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Autore: RedelNord    03/07/2021    1 recensioni
La storia riprende gli eventi di Supernatural a metà della seconda stagione, cronologicamente slittiamo indietro di dieci anni.
Sam e Dean svolgono la loro professione di cacciatori del soprannaturale in maniera nascosta, nell'ombra, non sanno che qualcuno oltre oceano, svolge la medesima professione, ma sotto lauta ricompensa.
Genere: Azione, Dark, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Seconda stagione
Capitoli:
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(Hinesville Virginia 5 Novembre 1996)
 
 
Mentre la brezza si faceva strada tra i vestiti e i capelli della donna, il sole era già calato, e il freddo si stava facendo consistente.
Il mazzo di fiori venne posto nel vaso che stava in un buco nel terreno, per far sì che non cadesse.
Guardando quella lapide, la donna pensò nuovamente a quanto era successo, a quell’incidente, a quell’incidente così assurdo, e a come si era sentita distrutta quando aveva ricevuto quella telefonata, la notizia che non avrebbe mai voluto sentire.
Quell’incidente le infondeva una tale rabbia… E ancora di più la sua rabbia era alimentata dall’indifferenza dei figli di lui, che mai una volta lei aveva visto lì, alla tomba di loro padre.
 
In quel momento la donna sentì un calore indescrivibile, inspiegabile per quel momento, ma dopo quello sentì la sua rabbia crescere a dismisura, e insieme a quello un sentimento di abbandono, di rancore, di tradimento.
Doveva fare qualcosa!
 
 
 
“Oh, Sonya, che piacere vederti, non ricordavo di averti dato la chiave…” Jordan era visibilmente preoccupato, mentre vedeva l’ormai ex moglie del padre venire verso di lui.
“Non lo hai fatto infatti, ma tuo padre sapeva dove tenerne una di scorta.” Rispose la donna sorridendo.
Quest’ultima affermazione, fece piombare un nuovo velo di preoccupazione sul volto dell’uomo, che cercò tuttavia di non pensarci.
“Vuoi che ti prepari qualcosa, un tè, un caffè, non ho della vodka ma…”
“Non è necessario.”
Seguì un lungo silenzio, che rese ancora più inquietante quella circostanza, Jordan provò di nuovo a parlare, ma fu interrotto.
“Come ci si sente figliolo? Ad ottenere qualcosa che non sai non ti appartenga.”
 
Sul volto dell’uomo si disegnò un’espressione di profonda ansia, lei… Parlava proprio come suo padre…
“Di che cosa stai parlando?”
“Oh, lo sai di che cosa sto parlando…” La donna si avvicinò, aveva sempre le mani dietro la schiena.
“Sto parlando di quello che mi avete fatto, tu e gli altri… Io vi ho tirati su, vi ho dato tutto, ed ecco come mi avete ripagato.”
Jordan ora era davvero terrorizzato, “chiamo il 911, vattene da casa mia!”
“Tua!?” Gridò la donna, prima di colpirlo con uno schiaffo, di esterno della mano, uno schiaffo bastò a farlo volare oltre il divano.
 
“Non c’è niente di tuo qui Jordy, e non ci sarà più niente…” Detto questo gli prese i capelli da dietro, per alzargli la gola, e avere spazio per squarciargliela da un orecchio all’altro.
Mentre Jordan agonizzava sul pavimento, Sonya, puliva il pugnale.
“E questo è solo l’inizio figliolo, poi toccherà a Claire, e poi a Trevor, ma uno dopo l’altro pagherete, eccome se pagherete.”
 
 
 
 
 
“Giuro che se non la pianta con quell’affare, glielo pianto quell’affare e so anche dove.”
“Dean, siediti.”
Mio fratello si siede, ma senza esimersi dal gesticolare platealmente per rendere ancora più evidente che si sta infastidendo, come se non fosse abbastanza chiaro.
 
