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Autore: My Pride    14/07/2021    2 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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A simple way to say Titolo: A simple way to say...
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 2640 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Richard John Grayson

Rating: Verde/Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Commedia

Avvertimenti: What if?, Accenni slash
Solo i fiori sanno: 5. Aquilegia: amore nascosto



BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    «Che diavolo sto facendo?» si domandò di punto in bianco Damian, fissando con fare corrucciato la vetrina davanti cui era fermo da una buona decina di minuti.
    Quando quel mattino si era ritrovato a lasciare villa Wayne per raggiungere Gotham, tutto avrebbe pensato tranne che uno stupidissimo negozio di fiori avrebbe richiamato la sua attenzione. A dire il vero non era stato il negozio in sé a catturare il suo sguardo, bensì la giovane coppia che si era fermata ad osservare le composizioni. Stretti l'uno all'altra, si erano guardati per un lungo istante e poi avevano riso, e Damian aveva potuto scorgere un piccolo e piacevole rossore colorare le guance della donna prima che fosse lei stessa a trascinare il suo uomo all'interno, notando alla luce del sole il rapido luccichio di quello che aveva tutta l'aria di essere un anello di fidanzamento.
    Era un detective abbastanza bravo da riuscire a capire i segni, eppure non si spiegava perché avesse finito con l'avvicinarsi a sua volta e a fermarsi davanti a quella vetrina proprio nello stesso momento in cui erano usciti quei due, cogliendo un brandello della loro conversazione. Un matrimonio. Stavano organizzando un matrimonio. Un po', in cuor suo, invidiò la spensieratezza con cui potevano esternare al mondo la loro relazione senza doversi guardare le spalle o temere la reazione di amici e parenti.
    Si scoprì geloso, e si massaggiò le tempie con due dita per scacciare quella sensazione. Non doveva ricominciare a pensare quelle cose, dannazione. Non era più un bambino, avrebbe presto compiuto diciotto anni ed era al di sopra di certe frivolezze, non gli interessava del giudizio degli altri né tanto meno aveva bisogno che qualcuno accettasse le sue scelte. Era l'erede degli Al Ghul e del manto del pipistrello, colui che un giorno avrebbe protetto Gotham prendendo il posto di suo padre, colui che avrebbe potuto governare il mondo se solo lo avesse desiderato e... ma chi voleva prendere in giro. Sin da bambino aveva sempre voluto essere accettato e aveva fatto di tutto pur di compiacere sua madre e suo padre, di farsi accettare per ciò che era e per ciò che sarebbe stato. E adesso che aveva scoperto di provare dei sentimenti per Jon, e che quei sentimenti erano persino ricambiati, voleva solo... voleva solo continuare ad essere amato e poter dire alla sua famiglia quanto fosse felice. Allora perché era così difficile e sentiva un groppo in gola ogni qual volta provava a parlarne?
    La risposta era semplice, ma lui stesso si rifiutava di darle voce. Aveva paura. Aveva paura che sapere che era innamorato del suo migliore amico, di un ragazzo, potesse cambiare le cose e distruggere il già fragile castello di carte su cui tutti loro erano sempre stati in bilico. Forse era un'idea assurda, lo sapeva, eppure non poteva fare a meno di pensarci. E più guardava quei fiori esposti, facendo scorrere lo sguardo sulla moltitudine di rose presenti, sui gigli bianchi e sulle bocche di leone, più sentiva una strana sensazione opprimergli il petto. Era questo che significava nascondersi agli occhi del mondo, nascondere l'amore che provava, pur di mantenere una stupida facciata a cui forse non credeva nemmeno più?
    «Ehi, Damian!»
    La voce allegra e divertita di Richard lo fece sobbalzare e per poco non gli venne un infarto, ma almeno era stata capace di distoglierlo da quei pensieri che avevano cominciato a diventare poco a poco sempre più catastrofici. Il problema, adesso, era un altro: come avrebbe spiegato l'essersi fermato davanti ad un negozio di fiori? E, soprattutto, come lo avrebbe spiegato a quell'impiccione di Grayson? Si voltò verso di lui e lo vide avvicinarsi, sentendo poco dopo il suo braccio intorno alle spalle. Non fece resistenza, sarebbe stato inutile: lo avrebbe riafferrato lo stesso e lui non aveva mai disprezzato poi tanto quelle dimostrazioni d'affetto da parte del fratello maggiore.

