Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Flofly    29/07/2021    1 recensioni
*COMPLETA*Una visione alternativa e decisamente serpeverde del quarto anno e del torneo tre maghi. Tra adolescenti e non in preda agli ormoni, Voldermort sta riorganizzando la sua rinascita, in una spirale di cupa violenza che affonda i suoi tentacoli da molto lontano. Dramione con risvolti decisamente angs e una Narcissa Malfoy sempre più Black. OOC per alcuni personaggi principali ( aggiornamento 17 maggio 2022: ho eliminato tutte le scene grafiche di sesso e ora il rating è passato da rosso ad arancio. Qualche piccolo modifica qui e lì ma niente di sconvolgente)
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Lucius/Narcissa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Potentia Par Vis'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Aprile Pinterest

Quando rientrò a Malfoy Manor era già la prima alba di Aprile. Normalmente era un mese che le era sempre piaciuto: l’aria diventava più dolce, le giornate si allungavano e le permettevano di godere di una luce più calda e morbida del solito, i ciliegi che aveva fatto piantare iniziavano a lasciar intravedere dei piccoli germogli che ogni giorno mutavano sino ad esplodere in tutta la loro bellezza. E poi solitamente significava che il suo bambino sarebbe tornato qualche giorno a casa per le vacanze primaverili, il che ovviamente per lei era sempre una gioia.
Ora invece l’odiava perché ogni giorno, ogni ora e ogni minuto sfuggivano dal suo controllo e si dissipavano nell’aria come fumi di una pozione scadente, portandosi dietro l’immagine della risata di suo figlio che echeggiava ormai solo nei suoi ricordi.
Draco sarebbe stato felice di nuovo? O quel muro che sembrava aver costruito l’avrebbe rinchiuso per sempre.
Se solo l’emicrania le avesse lasciato un attimo di respiro…Erano anni che ormai ne soffriva, un retaggio di una maledizione. O meglio un effetto collaterale di un incantesimo di protezione, sebbene in passato spesso aveva preferito ignorare quella vocina che la riportava ad un pomeriggio lontano. Per fortuna Andromeda le aveva dato un intero flacone di quel liquido meraviglioso che sembrava darle sollievo per qualche minuto.
“Dov’è il padrone?”- chiese all’elfo domestico apparso a prenderle il mantello mentre quello continuava a cianciare di cosa preparare per colazione. O la cena visto che l’aveva saltata. Certo, una deliziosa spigola con contorno di asparagi in vinaigrette alle sei di mattina. Per Merlino, che razza di esseri inutili…
“È nell’ala Nord. Ha passato lì tutta la notte, padrona. Sicuro che Kippy non possa portarle niente padrona? Un tè, un pasticcio di carne ,un filet mignon, un succo di zucca, una vellutata, del porridge...”. Narcissa si allontanò per evitare di continuare a sentire quella petulante litania. L’elfo avrebbe potuto elencare tutti i cibi mai visti e conosciuti senza alcun problema, ne era certa.
L’ala nord. Un posto alquanto strano: era quella che usavano meno, non essendoci né le loro stanze né quelle di Draco o quelle dove solitamente ricevevano. Essendo poi quella anche più scomoda da raggiungere ed esposta ai venti gelidi raramente sentivano il bisogno di visitarla. Sorrise stancamente pensando, però, di sapere esattamente perché suo marito si trovasse lì e la musica che sentiva avvicinandosi alle stanze le confermava ad ogni passo di non essersi sbagliata. Senza contare che quelle erano le stanze da ragazzo di Lucius e dei suoi fratelli, nelle quali Lucius non entrava dai giorni del funerale di Nicholas.
 
