Nota dell’autrice: ciao a tutti! Oggi vi lascio
questa piccola nota così da spiegarvi un po' meglio come leggerla da ora in poi.
Le frasi in
corsivo sono i ricordi di Marinette, e se in mezzo a queste trovate delle frasi
scritte normalmente sono le sue movenze all’interno del ricordo.
Visto che ci
sono…ne approffitto per
ringraziarvi per tutti i bellissimi commenti che sto ricevendo e un GRAZIE
immenso a chi ha inserito questa storia tra le PREFERITE, SEGUITE e RICORDATE.
Fatemi
sapere come sempre se vi piace e se c’è da migliorare qualcosa.
Un
abbraccio, Erika
*
Ricordati
di me
*
Capitolo 20
*
Marinette
annaspò alla ricerca di aria.
Si trovava
in un luogo bianco con una fitta nebbia che ne faceva da padrona e che non
lasciava intravedere niente ad un palmo dal naso.
Si alzò e fu
molto sorpresa di ritrovarsi con una
lanterna nella mano sinistra, vuota.
“Adrien?...Grande
Guardiano?” Chiamò timidamente cercando di adirare come meglio poteva la coltre
davanti a lei con le mani.
Non ottenne
risposta da nessuno se non un eco.
“Ma dove
sono?” Si chiese avanzando in direzione di una luce gialla che mano a mano si
faceva sempre più forte rivelando quello che sembrava essere un edificio
altissimo suddiviso in quadrati con solo porte, nessuna finestra.
Una
sensazione di vuoto e smarrimento si stava facendo strada dentro di lei.
Scale.
Scale
altissime per arrivare fino a in cima, contorte, a chiocciola, di marmo, di
legno e che a volte si muovevano in varie direzioni.
Deglutì il
nulla e prendendo coraggio iniziò ad aprire una porta marrone abbassando la
maniglia di vetro.
Una luce
fortissima e bianca la invase, si schermò il volto con il braccio e quando la
luce si diradò lo abbassò e si ritrovò dentro la sua pasticceria.
“Mamma!
Papà!” Chiamò a gran voce non ricevendo risposta.
Avanzò
all’interno e di diresse verso il laboratorio da dove sentiva provenire delle
voci e delle risate cristalline.
*
“Vedi Marinette, il segreto per una buona crema pasticcera è
mettere solo i tuorli e non le uova intere.”
“Ho capito,
papà!” La bambina che indossava un graziosissimo vestitino rosa con sopra un
grembiule più grande di lei di qualche taglia si apprestava a rompere le uova
come le stava insegnando papà Tom.
Marinette si limitò ad osservare la scena semi nascosta dallo
stipite della porta.
Sabine le
era appena passata accanto con un vassoio di cornetti pronti per essere farciti
e non aveva fatto caso alla ragazza.
“Amore,
quante volte ti ho detto di non entrare in laboratorio.” Prese in braccio
quella bambina che avrà avuto sì e no sei anni. “Rischi di sporcarti il tuo bel
vestitino e fare tardi il tuo primo giorno di scuola.”
“Scusami
mamma…ma la crema che fa papà è troppo buona e voglio essere una brava
pasticcera come lui.”
La lanterna
iniziò ad illuminarsi e quando la luce svanì, al suo interno comparve una sfera
fluttuante, Marinette sorrise, quel ricordo era
appena tornato al suo posto, e anche la sensazione di disagio mentre le veniva
in mente che quel giorno era stato particolarmente traumatico per lei.
Aveva
conosciuto Chloè e la loro prima interazione non era
stata delle migliori.
La bella
biondina si atteggiava a diva di Hollywood e ogni insegnante era ai suoi
ordini.
Strinse i
pugni dalla rabbia mentre un’altra sfera comparve all’interno a far compagnia
all’altra.
Marinette si portò la lanterna più vicina al volto e così
facendo poteva benissimo sentire la voce stridula di Chloè
dirle che quella era la sua bambola e che gliela aveva rubato.
Sorrise.
Iniziava a
ricordare e a capire che quel posto bizzarro fatto di scomparti, scale e porte
era niente che di meno la sua mente.
E ogni porta
rappresentava un ricordo.
