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Autore: Pol1709    03/08/2021    1 recensioni
Bentrovati a tutti.
Questa storia è la continuazione de "Il Cavaliere e la Strega", ma si svolge nell'epoca di Oscar. Quest'ultima, dopo aver detto addio alla Guardia Reale, a Conte Fersen ed aver litigato con André (il famoso episodio della camicia strappata...) passa un periodo di riposo in Normandia prima di prendere il comando delle Guardie Francesi di Parigi. Lì viene coinvolta, a causa di una vecchia avversaria, nella caccia a una antica e potentissima arma, inseguita dagli agenti inglesi e affiancata da una antica nemica/amica.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Britannia – Primo secolo d. C.
La guerra era iniziata. Improvvisa e crudele, come solo una guerra può essere. Le file dell’esercito di Boudicca si erano ingrandite e dismisura con gli Iceni, i loro alleati Trinovanti e persino i loro nemici Catuvellauni, ma anche con gli Atrebati e i Regnensi. E non avevano perso tempo: Camulodunum (n.d.a.: Colchester), fondata da veterani delle legioni che avevano conquistato la Britannia, era caduta. I pochi superstiti si erano rifugiati nel tempio eretto in onore di Claudio, ma lei aveva ordinato di mettere della legna secca tutto intorno e di bruciarla, facendoli morire soffocati.
Poi avevano affrontato la Nona Legione, quella degli uomini che l’avevano frustata e avevano tentato violenza verso le sue figlie. Su suggerimento di Gavino aveva ordinato di attaccare i legionari quando erano in marcia da un posto all’altro e non quando potevano servirsi del loro campo fortificato o potevano tranquillamente mettersi in formazione. E fu una grande vittoria! Quello che restava della legione era fuggito a nord lasciando libera la strada per Londinium, la capitale della Provincia romana. La città, senza una guarnigione, fu conquistata in breve tempo, ma quello che ne seguì fu un massacro senza limiti. Un’orgia di sangue in cui i suoi guerrieri sfogarono tutti gli anni della dominazione straniera contro i civili. E poi venne Verulamium (n.d.a.: St. Albans), un’altra roccaforte con un altro bottino e altre armi nemiche conquistate. E un altro massacro.
 
Gavino si guardò attorno, la strada alberata era stretta, ma poteva nascondere mille insidie. Avevano lasciato il grosso dell’esercito e avevano proseguito verso occidente con un piccolo gruppo armato, ma, a parte i romani in agguato c’erano anche i capi delle altre tribù che avrebbero voluto la testa della Regina, proprio adesso che Roma sembrava sconfitta definitivamente. – Smettila di comportarti come una ragazzina! – disse una voce di donna al fianco del guerriero. Una, la figlia maggiore di Boudicca, cavalcava al suo fianco anche se il loro fidanzamento era stato sciolto. La ragazza aveva giurato di dedicare la sua vita alla guerra e così aveva fatto. Si era fatta forgiare una spada e un elmo adatto alla sua testa, decorato con una grande piuma nera di corvo, si era addestrata e non si era più fermata. Era diventata una guerriera forte e feroce, tanto che anche gli uomini al suo comando la temevano.
Dietro di loro Boudicca sospirò. Era circondata dai suoi guerrieri, al sicuro, si disse, ma lo era davvero? Erano i suoi pensieri a tormentarla. Aveva perso Una, che ormai era una guerriera indomabile e come posseduta dalla dea della guerra e aveva perso anche la piccola Maeve. La sua seconda figlia era morta per suicidio. Maeve che piangeva quando vedeva i fiori recisi appassire; Maeve che raccoglieva ogni animale randagio e Maeve che era rimasta sconvolta quando i romani aveva tentato di stuprarla. Avrebbe dovuto passare del tempo con lei, aiutarla a superare il trauma, lo sapeva, ma la preparazione per la guerra l’aveva assorbita in ogni istante e poi sembrava che, dopo molti giorni, anche la sua piccola si stesse riprendendo da quella brutta esperienza. Aveva cominciato a fare lunghe passeggiate da sola al di fuori del villaggio, fino a quando, un giorno, non era rientrata e solo alla sera l’avevano trovata. Si era gettata in un fiume e si era lasciata annegare.
