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Autore: crazy lion    23/07/2021    1 recensioni
Taehyung e Jungkook sono sposati da tre anni. Da un po' il primo si è accorto che qualcosa non va: Jungkook è stranamente silenzioso. Quando gliene chiederà la ragione, prenderanno la decisione più importante della loro vita.
Attenzione: la storia può essere letta come un’originale, in quanto i BTS qui sono persone normali e non cantanti.
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderla in alcun modo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2.

 

Scelta

 
Taehyung sapeva che qualcosa non andava. Ne era convinto. Da un po' di tempo a quella parte, Jungkook era strano. Era sempre stato un tipo introverso ma mai così silenzioso come allora.
"Stai bene?" gli chiese una sera, a cena, dopo che erano tornati entrambi dal lavoro.
Taehyung lavorava in una fioreria, mentre Jungkook era il direttore di un negozio di vestiti.
L'altro aprì la bocca, ma la richiuse subito e mangiò due patatine fritte.
"Non posso aiutarti, se non mi dici che cosa c'è che non va" gli disse Taehyung con dolcezza.
"Non è niente."
"È qualcosa, invece. Avanti, parla."
"È solo che…" si schiarì la voce. "Stavo pensando, siamo sposati da tre anni, conviviamo sotto questo tetto da molto, abbiamo delle entrate regolari e forse sarebbe ora di pensare a una famiglia. Tu hai ventotto anni, io ventisei e non voglio aspettare troppo prima di avere un bambino.” Fece una piccola pausa. “Volevo solo dirti che sono pronto a diventare padre. Se tu non lo sei, lo capirò e lo accetterò, anche se mi farà male."
Le sue ultime parole uscirono in un sussurro e Jungkook si portò una mano al petto come per diminuire la sofferenza che avrebbe provato.
Taehyung rifletté per qualche secondo. Avevano parlato spesso di un figlio. Lo volevano entrambi e lo sapevano, ma una cosa era parlarne così alla leggera, una ben diversa era decidere di averlo. Eppure, lui si sentiva abbastanza maturo per questo.
"Lo desidero anch'io" disse con un gran sorriso e i due si abbracciarono.
"Lo dici per davvero , o solo perché non vuoi farmi male?"
"Per davvero. Non ti mentirei mai su una cosa del genere."
"Hai ragione, scusa."
"Ora che facciamo?"
"Finiamo la cena e ci informiamo."
Dopo aver terminato ognuno il proprio hamburger, i due lavarono i piatti insieme, per far prima, dopodiché andarono in salotto, si accomodarono al tavolo e accesero il PC. A Jungkook piaceva molto quel tavolo, era antico, appartenuto a sua nonna. Aveva più di cento anni e ancora reggeva, per questo l'avevano tenuto, anche se avevano dovuto dargli una sistemata. Sua nonna ora non c'era più, ma sarebbe stata felice della scelta del nipote. Jungkook sorrise a quel pensiero.
I due si misero a cercare su internet un'agenzia che accettasse anche i gay e le lesbiche come possibili genitori adottivi. Ne trovarono due in particolare, ma continuarono a informarsi sull’adozione, sia nazionale sia internazionale, per mesi. Lessero testimonianze di coppie gay che avevano adottato bambini, ormai conoscevano a memoria i requisiti per l’adozione e alla fine si decisero. Jungkook avrebbe chiamato il giorno dopo uno dei due numeri che avevano trovato.
"Ma ci pensi? Un bambino tutto nostro!" esclamò Taehyung quando andarono a letto.
L'altro lo baciò.
Le due agenzie che avevano trovato si occupavano sia di adozioni nazionali che internazionali.
"Tu cosa vorresti, un maschio o una femmina?" gli chiese Taehyung accarezzandogli uno zigomo.
"Per me è lo stesso, basta che stia bene."
"Dai, lo so che in fondo sai la risposta."
"Okay, se proprio insisti preferirei una femminuccia, ma non so se una neonata o una bambina un po' più grande."
"Non pensi che sarebbe difficile crescerla senza la presenza di una figura materna?" chiese Taehyung, dubbioso.
"Io non credo, Tae. Molti genitori gay hanno adottato delle bambine e noi ne conosciamo. Sono famiglie come tutte le altre."
"D'accordo, vedremo quello che succederà domani."
Nessuno dei due dormì quella notte.
