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Autore: crazy lion    08/07/2021    1 recensioni
Taylor e Joe si sono appena sposati. Stanno mettendo via le decorazioni natalizie assieme alla madre di lei, Andrea, ma non sanno ancora cosa succederà quando troveranno due vecchie bambole.
Storia stilata con _Malila_Pevensie.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.
Genere: Fantasy, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Taylor Swift
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TAYLOR E LE BAMBOLE

 

CAPITOLO 1.

 

GIORNO 1

 
Taylor e Joe si erano sposati ed erano tornati da poco dalla luna di miele alle Maldive. Erano state due settimane meravigliose, nelle quali avevano potuto godersi il sole e il mare in libertà.
"Mamma, ci aiuti a disfare l'albero?" chiese la ragazza.
Andrea la guardò stranita.
"Mi sembra assurdo che dobbiate ancora smontarlo. È la fine di gennaio!"
"Lo sappiamo," intervenne Joe, "ma abbiamo pensato di tenerlo fino a dopo la luna di miele per dare ancora un'idea di festa."
"Comunque certo, vi aiuto."
Lavorarono di buona lena e rimisero tutto negli scatoloni, poi li portarono in soffitta. Taylor stava rimettendo a posto tutto, quando notò qualcosa su una mensola impolverata.
"Che cos'è?"
"Non lo so, Joe, ora guardo."
Spostò alcuni vecchi libri. Lì dietro c'erano due bambole di porcellana.
"Non ci posso credere!"
La ragazza spalancò la bocca.
"Sono le bambole che avevi da bambina" disse sua madre.
"Sì. Joe, te le presento. La più piccola è Valentina e l'altra è Hannah."
Erano entrambe vestite di bianco, con una gonna che arrivava loro fino ai piedi. Avevano gli abiti impolverati ma ancora in buono stato e i capelli biondi sciolti che ricadevano loro lungo le spalle. Per il resto erano perfette, la porcellana non si era né rotta, né tantomeno danneggiata.
"Sono molto belle, con una ripulita saranno ancora meglio" commentò Joe. "Ci giocavi molto?"
"Non tanto. Erano fragili e dovevo stare attenta, ma sono appartenute a mia madre prima di me e le ho sempre tenute nel cuore."
"È una cosa molto dolce quella che hai detto, amore" disse Andrea.
"Grazie, mamma."
"Come mai hai dato a una bambola un nome italiano?"
"Mi piaceva, Joe. Suonava bene" disse Taylor. "Mia mamma le chiamava in un altro modo, Ester e Janine, se non sbaglio, ma non mi sembravano molto carini, così li ho cambiati."
In quel momento, tutti ebbero l'impressione che la gamba di una delle due bambole si fosse mossa.
Sarà solo un'idea assurda pensò Taylor.
Eppure, ora anche l'altra si stava muovendo, aveva alzato un braccio.
"Ma che succede?" chiese Joe, guardando le bambole come se fossero state indemoniate.
Poi tutto si fece nero e i tre svennero.
Si risvegliarono quando sentirono dei pianti.
"Che è stato?"
Taylor fu la prima a parlare, si tirò su a fatica e controllò di non aver sbattuto troppo forte la testa. Non c'era nessun bernoccolo, per fortuna. Anche Andrea e Joe si alzarono.
"Siamo svenuti, ma non ho capito perché" disse la donna. "E poi cosa sono questi…"
Tutti alzarono gli occhi verso la fonte del rumore. Al posto delle bambole, su quella mensola in alto c'erano due bambine. Due bambine vere.
I tre le guardarono scioccati. Taylor fu la prima ad avvicinarsi, alzò le braccia e le prese in braccio una alla volta.
"Shhh, tranquille, non piangete" le consolò con voce dolce.
Doveva ancora superare lo shock, ma non aveva potuto lasciarle in quelle condizioni. Se fossero cadute si sarebbero fatte molto male.
La più grande smise di piangere subito e sorrise alla ragazza, mentre la più piccola, ancora fra le sue braccia, non faceva che strepitare.
"Mi spiegate com'è possibile questa cosa?"
Joe appariva sconvolto. Era impallidito all'improvviso e si era fatto serissimo.
"Non lo so," disse Taylor cullando Valentina, "ma è inutile chiederselo. Si sono trasformate in due bambine vere per qualche motivo che, probabilmente, non scopriremo mai. Però è assurdo. Ora che facciamo?"
Tutti guardavano le bambine con gli occhi sgranati.
Le portarono in salotto.
"Sono una bambina vera!" esclamò Hannah e si pizzicò un braccio. "Ahi! Sono vera sul serio. Posso parlare, muovermi" continuò, parlando a macchinetta e iniziando a saltare.
Contagiata dalla sua allegria, anche Valentina si agitò fra le braccia di Taylor.
"Come hanno fatto a trasformarsi?" chiese la ragazza.
"Eh?" fece la più piccola delle bambine, imitando il suo tono.
Taylor scoppiò a ridere.
"Stai bene, piccola?" chiese Andrea alla più grande.
"Sì, ho solo voglia di giocare! Giochiamo?"
Saltellò sul posto, battendo le manine, e la sorellina la imitò in questo secondo gesto.
"Certo, ora facciamo un bel disegno. I grandi devono parlare."
Taylor notò che la mamma cercava di comportarsi in modo normale con la bambina, trattandola come qualsiasi altro bimbo e non come una bambola appena trasformata. La portò in cucina e la fece sedere, poi prese dei pennarelli e un foglio.
"Cosa vuoi disegnare?"
"Un castello e una principessa."
La cantante sorrise nel sentire la voce dolce della più piccola, ma quella di Joe la riportò alla realtà.
"Che facciamo?"
"Le teniamo finché non si ritrasformano."
"Taylor, tu la fai facile. Non sembri nemmeno scossa da quello che è successo."
Aveva alzato la voce, ma non urlato.
"Uah uah uaaah" fece la piccola, guardandolo.
La ragazza sospirò.
"Lo sono, in realtà. E molto. Non ho mai visto una cosa del genere, fino a poco tempo fa pensavo che fatti come questi potessero esistere solo nei film o nei libri. Ma ora la situazione è questa, non possiamo farci niente."
"Dobbiamo chiamare la polizia o i servizi sociali, affidarle a loro."
"Hai ragione." Fece una pausa. "Ma se si ritrasformassero? Come lo spiegheremmo ai poliziotti o agli assistenti sociali? Non ci crederebbero."
"È vero. Posso prenderla in braccio?"
Taylor gliela passò con calma.
"Uah!" esclamò la bambina, poi scoppiò a ridere mentre giocava con un angolo della camicia di Joe.
"Tutto questo è surreale" mormorò Taylor. "Non abbiamo niente qui, per prenderci cura di loro, soprattutto della più piccola. E poi non ho moltissima esperienza nella cura di un bambino così piccolo; l’ho fatto una sola volta in vita mia."
Intanto Valentina accarezzava i capelli di Joe e gorgogliava.
"C'è una mia amica che fa la pediatra. Portiamole a lei per un controllo" propose il ragazzo. "Le spiegherò la situazione. Siamo amici fin dall'infanzia, mi crederà se capirà che sono serio."
"Sei sicuro?"
"Sì. Vado a chiamarla."
Ridiede la bambina a Taylor, che si accomodò sul divano con lei in braccio.
"Guarda che bel disegno ho fatto, mamma!" esclamò Hannah correndole incontro.
Le due bambine avevano cambiato vestiti. Non indossavano più le gonne di prima ma due tutine rosa molto carine. Il disegno raffigurava un castello con dentro una principessa vestita di azzurro e la corona in testa.
"È bellissimo, tesoro" disse la cantante sfiorandole la testa. "Come si chiama questa bella signorina?"
"Ashley. E io da grande voglio essere come lei. Posso, vero?"
"Ma che bel nome! E certo, puoi essere tutto quello che vuoi."
"Posso chiamarti mamma?"
Taylor sorrise.
"Ma certo. E Joe papà."
"Che bello! Che bello! Che bello!"
La vivacità di quella bimba era incredibile.
"Taylor, che avete deciso di fare?"
La ragazza lo spiegò alla madre.
"Fate bene a farle visitare. Io vado, ti chiamo dopo."