“Infondo il suono del clarinetto non è male.”
“Certo, ma quando lo suoni per un’ora intera senza mai fermarti…”
Sorrido, in effetti è vero, Dylan sta suonando da tempo, per sua fortuna si è chiuso in bagno, o Dean lo avrebbe già defenestrato.
Rido a pensarci.
“Dylan, potresti piantarla!” Grida mio fratello, senza risultati.
Poi si rivolge a me: “abbiamo da lavorare?”
“Forse sì, sveglia il compositore.”
“Se lo sveglio è per prenderlo a schiaffi.”
“Dean, sento un po’ di parole in quell’invidia.” Lo pizzico io, perché so in fondo qual è il problema di mio fratello, e in effetti non gli do torto.
“Come posso non invidiarlo, insomma… Quel figlio di puttana ci vive con questo schifo, e noi siamo sempre al verde.”
“In realtà te l’ha detto, lui aiuta chi si rivolge a lui, se qualcuno non crede a quello che fa non lo chiama, non è sempre oberato di lavoro. Inoltre data la sua fama, ha molta più gente che lo prende per un ciarlatano, e praticamente l’intera sezione giornalistica inglese è contro di lui. Anche lui ha i suoi problemi.”
“Sì ma ha anche dei lati positivi, noi quelli non li abbiamo, non abbiamo Scotland Yard che ci compre.”
“Quella ce l’ha perché lui viene da lì, se tu fossi entrato nei federali magari anche noi avremmo qualche privilegio.”
 
Dean scuote la testa, non ce lo vedo per niente nei federali…
Si alza, infastidito, e bussa violentemente alla porta: “ehi, vostra maestà è l’ora del tè, esci o no!?”
Sorrido nuovamente, mentre consulto l’articolo che ha attirato la mia attenzione.
 
Dylan finalmente smette ed esce.
“Oh Dean mi chiamavi, scusa non ti ho sentito, stavo componendo.”
“Non potevi farti rubare il clarinetto, invece del pass?” Insiste Dean mentre torna a sedersi, e Dylan sistema lo strumento nella custodia.
“Stai scherzando!? Il clarinetto è la mia vita, giuro che mi farei uccidere prima di farmelo portare via, tu hai l’Impala io ho il clarinetto.”
“Sì ma l’Impala non frantuma i timpani e i coglioni.” Sorride mio fratello beffardo, Dylan si siede.
“No, ma frantuma la schiena e le chiappe, sul serio devi fargli cambiare le sospensioni a quel catorcio.”
“A chi hai detto catorcio!?”
“Bambini, per cortesia starei cercando di leggere.” Mi sembra davvero di avere a che fare con dei ragazzini.
 
Dylan, tira fuori la Wembley Scott e comincia a farle una manutenzione completa, Dean lo osserva.
“A questa cosa, che dobbiamo noi andar a cercare i problemi, non riuscirò ad abituarmi.” Asserisce il nostro nuovo socio, sempre pulendo la sua pistola.
“Io vorrei abituarmi alla tua di vita amico.” Replica Dean.
“Sul serio, Sam, quando andiamo in Inghilterra? Lì quelli come noi vengono pagati.”
“Vengono pagati solo se qualcuno si rivolge a loro.” Puntualizza Dylan, sempre pulendo l’arma, “tu non hai idea di quanti preferiscono restare in luoghi maledetti o con Poltergeist o Dio solo sa cosa, solo perché non vogliono credere in quello che faccio io.”
“Quello che mi chiedo è come fate voi a fare tutto questo gratis, dico io… Come sopravvivete, intendo con i soldi?”
“Chiedilo a Dean.” Dico io.
“Sam puoi rispondermi tu per favore?” Chiede Dylan, ridacchiando, dando poi una pacca sulla spalla a mio fratello, che borbotta un: “vaffanculo…”
 
“Dean è un esperto di falsificazione.”
“Falsificazione?”
“Esatto e il fatto che ti sei aggiunto al gruppo comporta che dovrò creare le tue identità, e mi darai una mano.”
“Cosa? Io non ho bisogno di identità, io sono Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo, sanno tutti chi sono.”
“Non qui Hugh Grant, ti serviranno delle identità esattamente come noi.”
“Vivrò alla macchia come i fratelli Winchester, non mi stupirebbe se scoprissi che siete anche braccati dagli sceriffi di dieci contee diverse, ma tanto siamo in America, quindi gli sceriffi saranno tutti appesantiti dai caffè lunghi e dalle ciambelle.”
 
Dean ride di gusto, mentre io mi sento imbarazzato, ma non tanto dalla battuta stereotipo, quanto dal fatto che siamo effettivamente braccati. Ma di sicuro non è il caso di annoiare Dylan con queste chiacchere.
 
“Quando avrete finito con le battute sui paesi da cui proveniamo avrei bisogno della vostra attenzione.” Dico, tenendo gli occhi sull’articolo di giornale.
 
“Noi siamo qui da tempo in realtà, sei tu che non ti sei ancora deciso.”
“Per una volta sono d’accordo con Dean.”
 
