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Autore: Demy77    24/07/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Nampara, maggio 1787
Elizabeth strinse tra le dita affusolate una boccetta di vetro marrone. Era riuscita a procurarsela una settimana prima a Londra, dove si era recata con la scusa di dover incontrare i medici di sua madre. Si era fatta accompagnare da Emily, una fidata cameriera di Cusgarne che al momento opportuno era stata mandata con un pretesto a spedire una lettera, mentre lei si recava di nascosto nel quartiere malfamato ove si trovava la bottega di un sedicente dottore. Più che uno studio medico, quel luogo aveva tutto l’aspetto di un tugurio malsano che una signora dabbene non avrebbe mai dovuto frequentare. Eppure, non c’erano altre soluzioni al suo problema. La moglie di Ross ripose la fiala in un cassetto, lo chiuse a chiave e si infilò la chiave al collo, attaccata ad un cordoncino di seta viola.
Si accarezzò la pancia, quella pancia troppo piccola che non cresceva rapidamente quanto avrebbe voluto e che già aveva attirato qualche sgradito commento tra le pettegole dame di Truro e dintorni. “Possibile? Siete già al settimo mese? Siete troppo magra, Elizabeth, state mangiando a sufficienza?”
Se il parto non fosse avvenuto entro luglio, l’infedeltà sarebbe stata non un sospetto ma una matematica certezza e la sua reputazione sarebbe stata rovinata per sempre.
Si chiese se il suo bambino o bambina l’avrebbe mai perdonata per ciò che aveva progettato di fare.
Rivide se stessa scivolare rapida tra marciapiedi ricolmi di ubriachi e mendicanti, avvolta in un lungo soprabito nero con cappuccio. Rivide l’antro del dottor Chester, la sua barbetta unta ed il suo fare mellifluo.
“In cosa posso esservi utile, signora?”
“Provengo da Truro. Alcuni amici mi hanno fatto il vostro nome come garanzia di assoluta discrezione. So che è impossibile trovare altrove i vostri medicamenti”.
“Ed è così, ve lo assicuro. Parlate pure, vi ascolto”
“Come potete vedere, sono incinta. Il bambino dovrebbe nascere ad agosto, ma, per motivi che non posso spiegarvi, è necessario che veda la luce entro il mese di luglio”. “Volete che nasca vivo?”
“Naturalmente! E che nasca sano! E’ una cosa possibile?”
“E’ possibile, certo, ma alterare il corso della natura non è mai esente da rischi.”

L’uomo aveva armeggiato per qualche minuto in un armadietto e ne aveva tratto una boccetta di vetro.
“Dovete assumerne 15 gocce al giorno in un po’ d’acqua, almeno 15 giorni prima della data in cui volete che avvenga il parto. Il farmaco vi provocherà le doglie, tuttavia saranno più dolorose di quelle di un parto normale… avete già avuto figli?”
“Sì, ho un figlio”.
“Meglio così, il vostro utero reagirà in maniera più pronta ed efficace. Devo però raccomandarvi di informare il medico che vi assisterà per il parto qualora notaste qualsiasi sintomo inconsueto... se accadesse, dovete mostrargli subito il preparato, senza dirgli chi ve lo ha dato. Se non lo farete, la vostra vita potrebbe essere in serio pericolo. Sono stato chiaro?”
“Non potreste darmi voi un … antidoto, nel caso ce ne fosse bisogno?”
“Mia cara signora, non vi sto vendendo un veleno che abbia bisogno di un antidoto! Si tratta semplicemente di un farmaco che stimola l’utero a contrarsi… di per sé non è nocivo, ma bisogna vedere come il vostro organismo reagirà ad esso”.
“In altre occasioni In cui è stato utilizzato, è andato tutto come prestabilito?”
“Signora, questo non è un rimedio di uso molto comune, e come vi accennavo ogni organismo è diverso da un altro. In ogni caso si tratta di effetti collaterali che qualsiasi medico chirurgo saprebbe fronteggiare. Ciò che conta, come vi dicevo, è intervenire rapidamente. La cosa più probabile è che non sia necessario agire in alcun modo, ed è ciò che mi auguro per voi
”.
