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Autore: Batckas    05/08/2021    0 recensioni
Marco, diciannovenne rimasto solo in vacanza al mare, si invaghisce di una ragazza di cui non sa praticamente nulla. Tra goffezza, videogiochi e molta poca autostima, cercherà di fare i primi passi.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dopo diversi tentativi Laura entrò in acqua. Marco era inebriato dalla presenza della ragazza, la sua pelle luminosa al Sole, l’acqua che le scorreva addosso, le labbra tirate in un sorriso genuino e meraviglioso.
(Mi sto innamorando?)
“Sai nuotare bene?”, chiese Laura.
“Abbastanza! Tu?”
“Diciamo che me la cavo.”, sorrise e si immerse notando diversi metri in apnea. Riemerse, si portò i capelli all’indietro.
“Direi che hai mentito.”, scherzò Marco.
“Faccio piscina da… tre anni ormai.”
“Forte! Anche a livello agonistico?”
“Ho partecipato a qualche gara, sì.”
Marco le si avvicinò.
“Vinte?”
L’espressione di Laura mutò.
“Non ancora.”
(Merda. Tirala su di morale. Ma come?)
“È lo spirito giusto! Non bisogna abbattersi. Anche a me piace nuotare, ma non ho mai fatto piscina. Ti va se andiamo alla boa arancione?”, il ragazzo la indicò a largo.
“Gara?”
(Cazzo quanto è bella.)
“Gara.”
“Via!”, Laura si avviò rapidissima nuotando in uno stile libero perfetto. Marco non poteva tenerle testa, ma decise di dare il massimo, dopo diverse bracciate, però, mentre il cuore gli sobbalzava nel petto in un misto di eccitazione e stanchezza, si fermò un istante per ammirare la ragazza che nuotava. Aveva vinto la lotteria. Riprese la gara.
Si fermò, ma Laura era già appoggiata alla boa da ormai due minuti.
“Mi hai lasciato vincere.”, Laura gli puntò contro un dito inquisitore.
“Mi sono fermato perché mi stava venendo un crampo, ma comunque non avrei potuto vincere contro di te.”
Laura pensò qualche secondo, era come se avesse deciso all’ultimo momento di non dire ciò che aveva pensato, infatti si immerse sott’acqua per diversi secondi, ne riemerse e, come faceva sempre, si sistemò i lunghi capelli.
“Non riesco ad immaginarti con una cuffia in testa.”, azzardò Marco per rompere il silenzio.
Laura gli fece cenno come per intendere: “non dirmelo”.
“Il mio istruttore rompe sempre le scatole su questa storia.”
Marco non ci aveva fatto caso fino a quel momento, ma la cadenza della ragazza non era uguale alla sua.
“Comunque, di dove sei?”, domandò.
“Salerno. Tu?”
(Merda.)
“Trieste.”
“Cooosa? Ma è lontanissimo da qui!”
“Lo so, i miei vengono dalla Campania, quando erano giovani presero casa in questo villaggio, quindi ci veniamo ogni anno.”
Marco si rattristò inconsapevolmente. Non aveva mai pensato a qualcosa del genere, nei suoi sogni la storia con Laura non si fermava ad un’avventura estiva e, ancora meno, ad un’amicizia. Aveva spesso creduto nell’amore a prima vista, per quanto lo ritenesse comunque un sentimento infantile.
(Non correre troppo, cretino, la conosci appena. Non puoi parlare d’amore, è solo infatuazione.)
“Tu lavori?”, chiese Laura, la cui espressione non era per niente cambiata.
(Sono solo un ragazzo conosciuto sulla spiaggia, ha perfettamente ragione. Potremmo non vederci mai più da domani e non cambierebbe niente. Sono davvero un cretino.)
“Niente di serio, ancora, ho lavorato per un anno a Torino.”
“Bello! Di cosa ti occupi?”
“Lavoro per un piccolo giornale cittadino, niente di che, eh, però, mi piace e come primo lavoro non è niente male. Tu vai a scuola?”, Marco sentì le guance diventare rosse.
