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Autore: Parmandil    30/07/2021    0 recensioni
Sauron il Maia fu corrotto da Melkor nel principio dei giorni. Divenne il più potente dei suoi servitori, nonché il più pericoloso, in quanto poteva assumere molte forme e ingannare chiunque, tranne i più avveduti. Così dice il Silmarillion. Ma come andarono esattamente le cose? Quali sono le origini del secondo Signore Oscuro? Quali i suoi segreti, gelosamente custoditi?
Preparatevi a un viaggio epico che inizia nella Primavera di Arda, quando le terre emerse giacciono nel giorno perenne di Illuin e Ormal, i Lumi dei Valar, e le Potenze si aggirano visibili nel mondo. È in quest’epoca di sogno che Mairon l’Ammirevole viene traviato da Melkor, imboccando quel cammino di tradimento e distruzione che lo trasformerà in Sauron l’Aborrito. La sua scelta sancirà la rovina del mondo antico e spezzerà il cuore agli altri Maiar, che dovranno affrontarlo in battaglia. Dal cataclisma dei Lumi alla Guerra dei Poteri, dal suggestivo Risveglio degli Uomini fino all’apocalittica Guerra d’Ira, ecco a voi la storia di Mairon/Sauron, di Ëonwë l’araldo, di Ilmarë la lucente, di Thuringwethil la vampira e di molti altri spiriti, coinvolti nell’eterna lotta tra Luce e Ombra.
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ancalagon, Melkor, Sauron, Thuringwethil, Valar
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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-Epilogo:

 

   Ecco, dunque. L’inganno finale dei miei nemici è rivelato. Non hanno voluto usare l’Anello. Non hanno voluto il potere, la vittoria, l’immortalità. Hanno preferito inviare il mio Tesoro là dove può essere distrutto. Preferiscono perdere tutto e svanire con me, privando il mondo d’ogni magia, pur di vedermi annientato.

   Vorrei sfogarmi, ma non ho bocca per gridare, né mani per colpire. Posso solo attendere e sperare. Volate, miei fedeli Nazgûl. Volate più veloci del vento. Solo voi, ormai, potete salvare il mio Tesoro. Se solo il vostro Capitano fosse qui... ma è caduto sui campi del Pelennor. Com’è caduto il Balrog di Moria... povero relitto di un’era in cui eravamo i padroni della Terra di Mezzo. Come cadrò io stesso, se l’Anello viene disfatto.

   Come ho potuto essere così cieco? Credevo di avere tutto sotto controllo, e invece... ho permesso che si formasse una Compagnia votata a distruggere il mio Tesoro! Ho permesso al nemico d’infiltrarsi nel mio reame, ho guardato lontano mentre avrei dovuto dedicare tutte le mie forze alla sorveglianza dei confini. Ho permesso a quelle insignificanti creature di raggiungere la Voragine del Fato e ora la mia sorte è appesa a un filo.

   Eppure sentivo che il mio potere cresceva, giorno dopo giorno. Perché non ho capito che l’Anello si era tanto avvicinato? Io, Sauron il Grande, Signore degli Anelli, sono stato... ingannato. Ingannato da uno Stregone cencioso, che un tempo avrei spazzato via con un sol gesto; da un Re senza corona, ultimo avanzo di una stirpe decaduta; e da un Hobbit. Un Hobbit! Piccoli, insulsi, stolti abitatori di colline e prati... come avete osato sfidarmi? E tu, infimo Portatore, come sei giunto sino alle fucine della mia antica potenza, senza perire o cadere sotto l’influsso del mio grande Anello? Il dominio assoluto non significa niente per te? E voi, che vi chiamate Saggi: l’avete lasciato andare?! Elrond, Galadriel, Gandalf... avete voltato le spalle al Potere, l’avete mandato a distruggere, condannando anche voi stessi. Folli!

   Ahimè, sento che l’Anello si avvicina ai Fuochi da cui lo trassi. I miei Nazgûl arriveranno in tempo, o il mio capolavoro sarà distrutto? Posso solo attendere... questa è l’ora del Fato.

 

   Dolore. Un’atroce, folle esplosione di dolore. Se avessi un corpo, penserei che me l’hanno squartato. Se avessi un cuore, penserei che me l’hanno strappato via. Invece hanno fatto di peggio. Hanno distrutto il mio Tesoro, il mio capolavoro, la fonte dei miei poteri... hanno distrutto il mio stesso spirito. Chi è il Signore degli Anelli, senza più Anelli magici? Niente, non sono più niente.

