Teatro e Musical > Altri
Segui la storia  |       
Autore: arashinosora5927    03/07/2021    1 recensioni
[Dear Evan Hansen]
Evan ha raccontato la sua storia ora il palco è di Connor, okay e anche di Evan che si ritroverà a convivere con una strana presenza.
Riporto parte delle cose così come sono state scritte nel libro limitandomi solo a tradurle, ma per il resto l'idea è mia e nei prossimi capitoli sarà apprezzabile la differenza.
TW: suicidio, Ghost!Connor, disturbi mentali, autolesionismo
Spero possiate apprezzare
[Treebros]
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le parole di Evan hanno un potere, a volte curativo, altre illuminante, ora come ora hanno rilasciato la cascata che da più di un anno aspettava solo di rompere le dighe che la contenevano.

Quando sai di aver sbagliato, quando sai che in fondo non potrai mai rimediare, quando capisci che qualcosa è andato perduto per sempre ed è colpa tua, colpa del coraggio che avresti voluto avere, ma non hai mai avuto, allora semplicemente il dolore è così forte e incontenibile che straripa.

Evan non mi ferma, con lo stesso atteggiamento che ha avuto durante la mia confidenza si prepara a ricevermi anche più violento di come sono stato quel giorno in cui l'ho spinto, ma stavolta sa come prendermi senza farsi male.

Continuo a pensare a tutto ciò che sarebbe potuto andare bene al posto che così...ma sapete, il mio cognome è Murphy e la legge di Murphy afferma che se qualcosa può andare male lo farà e l'annesso corollario dice che se qualcosa non può andare male lo farà comunque.

Suppongo che forse sia questo il vero problema, il mio cognome, la stella sotto il quale sono nato quello sfortunato 21 aprile del 2000. Non mi sono neanche degnato di scegliere un segno zodiacale, ho optato per essere cuspide.

Comunque è questo forse che fa più male: avere avuto un assaggio dell'amore e averlo perso per sempre. Vivere nel ricordo di qualcosa di troppo speciale e magico al punto tale da fare scomparire ogni problema e sapere che non tornerà e che sei stato tu stesso a ucciderlo. Avere la consapevolezza che per quanto tu possa provare a rimediare la persona con cui dovresti parlare è ormai morta assieme a ciò che c'era tra voi, hai ucciso anche lei.

Le carezze di Evan leniscono la mia anima, la sua voce sussurra qualcosa che tra le mie urla non riesco a sentire e se tra questi pugni ho mai stretto qualcosa più forte della camicia di Hansen non lo so dire. È tutto buio.


Non dormivo da mesi, voglio dire, sono morto da boh due o tre settimane, non ricordo, ma era da tempo immemore che non chiudevo gli occhi in maniera prolungata per più di due ore scivolando in uno stato di incoscienza.

"Evan, tesoro... almeno hai mangiato?" è stata la voce di Heidi a svegliarmi, anzi a svegliarci.

Ho alzato lo sguardo solo per trovare i suoi occhi preoccupati e intenti a osservare qualcosa di non meglio definito in direzione di suo figlio.

"Era un bel sogno?" gli domanda. "Avevi un sorriso tenero sul viso e questa posizione... chi stavi abbracciando?" chiede dolcemente.

Evan sussulta, si mette seduto dandomi accidentalmente uno schiaffo dal momento che è l'unico che non mi passa attraverso. "N-Nessuno!" squittisce.

Vorrei sdrammatizzare, ma il mio petto sta ancora accusando della manata che non avevo chiesto.

Heidi ridacchia prende il cellulare e mostra la foto che ha scattato a suo figlio. "Eri adorabile... non ho resistito."

Mi sporgo per vederla mentre Evan finge che non esista: la posizione è incredibilmente inequivocabile, lì dove non c'è niente io vedo chiaramente il mio corpo. La gamba destra piegata un po' più in alto della sinistra, il viso appoggiato sulla spalla sinistra di Evan, ma voltato verso destra. Il braccio destro abbandonato lungo sul materasso, quello sinistro stretto contro il braccio rotto di Hansen che mi cinge le spalle. È un peccato che non mi si veda, vorrei un ricordo più chiaro di quanto posso essere vulnerabile senza che succeda niente di male.

"Tesoro mio, è quasi ora di andare a letto. Ti faccio un toast veloce, che ne pensi?" chiede Heidi. Evan come al solito la asseconda e le risponde semplicemente annuendo.

