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Autore: musa07    11/07/2021    2 recensioni
"Come si fosse fatto convincere, o meglio: fregare in quel modo barbino da sua sorella maggiore, era e restava un mistero della fede per Koutarou.
Comunque, indipendentemente dal fatto che si fosse fatto fregare o meno, ormai aveva dato la sua parola d’onore, con tanto di pugno solenne sul cuore e croce sul petto a riprova del suo impegno [...]
Ecco perché quel mercoledì mattina di inizio aprile, caracollando sui suoi stessi piedi, mentre sbadigliava copiosamente roteando le chiavi della porta di ingresso del tea shop sull’indice, Koutarou si stava dirigendo verso il piccolo locale che la sorella gestiva con una amica. Era una apertura straordinaria. Solitamente apriva alle dieci della mattina, con quella che sua sorella definiva “la seconda colazione” di tolkeniana memoria, ma lei e la sua socia volevano vedere se aprire anche per la “prima colazione” sarebbe stata una mossa vincente o meno [...]
Mai avrebbe pensato che la sua vita sarebbe cambiata così tanto dopo quella mattina. Perché un incontro gli avrebbe letteralmente sconvolto la vita [...]"
Minilong BokuAka perché del sano fluff ci vuole sempre et comunque.
Di come Bokuto incontrò per la prima volta Akaashi
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io non ho scusanti, davvero!
Chiedo venia.
*cerca di regalare biscottini*

 

 

MEGLIO NON SENTIRE UN DOLORE TROPPO GRANDE

 

 

Capitolo 4

 

Akaashi, nei giorni successivi, non fece alcuna menzione all’accaduto. Se non scusarsi nuovamente con Koutarou il giorno dopo e comunque dopo averlo fatto anche la sera stessa via messaggio sia a Bokuto che a Kuroo.

Inutile dire che Koutarou si era dato, e continuava a darsi, il tormento per quella misteriosa ragazza. E, ovviamente, lo aveva dato anche a Tetsurou, che si era sorbito – come sempre – ogni suo lamento e disperazione.

- Forse è sua sorella. - aveva provato Tetsurou, poco convinto ovviamente ma sperava in qualche modo di riuscire a calmare e tranquillizzare l’amico, dato che questi – com’era nel suo stile – si era lanciato ad immaginarsi degli scenari uno più apocalittico dell’altro.
- Ma non si somigliano per niente! - aveva ribattuto il diretto interessato – Tu e tua sorella siete identici. -
- Vero. Però tu e Ayase non vi somigliate per niente fisicamente. - e questa volto Kuroo era stato molto più convinto nell’esporre la propria tesi. Infatti Bokuto se n’era uscito con un “mmm” meditabondo.

Nonostante questo tormento, per lui a dir poco struggente, Koutarou cercò di seguire il più possibile il consiglio che gli aveva dato Kuroo, comportarsi nel modo più normale possibile con Akaashi, non facendogli nessuna domanda insinuante su quella fantomatica ragazza. Se era Keiji a voler spiegare, di sicuro lo avrebbe fatto, gli aveva detto Tetsurou. Il quale Tetsurou ben se lo ricordava lo sguardo mortificato e di disagio che l’alzatore aveva avuto nei confronti di Bokuto quando se n’era dovuto andar via in quel modo.
Ma se Koutarou cercò di comportarsi come al solito – anche se tutti i loro compagni si erano resi conto ci fosse qualcosa che non quadrava – ecco che lo stesso non si poté dire di Keiji. Certo, era meraviglioso come al suo solito, calmo, serafico, in campo non ne sbagliava una, ma con Bokuto non era il solito. O meglio si rapportava a lui ma, anche in questo caso, qualcosa strideva. Non lo evitava, certo, ma ad un occhio attento si vedeva che era come se l’alzatore si sentisse in qualche modo a disagio.

