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Autore: ValeDowney    22/07/2021    1 recensioni
Un principe. La sua storia. Uno stretto legame con il presente gli farà compiere un viaggio in un mondo non suo, riscoprendo un lato di sè che non sapeva di avere
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Beneath the ashes
 

Capitolo IV: Niente favoritismi
 
 
Una settimana prima dell’esilio

Puente Antiguo era una piccola cittadina nel deserto del New Mexico. Contava pochi abitanti, ma almeno disponeva di un negozio di alimentari, un bar, un negozio di vestiti e un piccolo ospedale. Ed era proprio lì che Raevin era diretta.
I cittadini si fermarono per un attimo, mentre la ragazza sfrecciava davanti a loro dentro alla sua nuova Spider, regalo di suo fratello. Non aveva compiuto gli anni, eppure suo fratello amava riempirla di regali praticamente ogni giorno.
Fece appena in tempo a parcheggiare davanti all’ospedale che il cellulare le squillò. Guardò chi fosse e sorrise nel riconoscere il nome.
Mentre scendeva dall’auto, disse: “Sì, sono appena arrivata. Tranquillo, sto bene e poi ci siamo sentiti appena cinque minuti fa. Devi rilassarti. Come sarebbe a dire che ora farai un paio di telefonate per farmi rimandare a Malibù? Se mi hanno mandata qua ci sarà un motivo, no? Senti, apprezzo il tuo interesse, ma riesco a cavarmela anche da sola. Se avrò bisogno, ti chiamerò.”
Vide qualcuno, probabilmente un’infermiera, scaricare alcuni sacchi dell’immondizia dentro ai bidoni, quindi aggiunse: “Ora ti devo lasciare. Ci sentiamo dopo. Sì, ti voglio bene anche io.” E riattaccò.
Dopo aver chiuso la macchina, si diresse verso la donna: “Ehi, mi scusi.”
L’infermiera si voltò e, dopo che Raevin si fu fermata di fronte a lei, aggiunse: “Piacere. Sono Raevin Sta…”
Ma non fece in tempo a presentarsi che l’altra donna la bloccò: “Lei dev’essere la nuova infermiera di cui ci avevano parlato. Prego, venga pure dentro. La stavamo aspettando.” E la condusse all’interno dell’ospedale, prima che Raevin potesse aprire bocca.
Una volta dentro, Raevin si tolse gli occhiali da sole, osservando meglio l’edificio: se al di fuori si presentava di bell’aspetto, non si poteva dire lo stesso del suo interno. Le pareti versavano in uno stato pietoso ed erano scolorite, crepate e ricoperte di muffa.
Arrivarono nell’area amministrativa, dove un dottore era intento a firmare delle carte.
“Dottor Green” lo chiamò l’infermiera. Costui si voltò e, vedendo Raevin, disse: “Finalmente è arrivata. È la nuova infermiera che stavamo aspettando.”
“Veramente sarei una dottoressa. Un chirurgo, per l’esattezza. Mi sono laureata con il massimo dei voti più la lode presso l’Università di Stanford. Non sono una semplice infermiera” spiegò Raevin. Guardò per un attimo la donna accanto ed aggiunse: “Senza offesa.” E riguardò il dottore.
“Si figuri” disse la donna, ma la guardò malamente.
“Un bel merito, non c’è che dire, ma le vorrei ricordare che qua ci troviamo in un paesino sperduto nel deserto del New Mexico. Se voleva mettersi in mostra, poteva benissimo andarsene a Las Vegas” disse il Dottor Green.
“Peccato che mi abbiano costretto a venire qua” ribatté.
“Come avrà già potuto vedere, non nuotiamo nell’oro come è abituata a fare lei. Abbiamo perdite dalla maggior parte dei tubi; i muri sono scrostati; c’è poca energia elettrica e i medici e gli infermieri scarseggiano. Quindi, se vuole rendersi subito utile, si vada a cambiare e prenda queste tre cartelle sopra il bancone” spiegò il dottore e si incamminò. Poi si fermò. Si voltò e aggiunse: “Un’altra cosa: quasi nessuna delle persone che abitano qua ha l’assicurazione sanitaria.”