Scendiamo al piano di sotto, un po' frastornato Evan si mette a tavola e attende. Heidi gli porta un piatto con dentro due toast formaggio e insalata qualche minuto più tardi.

"Mi dispiace, è tutto quello che abbiamo e a quest'ora non le fanno più le consegne a domicilio nella nostra area..." mormora Heidi, capisco chiaramente che si senta in colpa perché vorrebbe dare il mondo a suo figlio, ma ha a stento i soldi per comprargli il minimo necessario.

"Va bene" commenta Hansen senza entusiasmo addentando il primo toast.

"Come è andata oggi a scuola?"

Quella domanda paralizza Hansen che prima rischia di strozzarsi col boccone, poi mette insieme una serie di parole che non hanno alcun nesso tra loro mentre le mani sudano. In preda all'ansia riesce finalmente ad articolare una frase di senso compiuto.

"Non è successo niente" dice.

Suppongo che non voglia raccontare a sua madre la realtà dei fatti. Suppongo che la terrà all'oscuro in eterno finché non parlerà qualcuno al suo posto. Non gli dirà della sua gloria, di quel momento di successo forse perché pensa che Heidi non faccia il tifo per lui o forse perché sarebbe difficile da spiegare che il suo caro amico Connor che si è trasferito in Canada non esiste e il suo gesso lo ha firmato un altro Connor che è il ragazzo che lei stessa ha soccorso?

Evan continua a ripetere a se stesso che non vuole mentire eppure non fa altro che aggiungere nuove gocce alla marea di menzogne che già lo sballottano. Se continua così finirà in mare aperto e io non posso salvarlo.

"Suppongo che la nostra vita sia un po' ripetitiva. Che ne pensi se questa estate ce ne andiamo in un posto nuovo?"

Evan sospira, riprende a masticare piano piano, ingoia. "Come dovevamo fare la serata tacos?"

Cala il silenzio, Heidi si alza e se ne va, io ed Evan rimaniamo da soli a finire il toast. Non è facile, ma non posso davvero biasimarlo. Vorrei che lui e sua madre andassero più d'accordo, che Evan avesse una vaga idea di quanto è amato, ma suppongo che non sia pronto a crederci.


Sabato, sabato mattina il che significa niente scuola, ma significa anche che Evan sta buttando giù Facebook passando in rassegna tutti i Miguel Lionel degli Stati Uniti.

C'è un modo molto più semplice di raggiungerlo, ma suppongo che ci voglia troppo coraggio per me per dirglielo.

"Trovato, è lui!" Evan mi prende alla sprovvista mettendomi praticamente in faccia lo schermo del computer, il suo tono è fiero.

Le mie gambe già beh sì, morte, sembrano fatte di gelatina. Quegli occhi scuri non hanno smesso di brillare e i capelli leggermente più lunghi gli donano così tanto, specialmente perché sono un po' più voluminosi. La gola è secca. Aiuto, sto annegando, ma è una morte dolce.

"Lo contatto su Messenger" dice Evan e improvvisamente sembra tutto così sbagliato.

"Ho un'idea migliore..." mormoro a fatica. "Tua madre oggi lavora, il sabato Zoe prova con la banda, Larry va a giocare a golf con il suo amico Gordon e mia madre si sente sempre molto sola."

Evan mi guarda con un punto interrogativo al posto del volto. "Il mio cellulare è casa mia, ho il numero di Miguel salvato. Dobbiamo chiamarlo... se proprio abbiamo deciso di parlargli mi rifiuto di mandargli un altro messaggio."

Silenzio, poi realizzazione, poi la scelta di non dire niente, non ancora.

"Vai a casa mia, saluti mia madre, chiedi di avere il mio cellulare perché vuoi prendere delle foto che abbiamo fatto ad Ellison Park, resti per pranzo se ti gira, poi torniamo qui col mio cellulare che Cynthia ti permetterà di avere in prestito e chiamiamo Miguel."

Hansen annuisce, più come un robottino che altro, ma penso che per il momento mi vada bene.


Casa Murphy, di nuovo.

"Evaaaaannn" è con questo tono dolce e disperato che mia madre lo accoglie. "Entra, vuoi qualcosa da mangiare?"

Neanche a dirlo, potrei scrivere un copione su mia madre e recitarla.

"Sì grazie, Cynthia."