Scuoto la testa e leggo: “un uomo è stato assassinato in casa sua, gli hanno aperto la gola da un orecchio all’altro, non ci sono segni di effrazione.”
“Non è poi così strano, probabilmente la vittima conosceva l’assassino e l’ha fatto entrare.” Dice Dylan, che ora ha quasi finito con la manutenzione.
“Be, è possibile, ma le telecamere non hanno registrato niente.” Replico io.
“Forse sono state manomesse, ragazzi, non dovete bervi tutte le balle un minimo sospette, non sapete con quante ne ho a che farne tutti i giorni dalle mie parti.”
“No Dylan non hai capito, le telecamere sono rimaste perfettamente funzionanti, ma non si vede nessuno, nessun’altro oltre la vittima, come se l’assassino fosse invisibile.”
 
Ora il nostro socio non risponde più, ha capito che qui c’è veramente qualcosa di strano.
“Dove?” Chiede Dean.
 
“Hinesville, Virgina.” Rispondo io.
“Direi che è ora di muoversi, forza raccogliete tutto, lasciamo il motel.”
“D’accordo, ma scelgo io la musica.”
“Non esiste.”
“Dean non mi sono portato le cassette dall’Inghilterra per niente.”
“La macchina è mia, guido io.”
“È degli Iron Maiden che stiamo parlando.”
“Ed è della mia macchina che stiamo parlando.”
Non so se riuscirò a sopportarli fino a Hinesville…
“Salve signora Crane, mi chiamo Daniel Remington cronaca locale, loro sono miei colleghi, anzitutto condoglianze, vorremmo porle delle domande su quanto è successo a suo marito se non le dispiace.”
Dean si è dato da fare anche stavolta, per sua fortuna non ha bisogno di troppi documenti, oh non che io e lui non potremmo averli, ma di sicuro lo stesso discorso non potrebbe valere per Dylan.
 
“Siete altri giornalisti? Volete dirmi anche voi che mio marito si è suicidato?”
“No signora, noi non crediamo che si sia suicidato, vogliamo scrivere un articolo che possa dimostrare come la polizia si sbaglia e che possa aprire nuove metodologie di indagine.” Provo a rassicurarla io, lei ci guarda per qualche istante poi ci fa entrare.
Dean sembra sorpreso, e a tratti indispettito del fatto che è stato merito io, Dylan si limita a commentare con un: “roba da matti.”
 
La signora ci fa entrare, Dylan chiede di andare in bagno.
Lei ci fa sedere e ci offre dei cioccolatini, Dean ne prende subito uno.
 
Ho capito che devo parlare io: “signora lei dice che non c’erano motivi per cui Jordan si dovesse togliere la vita non è così?”
“Sì, anzi, tra non molto avevamo in programma di prenotare le vacanze da sua cugina in Florida…” Le lacrime colgono la vedova Crane, che si scusa.
“Mi dica, conosce qualcuno che potesse aver motivo di odiare suo marito, dato che non è stato rubato niente, si è trattato di omicidio premeditato.”
“Non conosco nessuno che potesse odiarlo a tal punto, lui lavorava in banca, e quando lavori lì è facile che ti odino ma… Arrivare ad ucciderlo…”
Sembra d’avvero sconvolta, guardo Dean in modo eloquente come per chiedergli lui che ne pensa, intanto il nostro amico inglese torna dal bagno.
Dean prende la parola, con ancora il secondo cioccolatino in bocca: “mi dica, le telecamere non sono state manomesse, lei cosa crede che sia successo?”
La donna scoppia in lacrime, e cerca di coprirsi gli occhi con un fazzoletto ormai zuppo.
“Io non lo so… Non c’ero, sono tornata e l’ho trovato lì…”
“Mi dica signora, di recente è morto qualcuno che era legato in qualche modo a suo marito?” Interviene Dylan, cercando di avere tatto, ma fallendo alquanto vistosamente.
 
“Be, qualche mese prima era morto suo padre, e non stavano avendo un buon momento, potete chiederlo ai suoi fratelli o a Sonya.”
“Eh chi è Sonya?” S’intromette Dean.
“Sonya è la vedova Crane, era sposata con Michael il padre di Jordan, una ragazza molto più giovane di lui, a Jordan e ai suoi fratelli non è mai piaciuta, forse lei può dirvi di più.”
 
