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Autore: KikiWhiteFly    30/08/2009    8 recensioni
Storia dedicata a Marta, alias sasusakuxxx
Perché le altre labbra non hanno il sapore dell'amore... Quelle di Sasuke, sì.
Lo sente, striscia col corpo all'interno della camera, cercando di trasportarla. Cerca d'ammorbidirla, toccandola laddove è più volubile... lui sa. Sa che quando le tocca i fianchi sente una scossa elettrica, quando le sfiora la colonna vertebrale si riduce in poltiglia, quando sfiora la linea più nobile e visibile del collo si sente venir meno. Allora lei mette da parte tutti i suoi errori, ogni telefonata perduta, ogni istante in cui avrebbe potuto dire la frase giusta invece ha detto quello sbagliata. Ma stavolta no, non si lascerà abbindolare da qualche bacio -dannatamente da Dio!-, o da quella colonia terribilmente afrodisiaca che mette ogni volta che viene a trovarla.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Qualcosa di grande








Questa storia è dedicata a Marta/sasusakuxxx.

Una splendida autrice -e non puoi dire il contrario ù_ù- e un'ottima

amica.

A lei che fra poco andrà in Francia e mi

mancherà tantissimo ç_ç.

Almeno cazzeggia anche da parte mia là, eh?XD

Scherzi a parte...

Ti voglio tanto bene =)


Kiki.





Sakura si volta quando sente la lieve brezza del vento correre sulla sua epidermide, provocandole la cosiddetta sensazione della “pelle d'oca”. Posa la cartella di un paziente sopra la scrivania, tanto non era nemmeno concentrata.

Perché adesso lei è una dottoressa, e ne va fiera.

Perché adesso ha tutto quello che vuole, e ne va fiera.

Perché adesso è felice.

Stavolta si interrompe, mordendosi il labbro inferiore.




Cos'è successo,
sei cambiata, non sei più la stessa cosa

o sei ancora quella che... è cresciuta insieme a me.





Lei è cambiata. Non è più la timida ragazzina di svariati anni fa -ha smesso di contarli, Sakura-, ora è una donna impavida, indipendente, serena. Il suo cuore ha smesso di immagazzinare i sentimenti di quella notte, perché quella notte non è mai esistita, in fondo. Accenna un timido sorriso, cerca di bruciare una lacrima che si è spinta -coraggiosa- fino all'iride smeraldina.

Se ne è fatta una ragione: la vita continua. E ora, all'alba degli ormai faticati e sudati trent'anni, si trova a scalare le montagne invalicabili di un'esistenza giunta al limite della felicità; si trova a mangiare solitaria un Ramen, affondando le bacchette all'interno della tazza di coccio. Il vapore le entra nelle narici, quasi a volerla drogare di quell'aroma sicuramente delizioso.

“Sei talmente stanca che non riesci nemmeno a mangiare, Sakura”, esordisce il proprietario, passando uno straccio umido sul bancone. Lei gli sorride, nascondendo prepotentemente una smorfia di rancore. “... dovresti prenderti una pausa. Sembri abbattuta”, è il tono di un padre. Un padre affettuoso che è quasi tentato nel toccarle con dolcezza il capo per farle sentire che non è del tutto sola al mondo.

“Lo so”, dice, amaramente. Il giorno sta ormai calando, un'altra giornata sta per finire.

La sorella Luna da il benvenuto al cielo divenendo la protagonista indiscussa. Massaggia dolorante le tempie, pulsando con l'indice laddove il dolore si fa più acuto; poi vede Teuchi, si avvicina con una certa circospezione e si ferma davanti a lei, studiando la sua espressione stanca, le occhiaie sotto le ciglia, i capelli malamente spazzolati, i vestiti sgualciti. Anche se non parla, sa quello che vuole dirle:- “Vai a casa”, glielo legge negli occhi. Sospira, posando sul bancone pochi yen.

L'espressione si fa decisamente più corrugata, quando ad un certo punto Teuchi la ferma, chissà, magari ha dimenticato qualcosa... “Mi dispiace sapere che soffri”

Ed è un colpo al cuore.


Boom


Stringe le nocche, fatica a tenere il manico della borsetta di pelle tra le dita, non riesce a gestire quel controllo e quella -finta- indifferenza: tutti i suoi sentimenti implodono, di nuovo.


Boom


“Chiedimelo di nuovo, Teuchi”

“Cosa?”