Evan entra in casa anzi mia madre lo trascina dentro stringendolo forte senza lasciarlo andare al punto tale che potrebbe soffocare, ma sembra stargli bene e io non sono nessuno per fargli la predica.

Quando qualche minuto interminabile dopo mia madre rilascia Hansen gli sorride, con gli occhi lucidi gli prende una mano. "Io e Larry ci stavamo pensando da un po'.." inizia a dire, quella pausa sembra infinita.

"Vorremmo darti delle cose di Connor...vestiti, libri, prendi quello che vuoi. Sono sicura che se potesse vederti vorrebbe esattamente la stessa cosa."

Hansen ride istericamente, probabilmente perché è capitata a fagiolo. A essere sincero non so se mi piaccia l'idea che le mie cose vengano date via in questo modo, ma capisco anche che è devastante entrare nella camera viva di un morto.

"Cynthia allora se non ti dispiace vorrei prendere il cellulare di Connor e un libro."

Cynthia sembra persino più entusiasta del solito. "Certo Evan, prendi tutto quello che desideri."

"Anche il muro Evan, se vuoi prendi anche il muro dalla camera di mio figlio" dico a metà tra scherzo e fastidio. Hansen trema.

"G-Grazie" mormora. Sale le scale e si ferma davanti alla stanza di Zoe, indugia.

"La mia camera è quella in fondo" gli faccio presente con un tono tagliente ed Evan come un soldato prosegue la marcia in quella direzione sudando freddo.

Apre la porta e con mia enorme sorpresa quello che troviamo è una serie di scatole e poche altre cose ancora esposte in camera. Suppongo stiano esternando il vuoto che ho lasciato.

E ora dove cazzo sta il mio cellulare? Già temo il peggio quando Hansen forse guidato da uno strano istinto apre il cassetto della scrivania e ne estrae il mio smartphone, un qualunquissimo Samsung Galaxy boh chi cazzo si ricorda. Ma la cosa bella dei Samsung è che hanno tutti lo stesso caricabatterie.

Io prendo il mio cellulare e vedo Evan chinarsi per prendere un libro sullo scaffale più in basso. Il mio cuore trema quando realizzo di cosa si tratta, pensavo che avrebbe preso "Nelle terre estreme" invece...

"I misteri di Pittsburgh?" domando.

"Ho prestato attenzione, è la sua copia, non gliela hai mai restituita. Posso farlo io per te."

Silenzio, annuisco, il mio cellulare è ancora carico, suppongo lo abbiano solo spento. Il PIN è rimasto uguale e così la password di sblocco e quella stupida immagine sullo sfondo. "Shit happens" in bianco su un monocromatico scuro come a ricordarmi costantemente la mia condizione miserabile.

Gli occhi vanno su WhatsApp, apro l'app e poi le conversazioni. Non ho mai avuto così tanti messaggi in tutta la mia vita.

Ci sono tributi e controtributi. C'è chi mi scrive addirittura tutti i giorni per chiedermi come sto. Bene, grazie, la morte è noiosa, ma Hansen è uno spasso. Mia cugina Janissa mi manda ancora i meme divertenti, mio cugino Lawrence mi scrive frasi motivazionali, probabilmente per dare forza a se stesso. Forse ho sottovalutato l'importanza che avessi per i miei parenti.

Ci sono una marea di messaggi da gente che non conosco che mi manda le condoglianze. Carino, non sapevo si facessero anche ai diretti interessati. C'è chi mi dice cose mai dette. C'è un certo Frank Cherlosity che mi scrive "Ciao Connor, suppongo che non ti ricordi di me, ma io sì e non ti ho mai dimenticato. Eri il mio migliore amico alle elementari e mi è dispiaciuto perderci di vista quando ho cambiato scuola. Suppongo che al tempo non avessimo modo di mantenere questo rapporto, ci siamo lasciati prendere dagli eventi. Che male scoprire che sei morto e come sei morto. Ti voglio bene, per sempre. Frank."

Boh, non ho una memoria così buona e l'ho anche fatta a pezzi con le canne, ma se mi sforzo forse forse mi ricordo un bambino che mi veniva a parlare nonostante tutto, nonostante tutti. Ricordo però che era piuttosto unilaterale, lui veniva a interessarsi a me e io lo liquidavo con due parole, forse perché non volevo che lo associassero a me, perché non volevo che anche lui venisse preso di mira.