E lei non aveva pianto, nemmeno davanti al corpo bagnato e morto di sua figlia. Ogni suo pensiero era proiettato alla battaglia e non disse nulla persino dopo le parole di Una: “E’ sempre stata debole!”. Aveva perso il conto dei giorni da cui indossava brache, stivali e giacca in pelle e che portava la spada di suo marito al fianco. Era un’arma troppo grande per lei e aveva dovuto farla accorciare ed adattare alla sua statura, ma era pur sempre un’ottima arma. Aveva raccolto i suoi capelli ramati e aveva decorato il suo volto con le pitture blu di guerra che ormai facevano parte integrante del suo viso.
E poi c’era Gavino, quello che era diventato, con il druido Norag, il suo più fidato consigliere. Ogni tanto lo sorprendeva a guardare Una quando lei non se ne accorgeva, come un cane bastonato che brama solo una carezza dal padrone crudele. E dopo ogni vittoria lei gli aveva chiesto se avrebbero sconfitto i romani e la risposta di lui era sempre stata la stessa: “Roma non è solo una legione o una città…Roma è l’Italia, la Gallia, la Grecia e l’Egitto…Roma è il mondo e non possiamo sconfiggere il mondo, Mia Regina”. E oltre a Gavino c’era la sua mente che la faceva pensare che forse, dopotutto, la guerra non era stata la soluzione migliore per il suo popolo: a Londinium aveva visto il sangue del nemico scorrere, avrebbe dovuto essere felice, ma quando i suoi guerrieri avevano preso le donne, le ragazze e le bambine della città per fare loro quello che i legionari avrebbero voluto fare alle sue figlie, non li aveva fermati. Non aveva potuto. Non aveva voluto. E nelle sue orecchie ancora riecheggiava il pianto di una bambina, con una tunica rossa lacerata, portata via, trascinata per i capelli da un gigantesco uomo Atrebate e le urla di una vecchia in ginocchio: “Perché!? Ci siamo arresi! Che tu sia maledetta, Regina dei dannati!”.
 
Rabbrividì, ma diede la colpa al fatto che il sole era sparito per lasciare il posto alla nebbia. Ed era il segno che erano arrivati alla loro destinazione. Sulla riva della grande palude che tutte le tribù della Britannia chiamavano Lago, lei e il suo seguito trovarono una singola imbarcazione, con due figure bianche che li stavano aspettando.
Erano due sacerdotesse e, quando lei scese da cavallo, si inchinarono: - I nostri omaggi Regina degli Iceni. La Dama del Lago è impaziente di conoscerti, ma solo tu e due persone, il tuo seguito, potete venire con noi –
Un mormorio di disapprovazione si levò dai suoi uomini, ma lei li zittì alzando la mano – Una! Gavino! Voi verrete con me –
Era stata ad Avalon una sola volta, con suo padre e aveva trovato il viaggio meraviglioso. La nebbia si diradò lasciando il posto a una spiaggia sassosa illuminata dal sole, l’Isola delle Mele, come la chiamavano alcuni. Lasciarono l’imbarcazione e percorsero il sentiero del bosco, passarono davanti a una fonte d’acqua e poi arrivarono alla radura. Passarono l’arco di pietra ed entrarono nel più sacro tempio della Britannia.