- Cosa gli hai fatto? - chiese con tono fintamente distratto Akinori, mentre si tirava su la cerniera della felpa, alla fine degli allenamenti prima di uscire dagli spogliatoi.
- Eh? - Koutarou si girò a guardarlo, con uno sguardo perso e confuso. Soffriva già così tanto per il fatto che qualcosa nel rapporto con Akaashi pareva essersi incrinato.
Non sapeva quanto avrebbe resistito a chiedergli cosa ci fosse che non andava. Ma non voleva farlo via messaggio per telefono, lo trovava oltremodo squallido, sempre meglio essere a quattrocchi, dal vivo. Tipico suo d’altra parte, affrontar le cose di petto. Solo che il giorno dopo lui non sarebbe andato a scuola.

Akaashi, dal canto suo, non voleva evitarlo, solo stava sentendo che per quel ragazzo così esuberante e spumeggiante qualcosa di strano si stava iniziando ad agitare dentro e quindi era meglio evitar complicazioni sul nascere. Non che avesse chissà quanti amici – era uno che si bastava da solo e che preferiva restare da solo, trovava che così il suo (poco) tempo libero non andasse sprecato – con i quali fare un paragone sul tipo di sensazioni che provava quando si trovava con loro o quando pensava a loro ma Keiji era certo che tra tali sensazioni il famosissimo e fantomatico “sfarfallio nello stomaco” non fosse annoverato. Intendiamoci, non era assolutamente un problema per lui se due persone dello stesso sesso si innamoravano, trovava che fosse una cosa naturale, se ci si innamora poco importa il sesso dell’altro. Molto semplicemente non poteva farcela a gestir tutta quella situazione a casa, sarebbe stato portare un peso troppo grande sulle sue spalle. Quindi ecco che, prima che quella cosa che provava divenisse troppo ingestibile, meglio cercare di bloccarla sul nascere. Non sapeva davvero neanche come definirla. Forse era una amicizia più particolare? Ma se, a parte la pallavolo, lui e Koutarou non avevano praticamente niente in comune! Nessun interesse o altro. L’unica cosa che sapeva era che quando Bokuto orbitava intorno al suo asse, Keiji stava bene. Si sentiva bene. Sentiva che con quel ragazzo poteva essere completamente se stesso. Che Bokuto non si sarebbe aspettato niente da lui, che non gli avrebbe mai fatto nessun tipo di pressione o altro. Forse era lui che aveva paura di deluderlo...
Solo con sua nonna poteva dire di sentirsi libero di essere se stesso. E di avere dei sogni.
A volte si chiedeva se non fosse lui stesso a pretendere troppo da sé. A farsi carico di cose che, emotivamente, non gli spettavano.
Quel pomeriggio, su quella collinetta, a scrutar la volta celeste, con Bokuto al suo fianco, si era sentito in perfetta armonia con se stesso, con tutto, con Koutarou… Si era sentito grato per quel momento di perfezione assoluta. E avrebbe voluto che durasse per sempre. Forse, non voleva far soffrire in qualche modo Koutarou. Ecco perché Keiji, come una forma di difesa, pensava che la cosa giusta da fare fosse, al solito, anestetizzarsi da ogni sensazione, emozione, mantenere un profilo neutro.
Ma nonostante questi pensieri, questa sua stoica determinazione – troppo pesante per un ragazzo di soli 15 anni – eccolo in classe ad attendere con crescente trepidazione il suono della campanella della fine delle lezioni mattutine. I suoi occhi verdi scrutarono speranzosi il corridoio ma di Bokuto neppure l’ombra. La stessa ombra che calò nei suoi occhi, non sapendo neppure cosa gli si agitasse dentro. Forse alla fine, aveva veramente deluso Koutarou…
Stava per indirizzare i propri passi verso il piano delle seconde, a cercarlo, ma venne intercettato dal docente responsabile della sua classe che gli chiese il favore di fargli alcune fotocopie per le attività delle lezioni del pomeriggio e quindi addio pausa pranzo. Provò a controllare il cellulare ma nessuna missiva da parte di Bokuto.
Le lezioni del pomeriggio furono un vero e proprio tormento poiché perfino la lancetta dei secondi pareva essersi incollata al quadrante. Lui non era uno impaziente ma davvero quel pomeriggio il tempo che non passava, pareva dargli il tormento.
Ecco perché letteralmente schizzò verso lo spogliatoio non appena la campanella suonò e arrivò senza fiato e i compagni di squadra già presenti si sorpresero non poco quando lo videro arrivare in quel modo tutto trafelato.
Scandagliò la piccola stanza, alla ricerca dell’altro, della sua presenza ma niente neanche in quel caso. Allora, d’istinto, cercò Konoha perché quei due erano sempre appiccicati. E quando non lo vide, sentì un sollievo dentro di sé. Erano sicuramente in ritardo.
Ma ogni sua speranza si ruppe miseramente quando sentì la voce di Akinori alle sue spalle che gli chiedeva se, gentilmente, poteva spostarsi dall’ingresso. Solo la voce di Konoha, nessun ultrasuono assordante insieme a lui. Lentamente si voltò ma nulla. Akinori era da solo. E quest’ultimo gli lanciò un’occhiata pensierosa vedendolo così sperduto.
- Bokuto non c’è. È a casa con l’influenza il casinaro. Come si fa a prendersi la febbre in giugno, io boh… - gli spiegò, quasi avesse capito la causa del suo essere così spaesato.
Konoha continuò a tenerlo silenziosamente d’occhio durante tutti gli allenamenti, meditabondo. Doveva essere indubbiamente successo qualcosa tra quei due, ma non capiva cosa né, soprattutto, l’entità.
- Akaashi? - lo chiamò alla fine degli allenamenti, avvicinandosi a lui.
- Sì? -
- Senti, avrei bisogno di un favore. Non è che potresti fare un salto a casa di Bokuto a portargli le dispense che ci hanno dato oggi in classe e che ci servono per il compito della prossima settimana? Ho promesso a mia madre che alla fine degli allenamenti avrei fatto un salto al konbini vicino casa giusto in tempo per le offerte di fine giornata e non vorrei mai scatenarmi addosso la sua ira funesta se torno a casa senza la confezione maxi di uova dopo aver sfidato le orde di nonnine assatanate. -
Ovviamente non c’era nessuna offerta di confezioni maxi di uova né tanto meno sua madre pronto ad accoglierlo con il mattarello se si fosse presentato a mani vuote, ma non aveva una scusa migliore.
Per sua fortuna, Akaashi non fece alcuna domanda.