Altri messaggi carichi di affetto, veri perché, un conto è scriverlo sui social, un conto è recapitarlo al diretto interessato chiedendo umilmente il mio numero a qualcuno, tipo i miei o Zoe, non mi vengono altre persone in mente. Che motivo c'è di scrivermi un messaggio privato e personale se non è sentito?

Finalmente la conversazione che stavo cercando. Le spunte blu che sono state troppo per me sono scomparse e al loro posto spicca la risposta. "Mi manchi anche tu." Recapitato alle 21:43. Un flash davanti ai miei occhi lo schermo del cellulare che si spegne con su scritto 21:42. Un minuto, un fottuto minuto dopo che ho fatto la stronzata. Sarebbe bastato un attimo in più e sarei ancora qui in carne e ossa.

Mi cade di mano il telefono, vado a fargli compagnia sul pavimento. Evan si precipita da me. "Che è successo? Che è successo, Connor?" lo sento domandare.

Le parole non funzionano, la mia voce si è ritirata. Allora Evan si limita ad abbracciarmi mentre tremo, prende poi il cellulare e cerca di sbloccarlo.

"21 04" gli dico con un sospiro. "Non ho così tanta fantasia..."

Immediatamente gli si apre la conversazione con Miguel, anzi con "Miguel ❤️" Che schifo. Quando sono diventato così romantico e ovvio?

Evan legge, sorride per motivi a me sconosciuti e si rialza tendendomi una mano. "Dobbiamo andare, dobbiamo andare subito. Ti ha scritto."

Non lo so, non so se sia qualcosa di cui felicitarsi, ma mi lascio alzare da terra e seguo Hansen che esce dalla mia stanza e quasi si butta giù per le scale.

"Cynthia, mia madre mi ha chiamato per un servizio. Sono desolato mi farò perdonare venendo a cena uno di questi giorni. Promesso."

Prima che mia madre possa replicare siamo già fuori alla porta.

"Ma che cazz?" provo a dire, ma Evan non risponde.

"Andiamo a casa, Connor."

Copia de "I misteri di Pittsburgh" e il mio cellulare alla mano ci incamminiamo verso casa Hansen. Nella mia testa domande che non riesco neanche a porre.

Evan chiude la porta alle sue spalle, si mette a sedere sul divano.

"Posso capire che ti prende?" gli domando.

Evan sorride, si porta entrambe le mani al cuore. "Connor, lui ti pensa, gli manchi. Non è bellissimo?"

Sospiro, non vorrei spegnere il suo entusiasmo, ma... "Evan.."

"Adesso potrete parlare e tornare insieme. Sarà tutto risolto, Connor."

"Ev-"

"Il vostro amore non è mai finito e avrai la possibilità di riscattarti e spiegargli cosa è successo."

Un nuovo sospiro, mi avvicino ad Hansen, metto le mani ai lati del suo viso come fa Gordon Ramsay in quel meme, lo guardo dritto negli occhi. "Evan, io sono morto."

La realizzazione lo colpisce come un fulmine, suppongo che continui a dimenticarsene.

"Che palle questo fatto!" si lamenta come un bambino capriccioso.

"Vuoi dirlo a me?!" inveisco.

Evan trema, poi si ricompone. "Scusami... volevo davvero che poteste avere un lieto fine..."

Sospiro, so che è mosso dalle migliori intenzioni per questo non lo attaccherò. "La mia storia è già stata scritta e io sono il cattivo, per i cattivi non c'è un lieto fine."

Stavolta è Evan a sospirare. "Connor, non sei il cattivo e lo sai. Le storie non hanno dei cattivi, dipende da chi le racconta, è chi le racconta a scegliere chi è il cattivo."

Silenzio, suppongo abbia ragione, eppure è difficile togliersi i vestiti che si è abituati a portare, slabbrati e consumati ciò nonostante comodi.

"Allora lo chiamo?" mi domanda con un dito già sul simbolo della chiamata.

"E chiamalo... che ti devo dire?" mormoro mentre il cuore si sta per fermar-ah già.

Evan mette il vivavoce, i primi due squilli a vuoto e poi.

"Connor!" con lo stesso entusiasmo di quando la sua bocca sapeva di pane e la mia di erba, ma a nessuno dispiaceva il connubio.

"M-Miguel Lionel?" domanda Hansen.

"Tu non sei Connor" freddo, distaccato, anticipatorio.