In una sala bianca illuminata dal sole trovarono alcune sacerdotesse e degli uomini. Boudicca aggrottò la fronte, sapeva che i capi delle tribù occidentali la stavano aspettando in quel luogo, anche con i loro druidi, che riconosceva dalla tonsura dei capelli. Ma si aspettava anche di essere salutata come una conquistatrice o, meglio, una liberatrice della loro terra. Uno dei druidi, un vecchio dalla lunga barba bianca, seduto su uno scranno di pietra, le sorrise sprezzante – La Regina degli Iceni! Finalmente è arrivata! –
Uno dei capi tribù la guardò alzando il mento – Ce ne hai messo di tempo! –
Una mise mano all’elsa della spada, ma Boudicca la trattenne e cercò di sorridere amabilmente – Perdonate il ritardo, ma ho dovuto condurre il mio popolo alla vittoria contro i romani, mentre venivo qui –
Il vecchio druido sorrise di nuovo e tentennò. Un altro capo, anche lui con la barba bianca, la fissò – E cosa hai vinto, Mia Regina? –
Lei si irrigidì – Forse non avete sentito cosa abbiamo fatto. Il mio esercito sembra contare oltre centomila guerrieri e abbiamo preso tre città, oltre al fatto che abbiamo decimato la Nona Legione –
Il capo che le aveva parlato per primo tentennò sconsolato – Non ha la minima idea di cosa sta facendo –
Il drudo anziano la guardò e fece un gesto con la mano – Voi che descriva le tue vittorie, Mia Regina? Hai conquistato tre città che non avevano alcun difensore…E hai sconfitto una legione solo ed unicamente perché l’hai presa di sorpresa, mentre erano in marcia e non mentre erano in formazione di battaglia…E come se non bastasse hai massacrato migliaia di persone che nulla avevano a che fare con l’affronto che hai subito. Ci hanno detto che la cifra si aggira sulle ottantamila vittime, non è vero? –
Una fece un passo avanti – Come osate? –
Boudicca fermò di nuovo la figlia e sospirò – Sono…Sono molte…E’ vero – disse e provò un brivido lungo la schiena ripensando alla bambina trascinata via da uno dei suoi guerrieri – Ma è nulla rispetto a quello che hanno fatto i romani –
Il vecchio capo sospirò – Hai potuto fare quello che hai fatto solo perché il console romano Paolino era impegnato a occidente contro i druidi e, nonostante tutto, aveva tenuto a freno i suoi uomini da compiere massacri arbitrari. Quando ha saputo quello che tu e il tuo esercito avete compiuto ha ordinato ai suoi legionari di uccidere tutti i nostri sacerdoti e di stuprare le nostre sacerdotesse. Quindi ha radunato le sue unità, lo sai almeno quanti sono e il loro nome? –
Boudicca deglutì, in effetti non lo sapeva e non aveva molte informazioni sul comandante delle forze romane in Britannia. Il vecchio continuò: - Gaio Svetonio Paolino, proconsole di Roma, ha al suo comando la Quattordicesima Legione Gemina e la Ventesima Valeria Victrix. La Seconda Legione Augusta è dislocata a sud-ovest, peraltro non lontano da qui e non si sta muovendo. Secondo i nostri informatori il loro generale ha disobbedito agli ordini del console, anche se noi riteniamo che Paolino l’abbia lasciata di retroguardia per difendersi le spalle e il fianco. E mentre noi parliamo qui i resti della Nona Legione Hispana che tu e il tuo branco di lupi avete, per così dire, sconfitto, si è diretta a nord per poi virare a ovest e congiungersi con il grosso dell’esercito. E, Mia Regina, non sembra che tutta la ferocia che hai dimostrato li abbia impressionati, visto che adesso stanno marciando a tappe forzate di nuovo verso est. Verso di te! –
Boudicca sorrise – E li sconfiggeremo! Se voi vi unirete al mio esercito… -
Il vecchio druido la interruppe con una risata nervosa – Non capisci ancora!? Paolino sta avanzando con due intere legioni e una a metà i cui legionari non vedono l’ora di appenderti per il collo per vendicare il loro onore offeso, Mia Regina! E proprio tu dovresti sapere che l’odio è un’arma potente! –
Il vecchio capo deglutì – Stanno uccidendo chiunque trovino sul loro cammino! Anche mio nipote è finito inchiodato a una croce. E aveva solo cinque anni! E tutto perché hai permesso ai tuoi animali di massacrare la popolazione che aveva l’unico torto di abitare nelle città romane –
Una digrignò i denti – Quei cani meritavano la morte! Sono venuti qui come invasori! Abbiamo un esercito potente e fermeremo le legioni, come abbiamo già fatto! – gridò. Il giovane capo la guardò furioso – Hai mai affrontato un esercito romano? Io no. Ma mio padre e mio fratello si…E sono morti! Non metto in dubbio il tuo valore, Mia Regina, so che combatterai, ma non avrai davanti le guarnigioni di città, ma legionari romani –