“Sì, l’anno prossimo è l’ultimo anno di liceo classico.”
“Accidenti fai il classico! Deve essere difficile.”
“Tu che scuola hai fatto?”
“Scientifico.”
“Siamo incompatibili, addio.”, Laura scomparve sott’acqua e ne riemerse ridendo.
Gli occhi di Marco erano persi su di lei. Il sorriso della ragazza era per lui una costante scarica elettrica, tutto sembrava assumere un senso, ogni tassello della sua vita diventava parte di un meraviglioso puzzle che disegnava il sorriso più bello che avesse mai visto.
Laura arrossì, accortasi dello sguardo del ragazzo.
(Cazzo, riprenditi.)
“Sai già cosa fare dopo?”, Marco balbettò.
Laura si coprì le orecchie con le mani.
“Noo non farmi questa domanda! È Taboo!”
“Scusaaaa!”,
“No, comunque, a parte gli scherzi, credo di fare lettere classiche e di continuare con il percorso iniziato al liceo, vorrei diventare insegnante, per questo.”
“Ma! Sembra che hai le idee così chiare, quindi perché i dubi?”
“Perché diventare insegnanti in questo paese è una tragedia!”, la voce di Laura era diventava nervosa, chiaramente aveva già affrontato numerose volte questa discussione.
“Lo so che sembra sdolcinato…”
Laura lo guardò dritto negli occhi impedendo al cuore di Marco di battere regolarmente. Lei si aspettava qualcosa.
“Però…”, riprese Marco ingoiando amara saliva. “Se è davvero quello che vuoi fare, vale la pena lottare per riuscirci, no? Intendo, sì è difficile, ma non impossibile.”
“Sicuro. Infatti alla fine penso farò proprio quello.”
Laura sembrava delusa da quelle parole.
(Forse si aspettava qualcosa di diverso? Cazzo! Forse si aspettava qualcosa di sdolcinato nei suoi confronti. Dio, non la capisco!)
“Tu, invece? Resterai a Torino?”, incalzò la ragazza.
“Per il momento, ho intenzione di fare qualche corso per imparare a scrivere meglio, magari prendo il tesserino da giornalista, inizio il mio blog, non so, cose così.”
“Anche la tua scelta è molto coraggiosa, a dire il vero. Le persone non leggono così tanto ultimamente.”
“E lo so, ma è una passione. A te piace leggere?”
“Solo in estate, durante l’anno quando ho finito di studiare mi scoccia mettermi su un altro libro, anche se si tratta di svago. A te presumo piaccia molto?”
“Meh, non proprio, preferisco produrre che leggere.”, Marco mise le mani avanti. “Ma so che si dice: se vuoi imparare a scrivere, devi leggere tanto e molto, imparare dagli altri eccetera.”
“Vabbè alla fine ognuno fa quello che vuole.”
Restarono in silenzio per qualche secondo.
(Forse le sto sul cazzo.)
“Torniamo?”, propose Marco.
“Gara?”
“Gara.”
“Via!”
Tornarono a riva, Marco si impegnò davvero questa volta, ma vinse comunque Laura.
“Schiappa.”, lo prese in giro la ragazza.
“Dovresti insegnarmi qualche trucco.”
“Però mi faccio profumatamente pagare.”
“Temo di non avere abbastanza soldi.”
Laura rise.
(Non mi sembrava qualcosa di così divertente. Forse sta solo avendo pietà di me e intende scaricarmi appena potrà?)
“Vuoi uscire dall’acqua?”, domandò Laura.
(Oh cazzo, ora qual è la risposta corretta?)
“Tu?”
“Non si fa così! Non si gira la domanda!”, protestò la ragazza gioviale.
“E-e le regole della cavalleria me lo impongono!”
“Restiamo un altro po’?”
“Perfetto.”