“Sono troppo stanca per mangiare?”, getta uno sguardo alla scodella di Ramen, ancora fumante. Ha lasciato il suo piatto così, pagando per qualcuno che non c'è. L'uomo reagisce con un religioso silenzio, vorrebbe avvicinarsi ma ha paura di urtare la sua instabile sensibilità. “Sono troppo stanca per tutto”, mormora, con un fil di voce. “Sono stanca perfino di vivere”


Si sente un'emerita idiota. Realizza, solo pochi istanti dopo, che ha appena confessato l'indicibile; scappa, correndo a perdifiato da un incubo che la inseguirà in eterno. I tacchi sfrecciano come le rotaie di un treno, attraversano pozzanghere d'acqua stagnata, sassolini che s'infilano crudelmente all'interno delle scarpe a décolleté. Trattiene una bestemmia fra i denti, trovandosi in un attimo davanti l'oscura porta di mogano che poi, scoprirà un secondo dopo, è la sua abitazione. Cerca le chiavi, le formicolano le dita, sente un brivido soggiogarle il corpo, un brivido di tremore, terrore, paura, rancore, sentimenti repressi che credeva di aver estirpato alla radice.


“Se cerchi queste, ti sono cadute un attimo fa”, e gliele coglie da terra, facendole oscillare tra le proprie dita. Poi si prende il permesso -come sempre- di aprire la serratura. E in un attimo, grazie a un sonoro “click”, la porta è aperta. Sakura è attonita, quello che vede davanti a lei non può essere lui. Il profilo è ancora offuscato, un po' per le lacrime, un po' per la corsa, un po' per il buio.

Si sente di escludere a priori la prima opzione.

Cosa...?”, non riesce a concludere la frase, non ora che la mano di Sasuke giunge diretta ai suoi capelli, scuotendoli.

“Forse avevo voglia di fare un giro da queste parti”

“Proprio davanti casa mia?”

“...”

“...”

È silenzio. Religioso e casto silenzio, mentre la mano di Sasuke si infila un po' più in profondità, mentre le sue labbra mirano a quelle di Sakura, ancora troppo imbarazzate per concedersi a lui. “Te lo puoi scordare, Uchiha”, lo ferma, prima che lui faccia un passo falso.

“E tu?”

Alza un sopracciglio, arcigna. “Io cosa?”

Sasuke ghigna, tossicchiando in modo teatrale e altisonante. Poi le rivolge un'occhiata arguta, come se lui potesse averla sempre vinta, come se lei fosse sempre a sua disposizione. Come se lei non avesse una vita.

È costretta a tagliarsi la lingua, per evitar di proferir menzogne. Lei la sua vita gliel'aveva donata: lui l'aveva rifiutata. E, rifiutandola, aveva smesso di avere un senso.

“Tu... puoi dimenticare veramente... tutto?”

Stavolta è lei ad avere la meglio, puntandolo come uno scolaro poco ligio alle regole. “Smettila di addossare la colpa agli altri. Io non ti amo, Sasuke”

Vede la bocca del ragazzo storcersi in un ghigno amaro, tentando di diventare beffardo. Ciò che ne esce è un semplice sorrisetto di rimando, mentre decide di sferrare un pugno alla porta, nella quale mette poca forza, giusto per sfogarsi.

“Allora me ne vado”

“Non passerai più casualmente qua, scommetto”

Non risponde. Sakura capisce e annuisce, trattenendo un'imprecazione molto colorita; si affretta ad entrare in casa e lasciarselo alle spalle. Se ritornerà sui suoi passi succederà come l'altra volta: una notte insieme e poi...

Sarà effimera quella notte, sarà qualcosa di ripetuto, monotono, il momento che precede il peccato, la lussuria... Carne che si fonde nella carne, insinuandosi con le unghie ancor più in profondità; alle prime luci dell'alba lui si alzerà, scenderà da quel letto e scomparirà dietro la fitta foschia di prima mattina.

“Haruno?”, si volta Sakura, stressata e frustrata dal lavoro. Gli rivolge un debole cenno d'assenso, come per liberarsene. “... ti crederò solo quando ti vedrò con un altro”

E lei abbassa un momento il capo, lui crede di averla vinta. Rialza fieramente il caschetto rosato, incendiandolo con lo sguardo. “Probabilmente succederà”, lo lascia di soppiatto. L'involucro di timidezza che prima la copriva è scomparso del tutto... neh Sasuke?

Le duole dirlo, ma è diventata una donna.