Sospirò e
tirò un’altra maniglia, ma mentre lo faceva una mano guantata di nero l’aiutò.
Marinette si voltò verso di lui con fare sorpreso.
“Chat Noir”
Mormorò meravigliata. “Che ci fai qui?” Scosse il capo perché non era quella la
domanda che gli voleva porgere “…volevo dire come fai ad essere qui?”
“Milady, ti
aveva promesso che questo viaggio lo avremo compiuto insieme.” Le sorrise
amorevolmente e il cuore di Marinette scoppiò di
gioia.
Non sapeva
che cosa avrebbe trovato dietro quelle porte: felicità, rabbia, dolore,
delusioni, soddisfazioni, e affrontarle da sola sarebbe stato frustrante.
“Come fai ad
essere qui, Chaton?” Glielo chiese di nuovo
perché mentre si stava addormentando in quella stanza, aveva sentito
chiaramente sia lo Stregone che il Grande Guardiano invitare Adrien a lasciare
la stanza.
Le sorrise
sghembo roteando gli occhi “Diciamo che ho avuto una mano da un certo kwami!”
“Si, ma
perché sei trasformato?”
“Ah questo
non lo so…comunque ti ricordi il ciondolo che ti ha dato Tikki
e che mi hai chiesto di conservare per te?”
Marinette annuì.
“Plagg me ne ha dato uno di uguale identico, solo nero, me
li ha fatti unire e voilà eccomi qua.”
La ragazza
non capì un bel niente di quella spiegazione e Adrien
lo vide dalla sua faccia stranita e smarrita, più di quanto non lo fosse già.
“E’ un kawatama e questo oggetto apre portali in altre dimensioni,
l’ho unito al tuo per trovarti.” Chat Noir le prese le mani stringendole alle
sue.
“Sei sicuro
di voler continuare? Siamo nella mia testa e non so cosa potrei trovare!”
“Per questo
sono qui. Per starti accanto.”
A Marinette, dopo quelle parole, iniziarono ad inumidirsi gli
occhi e il cuore le stava scoppiando letteralmente nel petto.
Gli prese il
volto e lo baciò.
“Grazie!”
Gli sussurrò dopo essersi staccata leggermente da lui.
“Non devi
ringraziarmi.”
Marinette deglutì e una strana sensazione di disagio si fece
strada in lei.
“Tutto
bene?” Adrien le alzò il volto con due dita.
“E’ quella
porta, non so spiegartelo, ma quando ho toccato la maniglia…è stato strano.”
“L’apriamo e
scopriamo cosa contiene?”
Marinette annuì con il capo e abbassò di nuovo la maniglia.
Entrarono
insieme in quella stanza mano nella mano.
Si
ritrovarono in un parco giochi, entrambi lo avevano riconosciuto perché da
bambini ci giocavano spesso anche se non si erano mai incontrati.
“Ahi! Mi fa
male!” Sentirono
una bambina lamentarsi, e dopo aver girato l’angolo ed essersi nascosti dietro
un albero videro Marinette bambina seduta per terra
con un ginocchio sbucciato.
Era appena
caduta dalla bici a causa dei ciottoli del sentiero del parco, almeno era
quello che credevano entrambi.
“Stai
tranquilla, Marinette. E’ solo un graffio” Incalzò
Sabine mentre si apprestava a medicarla con una garza pulita che teneva sempre
in borsa.
La bambina
piangeva disperatamente non per il ginocchio, ma perché aveva rovinato la bici
nuova.
“La
bicicletta si aggiusta Marinette” Continuava a
ripeterle Sabine mentre chiudeva con un fiocchetto la fasciatura e l’aiutava a
rialzarsi.
“Ricordo
questo momento, i miei mi avevano appena regalato la bicicletta e io sono
caduta per evitare il gatto nero che mi aveva attraversato la strada” Marinette si portò una mano sulla bocca dallo stupore.
“I gatti
neri sono nel tuo destino Milady, devi fartene una ragione” Si pavoneggiò Chat
Noir schernendola, ricevendo poi un’occhiataccia.
“Dov’è
finito quel gattino? Si è fatto male?” Chiese poi innocentemente alla madre che
guardò al di là della siepe, ma non trovandolo.