"No, ti chiedo scusa per non esserlo io. C'è una cosa che ho bisogno che tu sappia quindi per favore se non lo sei già, mettiti seduto, steso forse è anche meglio."

"Che succede?" allarme, panico.

Ecco, come si può dire questa cosa senza rischiare di dover mandare qualcuno al pronto soccorso d'urgenza?

"Sei seduto?"

"Chi cazzo sei? Dove è Connor?!"

"S-Scusami Miguel, ma ho davvero bisogno che ti segga."

"Dimmi prima chi cazzo sei!"

Evan sospira, si porta una mano sul petto per cercare di regolarizzare il battito, la copia del libro cade sul divano. "Sono Evan Hansen, io e te insieme eravamo i migliori amici di Connor."

"Io e Connor non eravamo solo amici" ribatte quasi offeso Miguel.

"No, questo lo so e..." il tono di Hansen si incrina, si spezza.

"Senti ho davvero bisogno che ti segga o stenda insomma che tu non stia all'impiedi e mi ascolti."

Miguel sembra capire la serietà della cosa, c'è una piccola pausa.

"Okay, sono seduto. Spara."

Evan sospira, racimola tutto il coraggio che ha per dire quelle parole. "Connor, Connor... Connor... Connor... Connor non è... lui ecco... non è... lui non è più... non c'è... Connor....Connor non c'è... non è più tra... ecco il fatto è che..."

È una scena straziante, viene anche a me onestamente da piangere per la mia morte. So che questo è un momento diverso è come se anche Evan lo stesse realizzando per la prima volta. Non posso che guardare in orrore tenendo una mano sulla bocca.

"Connor... Connor... è... non è... non è più tra noi" finalmente riesce a concludere Hansen.

Dall'altro lato non odo neanche più un respiro.

"Connor è volato in cielo" prova a dire con più sicurezza Evan per garantirsi che il messaggio sia arrivato.

Silenzio, silenzio, silenzio, poi un singhiozzo straziante.

"E-Evan, giusto?" la voce di Miguel è crollata.

"S-Sì..." mormora Hansen in lacrime.

"Dove sei adesso? Ti dispiace se vengo da te e ne parliamo da vicino?"

Evan mi guarda alla ricerca di una risposta, ma suppongo spetti a loro decidere.

"Possiamo vederci da qualche altra parte tipo a Ellison Park?"

Miguel ingoia, lo si sente chiaramente. "A-Arrivo."

Chiamata chiusa, panico nella stanza, ansia in ogni dove, ma Evan si alza dal divano e si avvicina alla porta. "Andiamo, Con. Non ci vorrà molto prima che arrivi."

Vorrei chiedergli in base a cosa lo stia dicendo, ma non è questo il punto adesso.


Un motorino parcheggia davanti al cancello di Ellison Park, la persona al volante si toglie il casco e io vedo il suo bellissimo viso rigato dalle lacrime.

"Miguel!" lo chiamo dimenticando che non può sentirmi.

Evan si alza dal muretto dove è seduto e gli va incontro, Miguel si avvicina camminando con quell'atteggiamento sicuro che lo ha sempre contraddistinto.

"Evan?" chiede timidamente in contrasto con l'andamento.

"S-Sì..." risponde a fatica Hansen.

"Piacere, Miguel... peccato per la situazione..." mormora Miguel tendendogli una mano. Hansen la stringe piano incerto su come procedere.

"Quando è il funerale?"

Hansen trema, si tortura le mani, guarda ovunque tranne che il suo interlocutore, poi si fa forza.

"Lo hanno già fatto praticamente il mese scorso..." dice.

"Che cazzo dici?!" domanda Miguel.

"Sono passate tre settimane... Connor ci ha lasciati l'undici di settembre."

Silenzio, lacrime, parole abbozzate. Poi Miguel abbraccia Evan e tutto sembra così confuso e perfetto al contempo.

"Come è successo?" chiede Miguel sottraendosi al contatto fisico.

"E-Ecco..." mormora Evan. "Connor... Connor si è suicidato..."

Sì, la storia la so, ma dalla bocca di Evan è come se la conoscessi e la capissi per la prima volta. Mi sono suicidato, mica poco.

"Quel coglione..." ride istericamente Miguel. "Che idiota...che stupido deficiente..."

Si siede sul muretto, si asciuga le lacrime, Evan prende posto al suo fianco, con il braccio sano abbozza una carezza dietro la schiena.