Senza far rumore, aprì la pesante porta laccata della stanza nella quale avevano nascosto il pianoforte da regalare a Draco per i suoi quindici anni. Lo aveva visto in una visita alla prozia di sua madre in Normandia e se n'era immediatamente innamorata. Il proprietario non era disposto a cederlo ma Narcissa sapeva esattamente come ottenere quello che voleva. L’unico problema era che, per evitare ripensamenti dell’ultimo minuto dell’uomo che l’avrebbero costretta ad una noiosa serie di vendette, l’aveva fatto recapitare direttamente al Maniero, con quasi un anno di anticipo, nella speranza che Draco per una volta ascoltasse i divieti di suo padre sul non mettere piede in quella parte del Maniero. Sospirò, pensando che probabilmente quel ficcanaso di suo figlio ne era comunque venuto già a conoscenza, rovinando la sorpresa e provocando l’ennesima lite con il padre. Ma la rallegrava pensare a quanto lo avrebbe amato.
Sempre che il giorno del suo quindicesimo compleanno arrivasse…
Lasciò che fosse la musica a cancellare quell’immagine, rimpiazzandola con i ricordi di quando l’aveva sentita la prima volta, una sera lontana di inverno. Lo stesso giorno in cui tutto era cambiato.
Si avvicinò piano, godendosi i ricordi e gli cinse il collo con le braccia morbide, in modo da non ostacolarlo, come tanto spesso aveva fatto da ragazzi.Chiuse gli occhi e respirò a fondo il suo odore e quello di quei giorni lontani e così dolci, ormai così lontani che a volte sembravano uscire da un sogno piuttosto che dalla realtà.
Quando la stanza divenne silenziosa gli si sedette accanto, posandogli esausta  il capo sulla spalla.
“Perché sei andata da tua sorella?”chiese lui in tono piatto, senza guardarla.
“Perché abbiamo già fatto abbastanza danni da soli, non credi?”- rispose con dolcezza.
Lucius sospirò. Per quanto fosse stato amico di Andromeda quando erano in classe insieme e la stimasse come strega ai tempi, non ci si poteva fidare di lei. Non ci si poteva fidare di qualcuno che aveva tradito la propria famiglia.
“Questa storia del calice… perché Draco?”- chiese la donna con il mento ancora appoggiato sulla spalla.
Lucius si concesse di scuotere appena la testa, sconfitto.
“Credo che vogliano punirmi. Per aver rinnegato il Signore Oscuro ed essermi salvato da Azkaban. E sono certo che c’entri mio padre. Una prova di lealtà l’ha chiamata, un grande onore per la famiglia.”- sibilò stringendo i pugni sul bordo della tastiera. “ Se Draco fallisce in qualsiasi modo... Merlino, Cissy, non riesco neanche a dirlo... È come vedere me alla sua età, ma questa volta sono il carnefice, non è ironico?”.
“Non glielo permetteremo, Lucius. Non permetterò a quell’uomo di ferirti ancora. E di certo non gli permetterò di fare quello che ha fatto a te al mio bambino. Io ci sarò sempre per Draco. E per te.”- disse Narcissa accarezzandogli il viso e costringendolo a guardarla,
Lucius rise amaro: “E’ impossibile vincere con lui, Narcissa… Sono passati vent’anni e mi sento come quando ho scelto di seguire il Signore Oscuro perché mi sembrava l’unico modo di riuscire ad uscire da tutto quel senso di fallimento. Da tutto quel dolore”.
“Io e te. Insieme. Me l’hai promesso. Abbiamo già vinto una volta, non falliremo di certo adesso.”- la voce dolce della donna non aveva neanche un’ombra di dubbio “ E non sei più quel ragazzino, ora sei un uomo, sei un marito e un padre. Non lasciare che i tuoi fantasmi ti schiaccino… non possiamo permettercelo.”
“Ma io ho seguito il Signore Oscuro perché credevo in quello che diceva... Che il Ministro della Magia non dovrebbe essere costretto a riportare allo stupido Babbano a Londra quello che accade. Credo che i maghi purosangue dovrebbero essere al vertice della gerarchia sociale. E ancora una volta quello che desidero rischia di distruggere l’unica cosa di cui mi interessi davvero.”- mormorò, massaggiandosi le tempie come a volere scacciare il pensiero di quello che stava accadendo.
Come se non lo sapesse. Come se lei stessa non avesse visto la sua famiglia fatta a pezzi. Narcissa sospirò. Lo aveva creduto anche lei, per anni: “Per me è naturale come respirare pensare che siano giusti, che noi siamo migliori di quei Sanguesporco. Ho perso due sorelle perché si sono messe sui lati opposte della guerra: ora una è ad Azkaban e l’altra è come se fosse morta anche per la sua stessa madre. E sai cosa ho capito in tutti questi anni? Che non mi interessa, non  quando mio figlio è stato messo in pericolo. Non c’è potere, ricchezza, sangue o Signore Oscuro che tenga”.
 
L’uomo tacque, soppesando le parole ancora nell’aria, mentre le dita leggere di sua moglie gli accarezzavano teneramente la nuca, sfiorandogli la guancia con un bacio leggero: “Sai, è davvero un peccato che Draco non ti abbia mai sentito al pianoforte.”
Lucius scosse il capo, da quando anche sua sorella era morta non aveva più suonato sino a quel momento. Aveva amato aver trasmesso il suo amore per la musica a suo figlio, ma aveva sempre voluto che pensasse fosse una cosa solo sua. Parlare del passato significava parlare dei suoi fratelli, e non era un argomento di cui aveva intenzione di discutere.
Perché, cosi come stava accadendo in quel momento, i fantasmi della mente tornavano a tormentarlo.
Al pensiero la strega passò inconsapevolmente le dita leggere sull’incavo del braccio del marito, lì dove sapeva esserci uno dei suoi tatuaggi, quello fatto con i fratelli anni prima.
“Sai a quel tempo pensavo che Nicholas e Arael sapessero sempre cosa stavano facendo. Lei in quelle sue carte riusciva sempre a vedere solo quello che sarebbe accaduto, ma senza mai poterlo cambiare” -mormorò con un sorriso triste-” Dovevano essere pentacoli di protezione… ma mi pare evidente che non hanno funzionato.”
Ripensò a quando sua sorella gli aveva mostrato il disegno. Li aveva disegnati lei stessa, così come la formula incisa tutto intorno nel cerchio esterno in ebraico antico: Il sangue è morte. Il sangue è vita. Il sangue è tutto. Glielo aveva ripetuto più volte, dicendo che doveva ficcarselo bene in testa.Il resto dei simboli non si era degnata di spiegargli.
Incluso il marchio nero Lucius aveva tre tatuaggi. Era strano che tutti avessero a che fare con la Morte.
“Suona per me, amore mio. Torniamo a casa”- gli chiese in un orecchio.
Una richiesta che non poteva essere ignorata, non quella volta.
E la musica torno a riempire il silenzio.
 