Lasciamo per qualche istante la signora Crane a riflettere in silenzio tre le sue lacrime.
“La ringraziamo per la sua collaborazione.” Saluta Dean.
 
 
“Be, che ne pensate?”
“E se si fosse suicidato per davvero? Dico, suo padre era morto lui non stava tanto bene…” Provo a considerare anche questa ipotesi, ma vengo interrotto da Dylan.
“Be Sam, di solito i suicidi lasciano questo per terra?” Dalla tasca estrae…
“È quello che penso che sia?” Chiede Dean distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada.
“Sì.” Prosegue Dylan, “ectoplasma verde. Il biglietto da visita degli spettri.”
 
 
(Bed & Breakfast Hinesville Virgina 12 Novembre 1996)
 
“Gli spettri sono creature vendicative, sono alimentati da sentimenti di rancore e tradimento, spesso tradimenti di famiglia.” Spiego leggendo il diario di papà sotto la voce: spettri.
“È chiaro no: in qualche modo il vecchio Crane è stato tradito da suo figlio.” Asserisce Dylan, che tenta di prendere la custodia del clarinetto.
“Se suoni anche solo una nota ti rispedisco in Inghilterra a calci in culo.” Taglia corto Dean, sedendosi accanto a me.
Dylan fa una smorfia come per dire: ok. E si siede a sua volta.
 
“Tuttavia gli spettri non agiscono da soli, devono possedere delle persone, qualcuno in cui sentimenti di rancore e rabbia vengono repressi, possono dare abilità alla persona che, diciamo, li ospita, tra cui quello di risultare invisibili ai dispositivi elettronici.” Più leggo, più mi rendo conto che non sarà affatto facile.
 
“Quindi c’è qualcuno molto rabbioso e vendicativo che in questo momento vive con papà Crane dentro.” Conclude Dean.
“Sintesi illuminante, professor Winchester.” Commenta Dylan sogghignando.
 
“Dovremmo parlare con la signora Crane.” Concludo io.
 
 
(Un bar di Hinesville Virginia 22:53 12 Novembre 1996)
 
“E ora sai scegliere la miglior birra, ti servono altri consigli, Jeremy Irons?” Chiede Dean sorridendo.
“Del tipo?” Faccio, io, girandomi, dando le spalle al bancone, buttando giù un altro sorso di questa birra.
 
“Ah be, magari come andarsene da quel tavolo con tre numeri di telefono.” Dice lui, guardando un tavolo dove stanno tre ragazze, assolutamente niente male.
Io sorrido.
“Allora, primo non dovrei bere dato che sono un ex alcolista e secondo, non puoi darmi lezioni su come rimorchiare. Io sono il maestro, Dean.” Affermo fiero di me stesso.
 
“Ma a chi vuoi darla a bere, con quella faccia.”
“Non mi credi? Se tu sapessi, ragazzo mio, se tu sapessi…”
“Sono solo chiacchiere, per non ammettere che non ci sai fare.”
“Oh, solo chiacchiere dici? Allora vediamo chi riesce a rimorchiare di più stasera.”
“Oh è una gara? Ci sto.” Risponde Dean, povero illuso…
 
(Hinesville Virginia, casa di Claire Crane 00:56 13 Novembre 1996)
 
Un rumore!
Apro gli occhi e mi metto seduta sul letto.
Sembra che ci sia qualcuno, infondo al corridoio, verso l’ingresso.
Sento caldo, e sudo freddo.
“Chi c’è?” Chiedo, terrorizzata, non riesco ad alzarmi, è come se tutto il mio corpo fosse di piombo.
Nessuna risposta, ma sento dei passi nel corridoio, accendo la luce.
“Chi è!?” Chiedo con più insistenza, ancora nessuna risposta, sento il cuore che potrebbe esplodere da un momento all’altro, non ho la forza di alzarmi, sono come pietrificata.
 
“Ciao Claire.”
“Sonya…” Tiro un sospiro di sollievo, ma la mia tranquillità dura poco.
“Come sei entrata?”
“Oh ho una copia delle chiavi…”
Non capisco, non ho dato una copia a Sonya, l’ho data a papà quando era vivo.
“So cosa stai pensando, è quello che pensava anche Jordan, e in effetti questo corpo può fuorviare ma sono io… Ragnetto…”
Sento una forte fitta allo stomaco, solo papà mi chiamava così.
 