Guardò le bambine ancora sotto shock, poi salutò la figlia con un abbraccio e se ne andò.
"Ho detto alla mia amica che sono figlie di amici che ci hanno autorizzati a portarle a una visita, ma non ce l'ho fatta a raccontarle la verità."
"Ti ha creduto?"
Lui annuì.
"È questa la cosa importante."
"Perché dovete dire una bugia? Le bugie non si dicono" intervenne Hannah.
"Perché prima eravate bambole e vi siete trasformate. Da noi queste cose non esistono" le spiegò Joe con dolcezza.
"Io ho quattro anni, mia sorella uno, ma non sa ancora camminare bene" riprese la bambina.
In quel momento Meredith, Olivia, Benjamin Button e Merlin si svegliarono dal loro riposino sulla poltrona e il divano.
"Gatti!" esclamò Hannah correndo loro incontro.
Anche Valentina camminò verso i mici.
"Bambine, li accarezzeremo dopo. Ora lasciamoli mangiare, d'accordo?"
"Va bene, papà."
Poco dopo partirono. Taylor salì dietro tenendo Valentina in braccio, mentre Hannah le si mise vicino. Il viaggio in macchina fu tranquillo, anche se per la ragazza era strano farlo con due bambine. Non era abituata a stare con i piccoli, anche se le piacevano e se avrebbe adorato averne di propri.
"Dove andiamo?" chiese Hannah.
"Da una dottoressa, per capire se state bene" le spiegò Taylor.
"No!" La piccola si sporse in avanti, fortunatamente aveva la cintura. "No, poi mi mette l'ago e mi fa male."
Tremava da capo a piedi e la ragazza si intenerì.
"Non succederà, ne sono sicura."
"Sì invece, non ci voglio andare!" insistette la piccola.
"Ascolta." Le prese la manina nella sua. "Facciamo così. Se ti punge, ti do un cioccolatino, d'accordo?"
"D'accordo."
Hannah sorrise all'idea della cioccolata.
A quale bambino non piace? pensò Taylor.
Lo studio della dottoressa Harris era ampio e arioso, con due grandi vetrate che davano su un giardino ben curato. Joe, Taylor e le bambine dovettero aspettare il loro turno, ma dopo una decina di minuti la donna li chiamò dentro. Era sulla trentina, aveva i capelli neri e gli occhi dello stesso colore.
"Ciao, ragazzi" li salutò e li fece accomodare su tre poltroncine.
Le bambine si guardavano intorno con curiosità.
"Chi ha fatto quei disegni?" chiese la più grande.
"I bambini che vengono qui, poi io li appendo. Puoi farne uno anche tu, se vuoi."
"Sì! Mi piace disegnare. Io mi chiamo Hannah e lei è Valentina."
La dottoressa sorrise.
"Lo so."
"Come fai a saperlo?"
"Me l'ha detto un uccellino. Ora, mentre tu disegni, visito la tua sorellina." Si rivolse agli adulti. "Come mai le accompagnate voi e non i loro genitori? È strano."
"Come ti ho detto sono in luna di miele e volevano che le bambine facessero un controllo generale."
"Capisco. Vediamo allora."
Controllò la respirazione di Valentina, le auscultò il cuore, le guardò gli occhi, la bocca, il naso e i genitali, poi la misurò e la pesò.
"È tutto a posto, questa bambina è sanissima e sta benissimo. I bronchi sono liberi, il peso è quello giusto e sta crescendo bene. Ha già un dentino, pian piano spunteranno anche gli altri."
Anche Hannah stava bene e, siccome era stata brava, le diede un leccalecca colorato, che la bambina prese a succhiare con gusto.
"Sa di arcobaleno!" commentò, divertita da quell'esplosione di colori.
"Certo, piccola. Buono, vero? Comunque sia, potete dire ai genitori che possono stare tranquilli."
"Grazie" rispose Taylor, che si alzò con la bambina più piccola in braccio.
"Vieni, amore." Joe prese la più grande per mano. "Andiamo a casa."
"Che ne dici di fare un po' di shopping, invece?" domandò Taylor. "Non abbiamo niente per loro.”
"Hai ragione. Andiamo."
Lei era preoccupata. Se ci fossero stati giornalisti o paparazzi davanti al centro commerciale? Non appena i due scesero dall'auto, le sue paure risultarono fondate. Subito vennero scattate loro centinaia di foto.
"Chi sono quelle bambine?" chiese una donna. "Le avete adottate senza dire niente ai fan?"
Joe rispose rifilando la motivazione che avevano deciso.
"E per quanto staranno con voi?" domandò un uomo.
"Qualche giorno" rispose Taylor.
"Ho paura" disse Hannah avvicinandosi alla ragazza e stringendole la mano così forte da stritolargliela. "Chi sono queste persone? Cosa vogliono?"
Fra le braccia di Joe, Valentina cominciò a piangere.
"Ce la farete a gestire il lavoro e due bambine?" domandò qualcun'altro.
I due si guardarono. Dovevano andare via da lì, le bambine si stavano spaventando.
"Prenderemo una pausa dalle nostre occupazioni" rispose la cantante.
"Cosa sono le occupazioni?"
"Il lavoro, Hannah."
La bambina annuì.
I quattro riuscirono ad allontanarsi da quella folla con un po' di difficoltà. Dentro il centro commerciale, per fortuna, nessuno li riconobbe né li disturbò. Comprarono abiti per qualche giorno, pannolini, un biberon, un lettino per Valentina, latte vaccino – che si poteva dare ai bambini dopo l’anno –, cereali da scioglierci dentro e molto altro. Una volta a casa erano tutti stanchi.
"Vado a cambiare la bambina."
"Ti aiuto, Tay, aspetta. Hannah, vuoi guardare la televisione?"
"Sì, i cartoni."
Joe sorrise e la accese.
"Va bene Tom e Jerry?" chiese, dopo aver messo su un canale a caso.
"Non l'ho mai visto."
"Allora goditelo, io vado ad aiutare la mamma un momento."
Non avevano comprato un fasciatoio, quindi distesero la bambina su un tavolino con sotto un asciugamano, poi le tolsero i pantaloncini e le alzarono la maglia.
"Vediamo se ricordo come si fa" mormorò Taylor mentre apriva la confezione delle salviettine umidificate. "Badare alla piccola Daisy mi avrà pur insegnato qualcosa."
La ragazza osservò la confezione di pannolini comprata quella mattina, rammentando la volta in cui si era presa cura della figlia di Katy Perry. Doveva solo pensare a come aveva fatto in quell’occasione.
"Io non ho mai fatto nulla di simile. Ma penso che si debbano staccare le linguette, all'inizio."
Taylor sorrise al marito.
"Allora è l’occasione di imparare. Prova."
Fu quindi Joe a occuparsene, poi fece aderire la parte davanti con quella dietro e tolse il pannolino chiudendolo bene. La bambina non fece che muoversi e ridere.
"Sta' ferma!" esclamò il ragazzo, mentre lei scalciava.
"Joe, è una bambina di un anno, che ti aspetti?"
Taylor la ripulì e le mise il borotalco e il pannolino pulito. La piccola non fece che agitarsi, ma alla fine i due erano riusciti in quella sorta di impresa.
Quando tornarono in salotto, non trovarono più la bambina.
"Dove sei?" chiese la cantante.
Joe le si avvicinò e le parlò all'orecchio.
"Si è nascosta. Sta giocando con noi."
Taylor sorrise.
"Non so proprio dove si è nascosta la piccola Hannah" considerò, alzando di più la voce.
Mise Valentina a terra e la piccola prese a camminare piano per la stanza, poi provò ad arrampicarsi sul divano. Si inginocchiò e si aggrappò alla stoffa, poi si diede lo slancio e vi salì.
"Bravissima!" esclamò Joe battendo le mani.
"Dove sarà Hannah?" continuava Taylor.
La bambina rideva, ma lei fingeva di non sentirla.
"Non è dietro il divano" disse Joe.
"E nemmeno dietro la poltrona."
Taylor guardò in cucina, ma non si trovava nemmeno lì, poi andò in salotto e la trovò sotto il tavolo.
"Presa!" esclamò, ma la bambina fu più veloce e sfuggì alla sua stretta, correndo per il salotto come impazzita e ridendo a crepapelle.