Già... perché crescere è difficile.

Diventare adulti è come ritrovarsi il mondo sopra le spalle.

Non te ne libererai più.


Caccia le mani dalle tasche Sasuke, prima le aveva gettate con tanta abilità dentro i pantaloni, come se potesse essere il padrone del mondo, come se quella sua arroganza fosse un pregio. “Io voglio una famiglia, Sas'ke. Non voglio trovarmi ancora a quarant'anni a venire a letto con te, unicamente per placare le tue voglie”, schietta e sincera, senza alcuno scrupolo. Il suo sguardo non molla quello di Sakura che, lo deve ammettere, si sente in soggezione; lo vede fare un passo avventato, forse troppo. La blocca alla porta, le serra i pugni, esige il suo silenzio. Solo quando il moro posa le sue labbra su quelle di Sakura, più morbide e carnose, allora capisce cosa voleva dire quel silenzio. E, come una perfetta idiota, si lascia trasportare, come se dovesse affogare a tutti i costi in quell'oceano e potesse farlo solo ed unicamente con lui, suo nettare di vita. Vorrebbe sputare su quelle labbra, bestemmiare sopra parole inconfessabili, maledirle ogni qualvolta incontrano le proprie.

Ma non lo fa né lo farà mai: le desidera troppo per tradirle, perché nessuna di quelle labbra che ha toccato in vita sua ha il sapore di Sasuke.

Perché le altre labbra non hanno il sapore dell'amore... Quelle di Sasuke, sì.

Lo sente, striscia col corpo all'interno della camera, cercando di trasportarla. Cerca d'ammorbidirla, toccandola laddove è più volubile... lui sa. Sa che quando le tocca i fianchi sente una scossa elettrica, quando le sfiora la colonna vertebrale si riduce in poltiglia, quando sfiora la linea più nobile e visibile del collo si sente venir meno. Allora lei mette da parte tutti i suoi errori, ogni telefonata perduta, ogni istante in cui avrebbe potuto dire la frase giusta invece ha detto quello sbagliata. Ma stavolta no, non si lascerà abbindolare da qualche bacio -dannatamente da Dio!-, o da quella colonia terribilmente afrodisiaca che mette ogni volta che viene a trovarla.

“Basta”, lo ferma, scansando il suo petto dal proprio. Sasuke, che prima fremeva mal celando i suoi istinti primordiali, adesso la guarda sbigottito, risvegliando un'insospettabile timore. “Che c'è?”, chiede, freddo. “Non hai la pillola?”, e lei lo squadra, sempre più risoluta.

“Magari non ce l'avessi, a quest'ora sarei incinta”, gli ringhia contro, perché è naturale, a una certa età, desiderare qualcosa di più di una notte di sesso, come i liceali.

Forse è giunto il momento di vivere una notte d'amore: un'impresa che le sembra sempre più utopica. Lei vuole svegliarsi con lui, dormire con lui, pranzare insieme... E, in un futuro sempre più avvolto dalla nebbia, accompagnare i loro figli a scuola, andare a riprenderli, sentirsi per un momento la signora Uchiha: sarebbe troppo?.

Disegna i contorni di una vita che pare inesistente, ne segna i limiti quando osserva l'espressione congelata del ragazzo, mentre un sopracciglio, precisamente quello destro, lievemente arcuato le fa intendere che non c'è scelta. O con lui o con lui.

“Questo era l'ultimo Sas'ke. Io voglio...”, le lacrime agli occhi, mentre stringe le sue mani nel vano tentativo di suscitargli un po' di commiserazione e chissà, forse, estrapolare qualcosa da quel cuore coperto di rovi. “... una famiglia. Voglio un figlio. Nostro figlio...”

Sottolinea con enfasi quel plurale, mentre lo vede svoltare il capo a sinistra. Ignora bellamente i suoi occhi ormai sciolti in due cascate, rifiutando la sua proposta. “Allora vattene. E non tornare più... e cercati un'altra con cui scopare. Però non sono sicura che agganceresti”, lo stuzzica nell'orgoglio. Il suo indomabile orgoglio. “... I saldi ormai sono finiti, da un bel po'”

Proferisce, esaltando i suoi nervi. “Non sarà un problema”, ringhia. “Addio, allora”

Deglutisce Sakura, si passa un dito sotto il naso, cercando di non tirar su come una bambina frignante. Asciuga quei rivoli, adesso avverte solo una consistenza molle, umida sulle ciglia scure, lunghe, ormai provate dalla stanchezza.