***
 
Come promesso, quella mattina Andromeda e Nymphadora Tonks si recarono in visita alla Gringott. La ragazza non c’era stata molte volte, i suoi genitori erano decisamente benestanti e il suo stipendio da Auror non era male, ma non aveva necessità di stipare grandi quantità di galeoni. E poi i folletti la mettevano a disagio,sembravano sempre giudicarla. Le sue visite, quindi, erano limitate a quelle strettamente necessarie.
Sua madre, invece, come al solito, sembrava perfettamente a suo agio in un vestito longuette verde smeraldo e tacchi vertiginosi grigio scuro. Un po’ troppo Serpeverde per i suoi gusti, se proprio doveva fare un commento.
Di certo lei aveva ereditato la sua sicurezza, quando entrò in capelli rosa confetto, anfibi e jeans stracciati alla Gringott, sfidando con lo sguardo i maledetti esseri a dire qualcosa. Ovviamente tutto tacque, si sentiva solo il ticchettare sulle macchine da scrivere.
“Signora Tonks che piacere vederla. E anche la giovane signorina Tonks”. le salutò uno degli operatori. Quella gentilezza non la convinceva, con lei non si erano mai sprecati così tanto. Ma evidentemente conoscevano sua madre ai tempi di quando si faceva chiamare…
“L’accesso alla stanza di Nymphadora Black”- disse la donna con tono noncurante, allungando una chiave che non aveva mai visto prima.
Lei rimase di stucco, mentre il folletto non fece una piega, limitandosi ad annuire:“Era molto tempo che attendevamo una sua visita. Prego seguitemi”.
“Tesoro , forza, andiamo. Quelle orride scarpe dovrebbero avere perlomeno il pregio di farti camminare spedita. Su. E chiudi la bocca, non sei un pesce”- le disse leggera prendendola sotto braccio.
Black. Erano palesemente tutte matte.
Scesero più in profondità di quanto avesse mai fatto, non sino al drago, dove sicuramente la camera dove era abituata a recarsi sua madre da ragazza era situata, ma comunque decisamente ad un livello di sicurezza superiore rispetto al solito.
La donna era imperturbabile e lei si morse la lingua sino a quando non furono all’interno del caveau e la porta si chiuse dietro di loro.
“Mamma! Nymphadora Black? Che dannato scherzo è questo?”- sbottò, guardando la non proprio esigua somma di denaro presente nella stanza.
“Beh tecnicamente non c’è nulla di non esatto. È il tuo nome, se non vado errata. E di certo non vado errata perché l’ho scelto io. E il mio cognome da nubile è Black, nel caso in cui nessuno ad Hogwarts te lo avesse detto. “- celiò, prendendo una scatola rettangolare dal fondo della stanza.
“Non sei una Black da moltissimo tempo, mi pare. Hai scelto tu di non esserlo”- la rimbeccò. “ E questo denaro da dove viene?”
“Beh, ma la mia famiglia può avermi disconosciuta e cancellato dai loro documenti, ma non possano far sparire il nome Andromeda Black da tutti i documenti presenti al mondo. E posso assicurarti che ci hanno provato.“- rispose con una tranquillità veramente fuori luogo.
Vedendo che la figlia non aveva nessuna voglia di lasciar perdere continuò:
“Ovviamente non ho deciso da un giorno all’altro di andarmene. Ho pianificato tutto per quasi due anni, molto prima che sapessi di essere incinta di te. Non avevo alcuna intenzione di restare in quella famiglia più di quanto fosse necessario: per tutto il corso del sesto e del settimo anno ho prelevato e nascosto somme di denaro. Modeste, in modo che nessuno se ne sarebbe accorto. Ognuna di noi sorelle aveva già dei conti separati, oltre quello di famiglia, quindi è stato semplice. Il giorno prima dell’esame del M.A.G.O. ho preso quello che restava e ho fatto un prelievo anche dai miei, che ovviamente hanno autorizzato pensando che volessi festeggiare. E non guardarmi cosi, sapevo che mi avrebbero diseredato, ho preso solo una minima parte di quello che era mio”
“Ma sono soldi sporchi… sporchi di sangue di babbani torturati.:”
Andromeda alzò gli occhi al cielo “ I soldi sono soldi, tesoro. E sono l’unica cosa che ti permette di andare avanti in qualche caso. Sapevo che tuo padre e i tuoi nonni erano pronti ad accogliermi a braccia aperte e non mi avrebbero fatto mancare niente. Non avrebbero fatto mancare niente a te, anche se ancora non eri nei nostri pensieri sapevo che un giorno saresti arrivata. E dovevo assicurarmi che il tuo futuro non fosse a rischio, mai. Se mai dovessi trovarti in difficoltà i soldi contenuti in questo posto ti potranno aprire molte porte. E poi non sono tutti miei, Sirius anche ti ha fatto un regalo quando sei nata. Lui ha seguito il mio esempio e messo da parte soldi sin dal primo anno. Somme minuscole. Praticamente non spendeva niente, tutto era offerto da James. Sapeva che tutto quello che risparmiava sarebbe servito a garantirgli una nuova vita appena possibile. Certo, poi l’eredità di Alphard ha aiutato non poco. E poi c’è un'altra, generosa donazione, se mi passi il termine”.
“Cosa? A chi altro devo dei ringraziamenti? Un bigliettino magari?”- s’imbronciò la giovane strega. Non le piaceva essere in debito
“Lucius Malfoy. Li ha versati direttamente su questo conto quando sei nata. L’avevo aperto da neanche due giorni, non ho idea di come facesse a saperlo. E sono certa che Narcissa non ne abbia mai saputo nulla. ”- ammise.“ Tuo padre era convinto che fosse un modo per renderci noto che non era un segreto così ben tenuto”.
“E aveva ragione!””
Andromeda alzò le spalle: “No, ovviamente tuo padre non capisce come ragionano quelli come lui. Se il motivo fosse stato quello, sarebbe bastato che mi avesse mandato un gufo con scritto nome e numero della camera. Non versi ventimila galeoni se vuoi minacciare qualcuno, non mi pare molto economico”.
I capelli della ragazza divennero rosso fragola. Era basita. Si trattava di una cifra non proprio modesta. Specialmente per qualcuno che non aveva mai fatto parte della sua vita. E che avrebbe volentieri sbattuto ad Azkaban.“ E il motivo invece era?”
“Ah non ne ho idea. Io e Lucius eravamo amici ad Hogwarts. Ragazzo complesso. Ma decisamente quello giusto per mia sorella, credo che abbiano psicopatologie molto simili. E ora basta parlare del passato. Tieni, prendi questa. È per questo che siamo venuti”.- disse porgendole la scatola.
Tonks l’apri: conteneva una bacchetta di noce, leggermente ricurva, decisamente potente. Una bacchetta che aveva visto nelle foto di archivio dei processi. La bacchetta di Bellatrix Lestrange, nata Black. Una bacchetta che sarebbe dovuta essere conservata con cura al Ministero. E che invece era tra le sue mani.
Sua madre le fece segno di andare. Le spiegazioni per quel giorno erano finite.
 