"Adesso ti prendo!" esclamò Joe, lanciandosi all'inseguimento, mentre Taylor stava attenta che Valentina non si cacciasse nei guai.
Aveva comprato anche dei giocattoli, così le diede una bambola e una spazzola.
"Ora la pettiniamo, guarda."
Le insegnò come si faceva e la bambina tirò i capelli della barbie.
"No, così le fai la bua."
Intanto Joe aveva preso Hannah e iniziato a farle il solletico alla pancia.
"Basta, per favore, basta!" esclamava la bambina ridendo a più non posso.
"Okay, okay, ora smetto."
La piccola sbadigliò.
"Ho sonno."
"Andiamo a riposare un po'. Joe, terresti tu Valentina finché metto Hannah a letto?"
"Certo."
Taylor accompagnò la bimba nella camera degli ospiti, che teneva sempre pulita e in ordine. Lì c'era un letto matrimoniale.
"Ma è grandissimo!" esclamò la bambina, tutta contenta.
"Hai visto? Ora mettiamo il pigiamino che abbiamo comprato."
La aiutò a infilarlo, poi chiuse le imposte e le rimboccò le coperte.
"Mi racconti una storia?"
Taylor le diede un bacio.
"Ma certo. Conosci la favola di Cappuccetto Rosso?"
Non aveva mai raccontato favole a un bambino, perciò sperò di non fare brutte figure.
"No."
"C'era una volta una bambina che si chiamava Cappuccetto Rosso, perché la mamma le aveva fatto un cappellino di quel colore."
E così la favola continuò. Hannah la ascoltava attenta, Taylor se ne rese conto perché rimaneva immobile e in silenzio. Taylor cercò di modificare la sua voce per fare Cappuccetto Rosso, il lupo e la nonna e Hannah rise più di una volta.
"Hai una voce buffa quando la cambi!" esclamò a un certo punto.
"Ti è piaciuta?" le chiese alla fine.
"Moltissimo." Sbadigliò. "Ora ho sonno, però."
"Allora dormi, è stata una mattinata stancante. Oggi pomeriggio giocheremo, d'accordo?"
"Va bene. Quando mangiamo?"
"Fra un'oretta, vengo io a chiamarti. E se hai bisogno sono di là."
"Okay."
"Come stai, Hannah?" chiese Joe entrando in camera con l'altra bambina per mano.
Aveva una camminata traballante, ma si muoveva.
"Ho voglia di dormire."
"Anche la tua sorellina dovrebbe dormire, ma non vuole, vero piccola?"
Le fece il solletico al pancino e la bambina rise.
"So io come fare, dammela. Bambine, io sono una cantante. Volete sentire una bella canzone?"
"Sì!" esclamò Hannah.
"I remember tears streaming down your face
When I said I'll never let you go
When all those shadows almost killed your light
I remember you said, "Don't leave me here alone"
But all that's dead and gone and passed tonight
 
Just close your eyes
The sun is going down
You'll be alright
No one can hurt you now
Come morning light
You and I'll be safe and sound
 
Don't you dare look out your window
Darling, everything's on fire
The war outside our door keeps raging on
Hold on to this lullaby
Even when (the) music's gone
Gone
[…]"
Hannah si era già addormentata.
"Tatata, uah, uaaah, mmm" disse Valentina, con una voce così dolce che il cuore di Taylor e Joe si sciolse.
"L'hai sentita? È così carina!" esclamò lui.
"Già."
La piccola sbadigliò e, dopo qualche altro gorgoglio, si addormentò. I due rimasero a guardare le bambine riposare tranquille.
"Sembrano due angioletti" disse ancora Joe.
"Sì, sono in pace. Si sentono sicure, con noi."
"Mi sembra ancora così strano."
Joe montò il lettino di Valentina che mise accanto al loro letto. La cantante infilò la piccola sotto le coperte e la lasciò riposare.
Joe e Taylor passarono la mezz'ora successiva a sistemare i vestitini nuovi delle bambine nell'armadio di camera loro e a montare il seggiolone, il passeggino e il seggiolino per l'auto.
"Che faremo con tutti questi oggetti quando si ritrasformeranno?" chiese lui.
Taylor deglutì a vuoto; non voleva pensarci, ma sapeva che prima o poi sarebbe successo. Doveva essere pronta, ma sapeva che non lo sarebbe stata mai. Come Joe, anche lei si stava affezionando alle bambine.
"Li terremo per un nostro futuro bimbo" rispose. "Che spero arriverà presto."
"Anch'io, tesoro, anch'io."
Le sue parole la accarezzarono come il petalo di un fiore. Joe la prese fra le braccia e avvicinò le labbra a quelle di lei. Un bacio delicato li unì, seguito da altri più intensi. Approfondirono il contatto al massimo, mentre le loro lingue danzavano all'unisono e i cuori battevano all'impazzata.
"Ti amo" mormorò Taylor staccandosi un momento da lui.
"Anch'io, ti amo più della mia vita!"
"Mi piace quando me lo dici" disse lei sorridendo con dolcezza.
Si sedettero sul divano e si presero per mano.
"Siamo sicuri di stare facendo la cosa giusta?"
"Abbiamo alternative? Non credo" gli fece notare lei.
"Ma quando si ritrasformeranno sarà dura per noi."
"Più di quanto immaginiamo, però per ora non pensiamoci." O almeno dovevano provare a non farlo, se non volevano impazzire. "La domanda è: riusciremo a essere bravi genitori?"
"Penso che sia il quesito che si pongono tutti quelli del mondo, anche se la nostra situazione è singolare. Faremo del nostro meglio, Taylor, e se avremo bisogno chiederemo una mano ai miei o ai tuoi."
In quel momento il cellulare di Taylor prese a squillare. La ragazza corse subito a rispondere, non avrebbe mai voluto che le bambine si svegliassero.
"Pronto?"
"Ciao Taylor, come va?"
"Mamma! Bene, le bambine dormono."
Le raccontò tutto quello che avevano fatto quella mattina.
"È una situazione molto strana. Qualcuno vi ha chiesto qualcosa?"
"Un po’ di gente ci ha fermati, ma non era niente di impossibile da gestire. Siamo stati in negozi piccoli, non costosi."
"Vi serve qualcosa?"
"No, abbiamo già tutto, grazie. Mamma?"
"Sì?"
"Secondo te sarò una brava madre? Ora, dico, ma anche in futuro."
E se avesse commesso degli errori? e se non fosse stata all'altezza di quel ruolo?
"Hai sempre avuto un grande istinto materno e ti piacciono molto i bambini. Hai pazienza, sei dolce, gentile e sensibile. Ce la farai, Taylor. Sarai una brava mamma."
La ragazza sorrise.
"Grazie. Ora devo andare" disse in fretta.
Aveva ancora paura, ma le parole della mamma erano servite a rassicurarla. Forse era migliore di ciò che pensava.
"Valentina sta piangendo?"
"Sì, Joe è appena andato da lei."
Salutò la mamma e poi si diresse nella camera da letto. Valentina era ancora nel lettino e Joe la stava facendo giocare con le sue mani, La piccola gli piegava le dita e rideva.
"Buongiorno, principessa" le disse il ragazzo e la bambina gli sorrise, poi guardò Taylor.
"Ma… ma… mamma" mormorò.
Il cuore della ragazza perse un battito e sbarrò gli occhi.
"Ripeti cos'hai detto, amore" la pregò.
Voleva risentire ancora quelle cinque lettere che componevano la parola più bella del mondo. Ed erano riferite a lei, solo a lei, in quel momento. Si sentiva la ragazza più felice del mondo.
"Mamma!"
Valentina lo disse con più convinzione, stavolta.
"Tesoro."
Taylor la prese in braccio e se la strinse al cuore.
"Che bello!" esclamò Joe. "Spero che presto imparerà a dire papà."
"Lo farà, vedrai. Dalle solo un po' di tempo."
"Mamma?"
Hannah la stava chiamando dall'altra stanza.
La ragazza la raggiunse e la piccola si alzò.
"Tranquilla, rifaccio io il letto."
"Voglio imparare" disse la bambina.
"Sei molto brava, sai? A voler capire come si fa, intendo."