    «Se mi avessi detto che venivi a Gotham, stamattina ti avrei invitato a fare colazione. Vorrà dire che ripiegheremo per il pranzo», replicò con un sorriso. Ah, Richard... con quel suo solito sorriso bonario che non abbandonava mai. Fortuna che si era distratto dalla sua presenza e... «Allora, sceglievi dei fiori per la tua ragazza?» domandò divertito, facendogli l'occhiolino. Dannazione a Grayson e al suo occhio anche per le cose più piccole e insignificanti.
    Damian finse comunque un po' di sconcerto, facendo un breve cenno di diniego col capo. «Cosa? No. Io... io non ho una ragazza, non ho tempo per certe sciocchezze», replicò, troppo in fretta e tutto d'un fiato per risultare credibile, anche se a dire il vero la sua non era stata una completa bugia. Non aveva una ragazza, dopotutto. E poi, anche se si era fermato là davanti, avrebbe davvero comprato dei fiori a Jon? Lui non era tipo da romanticherie del genere, se lo sarebbe aspettato più da quella testa aliena o da quello scemo di Wilkes, anche se anni addietro aveva comprato un bouquet per le suore dell'orfanotrofio. Ma quello non contava.
    «Oh, certo che no. Tu sei Damian Wayne», prese in giro, ma senza scherno, prima di assumere una strana espressione. «Stai bene?» gli domandò di punto in bianco, al che Damian sollevò lo sguardo verso di lui e sbatté brevemente le palpebre, senza capire il perché di quella domanda.
    «Perché non dovrei?»
    «Ti conosco da troppo tempo per sapere che, quando hai quella faccia, qualcosa non va», affermò, e Damian si zittì prima ancora di poter anche solo pensare di dire qualcosa. Era davvero un libro così aperto, per Grayson? Gli bastava davvero un solo sguardo per capire che qualcosa lo preoccupava... oppure stava semplicemente facendo il vecchio gioco del fingo di sapere cos'hai così sarai tu a dirmelo? Suo padre lo faceva spesso, quand'era un ragazzino. «Vieni... conosco un posto qui vicino che è la fine del mondo, andiamo a mangiare un boccone», disse ancora Richard, aumentando la stretta intorno alle sue spalle per provare a sorridergli rassicurante.
    Non che il giovane Wayne avesse davvero voglia di mangiare ma, gettando un'ultima occhiata alla vetrina, si massaggiò nuovamente le tempie e si ritrovò ad annuire dopo un lungo istante, conscio che Grayson non avrebbe accettato un 
«No» come risposta. Finirono quindi per l'avviarsi verso il posto accennato da Richard, prendendo posto al Sundollar in Gotham Square una decina di minuti dopo. Ironico. Era lo stesso posto in cui lui e Jon avevano salvato sua madre Lois e in cui avevano cominciato ad aprirsi un po' di più l'uno con l'altro dopo aver affrontato la sua, di madre.
    In verità non era stato molto di compagnia per tutto il tempo in cui avevano pranzato, e adesso si stava rigirando fra le mani un bicchiere di the freddo da un buon quarto d'ora, col ghiaccio che aveva ormai cominciato a sciogliersi. Ringraziava il fatto che Grayson non avesse insistito e non gli avesse fatto pressioni, ma sentiva comunque che l'atmosfera aveva cominciato a farsi piuttosto pesante.
«Grazie del pranzo, Richard», esordì infine, allentando la presa intorno al bicchiere. «Adesso sarà meglio che vada».
    Fu a quel punto che Dick lo scrutò, con quel cipiglio indagatore che solitamente usava solo con Jason. «Tu e Jon avete litigato?» chiese di punto in bianco, facendo restare Damian di sasso a quella domanda così diretta.
    «No, perché avremmo dovu... aspetta, perché hai pensato che avesse a che fare con lui?»
    «Elementare, mio caro Watson», esordì, muovendo una mano con fare piuttosto eloquente. «L'ultima volta che ti ho visto così distratto e sulle tue, è stato quando in quella missione sull'altra faccia della luna hai usato Jon come esca e Jon ti ha tenuto il muso per tre giorni. E avevate quindici anni».
    «Era una situazione di emergenza».
    «Ma non ti sei mai scusato, se non dopo che persino Kathy e Maya ti avevano detto che eri stato un cretino».
    Damian aprì la bocca per replicare, ma si zittì subito dopo. Sì, okay, su quello non poteva replicare affatto.
«Non abbiamo litigato», concesse, afferrando la cannuccia per rigirare il poco ghiaccio rimasto nel bicchiere. Aveva scorto il piccolo sorriso di Grayson, come se fosse stato contento della cosa, ma non sapeva quanto sarebbe durato il sorriso se avesse continuato a parlare. Eppure una vocina dentro di lui gli diceva che era il momento giusto per farlo, così trasse un lungo sospiro. «Io... non è una cosa facile da dire».
    «A me puoi dire tutto, Little D. Lo sai».
    «Forse. Non so nemmeno come dirlo a mio padre».
    «Non può essere così terribile da...»
    «Sono gay».
    Dirlo ad alta voce, ammetterlo a sé stesso ancor prima di ammetterlo al fratello, l'aveva lasciato stranito e gli aveva permesso di fare i conti con la cosa lui stesso. Aveva sempre saputo di esserlo, ma per qualche strano motivo non l'aveva mai detto apertamente. Si sentiva come se si fosse liberato di un peso, anche se la bomba adesso era stata sganciata e lui stava fissando il volto di Richard per cercare su di esso qualunque sfumatura di cambiamento. Così, prima che potesse dire qualcosa, sentì il bisogno di continuare... di spiegarsi.
   