***

 
Erano passate quasi due settimane e tutto aveva taciuto. Fino a quella mattina.
Nella sala grande accanto ai vessilli delle quattro case e quelli delle due scuole ospiti erano apparsi dei tabelloni che indicavano quanto gli importi delle campagne fondi. Ad Hermione pareva tutto così irreale: aveva dovuto continuare a gestire il progetto, aggiornare la lista donatori e mantenersi in contatto con loro, il tutto mentre la sua mente continuava a tornare sulla storia del calice e della prova che aspettava Draco. 
Un sorriso però le salì spontaneo sul viso pensando a quando aveva visto i nomi di Arthur e Molly Weasley tra i donatori. E anche quello di quel certo Cavecanem Felix, che immaginava fosse Sirius. Avevano anche avuto delle cene private organizzate con i finanziatori più importanti, durante le quali aveva fatto in modo di restare il più distante possibile da Narcissa Malfoy. Stava imparando bene a curare la parte di rapporti istituzionali, però, e doveva ammettere che il merito era della pazza purosangue. Lei e Pansy erano vicinissime. Ma ora quello che normalmente le avrebbe procurato un grande orgoglio, era solo fonte di fastidio.
Aveva altro di cui occuparsi. 
E di quello di cui doveva occuparsi venne avvertita da un Edwige che volando radente alla superficie del tavolo e pavoneggiandosi di fronte a tutti gli alunni intenti a fare colazione., le recapitò una busta direttamente in grembo.
Anche senza vederlo, sapeva che Draco stava alzando gli occhi al cielo, sperando che per una volta lo stramaledetto pennuto si schiantasse da qualche parte. Poteva quasi sentirlo. 
Di certo, nonostante ora fossero quasi alleati, le simpatie reciproche tra gli uomini della sua vita non erano affatto cambiate: si sarebbero voluti cavare gli occhi a vicenda con molta soddisfazione e alla prima occasione. La missiva era di Remus Lupin e conteneva una serie di luoghi comuni e discorsi molto generici: una lettera di cortesia in cui l’ex professore si congratulava con Harry per aver brillantemente superato la prova e con lei per il suo lavoro di beneficienza. Era evidentemente una lettera specchio, dovevano riuscire a leggerne il vero contenuto ma quel giorno aveva la mattinata con doppia ora di pozione e doppia di Difesa Contro le Arti Oscure. Mattinata impegnativa sia per i Grifondoro che per i Serpeverde, insomma.
Nella pausa pranzo, finalmente, Harry, Ron ed Hermione si rinchiusero nel bagno del quarto piano, dove trovarono Draco, Blaise e Pansy intenti a preparare ciascuno la sua parte del rituale. In particolare Blaise stava controllando che i segni che Pansy aveva tracciato sul coltello fossero perfettamente allineati: ne doveva incidere uno ogni cambio di fase della luna tenendo il coltello piantato sulla punta su una tavoletta di legno di bosso ,alla stessa ora, e nel resto del giorno assicurarsi che non si muovessero. Anche agli incantesimi incisi piaceva cambiare, come le scale. Era segno che non si era fatto un buon lavoro.
Blaise alzò gli al cielo quando li vide. Non era abbastanza pesante essere stati reclutati per fare i piccoli elfi operosi per conto dei Mangiamorte. No, dovevano anche nascondersi a prendere il tè con dei maledetti Grifondoro.Decisamente c’erano modi migliori per passare quegli ultimi mesi di presunta normalità.
Improvvisamente un pensiero gli attraversò la testa: “Per Merlino… siamo diventati la versione parodia ricca e purosangue del trio dei miracoli. Non posso credere di essere caduto così in basso. Devo bere. Adesso. Poi mi raccontate tutto. Tanto per quel che me ne frega…”. E se ne andò borbottando lanciando il coltello alla ragazza, che lo maledisse a mezza bocca.
Ci mancava solo che il coltello si rovinasse per una scenata da primadonna.
Hermione si sedette vicino a Draco, accarezzandogli il braccio mentre lui girava la pozione. Il colore del liquido era cambiato rispetto all’ultima volta che l’avevo visto, ora era di uno scurissimo viola, quasi nero. Emanava un forte odore di euforbio ed elleboro, i profumi legati a Marte. Lui le fece un mezzo sorriso. Sentiva lo sguardo di fuoco dello Sfregiato Sopravvissuto. Come gli sarebbe piaciuto provocare la crisi isterica di San Potter e Lenticchia, baciando la Granger lì davanti a tutti, ma ne sarebbe nato un casino della miseria e lui doveva stare attento a quella maledetta pozione.
Neanche i Grifondoro sembravano voler passare più tempo di quello strettamente necessario in quel bagno, specialmente se in compagnia di due Serpeverde: Harry si affrettò a tirare fuori la lettera di Remus e puntando la bacchetta scandì: Prometto solennemente di non avere buone intenzioni.
I caratteri della lettera iniziarono a sciogliersi sulla pagina e ad assumere nuove forme,rivelando il vero messaggio che risultò essere dei cugini Black. Senza dire niente Harry passò ad Hermione.
“Volete dirci qualcosa o preferite che provi su degli stupidi Grifondoro reticenti quanto affilato sia questo pugnale”- chiese Pansy con un sorriso e una scintilla minacciosa negli occhi. Da quando l’aveva preso in mano, quell’oggetto le aveva trasmesso una strana vibrazione. Era come se bramasse di essere usato, di sentire il sangue. E lei si sentiva sempre più spinta ad assecondarlo. Stavano diventando una cosa sola. E la cosa se da un lato la terrorizzava, dall’altro la affascinava pienamente. 
La Grifondoro sospirò, pensierosa: “Vogliono che facciamo delle ricerche nella biblioteca di Hogwarts, nella sezione dei libri proibiti. Dobbiamo cercare di capire quale sia esattamente l’incantesimo che hanno in mente i mangiamorte”
“Una cosa semplice semplice. Da quattro cose in croce capire un incantesimo oscuro e complesso. Ottimo suggerimento”- bofonchiò Ron, di pessimo umore. Non fosse stato che c’era di mezzo la sopravvivenza di Harry avrebbe lasciato le maledette serpi al loro meritato destino. Peccato che le sue parole non furono granché apprezzate: Hermione gli rivolse uno sguardo di fuoco, mentre quella pazza della Parkinson puntò prima il coltello verso di lui e poi fece il gesto di leccarne la lama. 
“ E…, se mi permetti di finire, Ronald, te ne sarei grata,… dobbiamo trovare un incantesimo che ci possa permettere di tracciare il calice in modo da sapere come ritrovarvi”- concluse con un’ultima occhiataccia.
“Non se ne parla. Pensi sul serio che non lo sottoporranno a qualche controllo? Il vostro piano è salvare Potter ma far ammazzare me. Grazie Ganger, me ne ricorderò!”- si lamentò ovviamente Draco con voce strascinata
Ad Harry fumavano le orecchie e pensò seriamente di affogare Malfoy nel calderone.
“Ed è per questo che dobbiamo trovarne uno che non lasci traccia, no? Sennò ne sarebbe bastato uno dal libro di incantesimi, mi pare evidente. E poi ,Malfoy , vedi che non sia io a ricordarmene”-lo rimbeccò lei, scambiando un mezzo sguardo con Harry, approfittando del fatto che Malfoy fosse impegnato a borbottare girando la pozione.
Dovevano tenere d’occhio Malocchio Moody. Era questo l’ultimo punto del messaggio.
 
