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Autore: NightSilence    03/07/2021    0 recensioni
Ilae e Naev sono le uniche due figlie del sovrano del Regno del Buio. Essendo sorelle gemelle, hanno sempre condiviso tutto, anche il dolore della perdita della madre. Al compiere dei loro vent'anni arriveranno alla prestigiosissima Accademia di magia, per uscirne poi preparate ad ereditare il regno del padre come future regine e sposare i loro promessi sposi, i principi Azriel e Rhysand. Scopriranno che le due sezioni nelle quali la scuola smista i suoi studenti, nascondono molti segreti, a cominciare dal fatto che gli studenti appartenenti a sezioni diverse non si sarebbero mai potuti sposare o avere relazioni, a causa di una potente maledizione che si scaglia su chi trasgredisce la regola. Quando Azriel e Rhysand spariscono inspiegabilmente rapiti da una misteriosa organizzazione di ribelli, le due ragazze cominceranno a capire di star sviluppando degli strani poteri, che non c'entrano proprio nulla con quelli del padre che avrebbero dovuto ereditare insieme al regno a seguito dell'assegnazione della loro pietra magica. Attraverso sogni e incubi potrebbero riuscire a comprendere cose mai svelate del loro mondo, e forse non solo di quello.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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•Prologo•

•••

Il ragazzo rabbrividì, stringendosi nella lunga giacca. Percepiva il gelo penetrargli fin dentro le ossa, cristallizzando i vasi sanguigni e trasformando il respiro in piccole nubi congelate. Non vedeva l'ora di mettersi a fare qualche cosa e scaldarsi un po'. Si sentiva inutile standosene lì fermo impalato, seduto sul moncone di quella che un tempo era una colonna.

Il tempo pareva essersi dilatato all'infinito da quando l'uomo più anziano si era messo a fare, beh qualunque cosa stesse facendo: pregare? Meditare? Richiamare i morti? Qênān non ne aveva la più pallida idea, sapeva solo di starsi annoiando. Non succedeva nulla:
il giardino era avvolto nel silenzio più totale. Anche sforzandosi di tendere l'orecchio tutto gli arrivava ovattato, come se i rumori degli animali notturni fossero solo un canto lontano. Perfino il vento pareva essersi placato.

Mentre si arrampicavano maldestramente lungo il ripido sentiero che portava fino al vecchio tempio ormai in rovina, ricordava di aver dovuto far particolare attenzione a come si muoveva per non venire spazzato via, mentre adesso nemmeno una leggera brezza gli scompigliava i capelli scuri già arruffati di loro. Gli era stato ordinato di non parlare o fare qualsiasi altro rumore fino a che non gli fosse stato dato il permesso, e questo non fece che aumentare l'impazienza del ragazzo. Non poteva nemmeno lamentarsi, che diamine! Per lo meno avrebbe potuto respirare un po' di aria fresca invece di quella stantia e soffocante della sua torre dalla quale non poteva nemmeno osservare gli alberi e il cielo.

Per molto tempo quelle due cose, insieme a tante altre, per lui non erano stati altro che qualcosa di sentito raccontare dal padre quando da piccolo lui gli chiedeva insistentemente di dirgli ancora e ancora com'era il mondo là fuori, oppure, nelle immagini dei tomi che gli venivano portati per passare il tempo quando ancora non era in grado di leggere.

Alzò gli occhi facendo perdere lo sguardo per l'infinita distesa blu trapuntata di stelle sopra di loro che faceva capolino dalla cupola sfondata che li sovrastava.

Voleva imprimersi per bene quell'immagine nella mente per quando sarebbe stato di nuovo rinchiuso in quella cella buia che chiamava casa, l'unica che aveva mai conosciuto. Se tutto avesse funzionato quella sera magari non ci sarebbe più dovuto tornare.
In qualche modo era fiducioso, dentro di se sapeva che sarebbe successo qualcosa.
Doveva essere così.

Una leggera pellicola irridescente si interpose tra lo sguardo di Qênān e l'amato cielo.