“Quindi non possono pagarci?” domandò Raevin.
“Esattamente. È per questo motivo che offriamo noi. Ma per lei non dovrebbe essere un problema sganciare qualche soldo, vero?” rispose e, dopo aver fatto un piccolo sorriso, se ne andò.
“Venga. Le mostro dove potrà cambiarsi” le disse l’infermiera, passandole accanto. Raevin la seguì.
Poco dopo, con il camice addosso, Raevin, con le tre cartelle in mano, si stava dirigendo dai rispettivi pazienti, che non si trovavano in un tecnologico pronto soccorso ma in tre stanzette anch’esse dall’aspetto poco piacevole.
Entrò nella prima, trovandosi un anziano, che appena la vide le disse: “Dottoressa, ho qualcosa qui che mi prude. La prego, mi guardi subito.” E si abbassò i pantaloni.
“Oh mio dio. Ehm… certo… certo… mi dia… mi dia solo un minuto” disse Raevin diventando rossa in faccia e uscendo velocemente dalla stanza, per poi appoggiarsi con la schiena contro la porta. Respirava velocemente.
“È una cosa disgustosa. Neanche all’università mi hanno fatto far pratica su queste cose indecenti” replicò.
“Tutto a posto?” le chiese l’infermiera.
Raevin la guardò e, facendo un finto sorriso, rispose: “Sì, sì, stavo solo… guardando meglio la cartella. Là dentro non c’è molta luce.” L’infermiera tornò al suo lavoro.
Raevin fece un lungo respiro. Poi disse: “Ok, Raevin, ce la puoi fare. Dopotutto sei una dottoressa da lode… in un posto che cade a pezzi. Forse se davanti a me mi immagino un bellissimo ragazzo dai muscoli possenti, non avrò poi così ribrezzo.” E rientrò.
Ovviamente l’anziano aveva ancora i pantaloni abbassati e, rivedendola, disse: “Era ora che rientrasse. Devo ritornare a casa per guardarmi il mio programma preferito e mettere a bagno la dentiera. A momenti mi si sta staccando dalla bocca.”
Raevin fece di nuovo una faccia disgustata, ma mostrando un sorriso, pensò a quel ragazzo dai forti muscoli e di bell’aspetto; mando giù il senso di vomito e si fece coraggio.
Finalmente arrivò la fine del turno. Raevin si trovava in uno stanzino a cambiarsi, quando entrò anche l’infermiera che, vedendola, le domandò: “Allora, come è andata?”
“Vediamo: un signore anziano con un rash cutaneo nelle parti basse, causato da un’allergia al suo frutto preferito. Peccato che non abbia voluto sentire ragioni che non deve mangiarne più. Poi una donna isterica perché il figlioletto di quattro anni continuava a piangere come se fosse stato posseduto, ma in realtà aveva solo infilato due soldatini di piombo nel naso. Infine un ragazzo che continuava a provarci con me ma che soffriva solamente di disturbi della personalità. Prima amava me e poi se stesso. Sì, se tralasciamo tutto questo, direi che sono sopravvissuta al mio primo giorno di lavoro” spiegò e chiuse l’armadietto.
“Sai, ero così anche io il primo giorno” disse l’infermiera, mettendo via il camice.
“Così come?” le chiese.
“Ambiziosa. Sicura di me e schifata da questo posto” rispose.
“Come ci sei riuscita?” domandò.
“Dicendomi che era tutta questione di pazienza e che, prima o poi, sarei stata ricompensata” rispose, aprendo la porta. Raevin la seguì e le due uscirono.
Mentre passeggiavano per la quiete cittadina, l’infermiera disse: “A proposito, non mi sono ancora presentata: mi chiamo Selene.”
