Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    16/07/2021    14 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Capitolo 1

 
Ricominciare a lavorare dopo una pausa è sempre traumatico. Dopo le ferie estive lo è ancora di più: i viaggi, le serate in discoteca, i pranzi in barca ormeggiati davanti a qualche isolotto roccioso per avere quel post sui social che fa tanto parvenu ma che comunque fa crepare tutti di invidia. Ricominciare a lavorare il 30 di Agosto, passando dal sole dell'Ultima Spiaggia alla pioggia su via Cristoforo Colombo, incolonnati al semaforo, aveva quel certo non so che di punizione divina che faceva riconsiderare la propria condotta estiva. Come se non fosse abbastanza, Maya quella mattina era anche in ritardo. Nonostante la sveglia, non era riuscita a uscire dalla doccia in tempi decenti e la soluzione era scegliere tra l'essere in orario o uscire di casa senza trucco: così ora si ritrovava nella sua Smart con il led del telefono che lampeggiava minaccioso.
Risolse che leggere i messaggi, che sicuramente arrivavano dall'ufficio, le avrebbe messo ancora più ansia, così coprì l'iPhone, buttato sul sedile passeggeri alla rinfusa insieme alle chiavi, con la borsa a mano che usava come cartella. No, lei non sarebbe mai andata in giro con una ventiquattrore o un portadocumenti. Una Birkin, astuccio per il trucco e un tablet era tutto il nécessaire per la sua giornata di lavoro.
Parcheggiata l'auto nel parcheggio sotterraneo, preso l'ascensore al volo e timbrato il badge, sfrecciò nei corridoi della redazione per raggiungere la sua scrivania, nell'anticamera dell'ufficio di Alex, il capo. Sull'uscio trovò Alice, addetta alla reception, che usciva sconsolata.
"Maya Alberici" la riproverò, provando ad urlarle contro con un filo di voce "ti sembra l'ora di presentarsi a lavoro?!"
Era coetanea di Maya, eppure la scambiavano tutti puntualmente per qualche liceale impegnata in qualche progetto scolastico o per l'alternanza scuola-lavoro. Una volta qualcuno le aveva chiesto se per caso fosse la ragazza di Edo, il figlio di Bonelli. Lei ormai ci aveva fatto il callo. Piccolina, capelli corvini tirati su sempre alla stessa maniera con delle fasce vintage, grandi occhiali da vista neri che nascondevano i suoi occhi color cioccolato e lo sguardo dolce ma vispo. Abbigliamento stile hipster andante, amante dei colori sgargianti e delle fantasie un po' bambinesche.
"Non dirmi niente Alice, lo so … ho trovato un traffico pazzesco" non era l'unica ragione, ma a Roma quella del traffico era sempre valida, pensò.
"Eh ma proprio oggi porca miseria, Maya!"
Il rientro era traumatico per tutti, ne conveniva, ma cosa poteva esserci di tanto catastrofico?! A meno che …
"Oh no …" "Oh sì" "Cazzo …"
Era arrivato in anticipo e non le aveva detto niente. Era abitudine dopo qualsiasi vacanza o ponte o weekend che Alex non arrivasse a lavoro prima delle 10.30. Jet lag e riorganizzazione familiare, le motivazioni ufficiali. Erano le 9.30 di lunedì 30 Agosto, lei era in ritardo e lui era in anticipo, grandioso. "Quando è arrivato gli ho detto che stavi parcheggiando e saresti stata su in cinque minuti … ma è passata mezzora!!!" "Augurami buona fortuna" chiese ad Alice, mentre tirava a sé la porta a vetro dell'ufficio "Condoglianze!" le rispose la ragazza, strizzando l'occhio e saltellando via.

"Maya!!!"
Al primo colpetto di tacco 12 sul parquet dell'ufficio la voce del capo rimbombò nell'anticamera. Poggiato tutto in fretta e furia sulla scrivania, corse nel suo ufficio imbracciando il tablet. "Buongiorno Alex, ben trovato! Passato delle buone vacanze?" la tecnica migliore in questi casi era sempre la dissimulazione, la cortesia, il fingere che vada tutto bene, in tre parole: rigirare la frittata. Lo conosceva come una persona amichevole, disponibile e ragionevole, non c'era motivo perché non dovesse farle passare un ritardo. Sì, è vero che ce n'erano stati altri, ma in cinque anni si contavano sulla punta delle dita e tutti ampiamenti giustificati.