«Lo so da... da quando avevo quindici anni», riprese, con una strana sensazione alla bocca dello stomaco. «Pensavo che... fosse una fase. Avevo sentito dire che può succedere, avevo fatto delle ricerche, credevo... credevo che avrei smesso di essere sbagliato». Quell'ultima parola la disse in un sussurro, così impercettibile che persino lui faticò a sentirla. «Ma poi mi sono reso conto che non potevo cambiare ciò che ero, non sapevo che reazione avrebbe potuto scatenare la cosa e l'ho tenuto nascosto. A voi e... alla persona che aveva cominciato a piacermi. Era solo un altro segreto, potevo tenerlo per me. Se avessi parlato avrei potuto rovinare tutto e quello non sarei riuscito a sopportarlo».
    «Damian...» cominciò Richard, ma lui alzò una mano per interromperlo.
    «Lasciami... lasciami finire. Devo», affermò risoluto. «Perché credevo che nasconderlo a quella persona sarebbe stato facile. Ma la sua vivacità, i suoi sorrisi, la sua aria solare... era difficile fare finta di niente, e lo è stato ancora di più quando ho notato che ricambiava i miei sguardi. Il resto è venuto da sé e... mhn... adesso stiamo insieme». Lo disse con un tale imbarazzo che non notò nemmeno il vago sorriso di Grayson a quella confessione. «Ma oggi ho visto quella coppia che ostentava in quel modo il loro amore, senza doversi preoccupare che qualcuno possa far loro del male, e ho pensato... se stessi facendo la cosa giusta o se lo stessi trascinando nelle ombre con me», ammise di getto, abbassando lo sguardo come quando si sentiva colpevole di qualcosa. «Lo so che è un pensiero stupido, però...»
    «Damian». Stavolta fu Richard a interromperlo, fissandolo con estrema attenzione. «Non osare mai più pensare una cosa del genere». Il suo sguardo era serio, ma si ammorbidì quando si ritrovò ad alzarsi per accomodarsi al suo fianco e cingergli le spalle con un braccio, sentendo il giovane Wayne irrigidirsi un po'. Doveva essere davvero spaventato dalla cosa, se anche un contatto del genere sembrava metterlo in allerta. «Non mi è difficile immaginare chi ti abbia messo in testa queste cose, ma devi smetterla di pensare che ci sia qualcosa che non va, in te... tu sei sempre tu».
    Il ragazzo ammetteva di sentirsi stupido, ma era la prima volta che metteva a nudo i suoi sentimenti, soprattutto su un argomento tanto delicato che si era tenuto dentro fino a quel momento. «Credevo...» cominciò, ricevendo immediatamente uno scappellotto che lo fece imprecare.
    «Che avrei sbraitato e che ti avrei dato contro?» domandò Richard, e il silenzio che ne seguì fu abbastanza eloquente da fargli sollevare gli occhi. «Oh, per l'amor del cielo, Damian», borbottò, portandosi una mano alla fronte per massaggiarsi le tempie prima di stringerlo maggiormente a sé con quel braccio intorno alle spalle nonostante la resistenza che l'altro sembrò fare. «Stammi bene a sentire, ragazzo... non siamo Talia, mettitelo bene in testa. Nessuno ti giudicherà per ciò provi o per il modo in cui dimostri le tue emozioni, non hai niente da nascondere... né a noi né tanto meno a te stesso. Anche se capisco che tu sia preoccupato per la reazione di Bruce, ricorda che è pur sempre tuo padre e ti vuole bene. O pensavi che potesse guardarti in modo strano, una volta saputo?»
    Damian si mosse un po' su quel divanetto, palesemente a disagio. «Mio padre non è esattamente famoso per il modo in cui reagisce alle notizie».
    «Su questo hai ragione, ma credi davvero che potrebbe considerarti sbagliato?» gli domandò, ma nel vederlo aprire la bocca per replicare, lo frenò subito. «Sono più che sicuro che non penserebbe mai che tu abbia un problema psicologico o che tu sia malato... se è questo ciò che credi, comincia a levarti questi stupidi pensieri dalla testa. Perché non importa chi ti piace, quel che conta è ciò che ti fa provare la persona che hai scelto di avere al tuo fianco. E poi, Bruce sarebbe contento di sapere che qualcuno ha fatto impazzire questo tuo bel cuoricino», lo prese bonariamente in giro, dandogli un colpetto sul petto proprio all'altezza del cuore.