“E io Raevin” le disse sorridendo.
“Che strano nome” disse Selene.
“Sì, ai miei genitori piaceva. Per loro suonava strano, ma bello allo stesso tempo” spiegò. Sospirò e aggiunse: “Chissà cosa mi direbbero ora. Soprattutto mio padre.”
“Potresti sempre telefonargli” propose Selene.
“Magari, ma non credo che lassù la linea arrivi. Già fa fatica qua” disse Raevin, indicando il cielo.
“Oh, scusami, non lo sapevo” si scusò Selene.
“Non importa. Ormai sono passati anni. Ero poco più di una bambina quando accadde. Fortunatamente avevo, e ho ancora, mio fratello più grande. Capisco perché sia così protettivo” spiegò Raevin.
“E come sono morti?” le chiese.
“Incidente d’auto. Forse per il ghiaccio e la poca visibilità, considerando che era sera e dicembre inoltrato. Mio fratello non ha saputo dirmi di più anche se la sua prima versione è stata che stavano facendo un lungo viaggio per affari e che, al loro ritorno, ci avrebbero portato un sacco di regali, come facevano ogni Natale e ai compleanni. Quando chiedevo di loro, mio fratello continuava a rispondermi che non avevano ancora trovato i regali adatti a noi. Volevano che fossero i più belli e migliori in circolazione. Da bambina ci credevo fortemente. Poi, crescendo, ho scoperto la verità. Mi mancano moltissimo” spiegò.
Selene le mise un braccio intorno e Raevin appoggiò la testa contro la sua spalla.
Arrivarono dove risiedeva Selene. Si trattava di un appartamento a più piani. Entrarono ma, appena varcarono la porta, una signora anziana e abbastanza robusta di corporatura uscì dalla sua residenza, replicando: “Signorina Velasquez, sto ancora aspettando i suoi soldi dell’affitto! Quando pensa di darmeli?”
“Lo so di essere un po' indietro con i pagamenti, ma le assicuro che avrà tutto” rispose Selene.
“Mi ha detto la stessa identica frase anche la volta scorsa. Dovrei crederle ora?” domandò.
“Se ha problemi con il pagamento ci posso pensare io” propose Raevin.
“E lei chi sarebbe?” la chiese, squadrandola.
“Si chiama Raevin ed è appena arrivata in città. Non ha dove dormire, quindi mi chiedevo se…” rispose Selene.
“Oh no, non se ne parla! Mi basta già dover sopportare te. Un’altra è troppo” replicò l’anziana.
“La prego, signora Ramirez, le assicuro che non recherà disturbo. E poi c’è un altro appartamento libero sul mio stesso piano” disse Selene.
L’anziana guardò di nuovo malamente Raevin, che disse: “Se è per i soldi, come ho detto prima, non c’è problema.” E, dalla tasca della giacca, estrasse molte banconote.
Gli occhi delle altre due donne brillarono e, prima che Raevin potesse aggiungere altro, l’anziana gliele prese, dicendo: “E va bene, potrà restare. Ma voglio pagamenti costanti dell’affitto da entrambe. Niente feste e massima serietà. E soprattutto, non voglio nessun altro in questo edificio, eccetto voi due. Chiaro?!”
“Splendente come uno specchio. Ah e, per la precisione, in quei soldi, c’è anche la rata di Selene” disse Raevin. Selene la guardò stupita. L’anziana non aggiunse altro e chiuse la porta in faccia alle due.
“Be’, pensavo peggio” disse Raevin, quando, in uno scatto, Selene l’abbracciò, dicendole: “Grazie. Grazie infinite. Ti devo molto.”
“Figurati. Come ha detto il nostro superiore, io sguazzo nell’oro” disse Raevin. Selene la guardò sorridendo ed entrambe andarono al piano superiore.
Una volta arrivate al secondo piano, Selene alzò lo zerbino davanti alla porta con il numero tre. Prese la chiave, mettendola nella serratura. Una volta aperta la porta, accese la luce. Raevin si tappò il naso dall’odore di marcio che usciva dalla stanza.