***


Draco aveva sempre avuto delle fantasie sulla Granger e la biblioteca, cosa che rendeva quindi estremamente difficoltoso concentrarsi nella ricerca.
Non solo doveva stare attento e rispettare i tempi della posizione, che erano di nuovo cambiati. Non solo doveva far silenzio perché si erano intrufolati di nascosto nel reparto dei libri proibiti e se qualcuno li avesse trovati li, insieme, poteva dire addio per lo meno a qualche parte anatomica. Non solo doveva subire la tortura di condividere dello spazio vitale con San Potter, la donnola e la di lui sorella. Non solo doveva mordersi la lingua per non far notare che praticamente quello era un pigiama party e non un gruppo di ricerca per evitare che morissero tutti. 
No, doveva anche scacciare dalla sua testa l’immagine delle lunghe gambe della Grifondoro avvinghiate alla sua vita mentre appoggiata su uno dei tavoli della biblioteca la stringeva a sé. Nuda con solo la sua dannata cravatta addosso.
Era decisamente troppo. Non sarebbe stato molto più facile se ognuno si fosse fatto i fatti suoi?
Era ormai una settimana che subiva quella tortura quando finalmente trovarono qualcosa sulla possibilità di stregare un oggetto magico in modo che fosse rintracciabile. Non andando ad interferire con la struttura stessa del calice o con le suo proprietà ma rendendo solo più visibile l’energia da esso emanata, e solo dietro l’enunciazione di precisa formula, non avrebbe destato sospetti. Ma per essere più sicuri avrebbero dovuto farlo dopo la cerimonia di immersione. Draco, Blaise e Pansy avrebbero avuto solo pochissimi minuti, nel caso avessero dovuto consegnarlo immediatamente.
Era decisamente un piano suicida. Grazie a tutti i maledetti Black. E soprattutto ai Grifondoro, come sempre.
Giusto in tempo però, perché ormai mancava davvero una manciata di giorni al rituale.
 
Anche la pozione risultò pronta esattamente al tramonto della notte prima del novilunio. Blaise e Pansy attendevano Draco seduti sulla balconata della Torre di Astronomia, troppo stanchi e preoccupati per parlare sul serio, in attesa che l'amico tornasse dalla consegna della pozione a Piton. Se l’avesse approvata, e speravano ardentemente che fosse così, quella sera avrebbe avuto luogo la cerimonia finale. Da un lato non vedevano l’ora di levarsi quell’Avada Kedavra pendente addosso, dall’altra erano terrorizzati. Sentivano le fauci del tempo schioccare su di loro, mangiandosi i loro sogni e il loro stesso futuro.
“Cosa dice tua madre?”- chiese Pansy solo per rompere il silenzio, divenuto insopportabile. Il rapporto di Blaise con sua madre era complicato, così come il ruolo della donna nei Mangiamorte. Tutti i suoi precedenti mariti erano stati affiliati di Voldemort, morti in circostanze circospette. Uno solo era finito ad Azkaban ma quando il tribunale era andato per congelare i beni del condannato, questi erano già stati spostati presso una filiale estera cui non avevano accesso, perché Babbana. Dopo un tasso di tempo ragionevole e dopo averli fatti girare un po’ in giro per banche,Babbane e non, erano tornati sotto forma di galeoni nella stanza privata della Zabini alla Gringott. Poco tempo dopo, si era nuovamente risposata.
Blaise alzò le spalle. “ Non parliamo molto. Lei ha una sola strategia. Sopravvivere e andare avanti. Da quando sono piccolo mi dice sempre che è l’animo che devo cambiare, non il cielo sotto cui vivere. Cambiare, adattarsi, per non uscirne mai sconfitta”.
La ragazza soffiò fuori una nuvola di fumo aromatico come unica risposta. Stava riflettendo su quanto quella donna avesse ragione. La storia della loro vita. Adattarsi al mutamento per mantenersi sempre il potere. Per mantenersi vivi. Per non doversene andare e restare soli. Quando i suoi le avevano detto che l’avevano promessa a quel pazzo sanguinario di Carrow aveva pensato di scappare. Poi però aveva capito che non aveva nessuno da cui andare, nessuno che si sarebbe preso cura di lei, nessuno che l’avrebbe protetta. Non aveva accesso al denaro e non credeva certo che Silente si sarebbe schierato dalla sua parte. D’altra parte perché farlo? Lei era una Serpeverde, non la più intelligente del suo corso né sicuramente la più adorabile. E quindi poteva essere lasciata a sé stessa. E allora si era adattata, aveva lasciato perdere e nascosto il fatto che non fosse più una minaccia ma una realtà che l’aspettava al varco una volta preso il M.A.G.O. in fondo al suo cervello. Con la notizia della prossima rinascita del Signore Oscuro, però, quell'orrida visione prendeva sempre più forma. Chissà cosa sarebbe successo una volta ripreso il potere. Forse il prossimo anno neanche ci sarebbe stata una Hogwarts alla quale tornare.
I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di Draco, che le si sedette vicino abbracciandola e rubandole la sigaretta nerastra.
“Piton ha dato il suo benestare e mi ha detto di dirvi che a mezzanotte siamo tutti convocati davanti la statua di Salazar Serpeverde, ci porterà lui nella raduna dove eseguire il rituale”- disse prima di tirare una lunga boccata “Ha già lui il calderone quindi io non devo preoccuparmi più di quella maledetta cosa da controllare”
“E nessuno si accorgerà di una quindicina di studenti che vagano allegramente per la scuola di notte?”- questionò Blaise. Era nervoso e non poteva bere quanto avrebbe voluto perché per quel maledetto rituale doveva rimanere nei limiti della decenza, o Piton l’avrebbe usato per alimentare il fuoco del calderone.
Draco alzò le spalle, fosse stato quello il problema: “Ha detto a Silente che deve portarci fuori per un progetto speciale della casa. I Corvonero, cazzi loro. E al vecchio quello che facciamo, finché siamo con un professore, non interessa. In realtà credo che non gli interesserebbe neanche se ci andassimo tutti ad annegare nel Lago Nero. E ora se volete scusarmi, io avrei dei piani per queste ore che seppur a malincuore, non vi prevedono. Ci vediamo dopo”.
Mentre si allontanava li senti distintamente sbuffare, ma era ben deciso a portare avanti i suoi piani, nonostante il disappunto dei suoi migliori amici.
 
