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Autore: coopercroft    30/07/2021    0 recensioni
I Cooper sono ufficiali dell'esercito da generazioni. Edward, il primogenito, alla tragica morte dei genitori ha avuto il dovere ingrato di mantenere unita la famiglia. Comanda con autorevolezza un distaccamento militare nella periferia di Londra, dove collaborano anche i suoi fratelli.
Ma le difficoltà personali, l'incapacità di gestire i rapporti affettivi, innescano una serie d'incomprensioni che finiranno per allontanarli.
Solo l'amicizia con il nuovo medico, John Roberts, lo porterà a prendere coscienza che la famiglia Cooper ha un passato oscuro e doloroso rimasto sepolto per troppo tempo.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Edward raggiunse il suo studio con il volto dolorante per lo schiaffo subito, si massaggiò la guancia, il cuore a pezzi.

Non riusciva a dare un senso a quello che era accaduto, incapace di reagire. Solo Nora che si stava vestendo per andare a casa, lo squadrò preoccupata.

“Generale, ma cosa le è successo?”  Certamente non doveva avere un bell’aspetto, le fece un mezzo sorriso che gli riuscì malissimo.

“Solita discussione con mio fratello!  Inutile nasconderlo, Nora, sei la mia segretaria da tre anni.”  Molte volte li aveva sentiti discutere ed era stata sempre discreta. 

Cooper aveva ripreso a sanguinare dal naso probabilmente per lo sforzo di camminare troppo in fretta.  Si frugò nelle tasche e cercò il fazzoletto, ma si ricordò che l’aveva già usato e buttato. Lei lo fissò preoccupata, mentre gliene porgeva uno di carta.

“Ma è stato Steve? Perché se così fosse, la discussione è stata piuttosto accesa.”

“Purtroppo sì, e me ne rammarico.”

Edward cercò di sollevare la testa e tamponare, ma non servì a molto.

Fu sollecita, lo fece sedere sulla sua poltrona dietro la scrivania, gli tenne la testa indietro, prese altri fazzoletti di carta per aiutarlo.

“Stringa forte il ponte del naso, prendo la cassetta di pronto soccorso.”  Brontolò, poco convinto.

 Nora si tolse il cappotto, aprì la cassetta e lo medicò.

“Le metto un paio di tamponi emostatici, appoggi la testa sulla poltrona, si rilassi. È un po' fastidioso, ma funziona.”  Colpito da tanta premura e dalla sua gentilezza si lasciò andare.

Le sue mani furono delicate, mentre gli premeva il tampone nelle narici. Tossì un paio di volte, ma riuscì a rimanere fermo. Lo fece respirare con la bocca, lentamente per prendere fiato.

“Bene, Edward rimanga così per una decina di minuti tranquillo, vedrà che il sangue si fermerà.”  

Annuì imbarazzato di trovarsi in quella situazione, la guardò mentre lei riponeva le medicazioni. 

“Sembra esperta.” Gli uscì una voce nasale quasi comica e lei ridacchiò.

Aveva un sorriso aperto e si chiese come non l’avesse mai notato.

 Nora lo sistemò meglio nella poltrona, lo sfiorò con la mano, lui sentì uno strano brivido lungo la schiena.

“Tutto bene Generale?” Se ne avvide, Edward tossì, scoperto.

Tenne la testa appoggiata allo schienale. Temeva che parlarle lo avrebbe tradito.

Era sorprendente accorgersi che lei era bellissima e dolce, dopo tre anni di lavoro insieme. Che razza di imbecille era, per Dio!

La segretaria si appoggiò sul bordo della scrivania, le mani sul tavolo.  “Ho studiato medicina, mi mancava poco per laurearmi.  Mio padre è medico al San George a Londra.”  Cooper sollevò un po' la testa, ma lei prontamente lo sgridò.

