La serata tranquilla aveva messo di buonumore Edward, che era arrivato
alla
cittadella con l'auto di servizio, la sua era rimasta nel parcheggio.
Salì rapido i gradini,
andò nel
suo ufficio a depositare la sua immancabile 24 ore.
Nora, lo vide arrivare. Ma si
mantenne formale, rimase al suo posto. Gli regalò solo un
sorriso sincero.
"Tutto bene Generale?"
Non andò oltre. Difficilmente si prendeva delle
libertà.
"Bene, il mio naso ha ripreso
a funzionare normalmente." Le sorrise, si tolse il berretto e lo mise
sotto il braccio. "Novità?"
"Le solite Edward. Tutto
sulla sua scrivania."
Avrebbe voluto intrattenersi, ma
era meglio non andare oltre per non crearle imbarazzo. In
realtà non sapeva
come rapportarsi con lei.
Finì per salutarla
brevemente e
andò dritto alla scrivania. La trovò
già piena di posta da firmare.
Appoggiò il berretto, si
sfilò la
giacca e lesse rapidamente tutte le carte che Nora gli aveva preparato.
Più
tardi si prese una pausa, decise di andare a vedere come stava John.
"Le lascio tutto sulla
scrivania. Torno più tardi." Tergiversò un po'.'
"Grazie per ieri
sera Nora, sono stato meglio dopo le sue cure." Lei si
schernì, i capelli
raccolti con cura, scosse la testa castana. "Sono lieta di averla
aiutata."
Abbassò lo sguardo. "Spero che trovi un accordo con suo
fratello,
stamattina l'ho intravisto passare di qua, ma non si è
fermato, probabilmente
ha visto l'ufficio chiuso."
Edward increspò le
labbra.
"Va bene, vedrò di raggiungerlo ai campi di addestramento e
parlargli.
Grazie, Nora. Sono da Roberts."
Si abbottonò la giacca,
lei gli
indicò il nodo della cravatta aperto. "Grazie,"
borbottò mentre lo
sistemava.
"Approvato Nora?" Alzò
le braccia per farsi ammirare. Lei rise. "Approvato Edward."
Si avviò, contento come
un adolescente,
verso la clinica. Lei era sorprendente e non se ne era mai accorto.
Il dottor Roberts lo aveva
avvertito che i suoi risultati erano pronti. Si era incuriosito. Era
impegnato
a scrivere. Bussò educato sul vetro della porta ed
entrò. Si avvide subito
della fasciatura sulla destra, cercava di scrivere e di tenere la
penna, ma era
in difficoltà.
"Che hai fatto?" Lo
apostrofò sconcertato. Lo aveva lasciato la sera prima che
stava bene.
John sollevò lo sguardo,
gli uscì
una voce bassa. "Una specie d'incidente di lavoro..."
"Cioè, come hai fatto?"
Edward, già allarmato, assunse un'aria sospettosa. Rimase in
piedi di fronte
alla sua scrivania, fissandolo attento. Ondeggiava con le mani nelle
tasche.
"Beh, l'ho sbattuta malamente
sulla porta." Cooper sorrise sarcastico, non si accontentò
della sua
modesta spiegazione.
Sapeva che si erano lasciati male
la sera prima e lui era molto teso. Aveva un sospetto che si
dimostrò fondato.
"Devo chiamare Noreen per sapere la verità?" Fece per
girarsi e dare
avvio alla provocazione.
"Fermo! Quanto sei ostinato
Edward!" John sospirò un paio di volte. "Va bene, ho perso
la ragione
e ho colpito la porta con un pugno." Cooper sollevò gli
occhi in alto,
allargando le braccia.
"Ma dico, sei impazzito?
Rovinarti una mano, per cosa? Non sarà stato per quello che
è successo
ieri?"
Era sconcertato, sapeva che stava
subendo la situazione che si era creata tra lui e Steve. Si sentiva
l'artefice
del loro allontanamento. John si protese in avanti, la faccia scura.
"Devi ammettere che ho fatto
una cazzata grossa con voi. Guarda dove vi ho portato!" Prese a
tormentarsi la mano fasciata.
"Dove saremmo arrivati
comunque, per Dio!" Edward quasi imprecò, la sua voce secca,
spaventò John
che si lasciò cadere sullo schienale della poltrona.
"Sapevo che Steve avrebbe
perso la pazienza, il peso della sua infanzia disastrosa la imputa a
me. Ma
questo riguarda noi due. Deve sbollire, accettare quello che
è successo con
nostro padre." Si interruppe e si avvicinò alla scrivania.
"Devi smetterla di darti pena
per me, ho portato per anni il peso della mia famiglia. Cosa
c'è di diverso
adesso?"
John abbassò la testa.
La mano
fasciata era abbandonata sul ginocchio, tremava un po'. "Volevo
aiutarvi,
riavvicinarvi e ho fatto di peggio." La voce bassa.
Edward osservava quella mano che
per un medico era essenziale, perse la residua pazienza.
"Ora basta, non voglio
sentire altro!"
Era furioso, si girò di
scatto
fece due passi per raggiungere il centro dell'ufficio. "Se vengo a
sapere
che stai male o ti fai del male in un modo così stupido, per
colpa nostra, ti
sospendo! E ti dichiaro momentaneamente non idoneo! Quindi vedi di
regolarti." Lo redarguì duramente, le mani che sformavano le
tasche dei
calzoni da quanto pressava.
John lo fissò stupito.
"Arriveresti a sospendermi?"
"Certo, idiota di uno
scozzese! Sei stato male l'altra sera, e non voglio si ripeta."
