Al di là si celava una porta priva di maniglia, ma lei ne possedeva la chiave sottile, che teneva nascosta all'interno di uno dei libri custoditi lì.

Spalancò il passaggio segreto con il libro in mano, che stringeva a sé come un affetto che temeva di perdere. Eros le lasciò un ultimo bacio a fior di labbra, prima di sparire nel passaggio segreto, che scendeva nei sotterranei e conduceva in una palazzina di due piani nel pieno centro di Ehoi.

"Bisogna usarlo solo in momenti gravi, in cui la tua vita rischia di essere in pericolo". Ariel poteva rivedere il viso splendido della madre quando l'aveva istruita sui segreti della reggia. Silvia le aveva altresì detto che nessuno aveva percorso in fuga quel passaggio, poiché nel loro regno non c'era mai stata una vera avvisaglia di nemici, né interni né esterni.

Ma era molto prima della minaccia degli Autunno e del loro grumnit.

Accostò l'arazzo e lo sistemò al suo posto, facendo attenzione a rimetterlo esattamente com'era prima del loro arrivo, poi lasciò la saletta. Guardò la luce del sole entrare nel corridoio e la polvere roteare sotto quel raggio mattutino, traendo un profondo sospiro. Era sempre penoso accompagnare Eros lì e quella volta si sentì ancora più trafitta dalla responsabilità che il suo nuovo ruolo le imponeva.

«Sei già sveglia?»

La regina si trattenne dal sobbalzare, per aver udito la voce di Iris. La sarta era al corrente del suo amore clandestino con un popolano, ma le sue confidenze si erano fermate a quel punto; Ariel non le aveva mai raccontato altro, né lei le aveva chiesto ulteriori dettagli da pettegolezzo, volendo rispettare la riservatezza della nobile.

«Sì, non riuscivo più a prendere sonno» rispose la Dal Mare, evasiva. Pensò di aggiungere che quella da cui era uscita era una delle stanze che frequentava da bambina, ma sarebbe stata una scusa non richiesta che avrebbe insospettito Iris, mentre lei voleva mantenere la segretezza.

«Ti capisco» commentò invece l'altra. «Io non ho chiuso occhio.»

La regina le indicò di proseguire a camminare assieme. «Stai bene?»

Iris esitò. «Non so quanto sia il caso di parlarne con te...»

«Se non mi interessasse, non te l'avrei chiesto, non credi?» le sorrise la sovrana. Sembrava aver recuperato un barlume di quella spensieratezza che l'aveva sempre contraddistinta e per cui tutti la riconoscevano. Fu quella luce che splendeva sul suo volto che spinse la sarta a risponderle.

«Tuo fratello... da quando è tornato non fa altro che guardarmi storto, come se io avessi fatto qualcosa di male...»

«È scosso da tutto quello che è successo» spiegò Ariel. «Tu saresti tranquilla al suo posto?»

La sarta sospirò, camminandole al fianco. «Non credo mai che io sarei al suo posto... ma questo non significa che debba squadrarmi ogni volta che mi vede!»

La regina non disse nulla. Sapeva che lui mal sopportava la presenza di colei che era diventata la sua unica amica, perché avevano avuto modo di parlarne il pomeriggio precedente. Era ancora sconvolto per l'esito dei Lupfo-Evoco: Ariel comprendeva che se Nicola Lotnevi era stato condannato per l'uccisione del proprio padre, anche a loro sarebbe potuto accadere; e il timore di Dante era che qualcuno li accusasse. Erano entrambi a conoscenza del fatto che Erik avesse ritrovato il suo pugnale vicino al cadavere del re di Cmune, ma sapevano altrettanto bene che nessun altro ne era al corrente.

«Non so davvero come sopportarlo. Cerco di evitarlo, ma ci sono momenti in cui proprio non posso» si lamentò ancora Iris. «Mi odia proprio.»

«Ma no, lui non odia nessuno» mormorò Ariel. La sua voce sembrava sicura, ma lei non lo era affatto. Aveva percepito il malumore tra i due durante la cena della sera prima, sebbene non fosse accaduto niente di strano: avevano chiacchierato serenamente, tanto che Erik non si era accorto di nulla. Ma le occhiatacce di Dante, così come alcuni gesti nervosi della sarta non erano sfuggiti alla regina.

Giunsero insieme alla sala dove erano solite prendere insieme la colazione, prima che iniziasse la giornata al palazzo. Tutto era pronto dalla sera prima, come Ariel aveva consigliato di fare alle donne di servizio, in modo che non si alzassero prima del tempo solo per preparare la tavola.

Iris non si sedette al solito posto: prese la sua tazza ricolma di caffè e si avvicinò alla vetrata che affacciava su uno dei piccolissimi cortili interni, dove una fontana modesta zampillava con allegria.

La Dal Mare la scrutò con attenzione: le sembrava di scorgerne il turbamento interiore, o forse l'altra non faceva nulla per nasconderlo. Quel semplice rituale permetteva a entrambe di spogliarsi delle pressioni esterne, di concedersi di stare in silenzio, di non dover apparire composte, severe...

O ancora a lutto, pensò Ariel.

«Non so quanto possa influire su di lui, ma proverò a parlargli» disse, cercando di essere convincente.

Iris si voltò a guardarla, con un sorriso sincero che le affiorò sulle labbra.

   
 
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