Ed ecco perché Keiji ora si trovava sulla strada verso casa di Koutarou, con l’indirizzo segnato da Konoha su di un fogliettino. Il quale Konoha si era affrettato a scrivere all'ammalato un enigmatico Mi devi un favore. Ti sto mandando un angelo. Missiva che Bokuto, nel delirio della febbre attendendo che l’antipiretico facesse effetto, non capì assolutamente cosa stesse a significare, se non che fosse giunta la sua ora e stesse morendo e che l’angelo della morte lo stesse andando a prendere.

Nonostante non fosse il suo quartiere, Keiji conosceva bene quella zona perché la sua tea room del cuore, comprensibilmente, si trovava proprio in quel quartiere. Fu proprio nel momento in cui si stava avvicinando ad essa che pensò che fosse il caso di portare qualcosa all'ammalato, non si poteva di certo presentare a mani vuote. Sì, ma cosa? Con una sorella che viveva in mezzo ai dolci, di certo presentarsi con una torta non era proprio il massimo dell’intelligenza. Qualcosa di salato? Ma stava male, aveva la febbre, non avrebbe gradito di sicuro. Beh, qualche medicinale o energetico ricostituente sarebbe andato più che bene, valutò alla fine, dando prova – al suo solito – di essere estremamente pragmatico e coscienzioso.
Se ne stava quindi uscendo proprio dalla farmacia quando si sentì rivolgere un saluto da una voce femminile.
Si girò perplesso, chi mai poteva conoscerlo in una zona non sua?
- Oh… - rimanendo con la sportina della farmacia, con tanti di quei medicinali dentro che sarebbero bastati per un ospedale intero, a mezz'aria.
- Mi pareva fossi tu. - Ayase gli sorrise e Keiji sentì una fitta al cuore. Pur non assomigliando per niente al fratello, avevano lo stesso modo di sorridere.
Akaashi si girò verso di lei, facendole un rispettoso inchino al quale la ragazza reagì con un gridolino.
- Oh, no no no, ti prego, quanta formalità! Non sono così vecchia. - scoppiò a ridere, portandogli una mano sulla spalla per farlo alzare e solo allora il ragazzo notò che davanti a lei spuntava un marsupio. Che lo stava fissando. Intensamente. Molto intensamente.
- Mia non fissare le persone. Ho capito che è un bel ragazzo, ma è una cosa scortese. - scherzò Ayase, sistemando il cappellino fiorito sulla testolina della propria figlia. E Akaashi arrossì visibilmente, non sapendo come o cosa obiettare. Non si era mai soffermato più di tanto sul suo aspetto fisico, certo le varie richieste di ragazze – anche di quelle del terzo anno – indubbiamente gli avevano fatto comprendere che dovesse piacere alle ragazze ma era una cosa sulla quale non si era mai soffermato più di tanto. Anzi! Per lui era fonte di dispiacere dover in qualche modo creare sofferenza o dispiacere in quelle ragazze, rifiutando le loro proposte.
- Stai andando da Kou? - lo tolse Ayase dall’impasse, fissandolo con la testa leggermente piegata.
- E-eh? A-ahh, sì… un nostro compagno di squadra mi ha chiesto di portargli delle dispense che hanno consegnato oggi in classe. -
- Ne sarà felice. - rispose lei sibillina, con un sorrisetto furbetto ma senza malizia alcuna, per poi proseguire a parlare - C’è anche Tetsu. -
- Chi? -
- Kuroo. -
- Ahh, il Gattaccio. (ohh, Kuroo *ç* ndC) – replicò lui, sovrappensiero. Quei due erano sempre insieme. Dove c’era l’uno, c’era anche l’altro.
E Ayase scoppiò a ridere dopo averlo fissato per un istante interdetta.
- Sì, il Gattaccio. -
- Oh! Non volevo essere scortese. - si affrettò a spiegare lui – Ma Bokuto-san si rivolge a lui molto spesso definendolo in questo modo. -