“Ma perché ha lasciato?  Non le piaceva diventare medico?”  Nora scosse la testa, una ruga apparve sulla sua fronte. “Perché ho fatto delle scelte e sto bene così, Cooper. Stare nell’esercito mi piace e fare la sua segretaria mi soddisfa.  Non desidero altro.”

“Stare dietro una scrivania, quando ha delle doti come medico è uno spreco.” Era una collaboratrice preziosa ma avrebbe meritato di più.

“E suo padre, il dottor Stafford, che ne dice?”

“Nulla, ha accettato la mia scelta. Mi ama per quella che sono.”

“Una grande fortuna!  Non come il mio che ha segnato me e mio fratello per tutta la vita. E questi sono i risultati.” Indicò i tamponi nel naso. Tossì, senza aria, lei fu rapida, prese le garze, gli inclinò la testa in avanti. “Sputi il sangue, non lo mandi giù.” Le garze si impregnarono di saliva rossiccia. Si sentì in difetto.

“Tranquillo, non mi dà fastidio.” Rise, aveva letto il suo imbarazzo, gli tenne la mano sulla spalla.

“Il dottor Roberts si arrabbierebbe se si accorgesse che lo sostituisco con il suo migliore amico.”

“Vero, peccato che adesso sia fuori uso, lo stress di sopportarci è stato notevole.” Le raccontò quello che era successo a John. I suoi problemi lo avevano travolto e reso insicuro.

Nora fu decisa, la voce avvolgente. “Le vuole bene, Edward, si sente responsabile. Soffre la lontananza da casa e dagli affetti.” Era comprensiva e sincera, una dote rara.

“Cercherò di stargli vicino, ma ho così tanti problemi che mi riesce difficile. E lui è sempre stato una roccia.”

“Non sempre a quanto pare.” Si portò al suo fianco, lo controllò attenta. Conosceva la sua vita complicata. Spesso aveva visto il dolore passargli sul volto quando parlava della famiglia.

“Non tutti i padri sono perfetti. Ma non mi sembra che lei, Edward, sia una persona manchevole. Tutti la rispettano, gli allievi sono orgogliosi di far parte della Cittadella. Non è mai stato arrogante con i suoi collaboratori, nessuno si lamenta del suo operato.” Lo disse così decisa che lo lasciò allibito.

“Nora, se fosse per lei sarai santo. Ma non lo sono.”  Sbuffò, si alzò leggermente per vederla meglio. Ma lei lo fermò. 

“Ancora un poco, poi togliamo i tamponi.”  Averla avuta vicina per tre anni e non averla notata fu la cosa più stupida che avesse fatto.

Nora guardò l’orologio, si avvicinò.

“Bene, ora li togliamo, faccia un respiro profondo con la bocca aperta.”

 Fu rapida, nemmeno il tempo di preoccuparsi, tossì un paio di volte, ma non fu traumatico. Gli pulì le narici con cura. Gli raddrizzò la testa e lo studiò per un po'.

Annuì. “Ottimo, credo che adesso sia tutto a posto. Ma niente sforzi, la parete del naso è fragile.” 

Lo guardò meglio. “Sarebbe ora di andare a casa Generale a riposare un po’, sono sicura che Mary si prenderà cura di lei.”  Edward ammutolito la studiava sottecchi, mentre la sua premurosa segretaria si rivestiva per tornare a casa.

 “Sarebbe un ottimo medico, Nora. Un vero peccato la sua rinuncia.” Si abbottonò la giacca e aggiustò la cravatta. Lei le allungò il berretto.

“Sto bene così mi creda.” Le sorrise dolcemente.

  Cercò la sua valigetta appoggiata sul pavimento. “Ascolterò il suo consiglio, chiamerò l’autista. Non ho voglia di guidare.”

“Lo chiamo io, vada pure di sotto. Arriverà tra poco.”  Era gentile, efficiente come sempre, il cuore di Edward, batté forte.