"Grazie, papà."
"È bello sentirsi chiamare così" sussurrò a Taylor.
"Già." Mise la bambina più piccola per terra, in piedi, e lei iniziò a esplorare la stanza. "Devi prendere le lenzuola e distenderle bene, così, come faccio io" disse alla più grande.
Rifecero il letto insieme e l'espressione soddisfatta di Hannah quando ebbero finito era impagabile.
"Ho fame!" esclamò quest'ultima.
"Sì, adesso prepariamo il pranzo."
"Cosa mangiamo?" chiese Hannah.
"Minestra."
Taylor utilizzò la pastina più piccola che aveva, in modo che anche Valentina potesse mangiarla.
"No, non toccare così il gatto, Vale" disse Joe alla piccola.
La bambina batteva la mano sulla schiena di Merlin e lo toccava dalla coda alla testa, arruffandogli il pelo.
"Devi sfiorarlo dalla testa alla coda, altrimenti si arrabbia" continuò il ragazzo.
Era così dolce con lei.
"Mamma, mamma!" esclamò Valentina trotterellando verso la cucina, ma poi cambiò idea e si mise a gattonare con i gatti che la seguivano e che, a volte, le sbattevano la coda sul viso. "Eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh!" esclamava, esplorando il salotto.
"Fa tanti vocalizzi" osservò Joe.
"Un po' prima di quest'età i bambini iniziano a capire che possono usare la bocca per produrre suoni e provano a farlo in mille modi diversi" spiegò Taylor.
Valentina e Hannah vennero in cucina e la più piccola si aggrappò ai pantaloni di Taylor. La ragazza la prese in braccio e chiese ad Hannah di mettersi sull'altra gamba. Sorrise. Aveva fra le braccia due creature da proteggere, che avevano bisogno di lei. Poteva sentire i loro corpicini premuti sul suo ventre, il calore di quelle due bambine e il profumo che emanavano, dolce e delicato. Il suo volto si aprì in un luminoso sorriso mentre le guardava in adorazione. Valentina si spostò più indietro, per stare più comoda.
"Brrr, mmmbrrr, mmmbrrr, brrr" disse, bagnandosi le labbra e il mento di saliva.
Taylor e Joe risero.
"Che fai?" le chiese la ragazza, asciugandola.
Una volta pronto il pranzo, mangiarono tutti un piatto di minestra calda. Taylor nutrì prima Valentina.
"C'è un aereo che arriva!" esclamava, facendo il suono dell'aeroplano.
"Papà, lo voglio anch'io" disse Hannah.
Joe la accontentò.
"Va bene, anche se saresti grande per queste cose."
"Non è vero" la difese Taylor.
Intanto, Valentina aveva finito di mangiare e si stava divertendo con un pacco di pasta che le aveva dato il padre.
"Mia mamma lo usava sempre per intrattenermi, quand'ero piccolo" spiegò.
E sembrava piacere molto anche alla bambina, che lo scuoteva e lo spostava in continuazione, godendosi il rumore della plastica e della pasta.
Per un attimo i due adulti rimasero a guardare incantati l’espressione concentrata di Valentina, la quale sembrava totalmente rapita da quel suono. Era sorprendente come i bambini fossero affascinati anche dalle cose che, agli occhi dei grandi, sembravano oramai banali.
Possiamo imparare così tanto da loro pensò Taylor, il cuore colmo di tenerezza.
Poi, mentre la ragazza controllava che la piccola non spaccasse accidentalmente il pacco e ne sparpagliasse il contenuto ovunque, Joe tornò a occuparsi del pranzo di Hannah.
Dopo qualche altra cucchiaiata datale dal ragazzo, la maggiore volle continuare a mangiare da sola. Era qualcosa che aveva già notato quando Hannah aveva chiesto che le venisse insegnato a fare il letto: la bambina aveva bisogno di amore e attenzione, ma aveva allo stesso tempo uno spirito indipendente e desiderava imparare a fare le cose da se.
Un nuovo sorriso fece la propria comparsa sul suo volto.
Quando videro che Hannah se la stava cavando piuttosto bene, Taylor e Joe procedettero a mangiare a loro volta. Fu un pranzo diverso dal solito: i due ragazzi non erano abituati a gestire dei bambini nel corso dei pasti, ma si resero conto di come venisse loro istintivo controllare continuamente le due piccole per verificare che tutto andasse bene.
Per fortuna Hannah e Valentina erano tranquille e serene: la prima mangiava con gusto e la seconda, con la pancia già piena, continuava a cercare di produrre suoni sempre nuovi con il suo pacco di pasta, gorgogliando soddisfatta.
Di tanto in tanto uno dei due procedeva a pulire delicatamente il mento di Valentina, che nell’esprimere la propria felicità produceva piccole bolle di saliva, o aiutava Hannah a togliere le tracce di minestra che le restavano agli angoli della bocca. Più di una volta si ritrovarono a sorridersi a vicenda, sempre più estasiati dalla bellezza di quelle due creature.
Quando tutti ebbero terminato, Taylor raccolse piatti e posate e li portò al lavandino.
"Hai bisogno di una mano, tesoro?" le domandò Joe.
"No, ti ringrazio. Tieni compagnia alle piccole" rispose lei, voltandosi per rivolgergli un sorriso.
La premura del marito le scaldava sempre il cuore: erano le piccole frasi come quella a dimostrarle ogni giorno quanto lui l’amasse e a farla sentire coccolata.
Mentre Joe intratteneva le bambine, Taylor iniziò a sciacquare i piatti e a sistemarli nella lavastoviglie.
Per un po', alle proprie spalle, la ragazza avvertì solo la voce sommessa di lui, i vocalizzi di Valentina e le domande vivaci di Hannah. La più grande interrogava Joe su ogni cosa che catturava la sua attenzione e al momento era concentrata sulle foto della coppia tenute ferme da varie calamite sullo sportello del frigorifero.
"E lì dov’eravate?"
"In Inghilterra, a trovare la mia famiglia."
"E dov’è l’Ingliterra?"
Joe rise.
"Inghilterra, piccola. Si dice Inghilterra" la corresse con gentilezza, parlando piano per darle il tempo di assimilare la nuova parola. "È un’isola molto grande, lontana da dove ci troviamo adesso."
"Ingl… Inghilterra" ripeté la bimba.
Sarà un bravissimo papà pensò Taylor, perdendosi nell’immagine della famiglia che un giorno sarebbero diventati.
Il suo cuore accelerò piacevolmente i battiti per l’emozione.
Poi, a un certo punto, le domande vennero sostituite dalle risate.
La ragazza, la quale aveva iniziato a occuparsi delle pentole e del piano cottura, si voltò per vedere cosa le stesse provocando. E quanto vide contribuì a farla sorridere ancora una volta: non faceva altro, quel giorno.
Joe e Hannah stavano giocando a formare una pila con le loro stesse mani, scambiandole in continuazione per vedere chi avrebbe vinto riuscendo a tenere una delle proprie in cima a quelle dell’altro. La bambina si stava divertendo un mondo, poiché Joe voltava le proprie mani verso l'alto ogni qualvolta si trovassero sotto quelle di Hannah, facendole il solletico ai palmi.
Quando la piccola si accorse che Taylor li stava guardando domandò, entusiasta:
"Vuoi fare la torre più alta del mondo con noi, mamma?"
Taylor sorrise e rispose:
"Certo, arrivo."
Ripose il panno con cui stava pulendo i ripiani di lavoro, si sciacquò le mani e tornò a sedersi al tavolo.
Hannah, con il cipiglio di un piccolo generale, disse:
"E niente solletico!", rivolgendo uno sguardo corrucciato a Joe.
"Signorsì!"
Fu Hannah a coordinare l’intera operazione, concentrata come se si trattasse di qualcosa d’importanza capitale.
Fece posizionare la mano destra sul tavolo a Joe, in un punto ben preciso; poi, posò la propria sulla sua; infine, disse a Taylor di fare altrettanto. Fecero la stessa cosa con le mani sinistre, fino a che, davanti a loro, non ci fu una torre formata dalle loro mani sovrapposte.
"Ecco!" esclamò la bambina, raggiante.