Sbuffò pieno di rabbia.
Si
avvicinò. "Non puoi obbligarmi alle tue visite mediche,
quando non curi te
stesso."
Piantò le mani sulla
scrivania, lo
guardò severo.
"Io mi sono fidato di te,
John! L'altra sera, quando hai avuto quella crisi, non sono
intervenuto. Perché
sei un medico per Dio! Dovevi prenderti cura di te stesso, e non l'hai
fatto." La voce aspra e tutto il peso del corpo erano sulle mani
appoggiate
sul tavolo. "Hai sorvolato la gravità di quello che ti era
successo.
Questa è pura stupidità." John abbassò
la testa e la scosse.
"Non è stato nulla di
serio." Roberts non riusciva a sostenere lo sguardo del suo amico.
Edward
aveva ragione. Aveva sottovalutato la cosa. "Ti posso assicurare che
sto
bene."
"Allora dimostramelo!
Perché
io mi sono preoccupato e molto." Edward lo incalzò,
riuscendo a malapena a
trattenere la rabbia.
Roberts rimase silenzioso,
rigirava la penna fra le dita della sinistra. Era sorpreso dalla sua
foga.
Edward modulò la voce
vedendolo in
difficoltà, non voleva irritarlo.
"Vedi di fare degli esami.
Voglio sapere come stai. Perché te lo sto ordinando come tuo
superiore."
John non rispose si
guardò la mano
ferita e la massaggiò. Lui lo incalzò.
"Mi hai capito, John? Ti
voglio vedere risoluto e cazzuto come quando sei arrivato alla
Cittadella."
La voce gli uscì
gentile.
"Non darti la croce per la mia famiglia, sei una brava persona. Non
farmi
penare per la tua salute."
"Va bene, lo farò se
questo
ti rende tranquillo." Fu solo un sussurro, ma sapeva che Cooper era
preoccupato per lui, un piccolo brivido gli percorse la schiena, Edward
ci
teneva, aveva cura di lui.
Si schiarì la voce lo
guardò
dritto in volto. "Ti do la mia parola, controllerò la mia
salute. Cercherò
di mantenere la calma."
"Fallo, non farmi sentire in
colpa."
Cooper si sedette meglio, la
sfuriata passata. "Ora dimmi della mia salute, visto che mi hai girato
come un calzino."
Rise e stemperò la
situazione.
"Avanti fa il tuo dovere di medico. Scozzese testardo."
John accennò un breve
sorriso, ora
il suo volto era disteso, prese la sua cartella dal cassetto con un po'
di
difficoltà e la aprì. La mano gli impediva alcuni
movimenti, ma riusciva a
gestirla. Edward sentì salirgli di nuovo la rabbia, ma
stavolta abbozzò.
Roberts sfogliò la
cartella, si
fece attento, riacquistò la sua professionalità.
"Sei sottopeso, ma questo lo
sai, anche gli esami del sangue lo confermano. Non mangi regolarmente e
questo
ti porta ad avere delle carenze di vitamine e di sali minerali. Ma
tutto è
facilmente rimediabile, perché ti prescriverò
degli integratori." Edward
annuì lo vedeva acquistare sicurezza e ritornare il medico
attento che era.
"Il cuore, nonostante i tuoi
attacchi di panico, non ha sofferto, ma devi controllarti di
più, cercando di
superarli. In questi giorni non è stato facile. Quello che
mi premeva è sapere
se fisicamente stavi bene."
Gli allungò la cartella,
con la
mano sana. "Guarda, sei dentro ai parametri, quindi per adesso va bene.
Vedi di mantenerti in salute cerca di non saltare i pasti. Su questo
Steve
aveva ragione, hai un comportamento sbagliato con il cibo, devi
migliorarti. E
non brontolare se ti obblighiamo a essere attento. Comunque correre un
paio di
volte la settimana con tuo fratello ti farà bene."
Sbuffò malinconico.
"Quando vi parlerete ancora, s'intende."
"Lo faremo, stai certo, non
lascio mio fratello da solo a tormentarsi." Sorrise, accarezzando i
braccioli della poltrona.
"In questi giorni, ho dato
parecchio in termini di stress, ma sapere che non ho nulla di
compromesso mi dà
più sicurezza." Edward chiuse la sua cartella.
"Farò come dici,
cercherò di regolarmi col cibo. E prendermi qualche pausa in
più." Cooper
si alzò.
"Bene, ora cerca di non
essere tu a darmi ulteriore stress. John, fai come ti ho detto."
"Lo farò, tu cerca di
rimanere sereno. Sono certo che Steve capirà, anche se
avrà bisogno di tempo,
ora siete consapevoli del vostro passato." Fece una pausa,
sistemò la
scrivania, si massaggiò la mano ferita. "Edward, prendiamo
un caffè o sei
troppo arrabbiato?"
"No, perché mai? Ti
strozzerei per il male che ti sei fatto!" Gli sorrise apertamente.
"Va bene, facciamo una pausa. Intanto mi parli delle tue idee per
migliorare
la clinica."
Roberts si alzò
rasserenato, prese
la sua giacca. Ma si trovò in difficoltà, per
infilarla.
"Guardati stupido, con quella
mano devi fare il contorsionista per indossarla." Cooper lo
aiutò
scuotendo la testa. Uscirono insieme, John si era rilassato, le spalle
dritte e
lo sguardo fiero di sempre. Questo tranquillizzò anche
Edward, ci teneva che
cancellasse quel dolore che gli percorreva la fronte. Steve sarebbe
stato un
problema da affrontare con calma.