In cambio di un bel mucchio di sterline Elizabeth si era dunque procurata un mezzo per accelerare il parto. L’esito della gravidanza secondo i suoi desideri non era però l’unica sua preoccupazione, in quanto aveva dovuto fronteggiare i sospetti di George. Fin dal primo momento il banchiere le aveva domandato insistentemente se era assolutamente certa della paternità del figlio che portava in grembo. Egli continuava a ripetere che non si poteva escludere che fosse lui il padre della creatura, poiché era trascorso troppo poco tempo tra l’ultima volta che Elizabeth aveva avuto rapporti con suo marito e quando avevano dormito insieme a Trenwith. Elizabeth lo aveva trattato in malo modo, gli aveva intimato di non fare parola con nessuno di quello che era accaduto fra di loro, anzi di dimenticarlo per sempre. Il figlio che aspettava era di Ross, non aveva alcun dubbio in proposito, era già incinta quando aveva giaciuto insieme a lui. Warleggan era furioso, aveva detto che non gli importava nulla di rovinare la sua nomea, ma se c’era una minima possibilità che il figlio fosse suo non avrebbe mai tollerato che fosse allevato da Ross Poldark. Disse ad Elizabeth che voleva farla visitare da un medico di sua fiducia per avere una risposta chiara sull’epoca del concepimento. Elizabeth si mostrò mortalmente offesa, si ricompose nel suo ruolo di dama integerrima e gli disse chiaro e tondo che aveva commesso un tremendo errore, che per fortuna non aveva avuto conseguenze, a causa dei fumi dell’alcol, che nessuna donna poteva confondersi su certe cose ed il solo fatto che egli dubitasse della sua parola era disdicevole. Per forza di cose dopo questo dialogo Elizabeth aveva dovuto prendere le distanze da Warleggan e così aveva perduto anche il suo più devoto amico. Del resto la casa di Cusgarne era stata oggetto delle migliorie necessarie, la signora Chynoweth si stava lentamente spegnendo senza che nulla ci fosse più da fare nonostante le costose cure, dunque il denaro del banchiere non serviva più, e così George poteva essere accantonato.
Ora Elizabeth mirava soltanto a riconquistare Ross, non certo per amore, ma per quel malinteso desiderio di possesso per cui riteneva giusto e lecito tenerlo legato ancora a sé, benché avessero smesso di amarsi.

Londra, Maggio 1787
A bordo di una carrozza, tra le vie di quartieri rinomati e ben frequentati, due coppie eleganti conversavano allegramente mentre si recavano ad un ricevimento. Era una serata di gala organizzata dal visconte di Braddington, proprietario di un palazzo situato nei pressi di Westminster. Giunti a destinazione, i due uomini scesero dalla carrozza, strinsero le mani guantate delle loro dame per agevolarne la discesa e percorsero la scalinata di ingresso dell’ampia dimora illuminata a giorno. I maggiordomi all’ingresso annunciarono con voce squillante i loro nomi: “Il tenente Hugh Armitage e signora; il dottor Dwight Enys e lady Caroline Penvenen”
Al braccio dei loro mariti Demelza e Caroline fecero il loro ingresso nella sala già gremita. Entrambe conoscevano parecchi ospiti, e per quelli che a Demelza erano ancora sconosciuti provvedeva l’amica a fare le dovute presentazioni. Caroline sapeva che Demelza non amava troppo quelle occasioni mondane perché si sentiva in imbarazzo e temeva sempre di pronunciare qualche parola fuori posto; in realtà erano timori immotivati, perché la sua innata grazia e l’abilità a restare in silenzio quando l’argomento non era nelle sue corde l’avevano sempre tenuta immune dalle brutte figure. Mentre le due donne si intrattenevano con la viscontessa ringraziandola per l’invito ricevuto, Hugh e Dwight si allontanarono a braccetto per salutare lo zio di Hugh, lord Boscawen, ed alcuni suoi colleghi parlamentari. Entrambi non amavano parlare di politica, ma in serate come quelle dovevano fare buon viso a cattivo gioco.
“Il capitano Ross Poldark” – annunciò poco dopo il maggiordomo all’ingresso, e Dwight si girò di scatto. Era proprio il suo più caro amico, reduce dalle campagne militari in Portogallo! Non aspettava certo di incontrarlo, non avendo ricevuto sue notizie da mesi. Aveva una bella cera, benchè sembrasse zoppicare leggermente ad una gamba. Dwight gli fece un cenno di saluto da lontano con una mano, si scusò con gli altri ospiti e si avvicinò a Ross. Una energica stretta di mano ed un abbraccio fraterno suggellarono il loro incontro, cancellando in un secondo i rancori dei mesi precedenti.