Le sue mani piccole e soffici erano in mezzo alle loro e, nonostante fossero tanto sottili e delicate, trasmettevano un calore avvolgente e piacevole.
D'improvviso, un’ondata di emozione travolse Taylor, tanto intensa che gli occhi le vennero riempiti da lacrime di commozione. Era davvero così che ci si sentiva ad avere dei bambini nella propria vita? Esisteva davvero la possibilità di provare quella gioia immensa ogni giorno?
Rimase per un attimo a fissare le loro mani unite, prima di alzare lo sguardo su Joe, il quale fece altrettanto. E negli occhi del marito lesse la sua stessa identica emozione, che sembrò improvvisamente circondarli e costruire attorno a loro una bolla di felicità che nulla avrebbe potuto scoppiare.
Valentina sembrava molto divertita da quello che stavano facendo e li osservava, oramai dimentica del pacco di pasta.
"Uaaah! Uaaaaah!" esclamò, agitando le gambette.
Taylor e Joe scoppiarono a ridere.
"Vuoi provare anche tu, piccola?" domandò la ragazza.
Quando la bambina gorgogliò di nuovo, protendendo le braccia verso di loro, i tre si portarono più vicini a lei.
Provarono a ricreare la torre anche con lei, prendendo delicatamente le sue manine fra le loro. Riuscirono a tenerla insieme per appena qualche secondo, dato che, com’era normale che fosse, la piccola si agitava e voleva presto muoverle. Nonostante questo, il sentimento di felicità e realizzazione provato prima si fece sentire con altrettanta forza.
Alla fine, Taylor e Joe si scambiarono i ruoli: la prima rimase con le piccole, portandole entrambe in salotto con se, mentre il secondo terminava di rassettare la cucina. Era giusto che anche lui facesse la sua parte, le aveva detto.
La ragazza, recuperato un libro per bambini che avevano comperato quella mattina, si sistemò sul divano con Hannah e Valentina. La maggiore le si accoccolò accanto, avvolgendo le proprie braccia attorno al suo; la più piccola, invece, seduta sulle sue gambe, le appoggiò la schiena al petto e la testolina all’altezza della clavicola.
Sfogliarono il libricino aspettando che Joe finisse con le faccende.
Si trattava di una storia molto semplice e carina, che parlava di un piccolo scoiattolo in cerca di un regalo di compleanno per la mamma. La parte interessante di quelle pagine era, sicuramente, il fatto che permettessero ai bambini di interagire: c’erano finestrelle da aprire per scoprire una qualche parte del racconto, inserti in stoffa o carta particolare per stimolare il tatto e pagine doppie che, quando venivano dispiegate, rivelavano disegni tridimensionali.
Taylor lesse nello stesso modo in cui, prima di pranzo, aveva raccontato la storia di Cappuccetto Rosso: diede più intonazione possibile a ogni frase e cambiò le voci in base a chi stava parlando. Acuta e sottile per il piccolo scoiattolo, buffa e gioiosa per il suo amico talpa, calda e dolce per la mamma. In alcuni punti i protagonisti canticchiavano e allora la ragazza, immaginando quale potesse essere la melodia più adatta, proseguiva cantando. 
Rispose alle domande di Hannah, la quale non vedeva l’ora di scoprire come andava avanti la storia e toccare ogni possibile nuovo materiale nella pagina successiva, e guidò Valentina nell’esplorare il libro con le mani, facendo attenzione che non si facesse male con i bordi taglienti della carta.
Le due bambine ressero fino al termine del racconto, ma per il momento in cui Joe le raggiunse avevano già gli occhi che si facevano piccoli. Il marito trovò Taylor ancora seduta sul divano che accarezzava delicatamente i capelli biondi di entrambe. Valentina si era già assopita, mentre Hannah cercava di lottare per restare sveglia, il capo posato sul braccio di Taylor.
Joe s’inginocchiò di fronte alla più grande.
"Abbiamo un po' di sonno, eh?" chiese, col sorriso sulle labbra.
"No… Non ho sonno…" mormorò la bambina, stropicciandosi allo stesso tempo gli occhi che proprio non riusciva a tenere aperti.
Nessuna delle due protestò, quando venne sollevata, e prima che arrivassero in camera anche Hannah si era addormentata. Una volta che le ebbero sistemate nei loro rispettivi letti, i due ragazzi tornarono in salotto e si accomodarono sul divano, uno accanto all’altra.
Joe si voltò verso Taylor e le mise una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro l’orecchio, per poi procedere a lasciarle una carezza sulla guancia.
Lei sorrise e si girò a propria volta, appoggiando il braccio destro sullo schienale e la mano sinistra su quella di lui.
"Le ami già, non è vero?" le domandò con dolcezza.
"Oh, sì! Come si potrebbe non amarle?" rispose la ragazza. "E so che c’è l’altissima probabilità che prima o poi torneranno alla loro forma originale, ma non posso farne a meno."
"Lo so, amore" rispose Joe. "Lo so."
Il marito non aggiunse altro, limitandosi a continuare ad accarezzarle la guancia, ma Taylor comprese che anche lui si sentiva alla stessa maniera. Anche Joe si stava innamorando di quelle due bambine e si rattristava all’idea del giorno in cui si sarebbero trasformate di nuovo.
La ragazza si sporse verso di lui e gli lasciò un lieve bacio sulle labbra. Poi sorrise, guardandolo negli occhi.
"Godiamoci questi giorni, d’accordo? Non pensiamo al dopo."
Lui annuì, ricambiò il sorriso e le passò un braccio attorno alle spalle, invitandola ad accoccolarsi al suo fianco.
Taylor lo fece e una volta posato il capo sul petto di lui chiuse gli occhi. Si accorse improvvisamente di essere molto più stanca di quanto non avesse immaginato, ma resistette all’impulso di lasciarsi andare al sonno: voleva restare vigile in caso Hannah o Valentina avessero bisogno di lei. Essere genitori significava anche quello.
Ci fu un lungo attimo di silenzio, prima che Joe parlasse.
"Il solo dopo a cui voglio pensare è quello che include me, te e i nostri futuri figli."
La ragazza riaprì gli occhi e sollevò leggermente il volto per poterlo vedere meglio.
"Immagini come sarà avere qualche bimbo mio e tuo che scorrazza per casa con le sue gambette? E le loro risate? I capricci, il loro primo giorno di scuola…"
Sì, Taylor riusciva a immaginarlo benissimo, perciò annuì.
Poi, per stuzzicare un po' il marito, disse:
"Però qualche è un pochino vago, come quantitativo."
"Beh, ma è perché adesso è impossibile prevedere quanti saranno" rispose lui, stando al gioco. "Due, tre, una decina? E chi lo sa."
"Ah, se qualcuno lo partorisci tu possiamo anche averne dieci, per quel che mi riguarda" rispose lei, scatenando l’ilarità di Joe.
Stettero sul divano per tutti i tre quarti d’ora in cui le bambine dormirono, stretti l’uno all’altra nel silenzio rilassante della loro casa e in una sorta di dormiveglia vigile.
Merlin e Benjamin Button furono i primi a raggiungerli, seguiti a poco tempo di distanza da Olivia e Meredith. Tutti e quattro cercarono il posto a loro più congeniale e si sistemarono accanto alla coppia per ricevere qualche coccola. Non appena iniziarono a lasciar loro delicate carezze sulle testoline e sui fianchi cominciò un bel concerto di fusa, che li accompagnò per i venti minuti successivi. Le più rumorose, quelle di Benjamin Button, li fecero scoppiare a ridere più di una volta.
Valentina fu la prima a svegliarsi quando decise che era venuto il momento di avvertirli che era il caso di cambiarle il pannolino.
Questa volta fu Taylor a occuparsene, mentre Joe andava da Hannah, la quale era stata svegliata dal pianto della sorella. Mentre cambiava Valentina la ragazza sentì la maggiore ridere, nell’altra stanza, divertita da qualcosa che Joe aveva detto o fatto.
Poi si ritrovarono tutti nuovamente in salotto. Non appena Hannah vide Taylor il suo visetto s’illuminò e scese dalle braccia di Joe per correrle incontro. Tenendo stretta Valentina, che le stava in braccio, la ragazza allungò il sinistro ad accarezzare la testolina di Hannah, che la stringeva all’altezza delle gambe.