“Allora dimmi, te la godi la mia eredità? A chi avete fatto sabotare la macchina? A Jordan? Magari a Trevor? Oppure l’hai fatto tu ragnetto?”
Quel tono, quel modo di parlare…
 
“Papà io…”
“Oh non preoccuparti, ti risparmierò la fatica di mentire, di fingere che ti senti in colpa…”
“No non capisci, noi non volevamo uccidere te, noi volevamo aiutarti, di solito quella macchina la prendeva sempre Sonya, tu non avresti dovuto… Oh mio Dio.” Mi copro il volto, le lacrime mi pervadono.
 
 
“Non importa, tanto niente di tutto ciò uscirà di qui.” Sonya estrae un coltello e si avvicina a me.
Tremo, provo a scappare, ma la sento bloccarmi a terra, è troppo forte!
I suoi occhi… Sono neri…
 
“Papà… Ti prego…” Riesco a dire, mentre la mano di Sonya mi si stringe alla gola.
“Tuo padre ti sta aspettando con Jordan, e tra poco anche Trevor sarà con voi…”
 
 
 
(Bed & Breakfast Hinesville Virginia 13 Novembre 1996)
 
“È l’edizione di oggi?” Chiede Dylan sbadigliando dopo essersi alzato dal divano letto.
“Sì, e Dean?”
“Oh be, ieri era alquanto coinvolto, ce l’aveva con me perché ha perso la scommessa e così ha bevuto più di quanto doveva e…”
 
“Dylan, dobbiamo andare.”
“Ma perché che succede?”
“Indovina di chi hanno trovato il corpo i poliziotti, con la gola aperta come una zip.”
 
Dylan era stato zitto tutto il tempo, parlò solo nel viaggio di ritorno.
“Io non capisco, Sam, lo hai detto tu di aver dato alle fiamme la salma di Michael Crane, con sale e tutto. Magari l’omicidio è avvenuto prima del tuo intervento.”
“No, lo escludo, io ho dato fuoco al corpo che saranno state le 22:00, mi sono informato l’omicidio è avvenuto nella prima mattina di questo giorno.”
“Non capisco, forse c’era qualche oggetto a cui era molto legato.”
“Mi sono informato bene Dylan, non c’era altro da bruciare…”
“E allora che diavolo è successo? Se non abbiamo a che fare con la spettro di Crane con cosa?”
“Non lo so… Ma credo sia ora di parlare con la vedova del vecchio.” Asserisco io, con sguardo fisso sulla strada.
“Mi sono informato su quanto gli è accaduto, nella famiglia c’erano problemi per la spartizione dell’eredità dopo che il signor Crane si era risposato, insomma prima che potesse scrivere il testamento con le modifiche fece un incidente con la macchina e morì, la polizia affermò che si trattò di un guasto, ma in molti sostengono che sia stata sabotata, in realtà anche questa ipotesi era stata presa in considerazione ma non si è riusciti a risalire a nessuno.”
“Io non ci capisco niente, mi serve un aspirina.” Asserisce Dylan tenendosi la testa.
 
(Casa di Sonya Crane 13 Novembre 1996 11:43)
 
“Cosa volete?”
“Scusi signora… Sono James Nolan, FBI lui è il mio collega Bill Harvey dovremmo parlare di quanto è successo a suo marito.”
 
Sono riuscito ad impiegare in qualche modo l’unica identità che Dean è riuscito a creare per Dylan ed ha funzionato.
 
“Voi dite che non si è trattato di un incedente?” Chiede lei con stupore.
“Noi riteniamo che l’auto possa essere stata manomessa, ma ci dica, c’era qualcuno che poteva avercela a tal punto con suo marito?”
 
“Be, mio marito aveva avuto problemi con i suoi figli, per la questione dell’eredità, ma non riesco a pensare che possano aver fatto qualcosa loro.” Sembra sincera, ma non credo che stia convincendo Dylan, il quale chiede nuovamente se può andare in bagno.
 
Ora siamo soli.
“Signora lei ha sentito cos’è successo ai due dei figli di Michael, vero?” Continuo io, protendendomi in avanti.
“Sì, una vera tragedia.”
“Mi dica, perché loro litigavano per l’eredità?”
“Be, quando io e Michael ci siamo sposati loro, non l’hanno presa molto bene, non mi hanno mai sopportata, e quando dopo Michael disse loro che avrebbe disposto per una diversa spartizione dell’eredità dato che c’ero anch’io, loro erano furibondi, tutti e tre, Michael morì prima di modificare il testamento e così ora rimane tutto ai figli.”
“E qualora essi dovessero morire resterebbe tutto a lei?” Chiedo, sorridendo un poco.
Lei fa una faccia indispettita: “non mi piacciono queste insinuazioni. Se sospettate di me vi pregherei di dirmelo.”
“Posso confessarle che al momento non so cosa pensare.” Rispondo io, sviando le accuse.
“La polizia ci ha già pensato e non hanno trovato alcuna prova, perciò se volete prendervela con me vi preannuncio un fallimento.” Dice lei sorridendo sorseggiando dell’altro tè.
 