   Non è... giusto. I miei piani erano così perfetti, così dettagliati. Avrei dovuto vincere. Del resto, chi mai poteva sfidarmi, in quest’epoca di decadenza? Gli Elfi sono quasi tutti fuggiti dai Porti Grigi, per non tornare mai più. I Nani sono rinchiusi nelle viscere della terra, decimati dai miei servi. E gli Uomini... sono deboli, corruttibili. Non hanno mai saputo resistere al potere degli Anelli. Spesso non ho neanche dovuto tentarli; la maggior parte di loro si danna da sé. Si accaniscono contro i propri simili, inventano sempre nuovi modi per tormentarli, massacrarli, provando gioia nel farlo. Eppure... quei pezzenti Signori dei Cavalli di Rohan hanno sconfitto Saruman. E gli uomini di Gondor hanno distrutto il mio grande esercito. Il Signore di Morgul avrebbe dovuto portarmi la testa dell’ultimo erede d’Isildur, invece è perito per mano di una scudiera e di un Hobbit... un’altra di quelle miserabili creature! Ora tutti i miei nemici sono qui, battono ai cancelli del mio regno. Dovrei affrontarli, punire la loro insolenza, ma non ne ho più la forza. Mi sto... spegnendo.

   La mia fortezza, la mia bella e terribile torre, sta crollando. Sento che si disgrega sotto di me. Ho costruito le sue fondamenta col potere dell’Anello; ora che è fuso, diventano polvere. Il mio mondo si sta disfacendo. I miei servi si uccidono o sono uccisi, i miei alleati si disperdono ai quattro venti. Secoli di paziente attesa, di accurati preparativi... secoli passati a ricostruire faticosamente la potenza di Mordor... sono stati vani. L’Anello è morto, e io con lui. Poveri Nazgûl, anche voi ho perso, siete svaniti nelle ombre. Chi rimarrà per raccogliere la fiaccola di Signore Oscuro?

   Eccola, la Terra di Mezzo. Così bella, così ricca... doveva essere mia! Sono io il più potente! Ma ora, senza l’Anello, sono meno di un fantasma. La mia Vista si offusca, il mio Fuoco si spegne... ho tanto freddo. È questa la fine? Io, che forgiai l’Anello del Potere per dominarli tutti; io che sfidai il fulmine di Manwë nel tempio di Númenor; io che abbattei Gil-galad ed Elendil... oggi perisco per mano di un Hobbit. La Terra di Mezzo non sarà mia. E tu, misero erede di quell’Isildur che osò colpirmi... tu regnerai su Arnor e Gondor, con la Stella del Vespro al tuo fianco? Che siate maledetti, voi Uomini dell’Ovest! Ma soprattutto che sia maledetto tu, Portatore dell’Anello! Possa non trovare mai pace né sollievo su questa terra!

   Mi sto dissolvendo, lo sento. Quel che resta del mio spirito abbandona Arda. No, non voglio andare... no... NOOO!

 

   Le tenebre infinite mi avvolgono. Questo è il Vuoto... lo stesso Vuoto in cui cominciai a esistere. Ma Eru non permette a chi l’ha rinnegato di fare ritorno alle Aule Atemporali. Sono scacciato nell’Oscurità eterna. Nienna mi aveva messo in guardia... e anche Eönwë e Ilmarë. Perché non li ho ascoltati, quando potevo?!

   Oh, Ilmarë... cosa darei per avvertire ancora la tua presenza! Aspetta, percepisco qualcosa. Un’altra coscienza si avvicina alla mia. Sei tu, mia adorata...?

   «Hai fallito, Sauron». La voce perentoria risuona nella mia mente. È carica di disprezzo; di certo non è Ilmarë. Ma allora di chi si tratta? Possibile che sia... lui? Dopo tanto tempo?

   «Chi parla?» chiedo col pensiero, cercando di riabituarmi a quell’esistenza larvale.

   «Come, non mi riconosci? Prostrati innanzi a me. Io sono il tuo Padrone, anche se hai cercato di dimenticarmi».

   «Padrone!». Il mio è un grido di terrore. C’è un solo essere nell’Universo che io temo, a parte Eru, ed è qui. Melkor, il mio antico Signore, mi ha raggiunto... no, sono io che l’ho raggiunto nel Vuoto.

   «Credevi d’essere più potente di me, Sauron? Credevi di poter rivendicare la mia corona, di poter vincere là dove io stesso ho fallito? Povero illuso!». La sua risata è come mille tempeste di ghiaccio, come eoni di tenebrosa solitudine. Avevo dimenticato cosa vuol dire sentirsi piccolo di fronte all’unico, vero, eterno Signore del Male.