"Ben svegliata, piccola!"
"Possiamo giocare tutti insieme?" domandò Hannah, alzando gli occhioni ancora assonnati verso di lei.
"Certo. E più tardi possiamo anche fare un po' di merenda e una bella passeggiata, che ne dici?"
La bambina annuì, per poi arrampicarsi sul divano, dove Taylor posò anche Valentina.
"Puoi tenere tu compagnia alla tua sorellina per un momento?" chiese la ragazza.
"Sì, mamma."
L'aria solenne con cui Hannah rispose fece a Taylor una tenerezza incredibile. Le lasciò un bacio sulla fronte, poi si rivolse al marito.
"Conosco quell’espressione. Cos'hai in mente?" le domandò lui, sorridendo divertito.
"Vedrai."
Mentre le piccole restavano tranquille sul divano in compagnia di un morbidissimo orsacchiotto di pezza, Taylor e Joe crearono una zona sicura in cui potessero giocare sotto la loro supervisione. Spostarono il tavolino posto di fronte al divano, liberando così da ogni ostacolo il tappeto che stava al di sotto di esso; aspirarono il tappeto nonostante fosse già pulito, per essere sicuri; infine, circondarono quest’ultimo con diversi cuscini, creando una sorta di perimetro.
Il tutto si svolse mentre i due, a turno, controllavano che le bambine stessero bene.
Recuperarono poi i giocattoli comprati quella mattina: le barbie, tra cui quella con cui Taylor aveva fatto giocare Valentina, un puzzle raffigurante un cucciolo di leone nella savana e una bella trottola di legno, di quelle vecchio stampo dipinte in colori sgargianti. C'era anche qualche peluche e un unicorno a dondolo, in legno anch’esso e pitturato con i colori dell’arcobaleno: quando l’aveva visto Taylor non aveva saputo resistere.
Terminati i preparativi si sistemarono nel rettangolo di cuscini con Hannah e Valentina.
Il tappeto era morbido e caldo: le bambine ci si accomodarono volentieri e iniziarono a esplorare l’enorme quantità di giocattoli che avevano a disposizione.
Valentina, la quale sembrava essere rimasta molto affascinata dall’orsacchiotto, si diresse decisa verso gli altri animali di peluche. Prese un grosso gufo di pezza con la mano destra e un cagnolino dalle orecchie enormi con la sinistra; poi, vide un coniglietto bianco dal pelo arruffato e decise che doveva avere anche quello. Con tutti e tre i peluche fra le braccia, la piccina quasi scomparve in quell’ammasso di morbidezza.
Ridendo sommessamente, Joe tenne delicatamente Valentina appena sotto le ascelle per assicurarsi che non perdesse l’equilibrio. E infatti, pochi istanti dopo, la videro barcollare sotto il volume dei peluche. Il ragazzo l’aiutò a sedersi sul tappeto e la piccola, accanto a lui e circondata dagli animali di pezza e dai cuscini, continuò a giocare beata.
Di tanto in tanto mostrava un qualche peluche a Joe, porgendoglielo con un sonoro:
"Eh! Eh!"
Lui lo prendeva e lo teneva fino a che la piccola non lo rivoleva indietro.
Nel frattempo, Hannah aveva rivolto il suo interesse alle barbie. Ne aveva scelta una bionda come lei e la stava pettinando con estrema attenzione. La sua delicatezza fece intuire a Taylor che quella mattina l’aveva sentita istruire la sorella su come farlo.
Quando ebbe terminato, la bambina si rivolse a lei:
"Mamma, mi aiuti a scegliere i vestiti?"
La ragazza annuì e si fece più vicina alla bambina.
Insieme, iniziarono a passare in rassegna tutti i vestiti per le bambole presi con queste ultime. Ce n’erano di tutti i tipi: gonne, pantaloni, vestiti con fantasie a fiori o brillantini e abiti eleganti, da cerimonia. C'erano anche accessori adeguati a diversi ruoli: un camice da dottoressa con tanto di valigetta, una corona e uno scettro da principessa, un microfono con la staffa.
Inizialmente Hannah decise che la barbie sarebbe stata una principessa: insieme a Taylor scelse un bel vestito azzurro con le maniche di tulle e una rosellina sullo scollo, le scarpe abbinate e le sistemò la corona sul capo e lo scettro fra le mani.
"E come si chiama questa bella principessa?"
"Ashley! Non ti ricordi di lei, mamma?"
"Oh, hai ragione, è proprio lei! È un piacere incontrarvi di nuovo, principessa Ashley!"
Per un po' giocarono quindi alla principessa nel castello. Hannah aveva una grande immaginazione e descrisse il palazzo nei minimi particolari, conducendo Taylor in una sorta di visita guidata.
Quando la bambina decise che era il momento di cambiare soggetto si fece pensierosa per un attimo, prima di rivolgersi alla ragazza.
"Adesso voglio che Ashley sia una cantante, come te. Può cambiare lavoro?"
Taylor sorrise.
"Certo, tesoro. Anche lei, come te, può essere tutto ciò che vuole."
S’impegnarono perciò a cambiare la barbie con degli abiti più adatti. Quando ebbero terminato Ashley portava una coda di cavallo alta, un bel vestito argentato, monospalla e con i volant sull’orlo, e delle scarpe nere con il tacco. La sistemarono di fronte al microfono.
Passarono così i venti minuti successivi. Hannah fece cantare ad Ashley qualche melodia inventata, per poi chiedere aiuto a Taylor quando rimase a corto di idee.
La ragazza fu ben felice di accontentarla e intonò tutto ciò che le veniva in mente.
Solo quando Hannah decise di voler cambiare gioco Taylor si accorse che Joe e Valentina avevano smesso di occuparsi dei peluche e le stavano osservando. Lo sguardo orgoglioso del marito e quello ammaliato della piccina le sciolsero il cuore e la fecero sorridere.
Lasciati da parte barbie e animali di pezza, entrambe le bambine si rivolsero ad altro.
Hannah, insieme a Joe, si cimentò nel puzzle del leone: si trattava di una composizione piuttosto semplice, che comprendeva venti pezzi, e la bambina ci si impegnò con entusiasmo.
Joe la osservava, passandole i pezzi che le servivano, ma lasciandola ragionare da sola su dove potessero andare.
"Va qui, papà?"
"Prova."
Il pezzo di puzzle si incastrò da un lato ma non dall’altro.
Hannah corrugo la fronte, impensierita, riprendendo il pezzo e spostandolo da un’altra parte. Andava proprio lì.
Joe sorrise.
"Brava!"
Valentina, invece, si dimostrò catturata dai colori della trottola. Si occupò Taylor di mostrarle come funzionava, seduta a gambe incrociate sul tappeto.
Dopo aver fatto accomodare la bimba sulle proprie gambe, mormorò:
"Ecco, Vale. Si fa così", con voce dolce e tranquilla.
Poi fece roteare la trottola, dandole un giro bello deciso con le dita. Sulla sua superficie le strisce di colore iniziarono a mescolarsi a causa della velocità, creando un effetto ottico spiraleggiante che parve catturare Valentina.
"Uah! Ah! Uaaaah!" esclamò la piccola, iniziando a sgambettare e ad agitare le braccia.
La guardò ancora per un istante e quando la vide rallentare l’afferrò, fermandone completamente la corsa. Quando se la ritrovò stretta fra le manine paffute la studiò, girandola, un po' delusa di notare che lo strano fenomeno era scomparso.
"Eh sì, piccola. Se la tieni, si ferma. E si fermano anche i colori" le spiegò.
Dopodiché, guidò le mani di Valentina a farla girare nuovamente. Questa volta il movimento della trottola fu meno fluido e quest’ultima fece qualche piroetta in meno, prima di tornare immobile. Non fece alcuna differenza: la bambina parve divertirsi esattamente come la prima volta.
Continuarono in quel modo per diverso tempo, Taylor con Valentina e Joe con Hannah.
Poi, d’un tratto, Hannah esclamò: "Guarda che bello, mamma!", attirando l’attenzione della ragazza.
Taylor, tenendo Valentina in braccio, si accostò alla maggiore: il puzzle era stato completato ed era sgargiante e vivace proprio come nell’immagine sul coperchio della scatola.