"I cinque minuti più lunghi della storia … mezzora hai impiegato per parcheggiare, dov'è che hai trovato parcheggio? A Laurentina?" "Scusami, veramente … c'era tantissimo traffico" Alex sbuffò, alzando gli occhi al cielo e dando le spalle a Maya con la sua poltrona girevole. Tra i due, sinceramente, pensò Maya, era lei l'unica autorizzata a sbuffare. Un cazzo di sgarro all'anno e rompeva proprio il giorno del rientro. Inoltre, a dirla tutta, tacito accordo prevedeva che l'assistente personale conoscesse ogni spostamento del proprio superiore per poterne anticipare le mosse, e lui con queste improvvisate non collaborava di certo.
"Senti, gli inserzionisti secondo la mia to do list della giornata dovrebbero essere già arrivati per il meeting, sento Alice e li faccio salire in sala riunioni" "No, hanno chiamato, hanno spostato la riunione nel pomeriggio. Alice era proprio qui per questo. Ti sei salvata" le disse, pacato ma ancora di spalle, guardando piazza Marconi e l'obelisco. Quando faceva così, di solito aveva problemi che niente avevano a che fare con il lavoro. Maya poté tirare un sospiro di sollievo. Chai Latte alla cannella e muffin di Bakery House - senza dirgli che venivano da Bakery House - lo rimettevano al mondo più di quei beveroni organici e salutisti che si ostinava a spacciare per caffè ma che al gusto sembravano più caffè d'orzo bruciato.
"Cos'altro dice la tua tabella di marcia per la giornata?"
Stava perculando la sua precisione, e non in maniera spiritosa. Maya era rimasta spiazzata da questo suo comportamento lunatico e totalmente out of character che Alex fu costretto a girarsi e schioccare le dita un paio di volte per richiamare l'attenzione della sua assistente
"Uè Maya, sei tra noi questa mattina o dobbiamo ancora svegliarci? Su, forza!" "Ehm, sì, scusa. Se il meeting è spostato a questo pomeriggio allora direi che abbiamo tempo per un briefing, così rivediamo tutto quello che hai da fare questo mese, prima della riunione alle 11 in contabilità. Che ne dici?"
L'unico modo che aveva per recuperare era mostrarsi competente, propositiva e forte del suo spirito pratico unito ad una dose di naturale intuito femminile.
"Va bene, ma prima vai a prendermi quel tè alla cannella da Bakery House" "Prego?" "Secondo te non me ne accorgo che mi fai bere quella porcheria?" confessò, ridendo "Ma è una di quelle porcherie che fa stare bene, tipo la Nutella, e oggi ne ho bisogno. Ogni tanto capita anche ai migliori di avere voglie da ragazzini"
Sì, si considerava un migliore. Forse qualcuno lo avrebbe giudicato spregiudicato e spocchioso, ma ne aveva ben donde visto cosa era riuscito a costruire da zero. Non era facile a Roma, dove tanti figli di papà e leccapiedi raccomandati riuscivano a emergere senza arte né parte solo grazie ad affiliazioni politiche o tesoretti di famiglia. E Maya lo ammirava per questo: lei lavorava per necessità ma ne avrebbe fatto volentieri a meno; lui amava il suo lavoro e se lei avesse avuto anche solo un quinto della passione che ci metteva Alex, probabilmente sarebbe stata seduta dietro una scrivania e non certo per rispondere a un telefono oppure organizzare l'agenda di un superiore. Ma, in fin dei conti, non le interessava più di tanto: sarebbero state delle ulteriori, inutili responsabilità per lei che vedeva quell'impiego solo come una soluzione temporanea per pagare l'affitto e le vacanze in attesa di qualcuno da sposare e con cui poter fare la vita da signora. Ma, in attesa, mentre passava da un caso umano all'altro, era bloccata in quell'ufficio ad ordinare caffè e mandare completi in tintoria.