Il giorno dopo, Jungkook si portò in negozio un foglio con nomi e numeri delle agenzie e, quando a metà mattina riuscì a staccare dal lavoro, si mise al telefono. Gli rispose una segretaria che gli disse che l'avrebbe richiamato nel giro di mezz'ora. Così fu.
"Mi dispiace, ma l'assistente sociale è fuori città fino alla fine del mese" gli disse.
"Ah." Dal tono di voce di Jungkook traspariva tutta la delusione che provava. Era l'inizio di marzo, non potevano aspettare così tanto. "Grazie lo stesso, arrivederci."
Provò con il secondo numero, sperando di essere più fortunato. Spiegò alla donna il motivo per cui le aveva telefonato e fissò, per sé e il marito, un appuntamento per il venerdì di quella settimana.
"Non so se mi abbia risposto l'assistente sociale o una segretaria," disse Jungkook a Taehyung quando si ritrovarono per pranzo, "ma aveva una voce giovanile e gentile e mi è piaciuta molto."
Arrivare al venerdì – era lunedì – fu una vera e propria tortura per entrambi. Non facevano altro che pensare all’adozione.
"Che tipo di adozione nazionale sceglieremo? Quella di una madre naturale che ci darà il suo bambino o quella di un bimbo che è già in affidamento?" chiese Jungkook, più confuso che mai,
Taehyung lo allontanò dallo schermo del computer.
"Secondo me ci stiamo riempiendo la testa di informazioni senza capirci molto, perciò aspettiamo e vediamo cosa ci dirà l'assistente sociale venerdì."
Jungkook sospirò.
"Okay."
Quel venerdì i due si svegliarono prima del solito, fecero colazione in veranda, si prepararono e attesero le nove, poi partirono con l'auto e alle dieci in punto erano davanti all'ufficio di Aleicia Harper, in Maple Street. La donna era una degli assistenti sociali che lavoravano in quell'agenzia. Era stata lei a rispondere a Jungkook. Lui e Taehyung si trovarono di fronte una donna giovane, sulla trentina, con i capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle e un sorriso dolce.
“Mi aspettavo qualcosa di molto diverso” dichiarò stupito Taehyung.
“Diverso? Cosa intende?”
L’attenzione dell’assistente sociale si acuì e fissò il ragazzo per lunghi istanti.
“Mio marito mi aveva detto che lei sembrava giovane e gentile, ma pensavo avrebbe avuto un’aria più seria, invece sorride sempre. Il che mi conforta” aggiunse, perché non sembrasse che la stava giudicando male.
“Grazie, in effetti io sorrido molto. Devo rassicurare i miei clienti, quando c’è bisogno.”
Li accolse nel suo studio e offrì a ciascuno una tazza di tè. Quando i due ebbero finito di bere, lei parlò.
"Cominciamo dall'inizio. Siete sposati o convivete?”
“Ci siamo sposati tre anni fa” disse Jungkook.
“Bene. Perché volete adottare un bambino?"
Gli occhi della donna erano vivaci e penetranti., perché dovevano osservare e valutare attentamente sia le madri naturali che gli aspiranti genitori adottivi. Doveva assicurarsi che Taehyung e Jungkook non avessero qualche disturbo psichico e che non desiderassero un figlio per le ragioni sbagliate, come quei genitori che cercavano di salvare un matrimonio. Con la stessa accortezza lei valutava le madri naturali.
"Per molte ragioni" disse Taehyung. "Tanto per cominciare, entrambi amiamo i bambini e siamo pazienti con loro. In più, vorremmo dare una casa e soprattutto stabilità e amore a un bambino meno fortunato."
"Credo che essere padre sia una cosa meravigliosa e vorrei dare a un bambino lo stesso amore che mio padre ha dato a me."
Volevano essere sinceri e speravano che lei lo capisse.
"Immagino," disse Taehyung, "che un'adozione sia un modo per aiutare qualcuno e vogliamo mettere un bambino al centro della nostra vita."
"Quanti anni avete?"
"Io ne ho ventotto" disse Taehyung.
"Io ventisei. Siamo troppo giovani?"
"No, non siete troppo giovani."
"Che lavori fate?"
Glielo spiegarono.
“Quindi lavorate da mattina a sera. Come farete con un bambino?”
“Posso fare un part-time” disse Taehyung.
“E io posso modificare i miei orari come voglio, essendo il direttore.”
“Qualcuno di voi ha mai sofferto di depressione o di altri problemi?”
“No” risposero entrambi.
“Ecco, veramente un nostro amico, Jimin, ha sofferto di anoressia, ma ora ne è uscito, sta bene.”