“Addio”, e sfiora la sua guancia, timbrandogli quel poco lucidalabbra rimasto all'estremità. “Così non rimorchierai sicuramente”, ci scherza su, strofinandogli la maglia sopra la gota appena un po' pungente, per via della barba.


E glielo ha detto.

Ormai non lo vede più... il profilo è ormai sbiadito grazie alla Luna che gioca strani scherzi. Si lascia cadere in verticale contro la porta, finendo per ritrovarsi seduta a terra, le spalle contro la vernice immacolata, mentre nasconde dietro un falso sorriso l'ombra indistinta di una lacrima lasciva che sfiora malinconicamente il suo volto, distruggendo la barriera di apparente lucidità.

Glielo ha detto: perché non è felice, allora?

Era più felice quando si concedeva, senza pensare a nulla, al corpo dell'Uchiha, perdendo ormai la sua inutile e ridicola verginità?.

Anni e anni or sono quando Sasuke le aveva sfiorato con cautela il viso di porcellana, chiedendole il permesso in modo quasi... tenero. Forse quella fu l'unica volta che lo ammise.

Aveva solcato lo sterno del ragazzo, passando con un dito, quasi incuriosita, lungo ogni linea. Aveva sentito la consistenza dei suoi muscoli, il solco del collo contro il torace, la linea retta che arrivava fino all'ombelico. E poi si era fiondata un po' più giù, sentendo per la prima volta di esser diventata donna.

Donna, insieme a lui.

Donna, per lui.

Aveva ammesso un certo imbarazzo, chiaramente. Ma fare l'amore -o almeno l'aveva inteso così- era stata la più bella esperienza della sua vita. Era stato potente ma anche cautelo, aveva trattato con delicatezza il suo corpo da piccola bomboniera, ancora tutta da scartare.

Perché noi donne, diventiamo tali in due occasioni. La prima quando abbiamo la menarca; crediamo che sia qualcosa di orribile, probabilmente siamo schizzinose e se pensiamo che dovremmo sopportarlo per almeno trent'anni, beh, allora la voglia di essere donna viene meno. Ma crescendo, ci accorgiamo che quella è un'esperienza unica. Soffriamo, ci lamentiamo dei crampi alla pancia, adduciamo scuse poco convincenti per non uscire, ci rinchiudiamo in casa, diventiamo lunatiche e poco socievoli.

Ma tutto questo perché siamo donne.


La seconda? Beh, è già stata menzionata. La prima esperienza, quando un essere umano trova conforto in un altro, finendo inevitabilmente per compromettere la propria natura, la propria verginità, sentendo uno squarcio quando quel contatto diventa fisico, un dolore lancinante. Mai quanto il piacere.

E Sakura pensa, con rammarico, che ha gettato via tutto quello che le era più caro, per lui. E adesso si trova all'ombra di una quercia, mentre legge il suo libro preferito.


Cime Tempestose.


Heathcliff, Catherine, Nelly, Wuthering Heights.

Non è la storiella per adolescenti, non è il solito filmino da affibbiare a un popolo senza più cultura ormai. Sfoglia la pagina, la frase è sottolineata.


Sarebbe una degradazione per me, ora sposare Heathcliff, e così lui non saprà quanto lo amo; e lo amo non perché sia bello Nelly, ma perché è me stessa più di quello che lo sono io. Di qualunque cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono identiche”


Catherine, il suo mito.

Ha detto quella frase ad alta voce, immaginando per un attimo la figura signorile ed elegante della ragazza avanzare verso Heathcliff e confessargli, ostinata, il suo amore. E confessare a Nelly -la governante- quanto sia profondo e irrazionale, folle, malato di una malattia incurabile, come lo sono le storie che diventano leggende.


Vorrebbe anche lei una favola del genere.

Ad essere sinceri -sospira, affranta- si accontenterebbe di una semplice storia.




Notte, ore 1:50.



Il campanello suona, insistente.

Sakura si alza, indossando una vestaglia e strabuzzando gli occhi. Si era addormentata sul divano -o meglio: crollata-, lasciando la televisione accesa su un canale satellitare. Osserva il display del cellulare: l'1:50 di mattina.

Forse sono le solite combriccole di teppisti che si divertono a suonare ai campanelli altrui. E, pensando a quello, sorride con tenerezza, ricorda quando lo faceva anche lei.

Tempi immemori, ormai un passato molto remoto.

