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Autore: crazyfred    28/07/2021    0 recensioni
[FRANCESCO & EMMA] Non è proprio una storia continua ma una raccolta di one shot, dove alcuni capitoli potrebbero essere raccordati, altri meno, che raccontano la vita della nostra banda di matti andando avanti e indietro nel tempo, gironzolando attorno agli eventi della fanfiction "Noi Casomai". Una raccolta di piccoli quadri di vita più che di eventi in sé.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!!! Dopo diverso tempo, torno di nuovo - e finalmente - a scrivere un capitolo extra di "Noi Casomai". Oggi facciamo un bel salto indietro, tornando tanto indietro da arrivare a subito dopo la fine della quinta stagione e prima degli eventi di "Noi Casomai", alla mattina dopo la riappacificazione di Emma e Francesco nel finale di stagione.
Avevo già accennato a questa parte nel primissimo capitolo del racconto principale, ma mi andava di arricchirlo un po'. Per questo, qua e là nel testo, troverete delle parti in grassetto: corrispondono alle parti che ho ripreso direttamente da "Noi Casomai" (sì, se non mi complico la vita sola, non riposo XD).

Prima di lasciarvi con la lettura rinnovo l'invito a mettere "mi piace" alle mia pagina Facebook dove potrete trovare informazioni su capitoli, video e, se vi va, salutarmi e commentare insieme a me i capitoli. Se vi va, inoltre, ho da poco iniziato a pubblicare una storia romantica, dal titolo "Contro Ogni Regionevole Previsione". Se vi va di passare anche lì mi rendete la persona più felice del mondo.
Buona lettura!!!
 



Era mattina sul lago







 
Era mattina sul lago. Ad est il sole brillava, facendo capolino tra le cime più alte e irradiando la piccola spiaggia, la chiesetta e la caserma. Presto tutto avrebbe preso vita. Il profumo inebriante, quasi di nettare e miele, saliva dalle pendici dei monti e dai larici che, seri e severi, si stagliavano verso il cielo.
C'era un angolo del lago, però, dove qualcuno ancora dormiva. No, in realtà gli occhi erano aperti, lo erano rimasti tutta la notte, ma non c'era alcuna intenzione di alzarsi per scostare le tende e far entrare la luce del giorno. Quei piccoli spiragli di luce che penetravano dalle pieghe del tessuto bastavano e avanzavano.
Emma e Francesco se ne stavano allungati nel letto, abbracciati, i respiri che, lenti, all'unisono li cullavano in quel dolce dormiveglia. Era una mattinata fredda, come sempre a 1500  metri, ma nella casa sul lago gli abiti e le lenzuola erano finiti sul pavimento. Sul piccolo letto, c'era spazio solo per i due amanti e il calore dei loro corpi stretti era sufficiente a riscaldarli.
Quella appena trascorsa era stata una lunga notte, una bella notte, di quelle da ricordare per sempre e da custodire gelosamente, nel silenzio. Dopo essere stati separati per settimane, dopo che per mesi le incomprensioni li avevano divisi, erano tornati una cosa sola. Abbandonati tra le braccia l'uno dell'altro, non c'era stato un centimetro di pelle che non fosse stato marchiato a fuoco dalle loro labbra o riconquistato dalle loro mani. Io sono solo tuo. Io sono solo tua. Non lo avevano detto a parole, ma lo avevano dimostrato, recuperando la fiducia e la confidenza che era venuta a mancare, ritrovando quella magia che erano capaci di generare quando erano insieme e il mondo sembrava fermarsi per stare a guardare. Emma non era riuscita a prender sonno. Non aveva voluto perdersi alcun instante di quella notte che ormai stava finendo.
Emma sapeva però, che era arrivato il momento della verità. Le venne in mente che ancora non aveva detto a Francesco dell'intervento. Ora poteva parlare, non aveva paura di ferirlo, né di rimanere ferita. Mancava la benedizione del prete o la firma del ufficiale di stato civile, ma era come se quella notte avessero celebrato il loro matrimonio. Lo sentiva, erano diventati marito e moglie, e sapeva che per lui era lo stesso.
Ma per qualche strano scherzo del destino, fu lui a prendere per primo la parola, come se anche lui sentisse che quello era il momento giusto per tornare a dirsi le cose come facevano quando si erano appena conosciuti e avevano imparato a scoprirsi nel modo più semplice possibile, aprendosi all'altro e raccontandosi.