"Ti va se parliamo un po' di Connor?" chiede Miguel mentre le lacrime continuano a uscire dai suoi occhi incessantemente. "Ti dispiacerebbe dirmi dove è stato sepolto...? Voglio stare con Connor."

Evan sussulta, suppongo vorrebbe dirgli che sono qui, ma non può. Invece ricorda la zona cimiteriale che non aveva mai notato vicino proprio Ellison Park e dice a Miguel come arrivarci.

"Salta su, ho un altro casco"

Evan trema, il suo terrore della strada e dei mezzi per percorrerla, ma tremo anche io perché che invidia onestamente. Hansen che fa un giro sul motorino del mio ex ragazzo prima di me. In che senso?!

Dopo qualche istante Miguel riesce a convincerlo e faremo tutti finta che le mani di Hansen alla vita di Miguel non mi stiano facendo ribollire il sangue.

Il cimitero è lugubre come dovrebbe essere, cioè in realtà è anche carino, ma semplicemente i cimiteri non sono un posto con una bella energia vitale.

Per fortuna è aperto, per fortuna il guardiano ci lascia entrare e quando Evan chiede di me gli indica immediatamente la strada.

Ed eccoci davanti a una di quelle lapidi imponenti: la scritta elegante in oro che spicca sulla pietra dice "Connor Murphy 21-04-2000 - 11-09-2017."

Brividi.

Sulla lapide in una bella cornice anche essa dorata spicca quel cazzo di selfie benedetto che boh apparentemente è l'unica mia foto esistente.

Miguel cade in ginocchio sull'erba, suppongo abbia riconosciuto l'immagine. "Questa l'ho scattata io" dice.

Evan lo guarda in apprensione, si siede al suo fianco e ascolta.

"Dopo scuola andammo in un parco e facemmo questa foto...mi sembra un'eternità fa adesso che se ne è andato..."

Hansen annuisce, gli appoggia una mano sulla schiena, cerca di dargli conforto. "Hai detto che volevi parlare di Connor, io ti ascolto."

Miguel lo guarda teneramente, gli asciuga le lacrime a sua volta. "Scusami, mi sto comportando come se stessi soffrendo solo io."

Hansen scuote la testa, accenna un sorriso. "Io ci convivo da un po', a te è più fresca" dice.

Miguel sospira, accenna un sorriso a sua volta. "La prima volta che sono andato a casa sua ho subito notato che una cosa non andava. "Non c'è una sola bandiera del pride. Sai dirmi perché?" gli dissi. "Non lo so... suppongo che i miei se ne farebbero una ragione..." mi rispose. Mi ci volle qualche istante per realizzare che a differenza mia era ancora nell'armadio, ben lontano da far coming out. Sai, Evan, non mi teneva nemmeno la mano in pubblico, quindi pensavo che... ma invece... "Non mi spaventa quello che provo per te" disse. "Non provo vergogna per la mia sessualità. Semplicemente non so quale è la mia bandiera e mi sembra stupido comprarne una quando potrebbe non essere neanche accurata." "

Ogni singolo ricordo è lì, vivo all'angolo del muro di camera mia, quello dove siamo finiti più volte a scoprirci e scrutarci l'anima.

"Il mondo non gira a torno a te, M."

"Stai zitto, stupido uomo bianco."

Era il nostro modo di stuzzicarci. Per chiunque sarebbero sembrati insulti, ma per noi non esistevano parole più dolci.

"È uno dei ricordi più belli che ho con Connor. Il tono della sua voce sereno e sicuro, le sue mani calde per una volta, il sorriso. Avrei voluto che potesse essere così in eterno e sempre."

Evan sorride, si scioglie vivendo ricordi di cui non fa parte.

"Connor stava imparando lo spagnolo per me. Amava l'idea di avvicinarsi alla mia cultura, alle mie origini, ma dopo due mesi tutto ciò che sapeva dire era "hola" e neanche con l'accento giusto."

A tutti e tre scappa una risata. Quella lingua davvero non mi entrava in testa. Provavo e riprovavo, ma ogni volta pensavo a quanto fosse sensuale sentirlo parlare e non capire una parola. Poteva anche insultarmi mi sarei eccitato ugualmente.

"Poi un giorno mi disse un imbarazzante "tu es muy guapo" e capii che a suo modo stava facendo progressi da entrambi i fronti. La lingua e noi..."

Evan annuisce, fa tesoro di ogni singola condivisione.