Boudicca sorrise con l’angolo della bocca e finalmente capì – Voi state aspettando…Voi non combatterete con noi per non esporvi nel caso vincessero i romani –
Il vecchio druido si alzò lentamente dal suo scranno – Se vincerai…Se…Vincerai…Io in persona mi prostrerò ai tuoi piedi, Mia Regina, ma permettimi, ancora una volta, di illustrarti la situazione in maniera semplice: da un lato abbiamo il console romano con un esercito magnificamente addestrato, organizzato e forte…Dall’altra abbiamo la vedova di un Re al comando non di un esercito, ma di un gruppo molto numeroso, lo ammetto, formato da contadini, pastori, fabbri e vagabondi che si sono trasformati in saccheggiatori e stupratori. Quello che ci chiedi, per molti di noi, è solo un suicidio –
Il vecchio capo appoggiò la mano all’elsa della spada – Almeno sai quali sono le formazioni preferite dell’esercito romano? Sai quali sono le unità che mettono in prima linea? Lo sai perlomeno come combattono i legionari? –
Boudicca soffiò dalle narici e avanzò verso loro, facendoli irrigidire. Si fermò e li guardò negli occhi uno per uno, poi fissò lo sguardo sul vecchio druido – Si! Noi siamo un gruppo di contadini e pastori, non di guerrieri, ma siamo il popolo di Britannia e amiamo la nostra terra. Tutta la nostra terra! Anche quella abitata dalle vostre tribù. E mi dispiace per tutti i vostri conoscenti, amici e parenti che sono morti appesi ad una croce, ma se non li fermiamo ora…Quando potremo farlo? Lo so che loro sono più forti, più organizzati e meglio armati, ma, in fondo, eseguono solo gli ordini di un tiranno che se ne sta steso sotto il sole dell’Italia suonando…Come si chiama…La cetra –
Gli uomini, compreso il vecchio druido, sorrisero e lo fece anche lei: - Noi combattiamo per qualcosa che loro non possono capire, per qualcosa che non potranno mai comprendere. Noi combattiamo per la nostra terra, per il diritto di governarci da soli e non con le loro leggi scritte nel marmo e per non vedere i nostri figli uccisi e le nostre figlie oltraggiate – concluse guardando Una che annuì.
Il giovane capo strinse le labbra – Bel discorso…Anche commovente! Ma non ci hai ancora detto come intendi sconfiggerli –
In quel momento si avvicinò una sacerdotessa vestita di bianco e batté le mani – Perdonatemi! Mia Regina Boudicca, la Dama del Lago vuole riceverti adesso –
 
Inghilterra – Anno 1787 d. C.
Oscar aprì gli occhi e sbatté le palpebre. Era seduta a terra con la schiena appoggiata ad un albero e si stiracchiò alzando le braccia. Si guardò intorno e vide Morgana che si stava lavando nel torrente. Era in piedi, di spalle e completamente nuda. Si stava passando una mano sul braccio cantando un motivetto gradevole. I suoi abiti erano piegati sulla riva e la sua spada era appoggiata in piedi ad una roccia, a poca distanza da lei. “Pronta per essere presa in qualunque momento” pensò ed era un’abitudine che, si disse, tutti i guerrieri del medioevo dovevano aver avuto. Lei si toccò l’interno della giacca e sospirò nel sentire la sua pistola e poi toccò anche la sua spada, come per assorbire la forza dell’acciaio di cui era fatta. Strinse le labbra, era André quello che si occupava della sua manutenzione e che fosse perfettamente affilata, almeno fino a quella sera…
Quando lei e Morgana avevano finito la discussione su Boudicca e sul suo fato, erano ripartite in silenzio verso est. Morgana le aveva restituito la pietra rossa, come per ripagarla per averla accusata ingiustamente. Oscar si era imbarcata in quell’avventura per sapere quale era il segreto che nascondeva e, in effetti, in parte lo aveva scoperto: l’arma di cui parlava Morgana doveva essere un qualcosa che la Regina degli Iceni doveva aver usato contro i romani. Invano. La delusione negli occhi della Duchessa era stata cocente.
Durante il tragitto aveva capito che i fantomatici Uomini-Drago, avversari peggiori dei Sassoni, che all’epoca di Morgana stavano lentamente conquistando la Britannia, dovevano essere i Vichinghi del nord che con le loro grandi navi depredavano le coste. E dovevano essere dei nemici molto forti se persino la Fata Morgana si era mossa nelle nebbie per trovare quella pietra rossa. Ma quello era stato l’unico discorso che avevano fatto, prima di addentrarsi in una foresta, di trovare un buon posto accanto ad un torrente di acqua limpida e di accamparsi lì.