"Il nostro angelo … io lo volevo, Emma. Lo volevo il bambino. Più di ogni altra cosa" Non avevano mai affrontato l'argomento, non come si deve, almeno. Fino a quel momento lui aveva sentito troppo forte la colpa per averla lasciata sola e per lei era stata a lungo una ferita ancora sanguinante. In entrambi la paura di farsi male era stata più grande della necessità di lenire il dolore lasciato dalla perdita.
Emma teneva la testa sul suo torace e sentiva la sua mano accarezzarle la schiena, impercettibilmente, ma quel tanto che bastava per farle salire un brivido lungo la schiena ad ogni piccolo tocco.
"Ho avuto il coraggio di dirtelo quando era troppo tardi, sono stato uno stupido" ammise, mortificato "ma non c'è stato un momento in cui non lo abbia amato. E non per quello che è successo con Marco, ma perché tu sei l'amore della mia vita … nessun'altra persona al mondo vorrei al mio fianco per diventare padre. Solo tu"
Le raccontò di come, quando l'aveva vista con la bimba dei Kirk in braccio, solo pochi giorni prima, il suo cuore si era fermato. "Se solo fossi stato davvero l'uomo giusto che mi vanto di essere, molte delle cose si sarebbero potute evitare. Se non mi fossi fatto prendere dal panico forse adesso staremmo pensando all'arrivo di nostro figlio, anziché a rimettere insieme i cocci. Io sarei dovuto andare fino in capo al mondo per trovare qualcuno in grado di salvare il bambino e salvare te, invece mi sono fermato alla soluzione più facile e mi faccio schifo per non averci neanche provato."
Lei, allo stesso modo, incalzata dalle sue parole e rincuorata dal calore del suo abbraccio, dalle dita che giocavano con i suoi capelli, si tirò su, incrociando il suo sguardo. Non c'era difficoltà, né dolore o recriminazione. Stavano semplicemente aprendo i loro cuori, come non avevano mai fatto davvero fino a quel momento, entrambi con la mente sempre da qualche altra parte per affidarsi completamente a quel sentimento che li univa. 
"Dopo che l'ho perso mi sono sentita in colpa per non essere stata attenta, nonostante mi avessero avvertita che si trattava di una gravidanza a rischio. E io avevo un bisogno … disperato … di averti vicino perché in fondo eri suo padre, ma soprattutto l'uomo che amo, eppure ogni volta qualcosa andava storto."
Non voleva rabbuiarlo ulteriormente, così preferì glissare, in quel momento, sul ricordo di lui ed Elena che brindavano in palafitta mentre lei moriva dentro. Lo avrebbe fatto sentire in colpa e non era quello che le interessava in quel momento. C'era una cosa però, su cui non voleva nascondersi. "E più ti volevo vicino e più invece ti allontanavo e lasciavo che qualcun altro mi attirasse sé"
Non fece il suo nome, ma il riferimento a Kroess era chiarissimo.
"Mi sono sentita sporca quando si sono resa conto di quello che era successo, credo … credo di andata totalmente in blackout perché non mi ricordo nulla" Non stava tentando di impietosirlo, né di discolparsi per averlo tradito. Francesco la lasciava parlare, calmo, e ogni tanto le sistemava dietro l'orecchio quella ciocca ribelle che sfuggiva mentre si confessava a lui animatamente. Sapeva che era sincera, perché i suoi occhi cioccolato, dolci e caldi come lei, non si erano staccati dai suoi neanche per momento.
"Quando mi hai chiesto di sposarti avrei voluto solo sprofondare nel terreno per la vergogna" continuò lei "ma sei l'unica persona che voglio accanto a me, volevo solo provare a ricominciare daccapo, per questo ti ho detto di sì".
Lui passo la sua mano sulla nuca di lei, intrecciandola ai suoi capelli e avvicinandola a sé. Senza dire nulla la baciò, con tutta la passione e il dolore che si portava dentro da mesi, come aveva fatto davanti alla chiesetta in alta montagna, dove avrebbe voluto sposarla, dove lei lo avrebbe sposato, se fosse uscita viva dall'intervento. Era quello il momento giusto per dirgli a verità. "Voglio operarmi, Francesco. Ho deciso"
Lo disse tutto d'un fiato, prima che lui potesse fermarla, prima che lei stessa potesse fermarsi.
Per un attimo che sembrò durare un'ora, ci fu silenzio. Ma non quel silenzio placido e perfetto che avevano respirato fino a quel momento; era un silenzio che urlava angoscia.