- Tranquillo, tranquillo. - ancora ridendo – Ti faccio strada, sto facendo anch’io un salto da lui. I miei son fuori per lavoro fino a stasera e anche se la mamma gli ha lasciato tutto il necessario per sopravvivere, sono certa che abbia chiamato disperato Tetsurou perché – a detta sua – gli elettrodomestici sono contro di lui e non sarà riuscito a riscaldarsi la zuppa di miso nel microonde. -
Keiji rimase un attimo interdetto, non si aspettava di certo che Koutarou fosse così impedito nelle faccende quotidiane. O forse sì… forse doveva aspettarselo. E questa nuova novità che aveva appresso sull’altro, lo fece inevitabilmente sorridere. Pur avendo piegato di poco la testa per nascondere quel sorriso, Ayase se ne avvide eccome e sorrise dolcemente a sua volta, portando lo sguardo verso la figlia che ora giaceva felicemente e beatamente addormentata.
- Lo so che mio fratello è un casino totale. - disse queste parole con un tono incredibilmente dolce, sussurrando e Keiji portò nuovamente l’attenzione verso di lei.
- Però è una persona buona, che si dà con tutta l’anima in quello che crede e per poter far felici gli altri, le persone a cui tiene. Si butta a capofitto certo, non pensa prima di agire, figurarsi prima di parlare, è un tornado che ti travolge ma lo fa con tutto il cuore. - concluse, riportando lo sguardo sul ragazzo che camminava al suo fianco. Il quale si fermò per un istante, riflettendo sulle parole che la ragazza gli aveva detto.
- Lo so. L’ho capito fin da subito. È un libro aperto. -
- Già… - sospirò lei, lasciando le parole in sospeso, cercando di capire se continuare o meno. Alla fine decise per il sì – E non farebbe mai del male alle persone alle quali tiene. Le proteggerà sempre. Oh! Siamo arrivati. -
E Akaashi non ebbe il tempo di soppesare quelle parole e il motivo per le quali gliele stava dicendo. Era nervoso? Emozionato? Non sapeva dire se era una emozione positiva o negativa, ma quello che sapeva per certo era che un mestamento interiore lo stava sentendo. Soprattutto quando, dal piano superiore, sentì l’inconfondibile risata di Bokuto.
- Kou, hai visite! - Ayase gli perforò un timpano praticamente, mentre si era sporta appena sulle scale, invitandolo con lo sguardo a salire dopo che si erano tolti le scarpe in ingresso.
- CHI E'? -
- SORPRESA! -
E ok, ora sicuro aveva perso l’uso dell’udito. Tipo per sempre.
In una salita che gli parve infinita, arrivò infine a bussare alla porta socchiusa della camera, annunciandosi in qualche modo e…
- AKAAASHI! -
Bene, ora il colpo di grazia per le sue povere orecchie era indubbiamente arrivato. Ma anche per il suo cuore indubbiamente. Era stato solamente un giorno senza vederlo e poteva ora affermarne con sicurezza che Bokuto gli era mancato.
- Oh, Konoha mi aveva detto che mi stava mandando un angelo. Bro, sto morendo! È stato bello conoscerti. Non ti dimenticare di me. - urlò e con tono solenne e melodrammatico, dopo esser saltato praticamente giù dal letto.
- Bro, perché devi sempre essere così tragico? - sospirò appena Kuroo, portando il peso del corpo sulle mani appoggiate dietro, seduto sul letto dell’amico, cercando di glissare il più possibile sulla gaffe che Bokuto aveva appena fatto di rivelare che Akinori si era riferito ad Akaashi definendolo angelo. E voltando di lato la testa per studiarselo bene quell’angelo, ogni sua singola reazione, per tentar di capire. Perché se aspettava che Bokuto capisse o captasse certi segnali da parte dell’alzatore, aloha!