"Quanto sai?" chiede improvvisamente Miguel.

"Tutto" dice Hansen con sicurezza. "Almeno la versione di Connor."

"Quindi sicuramente non ti ha detto che l'ho tartassato di messaggi cercando stupidamente di rimettere su il ponte che ci collegava, vero?"

Hansen tace, Miguel trae le sue conclusioni.

"Lo sospettavo, Connor racconta le storie sempre come gli convengono e non dice la verità."

Miguel sospira, butta il petto in fuori.

"Io l'ho spaventato e lui mi ha chiuso la porta, scommetto che a te ha raccontato che sono stato io a sbattergliela in faccia e che lui ha continuato ha bussare a lungo..."

Evan scuote la testa, mi ha ascoltato quindi sa perfettamente come rispondere. "No, penso che Connor avesse capito, ma non sapesse comunque riaprire la porta."

Miguel sorride, sembra più leggero. "Vorrei potermi rimangiare quelle parole. Vorrei chiedergli cosa ho detto che lo ha fatto sentire un peso, che lo ha fatto sentire rotto. Vorrei dirgli che da quando se ne è andato mi sento come se non avessi le ossa. Che non ho capito cosa è successo e perché è stato irreparabile. Era un partner meraviglioso e non avevo mai vissuto niente di simile con nessuno. Non gli avevo mai chiesto di essere il mio ragazzo o la mia ragazza. Insomma penso tu sappia anche questo, che tu sappia di Connie... se eri davvero il suo migliore amico non può non avertelo detto."

Evan annuisce e Miguel riprende a parlare. "Non l'ho mai fatto, non ci sono mai riuscito, avevo il terrore del rifiuto. Con mi trattava come se fossi tutta la sua vita, ma appena le cose si facevano serie sembrava che non gli importasse niente. Questo spaventava me. Suppongo fosse un meccanismo di difesa che lo costringeva a distaccarsi nel terrore che tenerci lo avrebbe ferito, che io lo avrei ferito. Cazzo, io stavo accarezzando il suo cuore e lui mi alzava uno scudo. Non gli potevano arrivare quelle coccole, non fino in fondo. Non sono stato capace di dargliele."

Evan sospira, io ho le lacrime agli occhi. I suoi occhi mi scrutano, mi parlano. Questo è il momento in cui devi dire qualcosa.

"Connor mi ha scritto una lettera prima di andarsene..." mormora Evan. "Mi ha detto di cercarti e parlarti, mi ha chiesto di essere il suo portavoce e consegnarti questo messaggio oltre che questo libro."

Miguel prende tra le mani "I misteri di Pittsburgh" e scoppia in nuovi singhiozzi anche più violenti.

"Questo è il suo modo per rimanere al tuo fianco."

Miguel stringe al petto il libro, bacia la copertina, sfoglia le pagine immergendoci il viso come se fosse alla ricerca di qualcosa di preciso.

"Piccolo leone..." mi faccio forza per parlare.

"Ci sono tante cose che vorrei dirti, ma alcune sono più importanti di altre. Non è stata tua la colpa, ma mia, era il tuo cuore quello che si era messo in gioco e io ho mandato tutto a puttane. La tua unica colpa è stata credere di potermi salvare e lasciarti contaminare dal mio marciume. Però, nonostante questa premessa, nonostante tutto quello che vorrei aggiungere una cosa non posso non dirtela. Io ti amo e sono stato felice con te. Mi dannerò in eterno per averci separati, ma in un'altra vita forse non ti perderò. Asciuga le tue lacrime piccolo leone, prendi in mano la forza che ti ha sempre caratterizzato e cammina a testa alta. Il mio cuore è con te anche se ha smesso di battere."

Evan riporta le mie parole a scatto ritardato e ogni singola frase sembra una freccia nel cuore di Miguel. Mi avvicino a lui, asciugo le sue lacrime mentre mantiene gli occhi chiusi. Bacio le sue labbra per l'ultima volta. Non avevo mai detto ad alta voce di amarlo, sembra una specie di magia, così intensa e speciale. Un segreto urlato al mondo intero.

"Evan... potresti darmi quella lettera? Voglio tenerla per sempre, voglio leggere il messaggio che mi ha lasciato con le sue parole."

Hansen sussulta, realizza che dovrà scrivere un'altra mail finta. "Una parte della lettera è indirizzata solo a me. Se vuoi te ne faccio una copia di questo punto preciso e te la faccio avere."