Draco riuscì ad intercettare Hermione mentre tornava dalla Foresta. Era appena rientrata scrollandosi dal capo delle goccioline residue di pioggia quando lui le si palesò accanto e la toccò leggermente sul gomito, per farle capire che doveva seguirlo.
La ragazza era decisamente sollevata nel vederlo, sapeva della consegna e nonostante fosse assolutamente certa che la pozione fosse perfetta aveva trattenuto il fiato per tutta la lezione.
Segui il Serpeverde lasciandogli un paio di metri di vantaggio, in modo che nessuno si accorgesse di loro. Quando lo vide salire un sorriso le salì sul volto. Rimase però molto sorpresa quando entrando nella Stanza delle Necessità, l’unica cosa che notò fu un enorme pianoforte a coda. Bianco, opaco. La luce del tramonto si rifletteva morbida sui tasti.
Era surreale.
“Mi sei mancata così tanto. Letteralmente stavo impazzendo senza poter sentire il profumo dei tuoi capelli. Le tue labbra. Il tuo respiro.”- disse Draco sottolineando ogni parola con un bacio-” Quella maledetta pozione e le dannate ricerche in biblioteca mi hanno strappato via anche quel poco tempo che ci è rimasto”.
Hermione ricambio con foga il bacio, prendendogli il viso tra le mani e accarezzandogli i capelli dolcemente. “Potrei dire lo stesso. E infatti non capisco il pianoforte. A meno che tu non abbia visto Pretty Woman”.
Due paia di occhi grigi la fissarono stralunati. No, decisamente non stava citando il film babbano.
“Siediti. Voglio che tu mi senta suonare. Non ho mai suonato fuori dal Maniero, non ho mai suonato veramente per nessuno. Voglio che tu sia la mia prima”- le disse, quasi come un bambino vergognoso, la passione di poco prima nascosta in una timidezza che non gli aveva mai visto.
La Grifondoro gli sorrise apertamente e lo baciò con foga, prendendogli la mano e sedendosi sul panchetto affianco a lui.
Poco dopo la stanza fu satura di una melodia dolcissima. Hermione si sentì toccata dal profondo, era come se quelle note riuscissero ad entrarle dentro, in profondità e toccare tutte le sue corde più nascoste. Le vennero alla mente i ricordi di bambina al parco con i suoi, il primo gelato dell’estate che aspettava con ansia, il profumo dei lillà del giardino di sua nonna. Il dolore che provava quando da bambina veniva derisa perché era strana, diversa. E come invece arrivata ad Hogwarts si era sentita accettata. Lo smistamento a Grifondoro e ogni volta che lei, Harry e Ron avevano rischiato di morire, le sere alla Tana, il Ballo del Ceppo. Il loro primo bacio, la prima volta che aveva sentito le sue labbra contro la sua pelle, le sue mani che esploravano il suo corpo.
Si sentì travolgere al punto che neanche quando la musica cessò smetti di sentirla dentro di sé. Impiegò qualche minuto a riaprire gli occhi. Il ragazzo la guardava fisso. Preoccupato. Pensò che sul serio questa volta le avrebbe chiesto se le era piaciuto.
“È meravigliosa, Draco. Semplicemente sublime.”- si lasciò sfuggire “ E poi sono affascinata da come muovi le mani. Sapevo fossi bravo in altro ma mai avrei pensato che fossi in grado di suonare così”
Lui le fece il suo solito sorriso irresistibile, più simile ad un ghigno ma con gli occhi che brillavano. “ Non sai fare i complimenti, Hermione. Qualcuno doveva pur dirtelo”.
Lei rise e gli posò la testa sulla spalla, lo sguardo fisso sulle dita posate morbidamente sui tasti.
“Posso tenerla?” - gli chiese. Sentendo la confusione del ragazzo, chiari. “La tua musica. Posso conservarla? Voglio portarla con me, voglio portare un pezzo di te con me. Qualcosa che non ha nessun altro. Qualcosa che sia solo mio. “
“Non potresti rendermi più felice”- le mormorò con le labbra tra quei ricci irresistibili.
La Grifondoro rovistò nella borsa e tirò fuori una provetta e appena il ragazzo iniziò a suonare lanciò con voce dolce l’incantesimo di conservazione. Lasciandosi trasportare ancora una volta, guardava però ora la melodia che si trasformava in una polvere di stelle argentea all’interno del recipiente. Quando la melodia terminò la fiala era piena ed Hermione si affrettò a sigillarla. Il suo esemplare perfetto.