“Sarà
scappato tesoro, si sarà spaventato.”
“Lo voglio
trovare per aiutarlo.” Puntò i piedi dimenticandosi del ginocchio sbucciato.
“Sarà lontano
ora.”
“Devo
aiutarlo se sta male.”
“Che tenera
che ti preoccupi per un povero gattino!” Esclamò sorpreso con una punta di
scherno.
Marinette gli diede una leggera gomitata “Smettila, scemo!” Seguì
qualche secondo di silenzio.
“Se non
ricordo male lo avevo poi trovato dietro quel cespuglio” Lo indicò con un dito “…lo abbiamo portato dal veterinario perché aveva una
zampetta ferita e una volta guarito lo avevamo adottato.”
“Che
successe poi?” Chiese curioso.
“Scappò…e non lo abbiamo più rivisto” Fece spallucce
tristemente.
Chat Noir
sorrise “Beh! Mi hai ritrovato dopo qualche anno no?” Ammiccò facendola
sorridere.
“Mmm…Hai ragione!”
La lanterna
si illuminò nuovamente e un terzo ricordo ritornò al suo posto facendo tornare
Marinette un po’ più serena.
*
“Se tutte le
porte sono così, non vedo perché il Grande Maestro era un po’ restio nel
sottoporti al trattamento.”
“Non saprei,
chaton…forse
dipende dalla persona e dal suo inconscio.”
Marinette e Chat Noir si trovarono davanti all’ennesima porta e
il gattone si era prodigato per aprila, ma come toccò la maniglia questa sparì
lasciando i due ragazzi attoniti.
Chat Noir
aveva appena distrutto un ricordo senza la possibilità di tornare indietro.
Marinette avvertì un forte mal di testa che la costrinse a
sedersi ed ansimare.
“Forse…è…meglio se…le…porte…le
apra io” Disse tenendosi la testa.
Chat Noir si
era sentito terribilmente in colpa, lui la voleva solo aiutare ed essere
gentile, non intendeva di certo distruggere definitivamente il passato di Marinette.
“Mi spiace, milady…i-io non…non volevo” Biascicò in preda al panico.
“Lo so, non
devi preoccuparti…speriamo solo sia stato una cosa di poca importanza.”
Chat Noir si
limitò a sorriderle di circostanza, ma in cuor suo avrebbe tanto voluto sparire
o nascondersi.
“Non capisco
perché sia successo.”
“I ricordi
sono i miei e non i tuoi, forse è tipo un antifurto, se hai capito cosa
intendo.”
“Si certo,
ma allora perché prima sono entrato?”
“Forse perché
sono stata io a farlo e inconsapevolmente ti ho dato il mio permesso, cosa che
non è successo con la porta di adesso, non conoscevo la tua intenzione di
galanteria e il mio inconscio ha interpretato il tuo gesto come un tentativo di
invasione della mia privacy.”
Chat Noir si
portò due dita sul mento e ci pensò un attimo, il ragionamento di Marinette filava liscio ed era molto plausibile come cosa “Sei
sempre stata molto astuta e intelligente, milady. Per questo mi sono innamorato
di te.”
Marinette avvampò vistosamente ed abbassò lo sguardo per
sfuggire al suo pieno di amore ed ammirazione in un momento di imbarazzo.
“…e non riesco a capire come hai fatto ad innamorati di uno
come me…so combinare solo disastri.” Confessò affranto.
“Per i tuoi modi…e poi non è vero che combini solo disastri, anche se…” Gli scompigliò i capelli facendogli alzare lo sguardo
ed incontrare i suoi occhi azzurri “…forse il più
grande che hai fatto è stato quello di innamorarti di me.”
Chat Noir la
baciò senza nessun preavviso e lei lo ricambiò subito dopo dandole la carica
per andare avanti.
“Se questo è
un disastro…sono contento di averlo combinato.”
Marinette appoggiò la fronte alla sua cingendogli il collo con
le braccia “Starei ore a baciarti.”
“Potremo
farlo!” Sussurrò malizioso approvando la sua idea.
“Una volta
che questa storia sarà finita.”
*
Continua