Il giovane medico si interessò subito al problema fisico che aveva notato nell’amico e Ross gli spiegò che si era trattato di un colpo di baionetta, piuttosto superficiale, che gli avevano medicato alla meglio e che talvolta gli dava ancora qualche fastidio: un’ottima scusa per non ballare, aveva concluso irriverente il capitano. Dwight gli chiese come mai fosse tornato in patria e quali fossero i suoi progetti futuri; Ross raccontò che intendeva trasferirsi in un altro reggimento di fanteria, questa volta in Irlanda; in tale modo sarebbe stato più vicino a casa. Con il pretesto del periodo di convalescenza che gli spettava aveva dunque intenzione di recarsi al comando generale per presentare domanda di trasferimento. Dwight pensò che fosse una soluzione ragionevole, data la gravidanza di Elizabeth, ma né lui né Ross affrontarono direttamente l’argomento. Il capitano era sul punto di domandargli altro, ma vennero interrotti proprio in quel momento dall’arrivo di Hugh.
“Capitano Poldark! Che sorpresa!”- lo apostrofò il marito di Demelza chinando il capo verso di lui in cenno di saluto. Altrettanto fece Ross, pronunciando a sua volta titolo e cognome dell’altro e chiedendogli come stesse. “Molto meglio di quanto potessi sperare qualche mese fa – rispose Hugh – i miei mal di testa mi stanno concedendo un periodo di tregua. Voi invece? Siete stato ferito ad una gamba?”
Ross ripetè il resoconto che aveva fatto a Dwight a proposito del suo incidente in battaglia. Armitage non si contenne dal fare una battutina, alludendo alla sua impresa del precedente autunno: “Vorrà dire che per un po’ sarete costretto ad astenervi dalle attività pericolose, tipo arrampicarsi sugli alberi per introdursi in casa d’altri…”
Ross incassò il colpo, e non sapendo cosa e quanto di quella sera Demelza avesse riferito al marito replicò genericamente: “In presenza di motivi validi per farlo non sarebbe certo questo graffietto a dissuadermi! Se volete scusarmi, vado in cerca del padrone di casa per rendergli omaggio”. E così dicendo si allontanò.
Percorse le varie sale, dispensando saluti a destra e a manca; benché non fosse londinese di nascita la sua fama, da quando era impiegato nell’esercito, si era piuttosto diffusa, soprattutto per aver salvato la vita al proprio colonnello durante un’imboscata. Era proprio quella la ragione per cui il visconte, cugino di primo grado del colonnello, lo aveva invitato al ricevimento. Come spesso gli accadeva in occasioni simili, le dame lo guardavano di sottecchi chiedendosi chi fosse quel bell’uomo dai capelli scuri e dal fisico prestante; le ragazze più giovani speravano di essere da lui invitate a danzare, ma poi qualche arcigna zitella o qualche padre geloso facevano crollare ogni speranza precisando che il capitano Poldark era già sposato e che non amava ballare.
Ross educatamente salutava tutti, sorrideva, dispensava complimenti ed intervallava i convenevoli con numerose soste davanti ai vassoi dei liquori. Il suo sguardo vigile però scrutava volti ed ambienti nel tentativo di incontrare al più presto Demelza e parlarle in assenza di suo marito.
Dopo aver vagato negli ampi saloni, finalmente intravide lei e Caroline nella posizione più vantaggiosa possibile: in un piccolo gazebo all’aperto, da sole e lontane dagli altri ospiti. Con una falcata, per quanto la gamba glielo consentiva, le raggiunse e salutò con un perfetto baciamano sia lady Penvenen che “la signora Armitage”, calcando la voce su quel cognome , pur essendo ben chiaro dallo sguardo che le indirizzava che considerava Demelza cosa propria.
La rossa, sorpresa da quell’incontro inatteso ed imbarazzata dalla presenza di Caroline, cui certo non era sfuggita quell’occhiata maliziosa, cercò di mantenere l’autocontrollo, ma Ross non perse tempo e sussurrò a Caroline di trovare il modo di tenere Hugh il più lontano possibile da quel gazebo perché aveva necessità di conferire a quattr’occhi con Demelza.