"Meglio così" decretò la ragazza, guardando al lato positivo "almeno non devo più fare travasi".
Alex le riservò un sorriso insolente, di sfida, divertito evidentemente dalla schiettezza della ragazza, ma altrettanto schiettamente la invitò a uscire dallo studio con un ampio gesto della mano. Mentre Maya si preparava per andare a prendere la colazione non poté fare a meno di sbirciare verso lo studio, la cui porta aveva lasciato socchiusa andando via come faceva sempre. Che lui se ne rendesse conto poco importava, non aveva mai opposto resistenza o rimostranze. Non era una spiona o una ficcanaso, ma aveva preso l'abitudine di assicurarsi, di tanto in tanto, che fosse tutto apposto prima di uscire per essere sempre un passo avanti alle necessità del suo datore di lavoro: le bastava uno sguardo, il più delle volte, per capire se fosse il caso di delegare qualcuno e restare in ufficio o aggiungere qualcos'altro alla lista delle commissioni. Era seduto alla scrivania, il volto corrucciato e con la mano si massaggiava la fronte, come chi rimugina a lungo su qualcosa e non riesce a venirne a capo. "Francesco non puoi capire" riuscì a carpire, aiutandosi con il labiale. Alessandro era al telefono con il suo avvocato e amico di allenamenti. Un tipo aitante e dalla parlantina facile e sciolta, ma con poco sale in zucca secondo il suo modestissimo parere; Maya lo aveva conosciuto in situazioni prettamente lavorative ma, per quel poco che ci aveva avuto a che fare, aveva difficoltà a capire cosa potesse uno come Bonelli avere da spartire con lui. Sì, era un principe del foro, brillante nel suo lavoro, ma le sue qualità finivano lì. Un pallone gonfiato senza pari, pronto a fare lo splendido ad ogni occasione.
Alzatosi di scatto, non riusciva più a capire cosa dicesse né voleva, francamente: soprattutto se, come le sembrava, si trattava di fatti privati. C'era un limite nel suo lavoro e quel limite invalicabile era la sfera personale. Conosceva la moglie del suo capo e qualche volta aveva visto i suoi figli, en passant, durante quelle noiosissime cene aziendali natalizie in cui erano ammessi i bambini. Forse per un paio di volte aveva anche acquistato dei regali oppure ordinato dei fiori per gli anniversari, ma aveva sempre messo in chiaro che era un extra e non rientrava nelle sue competenze fargli da colf. Quello non era Il Diavolo Veste Prada, Alex non era Miranda Priestley e lei di certo non era disposta a fare la fine di Andrea ed Emily. Timbrato il cartellino, se ne sarebbe riparlato il giorno dopo.
Per questo motivo, Maya girò i tacchi e uscì dallo studio, direzione Bakery House.
 
L'effetto benefico del veloce scambio scherzoso tra i due al suo arrivo, che sembrava aver disteso la tensione in ufficio, era durato il tempo per Maya di tornare con il chai latte. E non era bastata nemmeno la fine della giornata a far andare via quel nuvolone nero di malumore che si era posato su tutta la redazione. Quando Bonelli era di cattivo umore - e capitava veramente di rado, era uno di quelli che credeva fermamente nel lasciare a casa i problemi - finivano con esserlo tutti. Era un po' come quando ci si sveglia con il mal di testa e tutto il corpo ne risente; del resto, lui era il capo e tutti gli altri erano le altri parti del corpo che lavoravano al suo comando: chi gli arti, chi gli organi; ma nessuno si muoveva senza il suo benestare. Difatti, meno era trattabile e meno gli altri erano capaci di lavorare in autonomia. Maya, che era la persona a più stretto contatto con lui, era anche quella che, inevitabilmente, subiva il peggio di quelle giornate nere. Perché la linea interna era in fiamme per ricevere ordini e lamentele e su di lei tutti riversavano le loro frustrazioni per il capo fuori di testa o per le incompetenze dello staff che lui stesso aveva selezionato.