“Verificherò” disse solo Aleicia.
"Io sono stato adottato quando avevo pochi mesi" la informò Jungkook e le raccontò la sua storia.
"Questo ha influito in qualche modo sulla vostra scelta?"
"Non lo so. È difficile dire quale sia il fattore determinante. Io ho avuto una famiglia meravigliosa e mi piacerebbe darne una altrettanto bella a un bambino."
“Io sono cresciuto con i miei nonni in campagna,” disse Taehyung, “perché i miei genitori lavoravano fuori città.”
“E non le sono mancate quelle figure di riferimento?”
“Io e mia sorella minore sentivamo la loro mancanza, ma venivano a trovarci ogni fine settimana e, comunque, i nonni hanno saputo farci da mamma e papà. Non ci hanno mai fatto mancare l’affetto, ma anche i nostri genitori ci vogliono un gran bene.”
"Capisco. La sua situazione è un po’ particolare. Dovrò parlare con i suoi nonni e i genitori. Quindi avete una solida posizione finanziaria e immagino viviate in una bella casa, ma lo verificherò con una visita nella quale vi porrò altre domande."
L'assistente sociale spiegò ai due l'intero procedimento e le scelte che avrebbero dovuto compiere: se adottare un bambino americano da una madre naturale, oppure uno che era in affidamento, o uno con esigenze speciali, o uno straniero.
"Non me la sento di adottarlo con bisogni speciali" disse Jungkook. Sarebbe troppo difficile per noi occuparcene, credo."
Taehyung fu d'accordo. I due dissero che desideravano un bambino americano, perché non se la sentivano di rimanere mesi o settimane, in un albergo disperso chissà dove, in attesa che la parte burocratica relativa all'adozione terminasse.
"Ne vorremmo uno che è già in affidamento" dissero poi.
Ci avevano pensato bene prima di prendere quella decisione. Un neonato trovava subito una famiglia, mentre un bambino di quattro o cinque anni aveva meno chance.
“Solo uno, o siete disposti ad adottare anche un gruppo di fratelli?”
“Siamo aperti anche a questa possibilità” disse Taehyung.
"D'accordo. Tutto quello che avete detto mi sembra ragionevole. Vorrei cominciare fra un paio di settimane le indagini sul vostro conto. Dovrete sottoporvi a esami clinici, rispondere ad altre domande, ricevere più visite in casa vostra in modo da verificare se è adatta a un bambino, o a capire come renderla agibile, farvi prendere le impronte digitali e dimostrare che la vostra fedina penale è pulita. Lo avete già detto alle vostre famiglie?"
"No, non ancora, ma non penso ci saranno problemi" ammise Jungkook.
Aleicia li guardò attentamente.
"Non ne siate tanto sicuri. Hanno accettato la vostra omosessualità, e questa è una cosa bellissima, ma potrebbero far fatica a capire perché volete un figlio."
I due non riuscivano a immaginare una cosa simile.
"Vi forniremo dei moduli. Iniziate a compilarli e poi riportateli qui. Vorrei cominciare prestissimo le indagini sul vostro conto e sentire anche i vostri genitori, gli altri parenti, gli amici, i colleghi di lavoro, ma preferirei che prima ci parlaste voi. In ogni caso, se si presentasse la possibilità di un bambino in breve tempo, voi dovrete essere in grado di sapere cosa fare."
“Accade spesso che le cose vadano in fretta?” chiese Taehyung.
“Con questo tipo di adozione no, ci possono volere anni di burocrazia. Ma non disperate, mi sembrate due persone ragionevoli e intelligenti e saprete aspettare.”
Jungkook e Taehyung diedero all'assistente sociale i numeri di casa, del lavoro e di cellulare. Usciti da lì, tornarono al lavoro. Erano emozionatissimi per quello che stavano per fare. Si domandavano cos'avrebbero pensato i nonni e i genitori di Jungkook e la mamma, il papà e la sorella minore di Taehyung.
La settimana seguente furono contattati dall'assistente sociale. Intanto la coppia le aveva mandato tutti i moduli.
"Vi prenderò le impronte digitali nei giorni successivi" disse e li salutò cordialmente.
Avevano fatto la scelta più importante della loro vita.
 
 
 
NOTA:
Maple Street esiste davvero, l’ho scoperta nel libro di Danielle Steel Appuntamento al buio.
   
 
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