La bionda si rese immediatamente conto della pericolosità della situazione che si era venuta a creare, ma sapeva che quando Ross Poldark aveva in mente qualcosa non era possibile tenergli testa. Così, con la scusa di andare a prendere qualcosa da bere, si allontanò lasciandoli soli in giardino.
Demelza si vide persa senza il sostegno dell’amica. I modi di Ross la irritavano e non aveva alcuna voglia di parlare con lui. Gli diede la schiena, cercando di stargli lontana il più possibile. Lui la seguì, le cinse le spalle, avvicinò le labbra al suo collo sottile e ne sfiorò il contorno, sussurrandole: “Non sai quanto ti ho pensato e quanto ti ho desiderato in questi mesi…” ma Demelza bruscamente lo allontanò e, rispondendogli “Hai fatto male!” andò a sedersi su una panchina.
“Perché mi tratti così? Non negare che anche per te è stato lo stesso!” “Smettila Ross, quello che c’è stato fra di noi è stato un tremendo sbaglio! Siamo sposati con altre persone e dobbiamo dimenticare quella notte!”
“Io non potrei mai! Per me dopo quella notte con te non esiste altro al mondo!”
“Nemmeno tua moglie e vostro figlio in arrivo?”
A quelle parole Ross comprese la ragione del risentimento di Demelza, e, seppure contrariato, cominciò a spiegare: “Posso comprendere il tuo disappunto, ma io non ti ho mentito! Tra me ed Elizabeth è tutto finito da tempo! Quello che è accaduto… si è trattato di una sola, maledetta volta, la notte in cui tu ti eri sposata… ero pazzo di dolore e gelosia, non sapevo come sfogare il demone che avevo in corpo, e così …. Sono stato un idiota, lo so, ma ti giuro che erano mesi che non toccavo Elizabeth! Il bambino non ha colpa di nulla, ma io sarò franco con lei: non torneremo mai ad essere una coppia ed una vera famiglia, perché sei tu l’unica che amo!”
“A me non interessa come siano andate le cose, non mi devi alcuna spiegazione. Anzi, a dirla tutta, le tue parole sono vergognose e ti fanno scendere molto nella mia considerazione! Evidentemente questo è il modo con cui voi Poldark trattate le donne!”- esclamò Demelza.
“Sei ingiusta, non puoi paragonarmi a mio cugino, io non ho usato alcuna violenza!” – rispose piccato Ross.
“Questo è da vedere! E non è violenza forse lasciare tua moglie da sola, mentre sei qui ad una stupida festa invece di starle vicino? Pensi forse di comparire a Nampara solo il giorno dal parto, salutare tuo figlio appena nato ed andartene via subito, lasciando ad Elizabeth un mucchio di ghinee per le spese? Sono sei mesi che non vedi Valentine, è un bambino ancora piccolo, come credi che possa vivere senza un padre? Il tuo primo pensiero, anziché correre a Nampara ad abbracciarlo, è stato venire a cercare me e darmi il tormento?”
“Come fai a dire questo, dopo quello che c’è stato fra di noi? – replicò Ross sedendosi accanto a lei e prendendole una mano - Io e te siamo fatti l’uno per l’altra, non mi importa nulla di Elizabeth, non posso fingere di provare nei suoi confronti qualcosa che non esiste!”
“E’ la madre dei tuoi figli, che ti piaccia o no, hai dei doveri verso di lei!”- ribatté la rossa sfuggendo al suo tocco.
“E non sai quanto me ne pento… – mormorò Ross – ma non voglio che questa sia una ragione che ci divide. Il bambino che sta per nascere non cambia ciò che provo per te e non sposta neppure quanto ti ho detto a novembre. Voglio che tu sappia che mi trasferirò a breve con un nuovo reggimento in Irlanda. Perché non vieni con me? Sì, so già di tuo marito e di come la pensi, vuoi stargli vicino fino all’ultimo istante, non intendo impedirtelo. Potreste venire entrambi, con la scusa di seguire le proprietà del tuo presunto primo marito defunto; non avevi finto forse di essere irlandese? Una volta che Hugh sarà morto ci stabiliremo lì per sempre, se vorrai.”