   «Perdonami, mio Signore. Io... ho fatto del mio meglio per estendere nuovamente la tua Ombra. Ho anche diffuso il tuo culto a Númenor, e poi presso gli Uomini di Rhûn e Harad. Sai che è la verità!». Per Melkor, le mie scuse devono suonare patetiche... come quelle che Saruman rivolgeva a me, attraverso la Pietra Veggente, quando era asserragliato dagli Ent nella sua stessa torre. E infatti, Melkor ha per me la stessa pietà che io ho avuto per lo Stregone.

   «Il tuo meglio non è stato sufficiente. E non parlo solo della stoltezza con cui hai permesso a quelle insignificanti creature di distruggere il tuo prezioso Anello. Il tuo errore, mio povero Sauron, è stato in primo luogo forgiare quell’oggetto. Hai legato il tuo spirito, il tuo potere, il tuo intero destino a un oggetto che, per quanto resistente, era comunque passibile di distruzione. Ora paghi il prezzo della tua sconsiderata cecità».

   «Almeno io ho forgiato gli emblemi del mio potere. Tu hai saputo solo rubarli ad altri!». Non avrei dovuto osare tanto. L’ira di Melkor mi trafigge, spolpando quel poco che resta del mio spirito.

   «Parli dei Silmaril, vero? Quelli erano solo ornamenti per la mia corona. Vedi, mio incauto servitore, anch’io ho forgiato un Anello... che tuttavia non è un misero cerchietto d’oro. No, Arda intera è il mio Anello. Il mio potere permea ogni cosa: ogni granello di sabbia, ogni goccia d’acqua, ogni filo d’erba. IO SONO ARDA! La mia volontà continua tuttora a guidare i miei servi, indirizzandoli a frustrare i desideri dei Valar. Capisci, dunque? Finché Arda esiste, io esisto. E un giorno vi farò ritorno, e tutto quanto vi si trova sarà finalmente mio, per sempre. Ma tu non avrai parte in tutto questo». Ancora quella risata, fredda e buia come il Vuoto. So che per me è finita, ma ho ancora una domanda da rivolgere al mio antico e terribile Maestro.

   «Cosa farai se i Valar vorranno impedirtelo? Cosa farai se... Lui te lo impedirà?».

   «Nemmeno Ilúvatar può distruggermi senza cancellare il Mondo con tutto ciò che contiene!» ringhia l’Oscuro Signore. «Non oserà annientare il frutto della Musica e della sua creazione. Ma se anche lo facesse, sarei contento di portarmi via tutto ciò che Lui ha realizzato!». La collera di Melkor è gelida mentre pronuncia quella tremenda sentenza.

   «Non puoi avere tutto, come non l’ho avuto io». Non so da dove mi venga il coraggio per rivolgermi così al mio Padrone. Ma in fondo, cos’altro posso perdere? Cos’altro può portarmi via? «Non avrai le anime dei Figli d’Ilúvatar che ti hanno rifiutato. E non avrai neppure la Fiamma Imperitura, il potere creativo che hai sempre cercato, perché è tutt’uno con Ilúvatar». Alle mie parole, Melkor grida. Per un attimo, il suo urlo riempie tutto il Vuoto.

   «Forse io non avrò tutto, ma di certo tu non avrai nulla. Né il potere, né la luce, né la vendetta. E di certo non l’amore della cara Ilmarë, che vive beata a Valinor con Eönwë, senza più pensarti. Il tuo fuoco si è estinto. Ora hai davanti a te l’eternità: la passerai solo, in esilio nel Vuoto. Starai peggio di me; e finché c’è qualcuno che soffre più di me, io ho motivo di gioire!».

   Detto questo, Melkor scompare, diretto verso altre regioni del Vuoto. Ma in lui non ho percepito alcuna gioia crudele... solo odio, frustrazione e un’infinita sofferenza. Ecco cos’è il mio grande Maestro. Ecco dove mi ha condotto. E io a mia volta ho condotto all’abisso coloro che mi hanno seguito. Abbiamo perso tutti. Su un’unica cosa Melkor aveva ragione: sono stato uno stolto. Ma la mia più grande stoltezza è stata fidarmi di lui, seguirlo passo dopo passo nel sentiero che mi ha fatto perdere la Primavera di Arda... che mi ha fatto perdere Ilmarë. E ora che il mio fuoco è estinto, io non sono più nulla.

 

 

FINE

 

 

   
 
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