Morgana uscì dall’acqua, prese la sua spada in una mano e i suoi abiti nell’altra e si avvicinò e lei – Non ti dai una rinfrescata? –
Oscar strinse le labbra, se c’era una cosa che considerava sacra, oltre a Dio e alla Francia, era la sua igiene personale. In un mondo in cui la pulizia non era certo a livelli massimi e lei, lavorando a Versailles, se ne era resa conto molto bene vedendo nobili e dame coprire l’odore sgradevole del loro corpo sporco con litri e litri di profumo e fare i propri bisogni corporali letteralmente dove capitava. A lei invece piaceva il rituale della pulizia e del bagno. Del suo bagno beninteso e non sciacquarsi in un torrente inglese in mezzo ad una foresta che nascondeva…Cosa? Un centurione romano? Una regina britannica con la faccia dipinta di blu? Una strega medioevale? Gli uomini in nero che l’avevano seguita dalla Normandia? Aveva paura di mostrare il suo corpo a un’altra donna, ma perché? Incrociò le braccia sul petto e tentennò.
Morgana inarcò le sopracciglia perplessa, si rimise i vestiti, si allacciò il cinturone con la spada e si sedette accanto a un albero, vicino a lei. Dopo attimi di silenzio la Duchessa la guardò – Sei qui da sola, senza sir André. Quindi tu e lui… -
Oscar sorrise sprezzante – Si! Hai capito bene…Io e lui…E a proposito di capire… - disse guardandola – E’ da quando siamo qui che me lo chiedo: come faccio a capire il tuo linguaggio? E come abbiamo fatto io e André a capirti quando eravamo nella tua epoca? –
Morgana appoggiò la schiena al tronco e sospirò – In effetti me lo sono chiesta anch’io. Ma immagino che faccia parte della magia del passaggio…A me non sembra di parlare la tua lingua e probabilmente tu non comprendi la mia, ma ci capiamo comunque. Così come ci siamo capiti con quegli zotici a Glastonbury. Hanno distrutto il Lago e costruito quella ridicola torre in cima al Tor! –
L’altra scrollò le spalle – La magia! Non sarà una scienza esatta, come dici tu, ma evidentemente è una materia intelligente! – disse e poi la guardò – Ma…Non hai pensato di andare…Ad Avalon! Quella era la porta per l’isola sacra –
Morgana scrollò le spalle – Quando te ne sei andata, sfruttando l’amplificazione dei miei poteri data dall’isola, l’ho relegata in una dimensione in cui non scorre il tempo, ma ho sentito che è ancora là, con le mie sorelle e…E mio fratello –
Oscar aggrottò la fronte – Quindi, dopo tanti secoli, non si è ancora svegliato –
L’altra sorrise – Il tempo non ha importanza Lady Oscar! Io so che lui si sveglierà! E nel frattempo devo fare quello che posso per salvare il suo Regno. O quello che ne resta –
Lei la guardò a bocca aperta – E’ mai possibile! Non ho mai visto tanta fedeltà a un Re, anche se tuo fratello…E a un popolo –
Morgana la guardò con occhi di ghiaccio – Lo so che mi ritengono una strega. Di quelle cattive anche…Che di me hanno detto tutto e anche di peggio e quello che ha accennato il villico a Glastonbury: è vero? Qualcuno ha scritto la storia di mio fratello e dei suoi cavalieri e io, come al solito, sono sempre e solo la cattiva? La sua nemica…Come ha detto…La sua nemica giurata? –
Oscar aprì la bocca, incapace di rispondere, ma Morgana sorrise debolmente – Lo immaginavo. L’ho detto quasi scherzando a mia sorella Viviana quando ho lasciato lei e Morgause ad Avalon, ma non importa. Come ho detto a sir André essere nobili è qualcosa di più che vivere nel lusso. E’ un modo di essere, di vivere e sacrificarsi e morire per il proprio popolo è solo una parte di tutti quei doveri che la nostra condizione ci pone. Anche se questo popolo ci odia profondamente – disse e appoggiò la testa al tronco guardando verso gli alti rami.