"Hai ragione, è venuto davvero bene."
Rendendosi conto di non aver controllato per un bel po', la ragazza alzò lo sguardo sull’orologio da parete appeso in salotto: erano già le tre e mezza.
"Che ne dite, è ora di merenda?" chiese.
Valentina iniziò ad agitarsi e perciò la posò a terra. Per trovare l’equilibrio la piccola si tenne alla sua gamba. Istintivamente, mentre si raddrizzava, Taylor le posò una mano sul capo, lasciandole una carezza fra i capelli.
"Sì! Ho fame" esclamò Hannah.
"Prima però ritiriamo tutto" soggiunse Joe, con gentile autorevolezza.
La più grande rivolse uno sguardo dubbioso al puzzle.
"Anche questo?"
"Possiamo rifarlo domani, se ti va" disse Joe. "E se vuoi averlo sempre così possiamo anche incorniciarlo."
"Cos’è incorniciarlo?" domandò la piccola, inciampando sull’ultima parola.
Joe prese una foto dal mobile della sala e la mostrò ad Hannah, per farle capire.
"Ecco, vedi? Mettiamo il puzzle dentro una cornice come questa e lo teniamo, come un quadro."
Hannah parve sollevata.
"Va bene. Mi piacciono tanto i puzzle."
Taylor accarezzò i capelli anche a lei.
"Allora prenderemo sia una cornice che un altro puzzle."
Mentre Taylor teneva Valentina, Hannah e Joe riportarono la sala allo stato originale: la prima si occupò dei giocattoli, il secondo dei cuscini e del tavolino.
Fatto questo si diressero tutti in cucina, con Joe che, caricatosi Hannah in braccio, le faceva fare l’aeroplano. La bambina rideva a crepapelle.
Messa la minore nel seggiolone e la maggiore al tavolo, gli adulti si occuparono della merenda: un omogenizzato alla frutta per Vale, qualche cubetto di cioccolata con una fettina di pane per Hannah e una tisana mela e cannella per loro due.
Mentre la tisana si raffreddava, Joe diede la pappetta gusto mela e pesca a Valentina.
Taylor non poté fare a meno di osservare il marito e di ammirare la sua dolcezza nei confronti della bambina. Le sue mani grandi erano così delicate quando le pulivano il visetto, il suo sorriso caldo e genuino quando Valentina faceva i suoi versetti vivaci. 
Una volta che lei l’ebbe terminata e che il ragazzo le ebbe pulito per bene la bocca e il mento un'ultima volta, anche lui poté sorseggiare la sua bevanda calda.
"Questa tisana natalizia è sempre buona" commentò Taylor, rigirandosi la tazza fra le mani.
"Per questo ne teniamo sempre una scorta, golosona" ribatté Joe, passandole accanto per posare la propria tazza vuota nel lavello e lasciandole un bacio sul capo.
Quando ebbero mangiato e sistemato tutto, decisero di uscire e cercare un parco tranquillo in cui poter passeggiare e portare le bambine a giocare senza che i paparazzi li perseguitassero. Non volevano ripetere l’esperienza di quella mattina e che le bambine si spaventassero di nuovo.
Vestirono Hannah e Valentina con le giacche a vento e le cuffie di cotone che avevano acquistato, poi presero la macchina e partirono alla volta di una zona quieta di Los Angeles, nella speranza di trovare un luogo non troppo affollato.
Alla fine si fermarono in un’area verde a qualche chilometro da casa loro. Era il tipo di posto dove, generalmente, si andavano a fare i pic-nic e a passeggiare la domenica e c’era anche un’area giochi per bambini. Essendo un giorno infrasettimanale non c’era molta gente in giro, ma per buona misura Taylor e Joe indossarono quantomeno gli occhiali da sole. Se potevano fare qualcosa in più per evitare che le piccole finissero in mezzo al caos era meglio farlo.
Raggiunsero le giostrine con calma, camminando lungo i vialetti che si snodavano fra l’erba e gli alberi. I due adulti procedevano più lentamente, aiutando Valentina ad avanzare a piccoli passi, mentre Hannah correva davanti a loro, senza abbandonare mai la loro supervisione.
"Mamma! Papà! C'è l’acqua!" esclamò la piccola quando arrivarono in prossimità di un laghetto artificiale che stava al centro del parco.
"Hai visto? Non ti avvicinare senza di noi, però. Aspettaci" si raccomandò Taylor.
Deviarono quindi leggermente il percorso tenuto fino a quel momento e costeggiarono la sponda della pozza d’acqua. Proseguirono fino al punto dove si raccoglieva un gruppetto di anatre e lì si fermarono per permettere alle bambine di osservarle. Restarono lì per qualche attimo.
Quando arrivarono al parco giochi Taylor e Joe si divisero: la prima si occupò di portare Vale ai giochi adatti ai più piccini, mentre il secondo si preparò a stare dietro ad Hannah ovunque lei volesse correre.
Tenendola per mano saldamente ma con delicatezza, Taylor seguì la direzione che la minore le indicava. Stava andando verso un elefantino a dondolo, di quelli con la seduta larga e comoda fra i due pannelli di legno sagomati. Non appena lo raggiunse la bambina cercò di salirci da sola, ma l’oscillare della giostra le impediva di trovare il giusto equilibrio per farlo. Taylor l’aiutò, lasciando però che si desse comunque la spinta da se.
Poi le fece posizionare le mani sulla barra che fungeva da maniglia e si sistemò dietro di lei per sostenerla. Quando l’elefantino iniziò a dondolare la piccola sembrò estremamente divertita e un sorriso fece la propria comparsa sul suo visetto.
"Eh! Eh! Eh!" esclamò, ridacchiando.
"Abbiamo fatto bene a prendere quell’unicorno a dondolo, allora" constatò Taylor rivolgendosi alla piccola.
Si soffermò a guardarla in adorazione e le accarezzò la guancia paffuta.
Nel frattempo, Joe stava supervisionando Hannah sullo scivolo. Quest'ultimo non era molto alto, ma la bambina necessitava comunque di una mano che la sostenesse mentre lei saliva la scaletta e, inizialmente, anche per scivolare giù.
Quando ebbe acquisito abbastanza sicurezza per farlo chiese di poter scendere da sola. Joe la lasciò fare, restando comunque ad appena qualche passo dallo scivolo per qualunque evenienza. La bambina scese tranquillamente, atterrando sulle gambe quando arrivò sul fondo.
"Visto, papà?!" chiese, tutta contenta della sua prodezza.
"Certo, sei stata bravissima!"
Dopo che Hannah ebbe provato anche la corda da arrampicata annessa allo scivolo, si spostarono tutti insieme alle altalene. Ce n’erano di adatte sia a lei che alla sorellina e Taylor e Joe furono ben felici di spingerle.
Mentre faceva dondolare quella di Valentina con delicatezza, Joe fece altrettanto con Hannah.
La bambina era estasiata dalla velocità e dal vento che le scompigliava i capelli biondi.
"Più veloce! Più veloce!"
Il ragazzo l’accontentò per quanto poteva senza rischiare che lei si facesse male.
Taylor osservò Hannah, rapita. Ricordava quando, da piccola, chiedeva lo stesso a suo padre: ogni volta che lui la spingeva un poco di più le sembrava di raggiungere altezze sovrumane e di poter quasi volare. Era incredibile quale concezione fantastica del mondo si avesse da bambini, come ogni piccola cosa potesse assumere una proporzione enorme.
Era una delle cose che rimanevano più impresse, da adulti, quando oramai non si era più capaci di vedere le cose in quel modo ingenuo e puro.
Valentina, comunque, si stancò presto di restare ferma nella seduta dell’altalena, che le limitava i movimenti, e iniziò ad agitarsi. Protese le braccia verso Taylor, chiedendo di essere presa in braccio, e la ragazza l’accontentò.
Mentre Hannah si divertiva ancora un poco sull’altalena, Taylor passeggiò con Vale nell’area giochi, mostrandole la natura circostante e parlandole di tutto ciò che vedeva.
"È bello qui, non è vero?" le disse, mentre la bambina allungava la mano per toccare la corteccia ruvida di un albero. "Non sembra nemmeno di essere in città."