La luce era ormai calata e l’aria assumeva sempre più l’odore umido della notte. Avevano poche ore ma erano ancora solo loro.
Si alzò e si sedette sul coperchio del pianoforte, tirando il ragazzo verso di se, continuando a baciarlo dolcemente. Sulle labbra, sugli zigomi, sul collo. Piano e dolcemente. Non voleva avere fretta quella sera. Voleva godersi ogni momento. Voleva che tutto fosse perfetto come quella musica.
Le mani del Serpeverde risalirono lungo le sue gambe, carezzandole piano. Si muoveva leggero e delicato come sempre. Quando arrivarono all’altezza dei fianchi la strinse a se. Rimasero fermi qualche secondo così, stretti a guardarsi con occhi pieni di desiderio. Le labbra arrossate che si cercavano voraci. Ma fermandosi sempre un attimo in più del solito, come se ogni secondo contasse. Hermione lo costrinse ad alzare il mento e a guardarla negli occhi, mentre gli scostava una ciocca di capelli dal viso.
“Andrà tutto bene.”.mormorò.
Draco non rispose limitandosi a baciarla sul collo mentre parlava. Le corde vocali che vibravano sotto le sue labbra gli diedero l’impressione che la musica continuasse a suonare.
Le allentò il cravattino e iniziò a sbottonarle la camicia candida. Allargando la parte del colletto sotto lo scollo a v del maglione iniziò a mordicchiarle e baciarle la linea della clavicola, mentre la ragazza gli sollevava il maglione risalendo con le sue mani esigenti lungo la sua schiena. “Granger, sei sicura?”- le chiese lui con voce resa roca dal desiderio, chiudendo gli occhi come se volesse trattenere ogni energia per costringersi a fermarsi. “ Questa sarebbe la nostra..”
“Prima volta. E’ da tanto che ci penso Draco…che ti penso. A te e me, a come sarebbe averti dentro di me… Non dirmi che non ci hai mai pensato…” gli sussurrò, inframmezzando parole spezzate con baci voraci.
“Scherzi? Hai idee di quante docce mi sono dovuto fare? Ma ..”
“Vuoi sapere se sono vergine? E’ questo che ti stai chiedendo? Vuoi sapere se ho fatto sesso con Viktor Krum? O con Justin Flitch Fletcher,magari” chiese lei improvvisamente brusca, chiedendosi perché improvvisamente lui dovesse tornare a comportarsi come  un emerito imbecille come aveva fatto per cinque anni.
“Chi? Ma sei matta? Una come te con uno come quei due…ma figurati. O per Merlino Granger non dirmi che  fai usare la lurida bacchetta di qualche sfigato incapace che sarebbe capace di farti saltare le ovaie…”- ”- ribatté lui, improvvisamente inacidito, sbattendo gli occhi grigi incredulo.
“ A parte che sono fatti miei… ma soprattutto MA CHE CAZZO DICI, MA TI PARE CHE IO POSSA ANCHE SOLO PENSARE DI USARE UNA BACCHETTA DA QUALCUNO CHE STA ANCORA IMPARANDO COME FARE INCANTESIMI? DEFICIENTE DI UN SERPEVERDE”- Rispose piccata. La bacchetta. Ridicolo.
Draco sospirò, improvvisamente concentrato sulle sue stesse dita che disegnavano ghirigore sulla pelle nuda delle sue cosce. “Io…io ho paura che tu te ne penta… che non vorresti che sia io…”
Lei gli prese la faccia tra le mani, costringendolo a guardarla.
“Draco Malfoy, sei un emerito idiota quando fai così. E se non la smetti di dire stupidaggini, giuro su Merlino che me ne vado da quella porta e mi farò sbattere dal primo idiota che trova.”
“E se fosse Potter?”- chiese lui, inorridito.
Lei lo avvicinò a sé, baciandolo per farlo stare zitto. Poi si scostò appena, sussurrandogli : “Beh, vedi di darti da fare allora”.
Draco le rise sulle labbra, le mani ancora strette sulla sua vita ma il suo sguardo grigio non si staccava dal suo. Voleva vederla,voleva imprimersi a memoria i suoi occhi color miele che nel piacere diventavano dorati. Voleva sentirsi vivo un’ultima volta. E solo con lei lui lo era.
Lei era il suo stesso respiro.
“Ti assicurò che sarà piacevole Granger… vedrai..” le bisbigliò malizioso. “Direi che è ora di richiamare un letto, che dici?”
 