 
“Allora hai trovato qualcosa?”
“Niente, niente ectoplasma, niente di niente, credo a questo punto che non ci troviamo di fronte ad uno spettro.” Dylan sembra preoccupato, non lo da a vedere, o meglio, cerca di non darlo vedere ma io me ne accorgo.
 
“Credi che sia lei?” Chiede poi.
“Non lo so, ma una cosa è certa, dovremo tener d’occhio la residenza di Trevor Crane.”
 
 
“Finalmente sei sveglio.” Dico a Dean mentre lo vedo uscire dalla camera da letto tenendosi la testa e sbadigliando.
“Dove siete stati?” Chiede lui.
“È una storia lunga te la spiega Sam, io voglio tornare a casa di Sonya.” Asserisce Dylan, infilandosi il cappotto e prendendo la pistola.
“Aspetta cosa? Perché?” Chiede Dean ancora mezzo assonnato.
“Ho visto qualcosa che mi interessa e voglio osservarlo meglio, starò lì fuori, aspetterò che esca e poi entrerò, se ci sono novità vi chiamo.”
 
 
Ci è voluto parecchio ma alla fine, la signora è uscita di casa, non sono mai stato un asso nello scassinare ma sono riuscito ad entrare lo stesso, nessun’allarme per fortuna.
Quella stanza, quella porta chiusa, devo tornare nel seminterrato, mentre scendo le scale mi volto spesso indietro con il terrore di veder comparire qualcuno, lo so che non fa bene alla mia reputazione ma basta non farlo sapere a nessuno, soprattutto a Dean, e siamo apposto.
 
Mi ci è voluto parecchio anche per aprire quella porta ma alla fine ci sono riuscito… E ora l’ho visto… Quello che temevo…
 
 
“Pronto? Dylan, dimmi… Cosa? Dobbiamo andare immediatamente a casa di Trevor.”
 
(Casa di Trevor Crane 13 Novembre 1996 21:33)
 
“E voi chi siete?”
“Senta lei è in grave pericolo dobbiamo assolutamente entrare…”
“Sparite dalla mia proprietà!” Grida lui prima di chiudere la porta.
“Apra signor Crane! O preferisce fare la fine dei suoi fratelli?” Dice Dean mentre bussa più forte. 
“Andatevene o chiamo la polizia!”
 
“Con quest’idiota non caviamo un ragno dal buco.” Afferma Dean, Dylan annuisce.
“Possiamo provare ad intervenire quando sarà arrivata Sonya.”
“Ragazzi, sapete che il piano b è più complicato, se riusciamo a fermarla qui non ci saranno ulteriori problemi.” Insiste Dylan.
Ci penso per un attimo.
“Proveremo ad entrare quando in casa dormiranno.”
 
(Casa di Trevor Crane 14 Novembre 1996 1:12)
 
“Ragazzi credo che possa essere l’ora.” Afferma Dylan, che è rimasto tutto il tempo a fissare la casa, questo ragazzo non dorme mai.
Dean al contrario si era appisolato e abbiamo dovuto svegliarlo, ma ha recuperato le sue facoltà alquanto in fretta.
 
Riusciamo ad entrare ma poco dopo scatta l’allarme.
“Merda!”
 
“Ancora voi!?”
“Mi ascolti lei è in grave pericolo.” Provo a spiegare, niente da fare.
“Ora chiamo la polizia.”
“Ne ho abbastanza!” Grida Dylan prima di sparare un colpo al telefono facendo sobbalzare Trevor e famiglia, che ora è tutta in piedi sulle scale.
Il giovane inglese si avvicina al padrone di casa con aria minacciosa: “stammi a sentire: stasera o vivi o muori e dipende tutto da noi, se vuoi vivere fai quello che ti dico, guardaci! Se avessimo voluto ucciderti o rapinarti lo avremmo già fatto.”
 