•••

Dopo una ventina di minuti, Qênān riportò gli occhi sull'anziano che, dopo un tempo che gli parve interminabile, finalmente si stava alzando. Dovette puntellarsi con una mano sul ginocchio per riuscire a mettersi in piedi ma crollò di nuovo ad affondare nel fango per un violento attacco di tosse. Non era di età troppo avanzata, ma i segni del tempo scavavano ormai prepotentemente sul suo viso e la salute piano piano lo stava abbandonando rendendolo ogni giorno sempre più debole.

Qênān si alzò di scatto dalla sua postazione e prontamente afferrò l'uomo per le spalle facendolo sedere.

-Padre, state bene?-

Lui gli fece cenno di calmarsi con una mano. Respirava a fatica e gli occhi lattiginosi si erano fatti lucidi.
-Preparati ragazzo. Rammenta quello che ti ho spiegato- disse semplicemente tamponandosi le labbra con un fazzoletto.
Lo ripiegò e lo ricacciò in tasca con furia senza curarsi delle goccioline di sangue che lo tingevano.
Qênān era riluttante a lasciare lì l'uomo, ma sapeva che era inutile provare a discutere con lui.

Si sfilò la giacca, rimanendo con la sola camicia a proteggerlo dal freddo notturno, e la posò sulle spalle del padre.

La barriera di protezione che aveva creato poco prima gli aveva prosciugato le energie, ma non bastava a salvarli dal freddo, perciò non voleva che le sue condizioni peggiorassero ulteriormente, non era che erano arrivati così vicini al loro obiettivo.

Fece come gli era stato ordinato e si posizionò al centro della porzione circolare di ciò che rimaneva del pavimento, in corrispondenza dell'occhio della cupola, ora occupato dal rotondo viso della luna piena.
Appoggió le ginocchia a terra insieme ai palmi delle mani, chiuse gli occhi e iniziò a concentrarsi sul respiro.

Inspira.
Trattieni.
Espira.
Uno, due, tre.
Inspira. Uno.
Trattieni. Due.
Espira. Tre.

Continuò così per un paio di minuti, durante i quali non successe molto, ma presto sentì il corpo irrigidirsi. Diventava sempre più faticoso continuare a mantenere il ritmo, ma continuò fino a che non percepì il suo corpo vibrare. Era come se migliaia di formiche gli stessero marciando sul corpo.

Inspira. Trattieni. Espira.

Sentiva suo padre esclamare di gioia, ma era lontano, troppo lontano per capire cose stesse dicendo.
"Non perdere la concentrazione", si disse. Il suo corpo bruciava, faceva male, ma strinse la mascella e continuò.

Dalle palpebre riusciva a intravedere i raggi lunari farsi sempre più intensi, illuminando a giorno i ruderi del tempio, scottandogli la pelle più del sole a mezzogiorno.

Perle di sudore rotolavano lungo la pelle scoperta evaporando al contatto con quel calore innaturale. Il fiato gli si mozzò in gola. Il cuore mancò un paio di battiti mentre veniva investito da una improvvisa scarica di energia che gli fece perdere il controllo. Poi una seconda e una terza.
Il dolore dal petto si era propagato fino ad arrivare alla testa per prendere controllo dell'intero corpo.

Cercò di staccare le mani dal pavimento ma queste gli parvero quasi incollate ad esso, come se questo le stesse trattenendo verso il basso. Concentrò le poche energie che gli erano rimaste nelle dita e tirò più forte finendo per rotolare all'indietro. Attese immobile di riprendere controllo del proprio corpo e di riuscire ad avere le forze necessarie di riuscire per lo meno a muovere la testa.

Il sangue gli rimbombava e fischiava nelle orecchie e la vista gli si era appannata, dovette sbattere qualche volta le palpebre per riuscire a riacquistare la vista normale. Si sentiva invecchiato di almeno un centinaio di anni, un vecchio eremita matusalemme le cui ossa cigolano come se stessero per staccarsi da un momento all'altro ad ogni più piccolo movimento.

Era proprio così che si sentiva mentre tentava faticosamente di mettersi prima a carponi, e successivamente in ginocchio, e poi in posizione eretta.

Dovette darsi qualche secondo di pausa a metà per via di un forte capogiro. Quando alla fine riuscì a riacquistare il suo contegno, si spazzolò i vestiti e solo quando alzò la testa si rese conto di essere solo.

•••

   
 
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