***
 
Mezzanotte era arrivata in fretta. Malfoy era dovuto quasi scappare dalla stanza delle necessità, cercando di riassumere un contegno. Hermione rimase nella stanza ancora un po’ rivestendosi con calma. Aveva la brutta sensazione che sarebbe passato molto tempo prima di poter passare ancora del tempo insieme. Voleva serbare ogni ricordo. Strinse forte a sé la provetta con la musica e con un ultimo sguardo al pianoforte, chiuse la porta dietro di sé.
Piton, sebbene seccato dal suo ritardo non disse niente, limitandosi ad aggiungere il suo sguardo furente a quello di Blaise e Pansy che non sapevano più cosa inventarsi per giustificare il fatto che fossero passati ben quasi dieci minuti e mancasse proprio colui che aveva preparato la pozione.
Borbottando delle scuse si infilò il mantello con lo stemma dei Serpeverde e si incamminò insieme ai compagni dietro al professore di Pozioni.
Lo spiazzo era simile in forma a quello che la Granger aveva preparato per il Non San Valentino, sebbene ovviamente non altrettanto scenografico. E di certo non sarebbe stato così piacevole. Lo preoccupava il fatto che sicuramente così come ci aveva pensato la Grifondoro, anche i mangiamorte avrebbero pensato a qualche meccanismo silenziatore. Nel caso nessuno li avrebbe mai sentito urlare
Si posizionarono all’interno del cerchio creato dalle fiaccole magiche, posando ciascuno una lanterna in terra. Seguendo un criterio di cerchi concentrici con le luci e i loro corpi circondavano al contempo il masso di pietra sul quale era posato il recipiente con la pozione. In quel buio appena addolcito non si poteva scorgere, ma il colore era quello del sangue rappreso e faceva venire la nausea a Draco anche il solo pensarci. Nausea che aumentò notevolmente quando vide emergere dalla radura due figure note. Cassandra Nott e il giovane Carrow, con una pergamena e una strana piuma. Accanto a lui sentì Pansy irrigidirsi, ma non oso stringerle la mano per confortarla. 
Piton era una statua di cera, si limitò a salutare i nuovi venuti assicurando che la pozione era pronta e non avrebbe potuto chiedere un risultato migliore perfetto. Pansy e Draco si avvicinarono vicinissimi, seppure senza toccarsi, e allungarono il calice e il coltello, svolgendoli dai rispettivi panni bianchi.
“Dei lavori eccezionali, ragazzi. Mi compiaccio”- disse Carrow con un sorriso gelido che non arriva agli occhi. Ora tornate nel cerchio per favore.”
Vennero chiamati uno ad uno davanti al calderone, per offrire il loro tributo di sangue.
Mentre gocciolava scuro all’interno, la pozione iniziò a creare uno strano vortice, nel quale confluivano le offerte di liquido vitale, quasi ne fosse affamata. La nausea era ormai talmente forte che il ragazzo pensò seriamente di star per vomitare. Per fortuna, si trattenne.
Fu chiamato per ultimo. Si tagliò il braccio con lo sguardo fisso su Cassandra Nott. Mentre agli altri era stato chiesto un tributo tutto sommato modesto, sembrava che il suo sangue non fosse mai abbastanza. Che novità. Si costrinse a rimanere in piedi e a non muovere un muscolo, anche quando si sentì talmente debole da avere le gambe che tremavano.
Finalmente senti “Basta mio caro, non vogliamo certo portare il tuo cadavere all’Oscuro Signore. Ora firma e poi procediamo con l’immersione”.
Immerse la penna nel sangue che non si era ancora rappreso e firmò in fondo al foglio, dove già brillavano scarlatti i nomi dei suoi compagni.
Draco Lucius Malfoy Black, vergò con una calligrafia nitida, guardandosi l’anello che portava all’anulare dove rilucevano intrecciate la M e le B. E infondo era il purosangue più puro di tutta la sua generazione no? Qualche sfizio se lo doveva pur togliere.
Con un sopracciglio alzato la donna gli passò il calice.
Mentre lo immergeva sentì il cerchio dietro di lui recitare in sincrono con le sue labbra:



 
I am the womb: of every holt,
I am the blaze: on every hill,
I am the queen: of every hive,
I am the shield: for every head,
I am the tomb: of every hope
 
Alla fine della terza abluzione tenne il calice sospeso sulla pozione, mentre gocce vischiose di pozione e sangue gli scivolavano disgustose lungo le dita.
Avvolse nuovamente il calice nel panno e attese istruzioni.
Non vedeva l’ora di andarsene a dormire. Mancavano tre giorni allaTerza Prova e voleva solo chiudersi in camera e sparire.
“No mio caro, tu vieni con noi. Dovrai portare tu stesso il calice nel luogo del sacrificio. “- le disse con voce di miele Cassandra Nott.
Draco guardò Piton, non riuscendo a nascondere quanto fosse sconvolto. Il professore era divenuto ancora più immobile se possibile “ Non erano questi i patti, Cassandra”.
“I patti sono cambiati Severus. E io non discuto gli ordini che vengono dall’Oscuro Signore”- rispose la donna
Severus si morse le labbra per non rispondere , tra gli sguardi disperati e raggelati della Parkinson e Zabini. 
Pochi secondo dopo i tre erano spariti.
Doveva avvertire Silente. 
E Narcissa.
 

 
 
Siamo arrivati quasi alla conclusione. 
Il riferimento ai pentacoli è preso dal Gran libro magico di Re Salomone, così come la presenza del coltello e dei profumi dedicati al pianeta Marte.
L’’incantesimo che recitano durante la cerimonia è una parte del Canto di Aemergin, un’antica lirica irlandese. Questa storia del Canto di Aemergin ce la porteremo per lungooo tempo, vi avverto.
L’idea di imprigionare la musica è presa dal libro “l’anulare “ di Oto Ogawa. 
Nella prima versione di questa storia Arael era una vera e propria veggente. Poi mi sono resa conto che il suo personaggio ricalcava troppo quello ( splendido e ineguagliabile) della Glorya Malfoy de L’alchimia di sangue e ho cercato di limarlo il pù possibile. Se non avete mai letto la Saga e lo Spin off (L’alchimia di sangue, appunto, e tutto il mondo che ci gravita attorno”) io vi consiglio di lasciar perdere qualsiasi cosa stiate facendo e leggere alcune delle più belle storie mai scritte. Però ai fini della storia mi serve che abbia la capacità di vedere nel futuro, sebbene solo sprazzi. ( per chi vuole leggere del pomeriggio in cui Nicholas, Lucius, Arael e un certo visitatore dal futuro si sono andati a fare il tatuaggio : capitolo 19° di Quel che è stato e Quel che sarà.)
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Flofly