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Autore: Pol1709    16/07/2021    1 recensioni
Bentrovati a tutti.
Questa storia è la continuazione de "Il Cavaliere e la Strega", ma si svolge nell'epoca di Oscar. Quest'ultima, dopo aver detto addio alla Guardia Reale, a Conte Fersen ed aver litigato con André (il famoso episodio della camicia strappata...) passa un periodo di riposo in Normandia prima di prendere il comando delle Guardie Francesi di Parigi. Lì viene coinvolta, a causa di una vecchia avversaria, nella caccia a una antica e potentissima arma, inseguita dagli agenti inglesi e affiancata da una antica nemica/amica.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Britannia – Primo secolo d. C.
Sussultò. Era stesa con la schiena verso l’alto, nella capanna che era stata sua e di Prasutago, mentre la vecchia Briana la stava medicando. Quando aveva visto quello che i legionari stavano per fare alle sue figlie aveva urlato, urlato e urlato ancora, fino a crollare senza forze mentre le corde le sostenevano le braccia.
Poi, nel suo delirio, aveva sentito altre grida e altre voci. Ed erano state quelle di altri uomini, dei suoi guerrieri che proprio in quel momento stavano rientrando dalla caccia. E cosa era accaduto poi era stato un mistero. Era crollata chiudendo gli occhi fino a quando qualcuno si era ricordato di lei e l’avevano liberata.
Gavino, il giovane guerriero promesso sposo di sua figlia maggiore, si inginocchiò accanto a lei – Mia Regina! Non preoccuparti! Siamo arrivati in tempo. Quei cani non hanno…Non hanno avuto il tempo di… -
Una figura imponente e scura si avvicinò al giaciglio – Non le hanno stuprate. Le stavano spogliando, ma non le hanno toccate…In quel senso – disse la voce di Norag, il druido.
La Regina mosse debolmente la testa – E tu dov’eri? – disse con un filo di voce.
Il druido deglutì – Io…Ero…Ero nel bosco…A cercare delle radici –
Lei sorrise debolmente ed ebbe un altro sussulto quando Briana le passò delle erbe medicinali sulla schiena marchiata dalle frustate. Gavino strinse le labbra – Abbiamo fatto quello che andava fatto, Mia Regina. Quegli uomini sono morti ora e anche le tue figlie sono al sicuro –
Lei cercò di muovere una mano – E dove si trovano Una e Maeve adesso? –
Norag si avvicinò ancora – Devi essere orgogliosa della tua primogenita. Ha pianto, è vero, ma adesso sta giurando sugli dei che avrà la sua vendetta contro i romani e ha già ordinato di forgiargli una lama. Maeve è più piccola e sta ancora tremando dalla paura, le mie sacerdotesse vegliano su di lei – disse e si inginocchiò come Gavino – Ma l’odio in tua figlia e nei tuoi guerrieri è un dono degli dei, Mia Regina e non va sprecato –
Lei aggrottò la fronte e si sforzò di guardarlo. Il druido sorrise, con un sorriso che non le piacque affatto: - La morte dei legionari e quello che hanno fatto hanno raggiunto tutti i villaggi e anche i nostri vicini della tribù dei Trinovanti. I loro rappresentanti sono già arrivati qui e attendono di sentire dalle tue parole quello che è successo e quello che faremo –
Lei tentennò – E cosa faremo? Abbiamo ucciso degli esattori e dei legionari romani…Lo sai cosa significa? –
Gavino sospirò, ma Norag annuì – La guerra! E la libertà per il nostro popolo! Questo ti chiediamo Mia Regina –
Lei alzò lentamente la testa e vide che, dietro Norag e Gavino, c’erano altre persone e la maggior parte di loro la guardava speranzosa. Cosa volevano da lei? I loro padri e i loro fratelli si erano già battuti contro i romani. E avevano perso. Guardò Gavino che tentennò impercettibilmente – Bruciamo i corpi dei romani, restituiamo loro le tasse e uccidiamo qualche prigioniero dei nostri nemici, i Catuvellauni, per incolpare loro, e che su di loro si abbatta la vendetta di Roma…Possiamo ancora farcela –
Poi guardò verso Norag e lui sorrise di nuovo – Hai in mano un potere immenso! Racconta di come ti hanno frustata e hanno stuprato le tue figlie! Fai in modo che l’odio entri anche nei cuori della nostra gente e guidaci alla vittoria –
Gavino lo guardò – Ma non è vero! Non le hanno stuprate –
Lei strinse le labbra. Era vero: non le avevano stuprate, ma stavano per farlo e se i suoi guerrieri non fossero rientrati avrebbero portato a termine quello sconcio. Si ricordava ancora il suono orribile della sua veste strappata, delle mani di quegli uomini sulla sua pelle, i colpi alla schiena e, soprattutto, le urla delle sue bambine. Sentì di nuovo quella furia primordiale pervaderla e si sollevò, incurante del dolore e delle lamentele di Briana. Si coprì con una coperta e passò davanti agli uomini per uscire dalla capanna.
All’esterno la luce del tramonto l’abbagliò, ma quando i suoi occhi si abituarono vide che, in un lato del villaggio, le teste dei romani erano state staccate dai corpi e messe su dei pali, a perenne memoria della loro colpa. Il capo del centurione che l’aveva frustata aveva ancora addosso il grande elmo crestato e, accanto a lui, riconobbe il volto insanguinato dell’unico legionario che si era opposto a quella follia, Sesto, ma non provò alcuna pietà per lui.
L’area era gremita di persone, molte del suo villaggio, dei villaggi vicini e alcune che non aveva mai visto e che sicuramente erano Trinovanti. Guardò al suo fianco Gavino, con la faccia tesa e Norag, con la bocca deformata in un ghigno malvagio. Guardò in alto e vide, su un ramo, un grande uccello nero, un maestoso corvo che, come per salutarla, spalancò le ali e chinò il capo.
Era un segno, si disse. Si tolse la coperta e rimase a torso nudo provocando una selva di mormorii dai presenti e solo quando si fece assoluto silenzio alzò le braccia: – Mio popolo! Mio marito, il defunto Prasutago, ha sempre parlato di pace e tolleranza, ma che pace e che tolleranza ci hanno portato i romani? – disse e si girò facendo vedere i segni delle frustate.
Ci furono altri commenti e poi lei si voltò di nuovo: – Questa è la loro pace! E quei cani che vedete la…Loro hanno osato stuprare le mie figlie! Due bambine! In spregio a me e a tutta la Britannia…Che siano maledetti! Maledico loro, la loro legione e la loro insegna! –
Il silenzio si era fatto pesante e persino Gavino aveva smesso di respirare. Tutti gli occhi erano posati sulla Regina. Lei girò i palmi verso il cielo – Dicono che una lupa ha allevato i gemelli che fondarono Roma…Anch’io sarò una lupa e voi sarete i miei cuccioli, sarete il mio branco e non ci sarà latte per i romani, ma solo sangue…Sangue e vendetta! Perché mai nessuno in Britannia debba pagare le tasse a un tiranno distante mille miglia! Perché nessun uomo di Britannia sia mai schiavo! Perché nessuna donna di Britannia sia mai frustata e stuprata! E voi cosa farete mio branco…Voi seguirete la vostra lupa? –
Dopo attimi che sembravano eterni un braccio si levò al cielo dalla folla – Guerra! – urlò una voce maschile, subito imitata da altre e altre ancora che si levarono in un coro assordante. Lei sorrise e guardò di nuovo il grande corvo i cui occhi parvero brillare. Piegò le braccia verso la folla che si zittì. Alzò il mento – Da questo momento siete tutti miei figli, i miei cuccioli e guai a chi oserà toccarvi! Riprenderemo quello che è nostro e anche di più, ve lo giuro! – disse e inspirò profondamente riempiendosi i polmoni e spalancò la bocca gridando – Io sono la vostra Regina! Io sono la vostra guida! Io vi darò la vittoria contro Roma…Io…Sono…Boudicca, Regina degli Iceni! –
 
Glastonbury – Anno 1787 d. C.
Oscar aprì gli occhi, si era assopita per un attimo in piedi, appoggiata al muro della stanza, ma solo per avere conferma di quello che aveva sempre sospettato: le visioni date dalla pietra rossa erano quelle di un personaggio storico, la Regina Boudicca, che si era ribellata al dominio romano. Almeno così aveva letto negli Annales di Publio Cornelio Tacito. Poteva sentire ancora il dolore dei colpi di frusta sulla schiena, ma quello che l’aveva più provata era stato il rumore della veste strappata dal centurione. Un rumore secco, assordante e così simile a…Scrollò il capo e guardò la figura stesa nel giaciglio, illuminata dal sole che stava albeggiando.
Così come era arrivata, quella strana nebbia era sparita da Glastonbury; sorrise: “Come per magia” si disse. Aveva caricato Morgana di nuovo sul cavallo e avevano sceso la collina del Tor per tornare alla casa del reverendo Philby. L’espressione dell’uomo nel vederla tornare con un cavallo e una strana donna vestita di nero era stata di totale sconcerto. Aveva mormorato qualcosa in una lingua che non aveva mai sentito e si era fatto il segno della croce. Così come la sua governante, Miss McDougall, che aveva cominciato a segnarsi e a pregare come una vecchia cattolica e non come un’austera donna protestante.
Ma, nonostante tutto, i due non avevano fatto molte domande. Avevano preparato quella stanza con un giaciglio e vi avevano adagiato sopra Morgana, incuranti del fatto che avessero davanti la temuta Fata degli antichi racconti in carne, ossa e soprattutto magia. Oscar aveva sospirato; perlomeno, si era detta, la parte delle leggende e dell’opera letteraria che considerava la maga come un’irriducibile avversaria del Re era falsa. La Duchessa di Cornovaglia aveva fatto di tutto per salvare non solo suo fratello il Re, ma anche il suo Regno, incurante del fatto che il popolo la detestasse e la incolpasse della caduta di Artù e di averlo sedotto generando Mordred, il traditore. Con una caparbietà e una forza che Oscar non aveva mai visto.
Le aveva tolto la sopraveste, le aveva slacciato il cinturone con la spada, le aveva tolto anche la sua corona e l’aveva sdraiata. Il respiro era regolare, ma non si era mai svegliata durante tutte quelle operazioni. Quello che vedeva era un corpo snello, ben proporzionato, con meravigliosi capelli lunghi e neri come la notte e un volto cesellato. Si disse che, se non avesse avuto quel pallore spettrale, di certo i cavalieri della sua epoca avrebbero organizzato tornei e tenzoni per la sua mano. Oscar sentì di invidiarla, come sua sorella Morgause, la madre di Mordred e come sua sorella Viviana, la Dama del Lago. Lei credeva di essere libera e indipendente, ma lo era davvero? Si era arresa al suo cuore di donna con Fersen per sentirsi dire: “Lei è il migliore amico” e quando aveva deciso di essere un uomo si era trovata con André che le strappava la camicia di dosso. Provò un brivido e strinse le braccia al petto. Chiuse gli occhi per un attimo e vide il volto di André, con la stessa espressione di quella maledetta sera. Poi il suo amico si trasformò, la sua camicia di seta divenne una corazza e sulla sua testa apparve un elmo con un’alta cresta rossa di traverso. E il suo viso divenne quello di Tito, il centurione, che le strappava la camicia. Spalancò gli occhi e guardò di nuovo Morgana: si disse che, se fosse accaduta una cosa del genere alla donna che stava dormendo di fronte a lei, avrebbe sguainato la sua spada staccando via la testa dal collo di André…O di Tito…O di chiunque altro l’avesse oltraggiata in quella maniera e Dio solo sapeva quanto lei stessa aveva pensato di farlo. Persa in quei pensieri notò, con la coda dell’occhio, che il corpo di Morgana si stava muovendo.
 
Morgana aprì gli occhi di colpo, guardò il soffitto della stanza per un attimo e poi si mise in posizione seduta con una mano sul petto. Si trovava in una sorta di divano che sembrava vagamente un antico triclinio romano, guardò di lato e vide una finestra. Inarcò le sopracciglia: era vetro. Il suo castello non aveva vetri e, a dire la verità, nessuna altra costruzione della sua Britannia ne aveva, ad eccezione delle ricche case romane di Londinium. All’esterno poteva vedere che stava albeggiando, ma dov’era? Aveva davvero superato le barriere del tempo e dello spazio? Aveva raggiunto Lady Oscar? Guardò il resto della stanza nella penombra e vide una figura umana appoggiata di schiena alla parete; aveva le braccia conserte e le caviglie incrociate, ma i suoi lunghi capelli biondi non lasciavano dubbi su chi fosse:     - Ben svegliata Lady Morgana, Duchessa di Cornovaglia. E’ stata una lunga notte e te la sei presa comoda nel tuo riposo, ma alla fine anche qui a Glastonbury è arrivata l’alba – disse Oscar raddrizzandosi e mettendosi a pochi passi da lei.
Morgana si alzò lentamente dal giaciglio. La stanza cominciò a vorticare, chiuse gli occhi e poi li riaprì e le pareti si fermarono. Rimase ferma con le braccia leggermente aperte e le dita delle mani piegate come artigli. A Oscar ricordò la prima volta che l’aveva vista, come un rapace pronto a colpire la preda. La Duchessa sorrise scoprendo i suoi canini limati ed appuntiti – Ben ritrovata Lady Oscar…Noto con piacere che anche tu stai bene. Anche se…Hai fatto due errori: Il primo è che hai dimenticato che io sono anche Regina del Galles…Il secondo è, se qui siamo a Glastonbury, che hai dimenticato che i miei poteri sono attivi! – disse e allungò il braccio destro chiudendo le dita. Oscar mise istintivamente una mano alla gola, ma non sentì nulla.
Morgana sbuffò dalle narici e sollevò anche l’altro braccio, ma senza ottenere alcun risultato. Oscar sorrise divertita – Oh! Sembra che la Fata Morgana sia rimasta senza alcun potere…Tu…Tu sei una spergiura e una traditrice! – disse puntandogli un dito contro.
L’altra abbassò le braccia e sbuffò – Credi che mi serva la magia per darti ciò che meriti? E tu sei una ladra! – disse e, come ad un segnale prestabilito, le due donne si scagliarono l’una contro l’altra urlando.
 
Il reverendo Philby aggrottò la fronte e incrociò le mani dietro la schiena; guardò la porta della stanza dove Oscar aveva adagiato il corpo esanime dell’altra donna e poi guardò, alla sua sinistra, Miss McDougall che invece, con le mani giunte, tentennava stringendo le labbra.
Lei sospirò – Quella nebbia…Le antiche leggende dicono per porta il male! E poi…Due donne vestite come uomini…Una di loro ha la pelle bianca come il gesso, come l’Antico Popolo delle storie che mia madre mi raccontava per farmi paura…E quell’altra…La francese…Dice di averla trovata in cima a quella collina maledetta…Reverendo, io ammiro la vostra bontà e la vostra fiducia nel prossimo, ma questo… – disse indicando la porta dalla quale si sentivano dei forti rumori – Questo non ha alcun senso! Dovete fare qualcosa! –
Il reverendo inspirò e si avvicinò alla porta, disse una piccola preghiera e poi la spalancò. Oscar e Morgana erano a terra, avvinghiate l’una all’altra nella lotta. Dietro l’uomo arrivò anche Miss McDougall che guardò la scena e strinse le labbra – Basta! – gridò e le due donne si bloccarono e guardarono verso l’alto. Si alzarono lentamente e fissarono il reverendo e la sua governante.
Miss McDougall alzò il mento – Due donne impegnate in un qualche perverso gioco sessuale in abiti da uomo…Oh! Dio del cielo! Dovremmo chiamare le guardie e accusarvi…Di…Di Sofismo…No…Di lallismo! –
Oscar socchiuse gli occhi e tentennò – Io…Io credo che intendiate dire lesbismo…Ma no! Noi stavamo…Io…E Lady Morgana non…Non siamo… –
La donna alzò il mento – State negando forse di essere state abbracciate a terra in un sordido gioco? –
Oscar aggrottò la fronte – Non eravamo abbracciate! Noi…Stavamo…Noi – disse allargando le braccia, ma Philby inarcò le sopracciglia – Avete detto Morgana? Come la nemica giurata del grande Re Artù? –
Morgana aprì la bocca, guardò Oscar e poi di nuovo l’uomo – Cosa…Cosa stai dicendo piccolo uomo! Io nemica di… - disse, ma fu interrotta da Oscar che gli mise una mano sul braccio – Ecco…Io…Io e la mia…Amica…Abbiamo…Abbiamo in corso un certo…Dissidio che…Che non riusciamo a risolvere –
Miss McDougall sorrise con l’angolo della bocca – E le amiche, di solito, risolvono i loro problemi fornicando in maniera innaturale sul pavimento? –
Oscar strinse le labbra – Ora basta! Le vostre accuse sono ridicole oltre ogni modo! – disse alzando la voce, ma Morgana si mise di fronte alla governante – E tu chi sei? –
L’altra donna si ritrasse da quel volto pallido e da quegli occhi chiari che la scrutavano. Oscar si avvicinò, ma fu padre Philby a parlare     - Madame…Voi…Voi avete abusato non solo della mia ospitalità, ma anche delle mie buone intenzioni. Avete portato qui questa persona di cui non conosciamo nulla e che… - si avvicinò a Oscar – E’ a dir poco inquietante! Vi prego di lasciare questo posto quanto prima. Ormai è giorno fatto e vi chiedo…Vi ordino di andarvene – aggiunse e poi si rivolse a Morgana che, intanto, stava guardando le pareti intonacate e colorate e i vetri delle finestre – Posso sapere come vi chiamate veramente? –
Lei si girò e si mise di fronte a lui – Io sono Morgana Pendragon, Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles – disse e sollevò la sua bianca mano verso di lui per farsela baciare. L’uomo aggrottò la fronte e non si mosse; la Duchessa strinse le labbra – Non ci si inginocchia di fronte ai nobili in questo mondo? – disse e lasciò cadere il braccio.
Philby guardò Oscar – Io…Io conosco bene le leggende e le tradizioni di queste terre, quelli sono i titoli della Fata Morgana…Non voglio sapere altro…Vi prego…Andatevene da qui –
Morgana inarcò un sopracciglio – Non chiedo di meglio! Dov’è Merlino? –
Philby aggrottò di nuovo la fronte – Io…Merlino? Intendete il Mago Merlino? –
L’altra sbuffò infastidita – Intendo il mio cavallo! Merlino! –
Il reverendo, per la prima volta da quando era entrato in quella stanza, sorrise – Oh! Il cavallo…Merlino…Morgana e Merlino! Che cosa adorabile! –
Morgana sorrise mostrando i suoi denti appuntiti – Anche a me è sembrato divertente! Siamo in mezzo alla plaude? Dobbiamo prendere una barca per andare a riva? Al monastero sapranno essere più loquaci di questi bifolchi – disse guardando Oscar.
Miss McDougall si accigliò – Ma come ti permetti? –
Philby non diede peso all’insulto, ma osservò attentamente la strana donna pallida – Come dicevo a madame, è da secoli che qui non ci sono monasteri o ordini monastici. E la palude…Si è ridotta anch’essa nel corso dei secoli con tutti i lavori di bonifica che sono stati fatti. Ormai viviamo in una pianura verde e fertile –
Morgana inarcò le sopracciglia – Una pianura…Ah! – disse e schioccò le dita verso la signora McDougall – Portami al mio cavallo serva! Di corsa! E vieni anche tu Lady Oscar. Non abbiamo finito con il nostro…Dissidio –
 
Oscar balzò in sella e guardò il reverendo Philby con un’espressione dispiaciuta. L’uomo era stato buono e gentile con lei e non meritava certo di essere trattato come era stato trattato. Ma cosa avrebbe mai dovuto dirgli? Che quella era davvero la Fata Morgana? Arrivata lì letteralmente dalle nebbie del passato? E poi, si disse, cosa mai era venuta a fare proprio lì Morgana? Perché l’aveva chiamata ladra? Dopotutto era lei che doveva essere arrabbiata con la strega per averle cancellato la memoria di quello che era accaduto.
Philby si avvicinò a lei e, proprio in quel momento, dalla piccola stalla del reverendo uscì Morgana in sella al suo cavallo. Oscar inarcò le sopracciglia perché quello che aveva davanti era uno spettacolo maestoso a vedersi: la Duchessa portava lo scudo sul braccio sinistro e, tutta vestita di nero, dello stesso colore del suo destriero, con la corona in tessa sulla quale campeggiava la croce celtica e la sua faccia pallida, sembrava veramente una riproduzione della dea della guerra. Morgana si fermò di fronte a Oscar – Io e te dovremo discutere di molte cose Lady Oscar, ma non lo farò certo qui di fronte a questi! – disse e guardò il reverendo Philby e Miss McDougall dall’alto come se fossero insetti.
La donna sbuffò – E’ questo il ringraziamento per avervi aiutato? –
Morgana fece avanzare il suo cavallo, si piegò leggermente sulla sella verso la donna che, a sua volta, fece un passo indietro. La Duchessa fece una smorfia snudando i suoi denti limati, alzò l’avambraccio destro e piegò le dita della mano verso l’alto per un attimo, poi si raddrizzò, tirò le redini, il cavallo nero si girò e lei uscì dal cortile elegantemente al trotto senza proferire parola.
Oscar guardò il reverendo Philby che si avvicinò a lei con le mani al petto – Madame…Non riesco a capire chi…O cosa abbiate trovato in cima a quella collina, ma quella donna…E’ orrenda! E’ la rappresentazione esatta dei demoni della nostra terra…Ve lo chiedo un’ultima volta, non come uomo o padrone di casa, ma come sacerdote: cosa è successo lassù? –
Oscar aprì la bocca e, per un attimo, volle dirgli tutto: dalla partenza dalla sua villa in Normandia, all’assalto degli uomini in abiti neri e persino chi realmente era quella strega nera apparsa dal nulla sul Tor. Ma abbassò la testa tristemente – Io…Perdonatemi per la maleducazione, ma non posso dirvelo, reverendo. E credetemi, è molto meglio che voi non sappiate nulla. Vi prego ancora di perdonarmi e, se mai tutto questo finirà, sarò io stessa che verrò qui a dirvi tutto –
L’uomo sospirò, più deluso che arrabbiato e sorrise mestamente – La prendo come una promessa. Siate prudente figliola. Le tenebre sono sempre in agguato, anche dentro ognuno di noi –
Lei annuì, schiacciò i talloni sui fianchi del cavallo e uscì dalla casa di padre Philby.
 
Seguì Morgana per diverso tempo, fino a quando la donna fermò il suo cavallo fuori dal villaggio, in un luogo isolato, in un prato verdeggiante. La Duchessa scese dalla sella, ad essa agganciò il suo scudo e si mise a guardare la grande collina del Tor con la sua solitaria torre sulla cima che, anche a quella distanza, si poteva vedere nitidamente. Oscar aggrottò la fronte, scese anche lei da cavallo e si portò dietro di lei – Cosa sei venuta a fare qui, Fata Morgana? A tormentarmi di nuovo con le tue magie che adesso non sembrano nemmeno funzionare – disse e portò la mano verso l’interno della giacca dove portava la sua pistola.
Morgana abbassò per un attimo la testa, poi si girò verso di lei e sorrise, con un sorriso che a Osca non piacque affatto e che lasciava vedere i suoi canini appuntiti – Vuoi delle spiegazioni? Tu pretendi delle spiegazioni? Lascia che ti faccia vedere una cosa – disse e alzò l’avambraccio destro con il palmo della mano verso l’alto.
Oscar aggrottò la fronte e vide che, sulla mano, c’era un piccolo fiore azzurro reciso, ma con i petali aperti. Morgana annuì – Come ti ho già detto molte volte la magia…La magia non è una scienza esatta…E va e viene a suo piacimento –
Oscar vide che il fiore sussultò e poi cominciò velocemente a raggrinzirsi, fino a diventare scuro e appassito. In una frazione di secondo capì che i poteri di Morgana erano tornati, ma era troppo tardi. Si sentì immobilizzata e le sue braccia si allargarono, come pure le sue gambe. Con un senso di impotenza sentì il suo corpo sollevarsi lentamente in aria e galleggiare, per poi fluttuare ed avvicinarsi alla sua avversaria. La Duchessa strinse le dita schiacciando quello che restava del fiore e guardò il viso di Oscar che tremava – Ah! Mia cara Lady Oscar…Hai ragione…Ti ho cancellato la memoria e credevo che il sangue del mio sangue, le mie sorelle, mi avrebbero aiutato…Ma evidentemente hai sentito il richiamo di queste terre ed eccoti qui! Perché hanno costruito quella torre in cima al Tor? E perché interferisce con i miei poteri? E come mai è possibile che questi villici abbiamo fatto sparire il sacro lago? –
Oscar fece una smorfia – Non…Non lo so… - disse rimanendo bloccata in aria.
Morgana strinse le labbra – Mi hai chiesto perché sono qui! Perché sei una ladra, Lady Oscar. La stessa Avalon ti aveva scelta come suo campione, tu hai estratto la sacra lama dal terreno dell’isola e tu hai sconfitto Morrigan e il suo corvo. Ti abbiamo mostrato il luogo dove mio fratello il Re riposa in attesa di prendere di nuovo in mano il suo Regno, ho fatto del tuo scudiero un cavaliere, ma questo non ti bastava, dovevi prendere anche la pietra rossa di Excalibur –
Oscar aggrottò la fronte – Io…Io non sono una ladra – disse e provò una rabbia incontenibile. Come si permetteva quella strega infernale di accusarla di aver rubato…Una pietra rossa…Improvvisamente capì: la pietra della collana di Jeanne de Valois apparteneva alla spada di Re Artù. Eppure si ricordava di aver esaminato bene quella strana lama forgiata in un unico pezzo di metallo e non aveva visto nessun gioiello o pietra. E quella donna infernale era venuta dal passato con tutta la sua magia per prendersela con lei? Perché era convinta che lei avesse preso quella pietra? E si rendeva conto, la strega, di quanta sofferenza e di quanti morti era costata quella pietra rossa? Guardò Morgana negli occhi e sentì un formicolio alle braccia – Cosa…Cosa è quella pietra? – disse digrignando i denti.
La Duchessa si avvicinò a lei – E’ una mappa. La mappa per un’arma potente che potrebbe salvare la mia Britannia dal pericolo degli Uomini-Drago. E’ in mano tua, lo so bene, ridammela! –
Oscar sentì i muscoli fremere: “Cosa…Cosa devo fare? Come posso fermarla?” pensò e una voce nella sua testa, stranamente simile a quella di André le parlò: “Non è poi così difficile! Devi sono volerlo! Volerlo con tutte le tue forze!”.
E che razza di consiglio balordo era quello? Era sciocco quasi come quello di abbandonare la spada durante il duello con il capitano Travers che, però, aveva funzionato. Strinse le labbra e si concentrò su un desiderio solo: non tanto liberarsi da quella assurda posizione, ma più che altro prendere a pugni il volto bianco di Morgana.
La Duchessa si avvicinò ancora – Te lo ripeto: ridamm… - non finì la frase perché un poderoso pugno la mandò all’indietro facendola cadere sulla schiena. Oscar piegò le gambe piombando a terra una volta libera e si gettò sull’altra. Quando le fu sopra le sferrò un altro pugno e poi la prese per il collo. E strinse. Strinse forte.
Morgana, con un rivolo di sangue che le colava dal naso, annaspò e agitò le braccia, ma la presa di Oscar era ferrea. Quest’ultima, con una smorfia, avvicinò il suo volto a quello della strega – Era il mio cavaliere…Mio e solo mio…Potevamo vivere momenti di amore vero, intenso e travolgente…Ma no! Tu non hai voluto! La potente Morgana, la Dama del Lago, non ha voluto! –
La Duchessa di Cornovaglia scalciò e cercò di prendere Oscar per i capelli, ma inutilmente e, lentamente ed inesorabilmente, i suoi movimenti scemarono fino quasi a fermarsi. Ma Oscar staccò le mani dal suo collo e cadde riversa sulla schiena al suo fianco. Morgana annaspò in cerca d’aria tenendosi una mano sulla gola e tossì più volte fino a quando i suoi polmoni si riabituarono a respirare.
Oscar, invece, rimase stesa di schiena sull’erba e guardò il cielo terso sopra di lei. Sorrise tristemente – Potevamo essere felici…Io e André…Saremmo stati felici! Eppure… - disse piano e rivide nella sua mente quella maledetta notte e sentì di nuovo il rumore assordante della sua camicia strappata. Chiuse gli occhi e vide André che frustava la schiena di Boudicca legata ad un palo e il centurione Tito che, a palazzo Jarjayes, le serrava le braccia immobilizzandola. O era il contrario? Ormai non lo capiva più. Spalancò gli occhi dai quali stavano scendendo lacrime calde e copiose. Aprì la bocca e urlò con quanto fiato aveva in gola.
 
Dopo qualche istante di assoluto silenzio Morgana si alzò e si mise seduta – Ma cosa…Come hai fatto a liberarti…Io… - disse, ma sentì un piccolo oggetto che la colpiva al petto, mosse una mano e lo prese. Al tatto sembrava un sasso e vide sul suo palmo una pietra rossa. Inarcò le sopracciglia e guardò Oscar che restava ancora stesa a terra. Quest’ultima sospirò – La volevi non è vero? E’ tua Lady Morgana, ma dubito che ti sarà utile per qualcosa –
Oscar si sollevò, piegò le gambe e appoggiò le braccia sulle ginocchia rimanendo seduta. Guardò l’orizzonte e poi si girò verso l’altra       – Io non sono una ladra! Se questa pietra era stata veramente su Excalibur posso dedurre che sia arrivata a me perché sono stata, tecnicamente, l’ultimo campione di Avalon, ma immagino che io, l’isola e la spada, siamo collegati…Dopotutto sono stata io la chiave magica per spezzare l’incantesimo di Lancillotto. Ma questo non cambia quello che tu hai fatto a me! –
Morgana strinse la pietra nel pugno e la guardò pulendosi il naso sporco di sangue con l’avambraccio – Ho dovuto farlo! Tu non lo sai e non puoi capirlo, ma ho dovuto! –
Oscar sorrise tristemente – Hai dovuto? –
L’altra sospirò – Si…Lo ammetto, ti ho mentito…Tu hai potuto vedere la mia vita perché quando ho portato te e il tuo scudiero qui le nostre menti, si sono collegate. Non è stato lo stesso con André, ma credo dipenda dal fatto che siamo donne. Ti ho detto che io non potevo vedere la tua vita, ma ho mentito. Ho visto il tuo mondo e la tua storia, Lady Oscar, tutta la tua storia, fino alla tua morte –
Oscar aggrottò la fronte, ma Morgana continuò: - Io…Vi ho portato nella mia Britannia e questo ha cambiato il corso della storia. Tu e sir André non dovevate innamorarvi, non così presto perlomeno…Oh! Si! Lo avresti amato e lo amerai, con un amore, per usare parole tue, intenso e travolgente, ma… -
Oscar balzò in piedi e la guardò – Basta! Non accadrà! E lo sai perché? Perché io e André non ci ameremo in questo mondo e nemmeno in un altro –
Morgana si alzò lentamente e barcollando, guardò l’altra negli occhi – Se tu avessi amato sir André da quella linea temporale molto probabilmente, una volta tornata nella tua epoca, non avresti adempiuto al tuo destino. Che è quello di fare grande la tua Nazione. Non chiedermi come o quando, ma lo farai amando il tuo André –
Oscar si avvicinò a lei – Non è…Non è il mio André! E la storia è cambiata comunque, visto che, ora come ora, non lo amo e non lo amerò. Quindi, Lady Morgana, hai fallito nel tuo intento…E non provare a farmi innamorare con qualche stramba magia perché altrimenti ti staccherò la testa dal collo! –
Morgana aggrottò la fronte e aprì la mano guardando il sasso – L’amore è come la magia, Lady Oscar, non è una scienza esatta, ma in compenso è molto più complicato e difficile da comprendere e forse per questo ho sempre preferito le arti magiche. Ma…Perché hai detto che questa pietra non mi sarebbe stata utile? –
L’altra sospirò – So a chi probabilmente apparteneva quella pietra. Una figura storica molto famosa nella tua Britannia, Lady Morgana. Immagino che tu sappia chi era la Regina Boudicca –
Morgana sbatté le palpebre sorpresa – La Regina guerriera! Colei che si è opposta ai romani e li ha combattuti, come cantano i bardi e le leggende –
Oscar sorrise debolmente – Oh! Io, al posto di sentire le leggende…E i bardi…Ho letto Tacito, lo storico romano e so benissimo come è andata la guerra di Boudicca contro Roma –
L’altra socchiuse gli occhi – Cosa stai dicendo? La Regina guerriera ha sconfitto un’intera legione, ha distrutto le città di Camulodunum (n.d.a.: Colchester), Londinium e Verulamium (n.d.a.: St. Albans) e ha vendicato quello che ha patito lei e soprattutto l’oltraggio che hanno subito le sue figlie con il sangue degli invasori! E se hai ragione e questa pietra era sua allora ci porterà alla sua arma…All’arma che ha usato per sconfiggere i suoi nemici e che noi useremo per ricacciare in mare gli Uomini-Drago –
Oscar la guardò perplessa, la voce di Morgana tremava nel parlare di Boudicca e anche lei stessa, quando aveva letto la sua storia, aveva provato un senso di simpatia e vicinanza per la donna guerriera. E, come se non bastasse, grazie a quella pietra rossa aveva visto la sua vita e aveva provato la sua stessa sofferenza, sebbene in un piano mentale e non fisico anche se, ammise con sé stessa, molto realistico, tanto da averle fatto perdere perlomeno per un paio di volte il senso della realtà e confondendo André con il centurione Tito. Rabbrividì a quei pensieri, ma fissò i suoi occhi su quelli di Morgana: - Tu continui a non capire! Io non so a cosa porteranno le indicazioni della pietra, ma qualunque cosa sia, anche se fosse un’arma, sarebbe perfettamente inutile contro i tuoi Uomini-Drago, chiunque o qualunque cosa siano e, suppongo, contro qualsiasi altro nemico –
Morgana la guardò sconvolta – Come fai a dirlo? –
L’altra si avvicinò a lei – La storia della Regina guerriera è molto affascinante, te lo concedo Lady Morgana. E si, la Regina ha distrutto città e sconfitto legioni, ma tu sai benissimo cosa è venuto dopo…Cosa è successo alla fine della sanguinaria rivolta di Boudicca –
A Morgana tremarono le mani e distolse lo sguardo per non rispondere, ma Oscar fu implacabile: - Lo sai benissimo che, alla fine, il suo grande esercito, le sue figlie e lei stessa…Sono stati sconfitti e schiacciati dai romani –
   
 
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