“Non è una villa come nella quale magari vivi tu, ma almeno è un tetto sopra la testa” disse Selene.
“Sì, tranquilla, molto meglio che dormire sotto qualche ponte” disse Raevin entrando.
“Ti porto qualcosa da mangiare e, domani mattina, andrò a farti un po' di spesa” disse Selene.
“Non ti devi disturbare. Ci andrò quando sarò libera” disse Raevin.
“Tu hai già fatto molto per me e poi domani mattina non sono di turno. Se ti vuoi rinfrescare, o fare la doccia, purtroppo è solo presente l’acqua fredda, visto che quella calda non funziona tanto bene. L’elettricità va e viene, per via delle bufere di sabbia che ci sono” spiegò Selene.
“Bufere di sabbia?” disse stupita Raevin.
“Be’… sì… ci sono le bufere di neve in montagna. Noi qua ci troviamo nel deserto, quindi…Comunque per qualsiasi cosa, non esitarmi a chiamarmi” disse Selene.
“Grazie” le disse semplicemente Raevin e Selene uscì.
La ragazza si voltò. Si tolse la giacca che gettò a terra e poi si sedette sul divano ma, appena lo fece, sprofondò e tanta polvere le andò addosso. Tossì e, rialzandosi, cercò di togliersi lo sporco di dosso.
Girò per la stanza, mentre le assi di legno scricchiolavano sotto di lei. Passò due dita sulla tavola: altra polvere, così come la trovò su tutta la mobilia. Persino la camera da letto non era messa bene. Provò a sedersi sul letto e, a differenza del divano, fortunatamente non sprofondò, anche se il materasso era duro come la pietra.
Andò verso la finestra. L’aprì a fatica, visto che la maniglia era quasi del tutto bloccata a causa della ruggine. Il panorama era anni luce lontano da quello che vedeva ogni giorno nella sua villa a Malibù: un’ampia distesa di sabbia e, quasi impercettibili, le montagne.
Le mancava casa e anche suo fratello e, come se lo avesse pensato, il cellulare lo squillò. Prese la chiamata e rispose: “Ciao e scusami se non ti ho chiamato prima, ma ho avuto da fare con la padrona di casa. No, tranquillo, è tutto a posto. Be’, più o meno. Ora ti spiego.” E passò la successiva ora al cellulare.
Quando Selene arrivò con la cena e chiamò l’amica, la trovò addormentata sul divano. Sorrise e, non volendola svegliare, lasciò il tutto sulla tavola, per poi andarsene.

Passò una settimana e, un giorno, appena Raevin arrivò in ospedale, Selene la raggiunse contenta: “Finalmente sei arrivata. Non indovinerai mai cosa è accaduto.”
“È caduto qualcuno dal cielo?” domandò.
“No. Meglio” rispose sorridendo e, dopo averla presa per mano, la condusse verso un’altra stanza dove ad aspettarle c’era il Dottor Green.
Quest’ultimo si voltò e mostrò ciò che era appena arrivato: “Un nuovissimo macchinario di ultima tecnologia che ci permetterà di eseguire esami di primissimo ordine. È arrivato stamattina presto con un camion e, alla mia domanda di chi lo mandasse, il trasportatore ha risposto che è un regalo da un generoso benefattore che è voluto rimanere anonimo.”
“È una cosa meravigliosa. Potremmo curare anche i pazienti più gravi” disse Selene.
“Vuoi dire che non lo avete mai fatto?” le chiese.
“No. Li mandavamo in un ospedale di una città più grande, più attrezzata ad accoglierli e curarli. Ma ora che è arrivato questo macchinario non dovremo più mandarli via” rispose.
In quel momento entrò un signore con un cappellino in tasca, una casacca e una cartellina in mano: “Scusatemi, avrei della roba da scaricare per il Dottor Green” disse.