Sentiamo un rumore alla porta, Dean e io puntiamo le pistole in quella direzione. “Forse sprecare un proiettile bagnato di acqua benedetta non è stata un grande idea vostra maestà.” Afferma Dean.
 
“Trevor!” Grida sua moglie.
“Porta i bambini al sicuro!” Risponde lui.
“Almeno una cosa giusta l’hai detta.” Conclude Dylan.
“Ragazzi tenetela impegnata io preparo tutto.” Aggiunge dopo, prima di andarsene insieme ai Crane, al piano di sopra.
 
La cassettiera che avevamo fatto in tempo a mettere d’avanti alla porta prima che scattasse l’allarme, cede ai colpi, e la porta si apre.
Sonya entra con aria tronfia, poi ci vede e il suo sorriso scompare: “Tu!”
Grida a me, prima di scagliarci contro la cassettiera che si infrange dietro di noi.
“Dov’è Trevor?”
Spariamo, lei si ripara, e risponde correndo verso di noi, prende Dean per il collo, sparo e riesco a colpirla, lei lascia cadere Dean e si tiene il punto colpito.
“Acqua benedetta…Non vi servirà a molto.”
 
Ha parecchi coltelli in cintura, ne lancia tre  verso di me, due non mi colpiscono uno sì, al fianco destro.
Sento un dolore terribile e mi sdraio a terra.
Dean spara, Sonya corre al piano di sopra.
“Sammy stai bene?”
“Lascia perdere, prendi lei!”
 
La porta si fonda, non faccio in tempo a voltarmi che vedo un tavolino volarmi addosso e colpirmi.
Rovino a terra, merda! La trappola non è completo!
Sonya lo guarda e sorride, mentre i Crane ci stanno sotto, stringendosi l’uno all’altro.
“Bel tentativo signor Dog. Oh sì, ti ho riconosciuto, purtroppo alquanto tardi, altrimenti ti avrei come minimo chiesto un autografo…” Un colpo di pistola, e Sonya si accascia a terra, dolorante, afferro la mia Wembley Scott e scarico il caricatore su quella stronza, Dean fa lo stesso, lei con le ultime forze prende il giovane Winchester e lo scaraventa contro una libreria.
Poi esce dalla stanza, indebolita dai colpi.
Io sono ancora in piedi.
Le vado dietro, e porto con me il libro degli esorcismi.
 
Casa sua è vicina a quella di Trevor, ad un tiro di pistola, dall’altra parte dell’isolato.
 
La seguo in casa, raggiungiamo entrambi il seminterrato, lei mi colpisce tenendomi lontano, prende il libro che sta aperto sul bancone insieme a tutti quegli infusi e amuleti.
Pronuncia delle parole, con un coltello si applica un taglio sul braccio, inserisce il suo sangue in un calice d’oro, e beve, solo dopo aver aggiunto alcuni infusi.
Grida, si agita, ma poi la sento respirare con più vigore, le ferite si rimarginano e lei sorride, si volta verso di me fa per uscire ma non riesce, il suo sguardo è sconvolto.
 
“Guardalo e piangi.” Dico io mentre con il dito indico il soffitto sopra di lei, dove sta disegnato un pentacolo fatto a regola d’arte aggiungerei.
“No!” Grida lei.
 
“Allora Sonya, devi scusarmi ma essendo un ex sbirro questi sono i momenti che preferisco, ci hai dato un bel po’ da fare con quella storia dello spettro.”
“Dylan, ascoltami, liberami facciamo un patto.”
“No, non sono qui per fare patti…”
“Ma so che c’è qualcosa che vuoi… Vuoi ricordare non è vero? Lo vuoi da quando hai sentito nominare Winchester e ti è tornato in mente John, ma purtroppo ancora non ricordi il resto, quello che ti può aiutare a scoprire la verità dietro i furti…”
“Tu menti! Vuoi solo essere liberata… In realtà non sai niente.”
“È quello che vuoi credere Dylan… Ma ti inganni… E lo sai.”
“Regna terrae cantate Deo…
Psallite Domino
Qui fertis super caelum
Caeli ad orientem”
“È da quanto sei tornato che cerchi di trovare una risposta Dylan… Potresti salvarti, potresti salvare tutti loro…”
“Ecce dabit voci Suae
Vocem virtutis…”
“Io posso farti conoscere la verità, la verità che tu e John stavate cercando, tu l’hai trovata Dylan, ma quell’incidente ti ha fatto perdere la memoria, io posso ridonartela!”
“Tribute virtutem Deo!”
 