Marco era soddisfatto di come erano andate le cose, poteva restare in acqua anche dodici ore e non ne avrebbe avuto abbastanza. All’improvviso degli schizzi lo fecero sobbalzare, guardò alla sua sinistra e scorse un pallone, lo recuperò.
Vide la ragazza della coppia che lo aveva aiutato a bagnare la sabbia che si avvicinava.
“È loro.”, disse Laura.
(Devo lanciarla? O gliela porgo?)
Vedendo la ragazza che si faceva sempre più vicina decise di raggiungerla a metà strada e passare lentamente la palla.
“Grazie.”, disse la ragazza.
“Grazieee!”, gridò il fidanzato lontano.
“Li conosci?”, domandò Laura quando Marco ritornò.
“No, no; li ho solo visti sulla spiaggia qualche volta.”
“I tizi con cui hai litigato ci stanno?”
“Mi sembra di averli visti.”
“Fanno sempre gruppo?”
“Sì, ma non mi frega tanto. Tu hai un gruppo di amici a Salerno?”
“Sì, in realtà siamo solo ragazze, mie compagne di classe, siamo in cinque in tutto. Un club privato.”, Laura gli fece l’occhiolino per scherzare.
Marco si sciolse, il pantalone si gonfiò.
(Oh porca merda. Fai finta di niente, fai finta di niente, ora ti passa. Ora ti passa.)
“Sì anche io, dal liceo sono rimasto amico con tre ragazzi. E…”, la guardò negli occhi. Era la domanda fondamentale. Non voleva farsi fermare dalla distanza. “Ce l’hai un fidanzato?”
(Cazzo.)
“Mi sono lasciata due mesi fa.”
(Sì CAZZO!)
Laura si incupì.
“Mi dispiace.”, simpatizzò Marco.
“Macché, era un idiota. Mi ha tradito. Dovevo lasciarlo molto prima, mi sono lasciata condizionare dalle persone sbagliate.”
(Daje cazzo.)
“Ah…”, Marco prese coraggio. “Un vero stronzo.”
“Decisamente.”, Laura annuì convinta. “Tu sei fidanzato?”
“L’ultima volta che sono stato fidanzato avevo sedici anni, una storia durata tipo… due mesi.”, rise. “Niente di serio. Non ci siamo nemmeno più visti perché ha cambiato scuola.”
“Per colpa tua?”, Laura sgranò gli occhi.
“No!”
“Scherzo!”, Laura scoppiò in una fragorosa risata. “Hai fatto una faccia…”, e giù di altre risate, miele per Marco.
Il giovane non se ne rese conto altrimenti avrebbe impiegato tutte le sue forze per porvi rimedio, ma la sua espressione era persa nel vuoto, Laura se ne accorse e si sentì lusingata. Sapeva che Marco stava flirtando con lei, adorava la gentilezza e la delicatezza con cui lo stava facendo.
I due continuarono a parlare del più e del meno, dai telefilm ai film preferiti, dalle proprie famiglie e alle gite della scuola media. Di qualsiasi cosa parlassero, sembrava che non ci fosse alcun imbarazzo tra i due. I muri erano stati abbattuti in poco tempo. Si scoprivano pezzo dopo pezzo, ogni tanto restavano in silenzio, facevano una calata in acqua, ma poi riprendevano a parlare.
Passarono ore, ma non se ne accorsero.
“Oh cazzo.”, sobbalzò Laura guardando la spiaggia. “Quelli sono i miei! Ma che ore sono?”
Marco aguzzò la vista per adocchiare l’orologio sulla bacheca in spiaggia.
“Cazzo, le 14.”
I due si guardarono e risero.
“Mi avranno telefonato, cavolo saranno preoccupati a morte.”
Laura si avviò per uscire.
Si voltò con urgenza.
“Non… aspetta in acqua finché ce ne siamo andati, ok?”
(Si vergogna di me. O forse, come naturale, si vergogna di farsi vedere dai genitori con un ragazzo.)
“Va bene. Ci vediamo oggi in spiaggia?”