“Scende con me? Vuole un passaggio? E il minimo per quello che ha fatto.” La voce era incerta. Che cavolo stava combinando? Si sentiva come un adolescente ai primi approcci.

“Grazie, ma ho la mia auto.” Imbecille!  Era tre anni che stava al suo fianco, doveva sapere che guidava un'auto. Lei rise al suo imbarazzo.

“Tranquillo Cooper, non può sapere tutto dei suoi collaboratori.”  

Prese coraggio. “Almeno la posso invitare a cena per sdebitarmi? Naturalmente se lo vuole.”

Lei ci pensò. Poi annuì. “Va bene, ma solo quando avrà risolto i suoi problemi con Steve e sarà tranquillo.”

Rimase senza fiato. Bella, saggia e premurosa.

Lei rise, complice. “Respiri Edward. Le prometto che passeremo una serata insieme. Ora vada a casa e riposi, risolva le tensioni della sua famiglia.  Io aspetterò.”

 

 Si lasciarono sulle scale, mentre Edward Cooper sentiva dentro qualcosa di strano che gli aggrovigliava lo stomaco.

 Scosse la testa, salì in auto e si appoggiò al sedile sentendo ancora le mani gentili di Nora che lo curavano.

 Era stato un orso in tutti quegli anni!

La berlina lo lasciò a Roses House che era già molto tardi.  Doveva affrontare Mary.  Infatti lo aspettava sulle scale interne, vicino alla cucina.

Appena lo vide capì. “Eddy, non dirmi che Steve ha alzato le mani e tu le hai prese come al solito.”

“L’ha presa piuttosto male, anche se c’era John presente, due manrovesci li ho rimediati.”  Appoggiò la valigetta, si tolse la giacca. La camicia era sporca di sangue sul collo.

“Portala nella cesta della biancheria, poi ti preparo la cena.”

 Mary tornò in cucina avvilita. Non c’era modo che quei due testardi si riavvicinassero.   Edward tornò vestito da casa. Una camicia pulita a quadri e un caldo maglione. I calzoni di stoffa liscia. Aiutò in cucina come faceva sempre, lo vide sereno.

“Che succede Eddy, nonostante tutto sei tranquillo. Le hai prese e sei contento?”  Aveva stampato in faccia un sorriso addolcito.

“Perché se non fosse stato per il naso rotto, non mi sarei accorto di Nora.”

Lei mezza stralunata, balbettò.  “Nora,la tua segretaria?  Che non vedevi nemmeno se ci fossi inciampato contro?” Sospirò alzò le mani al cielo.  “Finalmente, Edward!  Alleluia!”

“Ma che ne sai?” Sbottò.

Mary scosse la testa, sorniona.  “Che è una brava ragazza? E che quelle poche volte che l’ho vista, non aveva occhi che per te? Razza di stupido testone.” Lo spintonò a sedersi sul tavolo apparecchiato.

Edward, rasserenato le raccontò di come si era presa cura di lui.

 

“Cioè, tu sapevi che lei… Mentre io non mi accorgevo di Nora.?  Ma per Dio, dove ero?”

“Perché ti sei rincoglionito, Eddy, dietro alla famiglia. Ora pensa a fartene una.” Gli allungò il piatto, quasi sbattendolo. 

“Mangia vedrai che si aggiusterà tutto. Anche con Steve.”

“Mary ho fatto tutto quello che potevo con lui, non ho reagito, perché a quel cretino voglio bene.”

“Dagli tempo.” La vecchia nutrice affettava il pane. Lui le prese la mano. 

“Sono in ansia anche per John. Sta perdendo la calma, siamo un bel problema noi Cooper.”

Lei assentì silenziosa. “Sii paziente con entrambi, presto tutto si sistemerà.”

Presero a mangiare, parlando di Roses House, Mary alleggerì la serata raccontandogli dei progressi della nipote a scuola, Edward ascoltò attento e le fu grato. Aveva proprio bisogno di staccare.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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