E Keiji vide l’occhiata che Kuroo gli aveva riservato. Doveva ancora ben capire che rapporto ci fosse, ci fosse stato e, soprattutto, verso che direzione stesse andando tra quei due. Ma se Bokuto, come poco prima aveva detto ad Ayase, era un libro aperto, beh, lo stesso non si poteva dire di Tetsurou. Akaashi aveva perfettamente capito che, pur essendo uno solare e limpido, era uno che certe parti di se stesso le teneva ben trincerate dentro di sé, forse proprio per non pesare sugli altri. Gli dedicò la stessa occhiata, indagatrice, mentre Koutarou praticamente aveva iniziato a scodinzolare tutto felice.
- Beh – esordì Tetsurou, alzandosi dal letto con fare pigro e stiracchiandosi altrettanto pigramente – Vi lascio soli. -
- Te ne vai di già? - il padrone di casa riportò l’attenzione su di lui.
- Ho una video-chiamata che mi attende. Ho visto che sei vivo, ti ho dato da mangiare. - gli rispose facendogli l’occhiolino. - E poi ora sei indubbiamente in buona compagnia. - concluse, battendo una mano sulla spalla di Keiji e lanciandogli un’occhiata indecifrabile.

- Tetsu, secondo te in qualche modo si chiariranno? - gli chiese Ayase non appena Kuroo ebbe fatto il suo ingresso in cucina per salutarla e lei lo aveva praticamente obbligato a sedersi presentandogli davanti un piattino con il suo ultimo esperimento dolciario da provare. Ovviamente la ragazza era stata informata dal fratello su quanto accaduto il giorno del festival scolastico e della misteriosa ragazza.
- Non lo so, onee-san. Fondamentalmente perché non hanno nulla da chiarire. E se Kou è uno che parla anche troppo, Akaashi invece… - infilzando il dolce con il cucchiaino.
- … è uno che parla anche troppo poco. - concluse lei, sedendosi di fronte e portando le mani a coppa poggiandovi il mento, meditabonda, con un ciuffo di capelli biondi che le sfuggì dallo chignon, tenendo d’occhio Mia seduta sul tavolo, che cercava di gattonare verso Kuroo e il piattino con il dolce.
- Humm, Tetsu forse sarebbe stato meglio se tu fossi rimasto di sopra con loro, ad aiutare in qualche modo la conversazione. -
- Scherzi? - rise – Akaashi sarebbe stato in grado di uccidermi. -
- Con lo sguardo? -
- No! Di uccidermi e basta. -
- Macoss… - facendola scoppiare a ridere di gusto.
- Penso di non andargli molto a genio. -
- Impossibile! - dichiarò solenne e sincera, per lei era impossibile non adorare uno come Tetsurou. Poi si illuminò. - Forse è geloso. -
- Allora dovrei un po' forzare la mano, per spingere Akaashi a venire allo scoperto. -
- Sei tremendo. - rise – Tetsu, per favore mi tieni Mia un secondo finché vado un attimo in dispensa a recuperar delle cose che ho lasciato ancora qui? -
- N-no, aspetta! - ma si era trovato la bambina in braccio prima ancora di finir di protestare.
La quale bambina parve gradire molto il passaggio, accoccolandosi per benino sul petto di Kuroo.
- Oddio, sei meraviglioso. Posso farti una foto? - squittì tutta felice Ayase, prima di uscire dalla cucina.
- E-eh? - ed eccole, le guance andate irrimediabilmente a fuoco. Capitava molto spesso ultimamente, non c’era che dire. E giusto nel momento in cui la famosa video-chiamata che tanto attendeva, arrivò.
°° Ehy, mi devi dire qualcosa che non mi hai ancora detto?°° si divertì a punzecchiarlo il ragazzo dall’altro lato dell’etere, vedendolo con Mia in braccio °° Sei carino in versione “papà”.°°
- N-ono. Ahhh! Ma vi siete messi tutti d’accordo per mettermi in imbarazzo? - rise.
°° Oh, forse perché sei adorabile quando ti imbarazzi? °°
- Ancora?! - e facendo scoppiare a ridere di gusto anche l’altro.