"Sarebbe bellissimo..." mormora Miguel singhiozzando.

"Anche io ti amo, Con" sussurra avvicinandosi di più alla mia lapide. "Anche se sei una testa di cazzo."

Brividi intensi, lacrime. Lo sapevo, ma ora lo so davvero.

"Connor sentiva di dipendere da te e non gli piaceva. Voleva una relazione sana, ma la stava intossicando, ha preferito lasciarti andare perché ti stava facendo del male" spiega Evan, non avrei saputo dirlo meglio.

"Lo so... io ho provato a salvarlo più volte, ma quando ho capito che non potevo... non puoi salvare chi non vuole essere salvato. Mi sento in colpa, è colpa mia se è finito in riabilitazione. Altro che coraggioso, sono un codardo che si è mantenuto pulito mentre Connor ha passato l'inferno per qualcosa che non aveva neanche fatto. L'ho ucciso io, Evan? È così?"

Hansen scuote la testa prendendolo per le spalle, si rivede chiaramente in quelle parole. "No, Miguel. Connor era già morto da tempo, tu lo hai reso uno zombie felice per un po'..."

Miguel ridacchia, forse per un'immagine. I suoi occhi grondano dolore.

"Quando l'ho conosciuto era completamente solo... questa cosa mi terrorizzava ed era anche il motivo per cui non riuscivo a lasciarlo andare. "Ha solo me" continuavo a ripetermi. Tenere la stretta però mi stava segando la mano, mollare mi ha liberato. Sono felice che abbia trovato te, che qualcuno sia riuscito in ciò che non mi è stato concesso."

Evan non parla, io neanche.

"Quando vi siete conosciuti?"

"Ci conosciamo da una vita, ma siamo diventati amici a fine maggio o inizio giugno..." cerca di rispondere Hansen.

Miguel sospira, si appoggia con una mano alla lapide. "È quando ci siamo lasciati..."

Evan sospira a propria volta, più sollevato che altro.

"Senti ti dispiace scambiarci i numeri così magari qualche volta ci vediamo e parliamo un po' di Connor? Penso che a lui farebbe piacere se due persone importanti della sua vita divenissero amiche."

Hansen mi guarda in cerca di approvazione. "S-Sì..." mormora poi una volta ottenuta.

Suppongo sia ora di andare, lo deduco dal fatto che Miguel si è alzato ed Evan lo ha seguito.

Il mio ex ragazzo continua a sfogliare quel libro come se nascondesse un bellissimo segreto mentre cammina verso l'uscita del cimitero. Gira l'ultima pagina e finalmente...

"Oh Con... che zucchero..." mormora fermandosi di scatto.

Sembra aver trovato ciò che cercava.

Evan si sporge per guardare mosso dalla curiosità, io a mia volta scruto lì dove si è posato lo sguardo di Miguel.

Rossore, che fottuto imbarazzo. Una pagina tappezzata di "M+C" e almeno otto "Ti amo Miguel", senza contare i "Miguel + Connor insieme per sempre."

Suppongo avessi tredici anni e non me ne fossi reso conto.

"È una cosa dolce" commenta Hansen.

Miguel annuisce e lascia un bacio su una delle scritte. "Connor sapeva essere molto dolce."

Evan sorride, sul suo volto sembra esserci consapevolezza di ciò che è stato appena affermato.

"Evan, lo so che Connor è stato male e so anche che entrambi abbiamo fallito nella missione impossibile di salvarlo, ma dimmi... era felice con te? Almeno ogni tanto?"

Hansen mi guarda, la risposta la devo dare io. Beh -mi fermo a pensarci per qualche istante- all'inizio avrei augurato ad Hansen di crepare, ma poi pian piano abbiamo imparato a conoscerci, a capirci e a volerci bene. Ci siamo scoperti più simili di quanto non speravamo e mi ha regalato delle bellissime emozioni. L'amicizia più strana che sia mai esistita onestamente, ma anche la più bella.

"Sì" rispondo. Evan lo dice per me.

"Mi fai sentire normale..." sussurro.

Evan sfodera un sorriso ampio. "Anche tu" dice.

Miguel lo guarda perplesso, poi gli sorride comunque in cerca di una spiegazione. "Anche tu lo hai reso felice."

Il conto è saldato.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Teatro e Musical > Altri / Vai alla pagina dell'autore: arashinosora5927