“Ovvio. Ci mettiamo d’accordo su Telegram, magari possiamo scendere insieme. Vado, ciao a dopo.”
Marco si lasciò andare a morto sull’acqua, la seguì mentre incontrava i genitori, poteva sentirla scusarsi e inventare i motivi per cui era ancora a mare. Il ragazzo voleva cantare a squarciagola, era il giorno migliore della sua vita.
(Le interesso.)
Non poteva darsi altre spiegazioni al fatto che volesse incontrarlo di nuovo.
Dopo che Laura se ne fu andata con i genitori, Marco uscì, finalmente, dall’acqua, nel momento in cui non fu più bagnato percepì una grande stanchezza nei muscoli, un formicolio sulle spalle. Si ritirò a casa, divorò il pranzo già pronto che aveva conservato e si distese sul divano. Non poteva non pensare a Laura, quando prese lo smartphone si accorse di una decina di chiamate perse dalla madre.
(Merda.)
La chiamò e si scusò, spiegò che era stato in acqua tutto il tempo. La madre si raccomandò delle stesse cose per i successivi cinque minuti prima di interrompere la chiamata.
Marco scrollò qualche post su Instagram, cercò “Laura”, ma non la trovò.
Fece capolino la notifica.
“Ehi!”
(È lei!)
Il cuore gli sorrise.
Attivò Telegram.
Ma già non era più online.
(Ho delle speranze con lei. Ma se ci mettiamo insieme come facciamo? Viviamo lontanissimi. Certo una relazione a distanza non mi spaventa troppo, però che palle! Sicuramente non le andrà bene. Magari. Se… una scopata in vacanza? Non sarebbe così male. Ma se poi mi manca? Cazzo, ma se scopiamo ho bisogno di preservativi. Oh merda e ora? Devo andare in paese a comprarli. Meglio non affrettare le cose. Merda. E se scopre che sono un verginello di merda che non sa fare niente?)
Voleva piangere.
(Forse è meglio restare soltanto amici. Basta! Calma, respira. Lascia che le cose vadano come devono andare, non ha senso correre, può diventare benissimo una semplice amica con cui trascorrere questi giorni. Non puoi esserti innamorato di lei in così poco tempo. Non la conosci ancora. Può darsi… può darsi che sezioni gattini nel tempo libero.)
Si mise le mani nei capelli, non riusciva a pensare ad altro. Il pensiero di Laura era una zanzara pedante che gli ronzava nel cervello.
(Mi fanno male le spalle.)
Si alzò dal divano e andò in bagno.
(No, cazzo…)
La pelle era scarlatta. Si era bruciato.
Si spalmò un po’ di crema anti arrossamento.
Prese lo smartphone, attivò la chat di Laura.
“Ehi.”, rispose al messaggio precedente. 


Sta scrivendo…
E invece lo telefonò.
(COSA?!)
“Pronto?”
“Scusa non volevo disturbarti.”, rise.
“No, macché, è successo qualcosa?”
“No, però pensavo… io non so mai che fare il pomeriggio, ti dispiace fare una passeggiata con me?”
Marco svenne.
“C-certo, d-d-dove dobbiamo vederci? O-o-o-ra?”, balbettò.
“Se mi dici dove abiti vengo sotto casa tua.”
“N-n-o, dai, dimmi.”
“Va bene, allora all’ingresso secondario della spiaggia? Dove stanno le altalene.”
“Ok, perfetto, scendo.”
“A tra poco!”
“Sì, ciao…”
La telefonata si interruppe.
(AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!)
Lava i denti.
Lava le ascelle.
Collutorio.
Per sicurezza altro collutorio.
Deodorante: ascelle. Pantalone.
Profumo: collo e polsi.
(Sono in ritardo.)
Laura gli inviò un selfie.
Nel selfie era inquadrato anche il costume che stava indossando.
Marco si guardò il pacco.
(E tu stai buono.)

 
   
 
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