“Così, secondo te, io dovrei dire a Hugh: Mio caro, ci trasferiamo in Irlanda perché voglio seguire il mio amante, anzi sbrigati a tirare le cuoia così che possa essere felice con lui!”
“Demelza, io non intendevo…”
“Ascolta Ross, te lo dico una volta per tutte: non devi cercarmi più, devi dimenticarmi! Devi vivere la tua vita come se io non ci fossi!”
Mentre Ross cercava di obiettare, insistendo sui soliti argomenti della profondità del loro legame e della inconsistenza di quello con Elizabeth, Demelza lo freddò: “Ora basta, Ross, è bene che tu sappia che la mia relazione con Hugh è cambiata da quando te ne sei andato!”
“Cosa vuoi dire?”- chiese lui, quasi temendo di udire la risposta.
Demelza tacque per un istante, inspirò profondamente e gli disse, gli occhi fissi nei suoi: “Che forse in questo stesso momento sto portando in grembo un figlio suo”.
Fu come se un velo all’improvviso fosse calato sui begli occhi del capitano, facendoli sprofondare nel buio. La delusione per aver ancora una volta affidato le sue speranze ad una donna, il disprezzo per colei che credeva onesta e sincera, il dispiacere per non essere stato in grado di lasciare il segno nel cuore di lei, come era accaduto a lui, presero il sopravvento. Che senso avrebbe avuto chiedere come era accaduto, quando, perché? Armitage aveva vinto, Demelza non era mai stata sua se non per quella effimera notte di autunno.
Ross non aggiunse nulla, volse lo sguardo via da lei e le voltò le spalle senza neppure salutarla. Si incrociò con Caroline, la quale stava venendo ad avvisarli di fare presto, ché Hugh reclamava la presenza di sua moglie.
La giovane trovò Demelza sulla stessa panchina, con il viso tra le mani, che piangeva a dirotto.
“Che cosa gli hai detto? E’ andato via come una furia…”
“Che forse sto aspettando un figlio da Hugh.” – rispose la rossa tra i singhiozzi.
“Santo Cielo, e la ragione per inventare una bugia del genere?” – domandò Caroline allibita.
“Dovevo trovare il modo di farmi odiare, disprezzare, allontanarlo per sempre da me, e farlo tornare con sua moglie!” – esclamò Demelza tra le lacrime.
Caroline la strinse forte a sé, incurante delle macchie di trucco che colavano sull’elegante abito rosso che indossava. Mentre accarezzava la schiena dell’amica con lievi carezze circolari, la bionda commentò: “Devo proprio suggerire al dottor Enys di approfondire i suoi studi sul cervello, anziché sui polmoni. Forse potrebbe scoprire per quale oscuro motivo una persona che mi ha fatto per mesi la predica sull’importanza di lottare per il vero amore, dopo aver scoperto di essere pienamente ricambiata all’improvviso getti tutto all’aria, spedendo il suo innamorato dritto fra le braccia della donna che le ha rovinato la vita! Adducendo, poi, di essere incinta di un uomo con cui non ha mai avuto intimità! O sbaglio?”
Demelza fece di no con la testa. Caroline non sbagliava. Qualche mese prima era stata sul punto di concedersi a Hugh, ma nel momento clou si era tirata indietro. Gli approcci amorosi di suo marito non facevano che riportarle alla mente le sensazioni vissute con Ross, ma le mani di Hugh, le sue labbra, il suo profumo non erano quelli di Ross e lei si era resa conto subito che non poteva costringere il suo corpo ed il suo cuore ad andare in una direzione diversa. Sebbene mortificata, aveva fermato Hugh, il quale probabilmente aveva capito che cosa era accaduto davvero fra sua moglie e Ross, ma non glielo aveva fatto pesare troppo. Con il suo consueto buon carattere aveva accolto baci e carezze di Demelza come un dono prezioso ed aveva accettato l’idea che non avrebbero mai condiviso nulla di più profondo.
Caroline spronò Demelza a ridarsi un tono per poter comparire nuovamente in pubblico; oramai Ross era di certo andato via e non c’era timore di rincontrarlo. La bionda comprese che era il momento di manifestare a Demelza sostegno e vicinanza senza esprimere giudizi. Si ripromise tuttavia di parlare con suo marito di quanto accaduto perché, ora più che mai, era il caso che Dwight andasse al più presto a fare un bel discorsetto al suo amico Ross Poldark.
  
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