Oscar provò una stretta alla gola. Aveva letto e riletto le opere del ciclo arturiano e ora aveva davanti, di nuovo, la cattiva per antonomasia, la crudele e perfida Fata Morgana. Così veniva descritta. Eppure l’aveva conosciuta in un altro modo, aveva condiviso i suoi pensieri, le sue speranze, le sue delusioni e si, anche le sue paure. Morgana aggrottò la fronte sentendosi osservata e la guardò – Che hai? –
Oscar sorrise – Vorrei che anche i nobili della mia terra ti sentissero –
La Duchessa di Cornovaglia inarcò un sopracciglio e l’atra continuò: - I nobili di questo mondo…Molti di loro…Non vedono la loro condizione come un sacrificio, men che meno verso il popolo, ma come un insieme di privilegi e considerano la gente comune come loro schiavi –
Morgana strinse le labbra – Oh! E’ una cosa comune anche per molti nobili della mia epoca abusare dei loro poteri, ma il popolo può solo sopportare e aspettare un governante migliore. Se la nostra condizione è quella di privilegio e sacrificio, quella dei villici è di sottomissione e servizio e quindi, da un certo punto di vista, si possono comprendere certi atteggiamenti –
Oscar aggrottò la fronte e sospirò, quella che aveva davanti era pur sempre un prodotto dell’epoca medioevale, incapace anche solo di concepire la possibilità che un popolo potesse scegliere di ribellarsi al suo oppressore. Si ricordò il discorso sul potere che André, Morgana e Morgause avevano fatto sulla strada per Glastonbury, con la frustrazione di lui e le risate di loro. Sbuffò: - Nelle terre d’oltremare, a ovest, ci sono riusciti, lo sai? Hanno creato uno stato senza nobili –
Morgana scrollò le spalle sorridendo – Oltremare…A ovest della Britannia…In Irlanda…Non credo che quei pazzi di irlandesi se la caveranno a lungo da soli –
Oscar sospirò di nuovo – Non è l’Irlanda…Ma…Che te lo dico a fare! André ha cominciato a frequentare un…Un gruppo di persone, nobili e gente del popolo, si riuniscono e parlano…Parlano della nostra Patria come un mondo di eguali e senza più una divisione in classi –
Morgana la guardò perplessa e Oscar si alzò in piedi – Loro…E non solo loro…Anche gli irland…Voglio dire…La gente d’oltremare che tu chiami irlandesi, parlano di un mondo migliore, dove tutti sono uguali e sono liberi e dove nessuno deve rendere conto ad un Re o ad un nobile e lo stanno costruendo Morgana, lo stanno costruendo! –
Morgana si alzò lentamente mettendosi di fronte a lei – Gli dei dei miei antenati, i miei antenati stessi e la mia spada fanno di me la Duchessa di Cornovaglia e non mi ritengo e nemmeno sono di certo uguale ad un contadino o ad un pastore, se è quello che tu e i tuoi uomini d’oltremare intendete dire! Noi nobili siamo superiori! E’ nostro compito e sacro dovere sostenere e aiutare il nostro popolo che da solo non avrebbe nulla! –
Oscar sollevò i pugni al petto – Per alcuni invece è possibile che un popolo si governi senza un Re ed è possibile che un nobile ed un contadino possano parlare da pari a pari e decidere insieme del futuro della propria Nazione, per un mondo migliore! –
Morgana strinse le labbra e socchiuse i suoi occhi chiari – Mmmm…Il tuo André dice e pensa molte cose, me lo ricordo bene! Abbiamo parlato anche di questa specie di…Assemblea…Di cui parli…Ma il punto è, Lady Oscar, invece tu cosa pensi? Tu che comandi eserciti, che sei amica di Re e Regine, che hai ereditato la tua condizione dai tuoi gloriosi antenati che l’hanno forgiata non coltivando la terra con l’aratro, ma con il freddo ferro delle loro armi e con la loro possente volontà…Tu pensi davvero di essere uguale a questo…Popolo? –
Oscar la guardò a bocca aperta. Abbassò le braccia e tentennò, incapace di rispondere. Morgana inarcò un sopracciglio, aspettandosi una risposta, ma l’altra tentennò di nuovo – Io…Io non lo so! – disse piano e si spostò. Appoggiò una mano su un albero e piegò la testa: - Non lo so! Non lo so! – ripeté sconsolata. Avrebbe voluto zittire quella donna, ma come avrebbe potuto farlo? Se ci fosse stato André, si disse, l’avrebbe fatto, ma lui non c’era e non sapeva nemmeno dove fosse. A piangere per lei? A cercare un nuovo amore, possibilmente meno impossibile e più appagante? Fuggito? Scappato? Rimasto? Da quando gli aveva comunicato di non avere più bisogno dei suoi servigi non aveva più saputo, o voluto sapere di lui. Di una cosa però era certa: nonostante tutto gli mancava il suo amico. Gli mancava tanto e avrebbe voluto non essere lì, in un paese straniero, con una strega sbucata dal passato, alla ricerca di un’arma leggendaria appartenuta ad una Regina guerriera e che probabilmente non avrebbe fatto del male a nessuno.