"Sei sicura?" domandò Francesco, prendendo un respiro febbrile, la voce che stentava a rimanere tranquilla. Emma studiò la sua reazione: i suoi verdi si incupirono, in loro di nuovo quel terrore che aveva visto troppe volte e aveva imparato a conoscere sin troppo bene. Nonostante i rischi e le paure di lui, era giusto, ora più che mai. Non sopportava di vederlo nascondere l'angoscia ad ogni minimo mal di testa, le preoccupazioni mal celate quando la lasciava da sola, vivere la propria vita di coppia come se ogni istante fosse l'ultimo. Annuì. "Ho già fissato il ricovero. Tra dodici giorni."
Francesco volse lo sguardo verso la finestra, concentrandosi su una piccola fessura tra le tende, dove poteva scorgere le sue amate montagne. Chiuse gli occhi per un'istante ed Emma avrebbe potuto giurare di scorgere una lacrima rigargli lo zigomo mentre, di traverso, scendeva fino alla federa del cuscino. Prese il volto tra le sue mani, obbligandolo ad incrociare e sostenere il suo sguardo: gli sorrise e, lentamente, andò a posare le sue labbra su quelle di lui. Era difficile, a quel punto, distinguere dove finiva il sapore di lui e dove iniziava quello di lei, quella notte erano davvero diventati una cosa sola. Staccatasi, con la mano accarezzò la fronte corrucciata di Francesco, a voler stendere quella ruga che l'ennesima preoccupazione gli stava provocando. Era bello il suo uomo, ma non perfetto come una statua greca. Il suo volto era segnato dagli anni e da tutti i dolori che aveva vissuto. Lei non voleva essere l'ennesima ruga sulla sua fronte, l'ennesimo pianto inconsolabile, l'ennesimo incubo notturno. Emma soffiò delicatamente sul suo volto, per asciugare quella lacrima, riuscendo così a farlo sorridere. Era più bello quando sorrideva, glielo diceva sempre.
"Non voglio perderti" confessò "e pensare a quanto rischio andando sotto i ferri mi fa tremare. Ma è proprio perché non voglio perderti che ci devo provare. Perché voglio darmi una possibilità di vederci entrambi pieni di rughe e con i capelli bianchi."
 E poi voleva diventare madre: avere un figlio da lui e dargli un figlio, mettere al mondo un esserino che fosse la sintesi perfetta di quell'amore e l'estensione di sé fuori dal proprio corpo.
Quella frase, detta quando meno si sarebbe aspettato una battuta, lo fece ridere. Fu una vera esplosione di gioia inaspettata. Un balsamo in quel momento di fatica. "Spero che tu possa capirlo" aggiunse, tornando seria.
Lui non capiva, ma lo accettò comunque. "Io ti amo" sussurrò "e sono sempre con te, qualunque cosa deciderai di fare. Perché anche se ci riguarda entrambi, questa decisione è solo tua."
Non era finita la paura: era semplicemente finito il tempo in cui si sarebbe fatto guidare - e frenare - dalla paura. "Ti starò vicino" giurò "qualunque cosa succede; e se si perde, perdiamo insieme"
Emma aveva portato energia e luce nella sua esistenza, gli aveva ridonato la vita che la morte di Marco si era portata via, e non avrebbe permesso che quella luce si spegnesse; non poteva obbligarla ad una sopravvivenza fatta di sacrifici e rinunce.
Quella promessa di combattere insieme diede ad Emma la forza di affrontare i giorni che sarebbero arrivati. Lo avrebbe fatto comunque, ma ora aveva una motivazione in più. In quel momento, però, voleva concedersi di non pensarci, almeno per un po'.
"Non voglio uscire da qui …" gli disse sulle labbra, portandosi a sedere su di lui. "Non dobbiamo farlo se non vuoi" rispose Francesco, la voce cavernosa e trepidante, passandole le mani sulla pelle nuda della schiena e risalendo dai fianchi fino alle spalle, stringendola forte a sé.
 
"France'! Francesco!" la voce del commissario Nappi riecheggiava sulle acque del lago, percorrendo la passerella che dalla riva portava all'ingresso della palafitta.
"Shhh! Non ti azzardare a rispondergli …" intimò Emma al suo uomo, tirandolo ancora di più a sé. "Ma come faccio? Sa che sono da solo" "Eeee vorrà dire che sei andato a cavallo o sei uscito a correre"
Non avevano neanche idea di che ora fosse. Potevano essere le sette del mattino, come mezzogiorno, per loro non faceva granché differenza. Quello che sapevano per certo, era che non volevano essere disturbati per nessuna ragione al mondo.