Quando iniziò a fare un po' più freddo la ragazza raggiunse nuovamente il marito e, di comune accordo, decisero che era arrivato il momento di rientrare. Impiegarono un momento a convincere Hannah ad andarsene: dovettero rassicurarla che il parco sarebbe stato lì anche nei giorni seguenti e che ci sarebbero potuti tornare.
Sulla strada per il ritorno si fermarono anche a comprare una cornice e un altro puzzle per Hannah. Riuscirono anche a trovarne uno adatto a Valentina, con le figure degli animali della fattoria da inserire in un tabellone di cartone.
"Allora, vi siete divertite?" chiese Joe alle bambine una volta che tornarono a casa.
"Sì!" esclamò Hannah. "E anche lei, ne sono sicura."
"Vado a farmi una doccia" disse Taylor.
"Tranquilla, sto io con loro."
Una volta in bagno, la ragazza si rese conto di quanto stanca fosse. Era senza energie, sia fisiche che mentali, eppure non se la sentiva di dare la colpa alle bambine. Erano soltanto due piccole che volevano giocare. Era lei a non essere abituata a quei ritmi, se fosse stata una giornata normale si sarebbe ritrovata nello studio di registrazione a cantare. Una volta sotto l'acqua tentò di rilassarsi. Si lavò con calma i capelli e si insaponò il corpo, poi rimase lì immobile mentre la doccia le toglieva un po' di stanchezza.
Quando tornò in salotto, le piccole stavano guardando i cartoni animati in televisione. Un cane inseguiva un gatto e le due ridevano di cuore.
"Ho preparato la tavola, ma le ho sempre tenute sotto controllo" disse Joe.
"Grazie, tra poco ceniamo."
Lei gli sorrise, poi andò in cucina. Quella sera mangiarono pollo e purè, ma al posto di quella carne Taylor diede a Valentina del prosciutto.
"Ho sonno" disse la più grande dopo cena.
Taylor finì di lavare i piatti e la accompagnò a letto. Valentina si addormentò poco dopo. Erano solo le nove di sera, ma le due piccole avevano avuto una giornata intensa, era normale che fossero stanche.
"E noi che facciamo?" chiese Joe alla fidanzata.
"Guardiamo un po' di tv" propose lei.
Videro Affari a quattro ruote, un programma che piaceva tanto a lui e che parlava di due uomini che acquistavano macchine d'epoca in cattive condizioni e le rimettevano a posto per poi rivenderle. Taylor si addormentò sul divano, ma si svegliò quando Joe la chiamò.
"Dai, andiamo a dormire" disse il ragazzo, prendendola per mano.
Prima di dirigersi nella loro stanza passarono a controllare Hannah. La bambina dormiva tranquilla.
"Domani che attività faremo fare loro?" chiese Taylor quando furono in camera.
"Ci penseremo, non mi viene in mente nulla adesso."
Lei annuì, poi si infilò il pigiama e si mise sotto le coperte accanto al marito.
"Ti amo" gli disse parlandogli all'orecchio.
"Ti amo anch'io!"
Joe la prese fra le braccia e la baciò sulle labbra.
"Non davanti a Valentina" disse Taylor e si scostò appena.
"Che importa? Tanto dorme."
"Non mi sento a mio agio a fare effusioni quando ci sono altre persone."
"Va bene."
Le diede un altro bacio sulla guancia e lei ricambiò, poi restarono per diversi minuti a farsi le coccole. Tuttavia, si addormentarono presto.
Si svegliarono di soprassalto quando Valentina scoppiò a piangere nel bel mezzo della notte.
"Che succede, piccola?"
Taylor si stiracchiò, si alzò e la prese in braccio. Controllò se doveva essere cambiata, ma era asciutta e pulita. Provò a darle il latte con il biberon, mentre la bambina si dimenava e continuava a strepitare, tuttavia non voleva nemmeno quello.
"E se fosse per i dentini?" chiese Joe.
Quella sera a cena si erano accorti che, vicino a quello che aveva già, la gengiva vicino era tagliata e un altro stava spuntando.
"Hai male al dentino, tesoro?"
Taylor le mise nel biberon dell’acqua fresca, in modo che le andasse sulla gengiva e gliela rinfrescasse, ma non le diede molto sollievo.
"Vado a vedere se c'è una farmacia aperta."
"A quest'ora? È tutto chiuso."
Dovevano parlare forte per sovrastare i pianti della piccola e riuscire a sentirsi.
"Magari sono fortunato. Le serve un anello da dentizione, credo si chiami così."
Mentre Joe era via, Taylor cercò di calmare Valentina in ogni modo. Le cantò le canzoni più tranquille e dolci del suo repertorio, la portò in giro per il salotto camminando piano, la cullò, ma non c'era niente da fare. La bambina non faceva che piangere e lamentarsi. Quando Joe tornò, la ragazza non ne poteva più. Ma come facevano le mamme quando i loro bambini piangevano così tanto? Le aveva tentate tutte e niente aveva funzionato.
"Eccomi, ne ho trovata una aperta dall'altra parte della città."
"Che fortuna!" esclamò la ragazza.
"Già. C'è un anello freddo, l'altro è da mettere in frigo."
La cantante tirò fuori il primo dall'involucro e lo infilò in bocca alla piccola.
"Ha le gengive gonfie e rosse" constatò.
"È normale, ma vedrai che con questo si sentirà meglio."
"Mmm, mmm" disse la bambina, spingendo con la manina l'anello più a fondo, poi se la tirò fuori dalla bocca e la mise sul palmo di Taylor.
La donna cercò di non fare caso alla saliva che l'aveva sporcata, ma di concentrarsi solo su quel gesto. La bimba aveva cercato proprio la sua mano, il contatto con lei. Sorrise. La sua manina era così piccola in confronto a quella di lei.
"È bellissima, vero?" chiese Joe.
"È stupenda."
La bambina sembrò trarre sollievo dall'anello da dentizione, perché si addormentò poco dopo. Ma non appena ebbero rimesso lei a letto, Joe e Taylor corsero da Hannah che urlava.
"Piccola, che succede?"
La ragazza si avvicinò al letto e la strinse a sé, mentre la bambina si agitava. Si era avvolta le coperte intorno e non riusciva al liberarsi. La cantante la aiutò.
"Ho sognato… ho sognato…" disse, ansimando.
Joe uscì e tornò con una tazza di latte caldo.
"Bevi, Hannah, ti farà bene."
La bambina obbedì, poi rispose:
"Ho sognato che un uomo incappucciato voleva portarci via da voi. Aveva un cappuccio nero e una voce tanto cattiva."
Scoppiò a piangere, tremando come una foglia, mentre i due sperarono che Valentina non si svegliasse.
"Hannah, tranquilla." Taylor le parlò con tutta la dolcezza possibile, poi si sedette sul letto e la prese in braccio. "Non c'è nessun uomo cattivo, sei al sicuro qui."
"Ci sono mamma e papà" disse Joe. "Nessuno ti farà del male, ti proteggeremo noi."
"D-davvero?" balbettò la piccola, tremando da capo a piedi.
Il suo visetto era pallido, era davvero spaventata.
"Te lo promettiamo" dissero insieme i due adulti.
"Vuoi venire a dormire con noi?" propose Taylor.
"Oh sì, per favore!"
Poco dopo erano tutti e tre sotto le coperte.
“Mamma, mi canti una canzone?”
Taylor prese un profondo respiro e poi iniziò a cantare.
"Drew looks at me
I fake a smile so he won't see
That I want and I'm needing
Everything that we should be
I'll bet she's beautiful, that girl he talks about
And she's got everything that I have to live without
 
Drew talks to me
I laugh 'cause it's so damn funny
That I can't even see
Anyone when he's with me
He says he's so in love, he's finally got it right
I wonder if he knows he's all I think about at night
 
He's the reason for the teardrops on my guitar
The only thing that keeps me wishing on a wishing star
He's the song in the car
I keep singing, don't know why I do…
 
Drew walks by me
Can he tell that I can't breathe?
And there he goes, so perfectly
The kind of flawless I wish I could be
[…]"
Hannah si addormentò quasi subito.
 
 
 
CREDITS:
Taylor Swift, Safe And Sound
Taylor Swift, Teardrops On My Guitar
   
 
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