Lei ormai, dopo cinque anni, ci aveva fatto le ossa. Un analgesico contro il mal di testa e passava ogni paura. Aveva anche imparato ad avere un udito selettivo. Le lamentele le filtrava, passandole totalmente inosservate, come se non fossero mai state pronunciate: lo sapeva bene che, non appena fosse passata ogni angustia, avrebbe dovuto ordinare un brunch a buffet di scuse per tutta la redazione.
Intanto, per essere il primo giorno di lavoro dopo le ferie, non era andata affatto male: tutto quello che non doveva succedere era successo. Lei era arrivata in ritardo, lui aveva sgamato che gli aveva sostituito i biberoni organici con una schifezza americana, in contabilità avevano fatto un casino con la relazione del bilancio trimestrale e, grazie al suo splendido umore, Alex aveva fatto saltare il contratto con un grosso inserzionista. Tra una tragedia greca e l'altra c'era stato solo il tempo di una sigaretta e un panino al volo sulle scale antincendio con Alice, di cui per una volta riuscì ad apprezzare i racconti delle sue vacanze estive sfigatelle sulla riviera romagnola, sempre nello stesso alberghetto, sempre il solito stabilimento balneare. Niente serate al Papeete, niente cene di pesce al Caminetto di Milano Marittima. Solo piadine e giri in risciò con gli amici. Il massimo della trasgressione era andare a ballare il Lindy Hop vestiti in stile anni '50 (e facendosi anche acconciare i capelli!!!) sulla rotonda sul mare a Senigallia al Summer Jamboree. Una tristezza infinita. Quella tiritera annuale era un supplizio che tentava di rifuggire come la morte, ma in quelle circostanze era stata un sollievo per spegnere il cervello da tutte le informazioni che aveva assimilato e non era sicura di riuscire a trattenere.
 
"Maya!"
Alex stava in piedi di fronte alla sua scrivania - una novità assoluta, lui pronto per andare via prima di tutti, ben prima della chiusura delle pagine da mandare online il giorno dopo. Essendo una rivista online non esisteva un vero e proprio menabò, ma in quanto direttore e coordinatore di progetto, ogni cosa che finiva sul sito doveva passare per le mani di Alex. Ed Alex aveva una mania assurda e paradossale per il fondatore di una rivista digitale: tutto quello che veniva pubblicato doveva essere stampato. Diceva che gli articoli aveva bisogno di sentirli, oltre che di leggerli. Maya la trovava una cosa assurda: erano una rivista di lifestyle, non esattamente il Times o Nature. Ma lui le pagava lo stipendio e così obbediva.
"Gli articoli di domani"
Niente per favore. Prese un respiro profondo: per oggi doveva farselo andare bene, era già tanto che non la liquidasse con un ehi tu! A lei non era andata tanto male, in fin dei conti. I ragazzi della redazione avevano dovuto fare i salti mortali perché aveva richiesto che tutto il lavoro venisse consegnato un'ora prima. Inoltre, se lui andava via in anticipo, poteva tagliare la corda prima. Le ultime parole famose.
"Ho un mucchio di corrispondenza accumulata, ci pensi tu? Non posso proprio oggi"
"Non ti preoccupare, è il mio lavoro" rispose gentile, girata di spalle mentre aspettava che la stampante finisse il suo lavoro. Ma dentro ribolliva. Addio sogni di gloria di un'uscita anticipata. Era categorica con sé stessa di non portare mai a casa il lavoro e così, spesso, finiva col fare compagnia all'impresa di pulizie che arrivava a fine giornata a rimettere in ordine la redazione.