"No dai non posso … ok che è Vincenzo, ma non è così stupido, lo sa che sono in casa" La sella era lì fuori, davanti all'ingresso, il suo cavallo nelle stalle della caserma e quando andava a correre non chiudeva mai a chiave. A meno di una partenza improvvisa, c'erano tutti gli indizi per supporre che non fosse uscito.
"E se ti arresto? Come fai?" lo prese in giro Emma, ridacchiando e bloccandogli i polsi. Ma Francesco con un movimento fulmineo si smarcò e, cingendola alla vita, la stese sul letto, sotto di sé. "Ci metto cinque minuti" disse, stampandole un bacio sulla punta del naso "te lo prometto." L'uomo si alzò dal letto, raccogliendo i suoi vestiti. "Sì sì, come no" sbuffò la giovane, tirando su il lenzuolo "tanto già lo so che mi lasci qua per andare a giocare all'investigatore da qualche parte"
Francesco sorrise, uscendo sulla terrazza. "Eccomi eccomi!" affermò, mentre Vincenzo bussava ancora e lui apriva il chiavistello della porta "non mi buttare giù casa"
Aprendo, trovò l'amico con il braccio la sua bambina. "Sorpresaaaa!" esclamò l'uomo, con un sorriso smagliante. Solo un paio di sere prima si era sfogato con lui,  raccontandogli che aveva perso la battaglia legale ed Eva avrebbe portato Mela a Madrid con sé. Ora invece la bambina stava lì con lui. "Che è successo?" "Eva ha cambiato idea, mi ha lasciato la bambina!!!" proclamò, fiero ed estasiato, entrando sulla terrazza. Stringeva la piccola come fosse un trofeo, portandola quasi in trionfo. Vincenzo gli raccontò di quello che era successo, di come Eva lo aveva sorpreso all'ultimo momento, quando lui era convinto che ormai avessero lasciato il paesino. Ed ammise anche di aver pianto come un bambino. Francesco però era un po' assente ed irrequieto e Vincenzo non ci mise molto ad accorgersene. Mentre il commissario gli parlava, il suo sguardo andava alla palafitta. "Allora zio Francesco, non sei contento che sono rimasta?" gli domandò ironico il commissario, fingendo di parlare a nome della bambina.
"Ma certo che sì" rispose, sereno, lasciando una carezza sulla guancia della piccola "e sono contento pure per il tuo papà che ti vuole così bene. Chissà perché me lo immaginavo che avresti pianto." "Beh mettiti nei miei panni. Cosa avresti fatto tu se … oddio scusami. Scusami sono stato indelicato." "No figurati. E comunque sì, avrei pianto anche io."
Francesco era troppo smanioso e Vincenzo non ne poteva più di ignorarlo. Sperava non avesse fatto qualche cazzata. Un paio di giorni prima aveva cacciato via dalla caserma la psicologa che lo aveva seguito nei mesi precedenti, che si era messa in mezzo tra il suo amico ed Emma, dandogli consigli a dir poco discutibili. Ma era abbastanza sicuro che la donna non si sarebbe lasciata intimorire dalla sua strigliata.
"Ah France'?! Ma si può sapere che tieni?" "Niente … niente" "Sei sicuro che non dovrò levarti il saluto? Non è che mi stai nascondendo qualcosa … o qualcuno?"
"Vincenzo!" Emma stava alla porta finestra della casa sul lago, le gambe e i piedi nudi, stringendosi un cardigan di lana grigio alla vita con le braccia.
"Oddio!" esclamò Vincenzo, incredulo ma entusiasta "Emma!" La giovane donna si avvicinò ai due amici e alla piccola, alla quale dedicò delle moine che Mela non sembrò disdegnare. "Che ci fai tu qui? Non eri partita?" "E che ci faccio qui secondo te?" I due innamorati si scambiarono uno sguardo complice e compiaciuto e l'uomo tirò a sé la donna, passando il suo braccio attorno alla spalla. Lei si strinse a lui lasciando che l'uomo le posasse un bacio sulla fronte.
"Cioè io vengo qua per farti una sorpresa …" disse il commissario all'amico "e la sorpresa la fate voi a me … sono, sono senza parole, ve lo giuro!"
Erano felici, come Vincenzo non li aveva mai visti prima. Nemmeno nei primi giorni della loro relazione, nemmeno dopo l'annuncio del fidanzamento li aveva visti così. Al commissario, che li osservava, davano la sensazione di essere finalmente liberi da ogni ostacolo ed esitazioni. Finalmente completi.
Era così che si sentivano: erano insieme, non avevano bisogno di altro.



 
   
 
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