“Sono io, ma non ho ordinato nulla” disse.
“Qui sulla cartella è riportato il suo nome e questo indirizzo. Se vuole seguirmi le faccio vedere ciò che ho portato” disse l’autista. I tre lo seguirono fuori, dove era parcheggiato un grosso camion. L’autista andò sul retro e, dopo aver aperto il cassone, entrò.
Gli altri guardarono, mentre l’autista, tramite un montacarichi, scaricava un macchinario. Dentro al camion ce ne erano altri.
Il cellulare di Raevin squillò. La ragazza si scusò con i presenti e, distanziandosi da loro, accettò la chiamata portandosi l’apparecchio all’orecchio. Dall’altra parte, l’interlocutore chiese: “Allora, sono arrivati i miei regali?”
“Sapevo che c’entravi tu e, comunque, non avresti dovuto scomodarti così tanto” gli rispose.
“Questo e molto di più per la mia sorellina, sapendoti in un posto sperduto del New Mexico, dove non c’è la più ben che minima traccia di civiltà” disse.
Raevin guardò per un attimo gli altri: “Dovresti vedere i loro sguardi: sono così contenti!”
“I miei regali fanno questo effetto con tutti. I fan amano questa mia generosità e, ciò mi fa sempre finire in prima pagina su ogni giornale e rivista” disse.
“Non solo per questo” aggiunse lei, conoscendo molto bene lo stile di vita del fratello.
“Quando è che ritorni qua a Malibù? Mi immagino sempre che cammini senza meta e viveri per il deserto. Non lo posso permettere. Vuoi che ti mandi l’aereo privato?” le propose.
“Grazie per la generosa proposta, ma credo che mi fermerò ancora qua. Dopotutto, questo posto non è poi così male. Poi, mi sono fatta arrivare alcune cose con le quali ho riordinato l’appartamento nel quale alloggio” rispose. Vide Selene chiamarla scuotendo la mano. Quindi aggiunse: “Ora ti devo lasciare. Il lavoro chiama.”
“Anche il mio. Devo andare a una noiosissima conferenza stampa che è iniziata dieci minuti fa. Ma so che mi staranno sicuramente aspettando. Non vedono l’ora di ammirare il nuovo prototipo appena rilasciato dalla nostra fabbrica. Ti manderò delle foto” spiegò lui.
“Sicuramente sarà un gran successo. Come tutte le altre cose da te pensate. Papà sarebbe davvero orgoglioso di te” disse.
“Ma anche di te. La sua adorata figlia, appena diplomata con il massimo dei voti e la lode in una delle più prestigiose accademie private del paese e con la passione per le costruzioni e i marchingegni” aggiunse lui.
“Sì, però sono diventata chirurgo. Invece di mettere a posto rottami di macchine come fai tu, rimetto in sesto e salvo le vite delle persone” disse Raevin.
“Un dottore in famiglia, di qualsiasi ramo, è sempre ben accetto. Ci sentiamo a conferenza finita. A dopo” disse e riattaccò. Raevin sospirò, per poi ritornare dai colleghi.
Un’altra giornata di lavoro passò. Raevin curò altri pazienti e suo fratello, come predetto, fece un gran successo alla conferenza stampa.
La ragazza, stanca, fece una breve cena, per poi mettersi subito a letto, non accorgendosi che qualcosa là fuori illuminò la notte a giorno, cadendo come un meteorite, fino a schiantarsi al suolo.






Note dell'autrice: Eccomi qua con il nuovo capitolo. Vi sta piacendo la storia? Ed eccovi anche il nuovo personaggio. Chissà come si comporterà con Loki (e viceversa) e chissà chi sarà mai suo fratello.
Grazie a tutti coloro che sono passati qua (o che passeranno; grazie a chi ha recensito; messo mi piace; tra le preferite o seguite
Grazie alla mia cara amica Lucia
Ci sentiamo al prossimo capitolo
Buon proseguimento di serata.


 
  
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