Nel frattempo al piano di sopra la conversazione, comprensibilmente, languiva. Passati i convenevoli di rito, ora c’era solo silenzio.
Koutarou, rificcato a forza sotto alle coperte al caldo da Keiji, lo fissava in attesa, con i soli occhi che spuntavano dal lenzuolo. Con i capelli giù, come l’aveva visto la prima volta che si erano incontrati, sembrava indubbiamente un’altra persona.
Akaashi emise un piccolo sospiro, mentre si trovava sul tappetto di fronte al letto, seduto regalmente come al suo solito sui talloni.
- Mi dispiace per l’altro giorno, Bokuto-san. Non esser potuto venire  all'uscita che avevi organizzato. -
- Nahhh, non ti preoccupare. - l’effetto dell'antipiretico stava lentamente svanendo e con esso la lucidità – Ce ne saranno altre di occasioni, di sicuro. Tranquillo ‘kaashi. -
- Sì, sicuro: ce ne saranno altre. - sorrise appena, alzandosi per cambiargli la fascia refrigerante sulla fronte e mettergliene una di fresca, cercandola tra le mille cose che gli aveva preso in farmacia. E Kou emise un piccolo sospiro di apprezzamento a sentire quel sollievo sulla fronte bollente. Aveva gli occhi chiusi ma sentì perfettamente quando Keiji fece per allontanarsi e allora, d’istinto, allungò una mano a prender la sua.
- Resta, ‘kaashi… -
E Akaashi restò… Voleva restare!
Dopo il comprensibile momento di smarrimento iniziale. Cosa stava a significare esattamente quel gesto? Forse solo il delirio della febbre che aveva preso a rialzarsi.
Si mise seduto sul letto, al suo fianco, ancora mano nella mano, guardandole. Che strano effetto gli faceva. Oltre a sua nonna, non aveva memoria che nessun altro gli avesse tenuto la mano. Strinse appena le dita, su quelle dell’altro.
Chiuse gli occhi a sua volta, sospirando appena.
- Bokuto-san? -
- Sì? - Kou non sapeva dirsi se la voce di Akaashi che lo chiamava fosse vera o se si trattasse di qualche specie di allucinazione del sonno senza sogni nel quale lo gettava la febbre.
- La ragazza dell’altro giorno… - e qui vide che Bokuto spalancò nuovamente gli occhi su di lui.
Gli veniva da vomitare. Quasi che qualcosa si fosse impossessato di lui, qualcosa che gli attanagliava la gola. Come sempre accadeva quando qualcosa sfuggiva al suo controllo. Dalla sua routine.
Perché stava tirando fuori quel discorso? Perché glielo doveva, molto semplicemente. O forse perché era un modo per lui di lanciare un disperata richiesta di aiuto. E Koutarou in qualche modo la colse, stringendogli ancora più forte la mano.
- Le nostre famiglie si conoscono da tanto tempo. Da generazioni direi. - proseguì a spiegare, fissando davanti a sé, sulla scrivania di Bokuto, dove tra i libri troneggiava un piccolo peluche a forma di gufetto.
- Sai, ti ho detto che tiro con l’arco ed è perché l’ho imparato da piccolo da mia nonna che possiede un dojo che la mia famiglia si tramanda da parecchie generazioni. Ma i miei genitori non sono intenzionati a prenderlo in mano anche se non intendono perderlo, vorrei occuparmene io ma… ma non ho ancora l’età giusta e non so quanto la nonna vivrà ancora... È un dojo prestigioso e la famiglia di Azumi potrebbe portarlo avanti, dato che anche la loro famiglia possiede un dojo da intere generazioni. E… e a causa di una sorta di accordo fatto tra le nostre famiglie – anche se la nonna si è sempre opposta strenuamente e lo sta facendo tuttora - proprio per questa questione del dojo, perché in qualche modo rimanga comunque alla mia famiglia, beh… io e Azumi dovremmo sposarci un giorno. -