Tendendo il plico di fogli al suo capo, l'uomo, mancino, le porse la mano sinistra. Seppure distrattamente, a Maya cadde lo sguardo sulla mano dell'uomo. Non era di quelle mani eleganti da musicista che cercava disperatamente in ogni uomo, eppure, come tutto in Alessandro, aveva fascino. Dita lunghe e nodose, i polpastrelli più pronunciati, erano comunque le mani curate di una persona che limitava la sua manualità alla tastiera di un computer o alla pratica sportiva. Quello che però non passò inosservato a Maya era l'assenza, sull'anulare, della fede. Quell'anello d'oro giallo, pur nella sua semplicità, era un cruccio per Maya. Non sapeva spiegarne il motivo, ma una mano maschile con la fede, per lei, era incredibilmente affascinante. Neanche guardava i visi, non c'entrava nulla l'attrazione per questa o quella persona, una fede maschile era il suo personalissimo tallone d'Achille. E ad Alex donava particolarmente. Strano che, dopo tutta la giornata trascorsa fianco a fianco c'avesse fatto caso solo in quel momento, ma Maya risolse che erano stati talmente presi dal lavoro per rendersi conto di quanto accadeva intorno a loro. Certo, potevano esserci mille motivi per quella assenza. Poteva averlo perso in vacanza, poteva essersi rotto, allentato, poteva persino averlo portato in oreficeria a farlo rilucidare. Eppure c'era una vocina nella sua testa che le diceva che quel malumore, quel volto accigliato al telefono con il suo avvocato, i suoi modi bruschi, potevano avere a che fare con l'anulare nudo.
Alex, fortunatamente, non si era accorto di questa sua epifania e, presi i fogli, la lasciò al suo lavoro.
 
A fine giornata, guardando fuori dalla finestra, la giovane si rese conto che il temporale, dopo la piccola tregua di mezzogiorno, aveva lasciato finalmente e definitivamente spazio ad un tramonto di quelli romani, quelli meravigliosi, quelli che finiscono impilati nelle colonnine girevoli dei negozi di souvenir del centro, stampati sulle cartoline, dove il giallo, il rosso e il blu cedevano il posto l'uno all'altro, gradualmente, con sfumature violacee e rosate laddove le nuvole, basse e sparse, schermavano e attutivano la luce solare calante. Si massaggiò la schiena, staccandola dallo schienale della sedia mentre finalmente spegneva il computer. Aveva solo voglia di mettersi a cavallo della sua auto, sfrecciare verso casa se il traffico glielo avesse concesso e calarsi nella sua vasca da bagno, con una maschera rinfrescante per il viso, un bicchiere di vino e un po' di musica lounge di sottofondo. La sua giornata, così, poteva dirsi veramente conclusa. Non conosceva miglior dito medio per quella vita di merda che era costretta a fare da quando il suo castello di carte era crollato, sarebbe a dire da quando suo padre, morendo, aveva lasciato lei, sua madre e i suoi fratelli, in un mare di debiti e con tutti i loro progetti di vita ancora in sospeso. Non glielo aveva mai perdonato, anche se è difficile potersela prendere con un morto. Lei era fatta per organizzare eventi, vernissage, al massimo aste di beneficenza ed intrattenere ospiti, non per stare dietro alla giornata di qualcun altro. Ci si vedeva benissimo invece con una P.A. tutta sua e un'agenda piena, pronta a dare ordini a destra e a manca, magari facendo la stronza spacciandola per autorevolezza.
Miracolosamente, quella sera, riuscì a parcheggiare la sua auto poco lontano da casa e si fermò nel forno proprio al pianterreno del suo stabile per prendere un vassoietto con qualche pizza. Era in grado di spadellare qualcosa di veramente basic per assicurarsi la sopravvivenza e non avvelenare nessuno, ma in casa, tornata last minute dall'Argentario, c'erano solo confezioni di caffè e salatini e non aveva voglia di mettersi a spingere un carrello in tailleur e tacchi con la cassiera che ti sta col fiato sul collo perché sono le 8 meno 5 e deve tornare a casa dai pupi. Rientrata, chiuse la porta di casa a doppia mandata, posando il vassoio sul tavolo da pranzo e lanciando letteralmente le scarpe nel piccolo soggiorno del suo bilocale: concentrata com'era solo sulla vasca e sull'acqua calda che l'aspettavano, una finì sul divanetto, l'altra nel centro della stanza,. Non ci badò; tanto per cambiare, non aspettava nessuno.



 
Qui crazyFred, a rapporto. Con le mani che mi tremano per l'emozione vi propongo questo primo capitolo. Spero che vorrete lasciarmi un feedback dopo la lettura. Vi ricordo l'appuntamento con il prossimo capitolo, venerdì prossimo.
Per seguire tutti gli aggiornamenti su questa e altre storie vi rinvio sulla mia pagina Facebook, se vi va.
A presto!

 
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred