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Autore: gio194    19/07/2021    1 recensioni
Il protagonista è Sean, un personaggio, un uomo, una coscienza immerso/a in un viaggio “interiore” alla ricerca di risposte su sé stesso/a e sulle persone che ruotano intorno alla sua vita. Sospeso sulla soglia tra sogno e realtà, sanità e follia, Sean si trova ad interagire con il ‘mondo’ circostante… e lo fa in un modo tutto suo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi trovavo ad un bivio: continuare a vivere in un sogno perpetuo o cercare di mantenermi in contatto con la realtà, sperando di rimanerci il più possibile. Mi presi un po’ di tempo per pensarci su; volevo che i miei cari, i miei conoscenti e i miei colleghi fossero al corrente di ciò a cui sarei andato incontro. Avrei dovuto affrontare un difficile percorso di ritorno alla prosaicità della vita. L’unico mio timore era di allontanarmi dal mio compagno di viaggio nell’altro mio mondo, o meglio, colui che stava sulla soglia, tra il sogno e la realtà, sempre pronto a destarmi ogni volta che si presentava il timore che non potessi più tornare ‘di qua’. Quel coraggioso Polly che stava al mio fianco ormai da ben cinque anni. Per tal motivo insistetti affinché mi permettessero di portarlo con me. Del resto, come avrei potuto fare a meno di quell’instancabile pennuto? Chi altro mi avrebbe potuto risvegliare se non lui? Dizzy e Rudolph si fidavano ciecamente di Polly e sapevano di poter sempre contare su di lui in loro assenza. 

Quando decisi che era arrivato il momento della scelta, del cambiamento radicale, mi affrettai a mettere in valigia tutto il necessario per una permanenza a tempo indeterminato. Già perché ero consapevole che non sarei ritornato presto a casa e non volevo illudermi o nutrire false speranze. In ogni caso, ero molto determinato nel fare questo salto nel vuoto, che mi avrebbe condotto alla salvezza o all’oblio. Non avevo più dubbi!

 

Rovistai negli anfratti più reconditi della mia stanzetta alla ricerca degli oggetti più preziosi che mi avrebbero aiutato a ‘ricordare’ chi fossi nei momenti più bui. Il mio sguardo ricadde prontamente su dei vecchi appunti e in particolare su un racconto che avevo scritto all’età di dieci anni. 

Il titolo era “La scoperta dello ‘Rasielhk White’”:

“ANNO 2070: anno in cui il famosissimo fotografo francese Guttier De Santos partì per esplorare una foresta mia visitata prima da nessun essere umano.

La foresta era chiamata “La via dei vagabondi” ed era questa la strana meta che doveva raggiungere De Santos.

Il fotografo si mise in cammino via terra, attraversando mille pericoli. Appena arrivato, già penso di andarsene, talmente era fitta e buia la foresta e il peggio era che c’era un fortissimo temporale, ma Guttier non si arrese e si mise a scattare foto. 

Addentrandosi sempre di più, la foresta diventò talmente buia che a Guttier sembrava che il sole si fosse oscurato e quindi la terra fosse nel buio totale.

De Santos non si fece prendere dal panico, si addentrò sempre più nella foresta anche se ormai non poteva più fotografare né animali né eventuali indigeni.

Ad un tratto, vide un’ombra abbagliante che si muoveva rapidamente, gli fu davanti e guardò negli occhi Guttier.

Questi le chiese se fosse un uomo e l’ombra rispose di sì, infatti si trasformò subito in un uomo bianchissimo.

Guttier, da quando era arrivato nella foresta, si chiedeva perché questa si chiamasse “La via dei vagabondi”, così l’uomo bianco gli disse che la foresta aveva quel nome perché da lì passavano molti vagabondi, poveri e ammalati e che il dio Josè li faceva diventare luce della foresta. Disse anche al fotografo che loro si chiamavano “Rasielhk White”, il nome che loro dio aveva dato a questa razza.

Guttier era contento e meravigliato della scoperta che aveva fatto:

prese subito la macchina fotografica per fotografare la strana creatura, anzi la nuova razza d’uomo che aveva scoperto.

Lo “Rasielhk White” lo pregò di non farlo perché se lo avessero saputo i cacciatori di razze rare, non li avrebbero più lasciati in pace, avrebbero dato loro la caccia per catturarli e diventare così oggetto dei loro esperimenti. 

De Santos pensò che quelle strane creature della foresta avevano il diritto di vivere serenamente la loro vita, così lasciò perdere.

L’uomo abbagliante lo ringraziò e lo invito a rimanere per un po’ nella foresta. Guttier conobbe tutti i “Rasielhk White” e divenne loro amico.

Quando andò via, le nuove creature lo invitarono a ritornare, ogni volta lo avrebbero accolto con tanta gratitudine. Guttier De Santos aveva rinunciato alla fama ma aveva guadagnato una meravigliosa amicizia.”

 

Ciò che mi stupì rileggendo questo racconto era la presenza di un’atmosfera fin de sìecle e un senso di fin du globe che mi suonavano piuttosto strani e inusuali per un bambino di soli dieci anni. Mi rivenne in mente tutto il processo creativo e le motivazioni che avevano spinto il me-bambino a mettere su carta questa storia; tuttavia il mio ‘io’ non si riconosceva più in quel bambino, giacché la temporalità frammenta il sé e la memoria non ne garantisce la stabilità. Il sé è plurale o discontinuo e lo scorrere inesorabile del tempo non permette di “recuperare” il sé precedente, che quindi non esiste più. Inoltre mi colpirono l’interesse e la curiosità per la tematica dell’alterità da parte di un bambino che aveva vissuto fino a quel momento nella quasi più totale solitudine…

C’erano tanti altri racconti, ma non ebbi il tempo di rileggerli, dato che non avevo molto tempo a disposizione. Tudor sarebbe venuto a momenti e non avevo ancora fatto le valigie. Avevo un po’ di timore perché avrei potuto addormentarmi senza nemmeno accorgermene…

A un certo punto sentii delle urla provenire dalla finestra della cucina:

-“Bella Sean! Ci sta un amico tuo che ha chiesto di te. Dovrebbe arrivare tra poco a casa tua!”

Era l’amico di Rudolph, quello che si atteggiava da bulletto ma che stranamente aveva stretto con lui amicizia. Li vedevo spesso trascorrere del tempo insieme, o meglio, li vedevo trascorrere del tempo insieme nei miei momenti di veglia. Mi stava solamente facendo perder tempo? Che cosa voleva da me questo ragazzino trasandato? Non sapeva che avevo delle questioni esistenziali ben più importanti da risolvere e che non potevo stare a chiacchierare con un adolescente in piena pubertà? Evidentemente no.

 

   
 
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