Ma il rumore della camicia strappata…Le mani del centurione…No, si disse, erano le mani di André. Lui l’aveva oltraggiata, ma allora perché desiderava così tanto averlo al suo fianco, solo per rispondere punto per punto ai discorsi di Morgana o per qualche altro motivo che non sapeva o non voleva dire? Alla sua memoria riaffiorò il suo primo bacio, dato ad Avalon, dopo aver sconfitto la crudele dea della guerra e ricordò persino con piacere il sapore dell’Haggis. Ricordò persino lui in ginocchio di fronte a lei: “Il mio cavaliere”. – André… - disse piano.
Morgana si avvicinò lentamente a lei con una mano appoggiata all’elsa della spada: - Sei strana Lady Oscar. La tua volontà è forte: Avalon ti ha scelto come campione, hai sconfitto Morrigan e hai persino resistito alla mia magia a Glastonbury. Eppure anche tu, come Morgause o Ginevra e il suo Lancillotto, quando pensate all’amore, diventate deboli e sciocche! –
Oscar si girò velocemente, la prese per la giacca e la schiacciò contro un albero – L’amore non è stupido Lady Morgana! – disse e la lasciò ritirandosi – Ma che renda tutte noi, te compresa, deboli e sciocche te lo concedo – aggiunse pensando a come si era comportata con Fersen al ballo di Versailles e alla breve e burrascosa relazione tra Morgana e Accolon del Galles, finita con la pazzia di quest’ultimo e con il tentativo di uccidere Artù in nome di colei che amava.
Oscar sorrise debolmente e poi si avvicinò di nuovo alla Duchessa – Per rispondere alla tua domanda Lady Morgana: noi tutti siamo nati da una madre, io come te e come un pastore e o un contadino. Quindi, come vedi, noi tutti nasciamo uguali, nudi e piangenti, chi con i capelli biondi e chi con la pelle di un pallore spettrale. Alcuni nascono in un castello con tanto di fossato e ponte levatoio e altri in una misera casa ai confini di una città. Quindi qualcuno si siede su un trono a bere e mangiare e altri devono lavorare tutta la vita per avere un po' di qualunque cosa. E quando moriamo noi nobili lo facciamo alla stessa maniera di un contadino o di un pastore –
Morgana sorrise sprezzante – E’ la vita in mezzo che ci differenzia. Noi comandiamo e loro eseguono. E’ sempre stato così e, per gli dei dell’Annwn, sempre sarà così! Mio padre, il Duca Gorlois, è morto combattendo al comando di un esercito, con gloria e onore! Così come il mio patrigno Uther Pendragon, combattendo contro i Sassoni! E non di certo annegando nel fango e nei propri escrementi come un soldato qualsiasi! –
Oscar annuì – Sempre morti sono! Con la differenza che il Duca tuo padre e Re Uther lo hanno voluto! Ma il punto è, Lady Morgana, che se il popolo deve obbedire e seguire le assurde richieste dei nobili, compresa quella di morire sui campi di battaglia, ha anche il diritto di scegliere per chi morire e contro chi combattere…E quindi anche di come governarsi –
Morgana si raddrizzò e si mise a pochi centimetri da lei – Idiozie! – gridò a voce alta – Siamo noi che sacrifichiamo ogni cosa per loro! Anche l’amore! Pensi che i miei genitori si amassero? Io e le mie sorelle siamo nate perché cercavano un erede dell’Antico Popolo da mettere ad Avalon…Per questo io sono nata! E, dei dell’Annwn, ne vado fiera! – aggiunse.