La bomba era stata sganciata…

 

 

7 ANNI PIU’ TARDI
 

Finalmente quella mattina potevano permettersi di preparare la colazione con tutta calma. Niente allenamenti ai quali correre. Niente scadenze da consegnare alla sala stampe.
Era una bella mattinata e il tiepido sole di fine estate faceva capolino dentro alla piccola cucina del loro minuscolo appartamento, inondando i loro volti.
Keiji, al solito, aveva rubato la maglia a Kou, il quale se ne stava tranquillamente a petto nudo e in boxer, avvinghiandolo da dietro mentre l’ex alzatore era intento a preparare l’impasto per i pancake, beccandosi qualche morsettino sulla nuca, in segno di protesta perché – a detta di Bokuto – stava badando più l’impasto che lui, facendo scoppiar a ridere Keiji.
L’idillio fu interrotto dal cellulare di Akaashi che iniziò ad illuminarsi e a vibrare sul tavolo alle loro spalle.
Keiji, girando il volto verso quella fonte molesta, sollevò gli occhi al cielo. Si augurava che non fosse la sua casa editrice che chiamava non si sa bene per quale mistero misterioso pur sapendo benissimo che si era preso due giorni di ferie dopo non si sa quanto tempo.
Quel numero non l’aveva memorizzato in rubrica ma sapeva perfettamente a chi appartenesse. E fu per questo che si rabbuiò.
Anche Koutarou ormai sapeva perfettamente a chi appartenesse quel numero. Strinse ancora più forte Keiji a sé, posandogli ora dolci baci sulla nuca, per tranquillizzarlo. Per nulla al mondo voleva che ci fosse qualcosa che turbasse il suo adorato. Aveva giurato a se stesso di proteggerlo da qualsiasi cosa brutta, da qualsiasi cosa potesse turbarlo e togliergli il sorriso.
- Amore, io ti capisco e non ti sto dicendo di perdonarlo Keiji, so che ti è impossibile, ma almeno di rivedervi, di parlarci con tuo padre. -
- No. - con tono calmo ma perentorio, stringendosi a quelle braccia forti che continuavano a circondarlo protettive – Non dopo quello che ci ha fatto. -

 

Continua…

 

 

Lo so che lo dico ogni volta (strano che io ripeta le stesse identiche cose tremila volte, non mi capita proprio mai guarda…) ma io devo ancora ben capire quando è stato il momento in cui ho deciso di farli penare ‘sti due poveri ragazzuoli, forse per creare un po' di climax, boh. Ma tranquilli comunque eh, io sono la Regina del flufffluffone. Ohhh yep!

Ed ora, per riprendermi dal momento di sconforto, ho bisogno di qualche siparietto comico. Mi serve una spalla. Da chi mai potrei andare? Hum, mumble mumble... *inizia ad importunare vari personaggi, in particolar modo due – non a caso -, cercando di farli mettere in posizione orizzontale*
voce fuori campo °°Ma non si era detto siparietto comico? Perché stai cercando di farlo diventare un R72?°°
Dettagli!

 

 

   
 
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