 
 
Lo vediamo adesso uscire dalla casa, sembra a pezzi, sconvolto.
“Dylan che succede? Allora ha funzionato?”
Lui annuisce senza dire altro, sembra veramente uno straccio.
“E Sonya?” Chiede Dean.
Io mi tengo la ferita al fianco, accomodata in qualche modo, per fortuna non è grave, è solo di striscio.
“Il demone l’ha uccisa, uscendo si è vendicato.”
“Mi dovrai spiegare come sei riuscito ad intrappolarlo.” Dice Dean felicitandosi con il nostro nuovo amico, che sembra veramente a pezzi.
 
 
“Quindi l’ectoplasma lo aveva messo per sviare?”
“Sì, aveva preso in considerazione che qualcuno potesse vederci altro, ne sapeva di quelli come noi, mi ha persino riconosciuto, e quindi voleva far credere che fosse colpa del vecchio Crane, che si volesse vendicare contro i suoi figli.”
“I quali come ha spiegato a me e Sam, Trevor, avevano manomesso la macchina per uccidere Sonya, e non il padre, dato che sapevano che lui avrebbe dato una fetta più grande della torta alla nuova mogliettina… Una famiglia felice insomma…”
“Già, Sonya si era accordata con un demone, anzi lo aveva ricattato in modo da ottenere alcuni dei suoi poteri tramite complicati rituali che però andavano rinnovati, per questa non poteva uccidere in serie in figli di Michael.”
 
Senza chiacchierare i viaggi in auto, sarebbero noiosi, e Dylan sembra essersi ripreso, un pochino.
 
“Allora quando sono tornato a casa di Sonya ho disegnato la trappola, speravo che ci finisse la sera stessa ma a quanto pare aveva già il potere che le serviva, ci bastava solo indebolirla perché tornasse a ricaricarsi quella sera in cui poteva, e il gioco era fatto.”
 
“Quando hai detto che avevi preparato una trappola non capivo proprio come potessi aver fatto, ma sei stato fondamentale Dylan.” Dean sorride, sembra soddisfatto, e lo credo bene.
 
“Be ti ho battuto ancora Winchester.”
“E in cos’altro mi avresti battuto scusa?”
“In quella scommessa al bar.”
“No non esiste, non mi hai battuto, Sam ti ha detto che mi ha battuto? Se sì, sono tutte balle, fidati di me.”
“Non so nemmeno di che scommessa parlate.”
“Quanto riuscivamo a rimorchiare.” Risponde Dylan sogghignando, io alzo lo sguardo e scuoto la testa.
“Quella della tequila non contava.” Dice Dean.
“Contava eccome, sono andato io da lei, non era già lì e soprattutto era sobrissima.”
 
“Non era sobria neanche un po’ nessuna ragazza sobria ti darebbe corda.” Mio fratello scuote la testa e accende la radio, facendo partire la cassetta, è solo quando si accorge che quella non è la sua musica, che aggrotta le sopracciglia e colpisce il volante.
“Che diavolo, Dylan!”
Il nostro amico Inglese ride seduto dietro, mentre Fear of the Dark riempie la macchina e il nostro viaggio.
 
 
 
 
Il ragazzo si sentì soddisfatto quando vide quel senzatetto dormire sulla panchina, vi si sedette e lo svegliò.
“Ma cosa c’è? Gli sbirri?” Chiese questi sgranando gli occhi.
“No…” Rispose il ragazzo, poi estrasse un coltello e recise la gola al vecchio che soffocava nel suo sangue, cadendo a terra.
Il ragazzo estrasse una coppa dallo zaino, con essa raccolse il sangue del senzatetto che fiottava dal taglio.
 
Il sangue si mise a girare nella coppa e il ragazzo vi guardò dentro e sorrise: “nuove notizie, ultima ora… Dylan Dog è ancora in America, e viaggia in buona compagnia… I fratelli Winchester…”
“Gli ordini restano gli stessi?” Attese qualche secondo, poi annuì.
“Sarà fatto.”
 
 
 
 
 
Uh, salve amici lettori, mi vedete coinvolto, in effetti ho trovato una grande ispirazione, eccovi il nuovo capitolo, vi voglio sentire, abbiamo parecchia strada da fare, ma magari con i tre protagonisti a bordo di una Chevrolet Impala del ’67 la strada ce la si gode…
   
 
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