    Il giovane Wayne lo aveva ascoltato con tanto d'occhi e con estrema attenzione, ma nel sentirlo pronunciare quelle ultime parole, come a voler stemperare un po' i toni, non poté fare a meno di lasciarsi scappare un piccolo sbuffo vagamente divertito. «...sei un idiota, Grayson».
    Richard rise, dandogli una pacca su un braccio. «Mi ci metto d'impegno. Ti senti un po' meglio, adesso?»
    «Mhn... forse un pochino», rimbeccò Damian, sollevando appena un angolo della bocca in un vago sorriso. «Grazie, Richard».
    «Ehi, siamo una famiglia. Dobbiamo supportarci a vicenda. Ora... vuoi andarli a comprare o no quei fiori per Jon?» ridacchiò, assumendo un'aria divertita nel vedere l'espressione sconcertata - e anche un po' imbarazzata - che si era dipinta sul volto del fratello minore, il quale si ritrovò a guadare altrove e ad incrociare le braccia al petto.
    «N-Non dire assurdità, perché mai dovrei fare una cosa tanto stupida».
    «Perché era chiaro come il sole che stessi parlando di lui, genio».
    Damian bofonchiò qualcosa fra sé e sé, imprecando mentalmente nello sciogliersi da quell'abbraccio in cui era ancora inchiodato. Dannazione a lui e alla sua stupida perspicacia. «Ti odio, Grayson».
    «Ti voglio bene anch'io», scherzò l'altro nel richiedere il conto. E dopo qualche altro convenevole - e la promessa di Richard che sarebbe passato presto a villa Wayne per un saluto, o almeno così aveva detto - e un ultimo abbraccio tra loro, fu il momento di salutarsi, e Damian ritornò fra le strade di Gotham con il cuore un po' più leggero.
    Odiava ammetterlo ma, in un modo o nell'altro, il fratello sapeva sempre quando dire la cosa giusta. Forse aveva ragione. Forse doveva smetterla di farsi tanti problemi e provare ad essere sincero anche con suo padre, perché era vero: anche se a modo suo, Bruce Wayne aveva sempre tenuto ai propri figli e con lui aveva sempre cercato di fare la cosa giusta. Avrebbe capito i suoi sentimenti e, forse, non gli sarebbe dispiaciuto avere Jon in famiglia. E con quei pensieri per la testa, non si rese nemmeno conto di essere passato nuovamente davanti alla vetrina di quel negozio di fiori, stavolta con un lieve sorriso ad incurvargli le labbra. Entrò di getto, senza nemmeno rifletterci molto, uscendo solo dopo un po' con un mazzo di fiori bianchi e azzurri tenuti insieme da un nastro rosso. 

    In lontananza, Dick sorrise alla vista. Damian si meritava davvero un po' di felicità ed era contento che Jon riuscisse a donargliela.





_Note inconcludenti dell'autrice
Era da tipo... boh, una vera e propria vita che non aggiornavo questa raccolta. Solo di recente ho cominciato ad avere nuovamente ispirazione e devo ammettere che questa storia avrebbe dovuto far parte della raccolta che sto postando ultimamente, ovvero
Midsummer Nights ~ Under the stars and the midnight sun, una raccolta di storie a tema estivo proprio su Damian e Jonathan. Però, visto che questa storia con l'estate non c'entrava proprio niente, ho deciso di metterla in questa raccolta generica.
Due note veloci. Ero preoccupata dal fatto che Damian potesse risultare OOC, ma ho riflettuto sia sul modo in cui l'ha cresciuto Talia sia sul fatto che in molte storie lui ha difficoltà ad aprirsi se non proprio con Dick, motivo per cui con lui riesce ad essere più sincero anche con se stesso in compagnia del fratello maggiore. A parte questo, l'idea di un Dick che un pochino lo spia mi divertiva. Dopotutto parliamo della bat-family, nessuno si fa i fatti propri.
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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