Oscar sbatté le palpebre – Io sono nata perché mio padre voleva un figlio maschio e, se non mi sbaglio, questo te l’ho raccontato la prima volta che ci siamo viste, al tuo castello di Tintagel –
Morgana annuì – Si! E io ti ho anche detto che la maggior parte degli uomini sono inutili, ma alcuni riescono ad essere persino dannosi –
L’altra strinse le labbra – Mio padre mi ha educato come un uomo, più di un uomo e ora comando un esercito…E si! Ne vado fiera! –
Morgana sospirò – Bene! –
Oscar annuì – Bene! –
Dopo qualche istante ancora le due donne si sorrisero. Poi Oscar sospirò – Guarda noi due. Siamo separate da un millennio di Storia, eppure eccoci qui, una di fronte all’altra. Così diverse e così simili…Non riesco a spiegarmelo –
Morgana inspirò profondamente – Perché le nostre volontà, le nostre condizioni e il nostro essere sono collegati Lady Oscar. Siamo entrambe nobili ed entrambe guerriere ed è per questo che sir André, pur in una condizione che lo mette qualche gradino al di sopra del popolo dal quale proviene e al di sotto di noi, non riesce comunque ad essere un nostro pari, sebbene io lo abbia fatto cavaliere di Avalon. E quindi posso anche ammettere che, nel tuo prezioso popolo, ci sono delle personalità, proprio come il tuo André, che si differenziano ed emergono dalla melma e pure invocano un’uguaglianza che, nella sostanza, non c’è. Ma sono l’eccezione, non la regola e proprio per la maggioranza di loro esistiamo noi nobili…Per governarli! Che lo vogliano oppure no! –
Oscar sospirò – Lasciamo perdere! Temo che sia tempo perso. Ma adesso dovremo concentraci sulla pietra rossa e non ho la minima idea di quanto manchi da qui al grande cerchio di pietra, anche se so che la direzione è quella giusta –
Morgana aggrottò la fronte – Il grande cerchio di pietra? Intendi forse dire quello vicino a Salisbury? Quell’ammasso di rocce era già antico nella mia epoca e nessuno ha mai capito a cosa mai serva. L’arma è lì? –
Oscar mise la mano all’interno della giacca e ne estrasse la pietra. Sorrise: - Lo capirai quando ci sarà la luna piena. E ormai non manca molto –
 
A Glastonbury, dalla la residenza del reverendo Nathaniel Philby, uscì a grandi passi il colonnello William Harrison. Il militare si fermò di fronte a un gruppo di uomini a cavallo, non cavalleggeri dell’esercito inglese, ma persone vestite interamente di nero. Montò in sella con grazia e poi si rivolse all’uomo al suo fianco sorridendo – E’ incredibile cosa possa fare la visione di un’uniforme mio caro Nesby. Padre Philby non era molto loquace, ma lo era di più la sua governante, o amante, non ho capito. La francese è stata qui –
Nesby strinse le labbra – Lo sapevo anch’io! L’abbiamo seguita fino a qui e gli abbiamo teso un’imboscata sulla cima di quella gigantesca collina – disse indicando il Tor.
Harrison sospirò – Fino a quando vi siete lasciati spaventare da, cito le tue parole: un’apparizione spettrale che ci ha fatto fuggire. Notevole mio caro Nesby! Anche perché non sembra che l’arma sia qui e che quella che è apparsa là sopra sia solo una donna. Una donna dalla pelle pallida tutta vestita di nero, su un cavallo nero e con spada e scudo –
Nesby inarcò le sopracciglia – E ti sembra normale? E’ sbucata dalla base di quella maledetta torre lassù in cima. Sei mai stato là sopra? Certe volte mi sembra di sentire…Sentire qualcosa di magico –
Harrison sospirò di nuovo – La magia…Quella era una donna in carne ed ossa. E poco importa che avesse una spada e uno scudo. E’ una persona come me e te e dubito che potrà resistere ai colpi delle armi da fuoco, come la francese del resto. A causa della tua dabbenaggine Lord Baxter è dovuto partire da Londra per raggiungerci assicurando Re Giorgio che si occuperà lui di sorvegliare la de Jarjayes…Magari non come lo vuole Sua Maestà, questo è certo, ma a questo punto siamo alla fine di una ricerca che è durata oltre un millennio e non sarà certo quella donna vestita da uomo o un finto fantasma che potranno fermarci. Sia chiaro che da ora in poi sarò io al vostro comando –
Nesby annuì e si portò una mano alla fronte nell’imitazione del saluto militare – Agli ordini colonnello! Nonostante tutto i miei uomini sono ancora alle loro calcagna e sappiamo che si stanno dirigendo verso ovest…Quindi… -
Harrison sorrise debolmente – Andiamo a ovest! –
   
 
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