Sbircia dall'occhiello e il suo cuore è in tumulto, di nuovo, vorticosamente. È tentata, non vuole aprire... D'altronde potrebbe mai fargli un simile torto?. Sgancia la catena di ferro, aprendo con un certo timore la porta. “C-cosa ci fai? Nessuna ti ha agganciato?”, l'arma migliore è l'ironia, meglio scherzarci su.

“Non quanto te”

Impietrita. Lo lascia comunque fuori dalla porta, senza batter ciglio.

Forse Sasuke è ubriaco, in effetti sembra un po' sbattuto, un po' dimagrito... diversamente da svariate settimane prima, quando aveva messo perfino quella colonia che tanto le piaceva. Ora il suo collo è madido di sudore, il respiro mozzo, al limite delle forze. “Mi sembrava di esser stata chiara”, rimane ferma sulle sue posizioni, non si fa ingannare per una frase fatta e due occhi sbattuti. Picchietta un piede a terra Sasuke, nervosamente.

E, scattando come una gazzella, si fa avanti, purgando le proprie labbra su quelle di Sakura, cercando il Paradiso e trovandolo solamente in lei, l'Eden, il giardino segreto, il luogo dove tutto non ha più valore.

“Cosa diavolo stai facendo!”, lo scansa, pulendosi con irruenza le labbra ormai umidicce.

Si appoggia al muro Sasuke, affannato. “Magari sei venuto a chiedermi scusa”, azzarda lei. “Oh no, forse sei passato di nuovo per caso!”, ironizza, aspettando un suo cenno.

“Grossomodo”

Che faccia tosta, pensa, mentre lo vede dirigersi in salotto. Nessuno gli ha dato il permesso, come al solito si sente il padrone del mondo. Sakura non molla, le sue braccia sono incrociate al petto, il suo sguardo simile a quello di una maestrina acida.

“Allora...”, le blocca le spalle. “... quanti ne vuoi?”

Un attimo di sbigottimento. Non capisce inizialmente, le sembra tutto molto offuscato... Le sue mani, le sue labbra, le sue domande che in fondo sono anche le sue risposte... reagisce ostentando una certa timidezza, come non le succedeva da tempi, ormai, immemori.

“Cosa?”, si chiede paralizzata, ignara vittima del suo tocco d'acciaio.

“Lo sai, non farmelo dire”

E stavolta è lui a ritrarsi, pudico. Sakura sorride vittoriosa, e stavolta è lei a desiderare un bacio, a balzare sopra le sue labbra, a rituffarsi in quel piacere. Stavolta è lei ad aver bisogno di un contatto non solo visivo, ma anche fisico... Giostra a suo piacimento la situazione, ribadendo una certa voglia di amarlo.

“Poi però... non ti lamentare se dovrai cambiare pannolini a vita”, Sasuke ghigna sommessamente, mentre alza le punte di Sakura, fino a farla arrivare alla sua altezza.


Cos'è successo quella notte, vi chiederete.

Ebbene, quella notte,

Sakura ha fatto per la prima volta l'amore.





C'è qualcosa di grande tra di noi,

che non potrà cambiare mai,

nemmeno se lo vuoi.



(C'è qualcosa di grande- Lunapop)







The end







Se siete arrivati fin qui, i miei complimenti.

È una storia semplice, lo so. Se Sasuke è troppo OOC lo capisco, ç_ç. Ci ho lavorato giorno e notte, l'1:50 per l'appunto (compare nella fan fiction quest'orario) è proprio l'ora in cui stavo scrivendo parecchi giorni fa. Avrebbe dovuto essere una shottina corta, ma la storia mi è sfuggita di mano (O meglio: mi ha preso la mano XD), ed è diventata la bellezza di 6 pagine.

Tutto è cominciato -un oscura notte d'Inverno?XD-, no, è cominciato vedendo per il tubo u_ù un video “SasuSaku” con la canzone “C'è qualcosa di grande” dei Lunapop. Pur non seguendo questo genere, la canzone mi è parsa cucita a pennello.

Vi lascio il link:


http://www.youtube.com/watch?v=N_sSoIEABfQ


Dedicata a Marta, che mi mancherà T_T.

Stammi bene in Francia e scrivi tante SasuSaku mi raccomando!. Un piccolo regalino, almeno si ricorderà di quella scassaballe adorabile di Kiki, colei che ha l'autostima alle stelle XD.


Spero sia piaciuta,

un bacio, Kiki.



   
 
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