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Autore: Batckas    04/08/2021    0 recensioni
Marco, diciannovenne rimasto solo in vacanza al mare, si invaghisce di una ragazza di cui non sa praticamente nulla. Tra goffezza, videogiochi e molta poca autostima, cercherà di fare i primi passi.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Stava fissando lo smartphone come se fosse un manufatto alieno pronto ad incenerirlo. Aveva riletto il messaggio almeno venti volte. Erano le sette di mattina, si era svegliato per andare in bagno, ma aveva visto la notifica, l’aveva aperta e il sonno lo aveva completamente abbandonato dando spazio ad una eccitazione mista al più puro terrore.
Significava che anche la ragazza era interessata a lui? Da Telegram aveva letto il suo nome: Laura.
Era un bel nome, continuava a ripetersi. Marco si rese conto di aver calcolato il suo piano dando per scontato che sarebbe fallito e che sarebbe dovuto fuggire a gambe levate. Nei suoi film mentali loro due si sarebbero dovuti scambiare una infinità di messaggi, non aveva fatto i conti con la situazione che li prevedeva faccia a faccia nel giro di poche ore.
Aveva la chat aperta, aveva visualizzato il messaggio, doveva scrivere qualcosa, ma non sapeva cosa dire, non poteva lasciarla senza una risposta, sarebbe stato sgarbato.
Ebbe un tuffo al cuore.
Sotto al nome Laura era comparso: “online”.
(Oh merda, oh cazzo merda, oh porca merda…)
Non poteva più aspettare, ora o niente.
Provò a scrivere qualcosa, ma era talmente agitato che digitava più lettere insieme, non riusciva a mettere insieme una parola di senso compiuto. Doveva ricorrere alle maniere forti. Afferro il notebook, attivò Telegram Desktop e, con la sicurezza che percepiva crescere dentro di lui con le dita che sfioravano la tastiera, iniziò a comporre il poema sacro che era la sua risposta:
“Buongiorno.”
(Merda, neanche una faccina ho usato, Dio santo che malato che sono, ora penserà che sono stato tutta la notte a sbavare sulla sua foto profilo, che tra l’altro è un disegno.)
Sta scrivendo…
(Oh vaffanculo, porca troia, vacca merda, cazzo, cazzo, cazzo.)
Bloccò il telefono e ridusse ad icona Telegram Desktop.
Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto, per un istante temette l’infarto, lo schermo dello smartphone si attivò per la notifica. Lesse il messaggio.
“Buongiorno 😁, mattiniero vedo! Io stanotte non riuscivo a dormire per il caldo 🥵”
(Usa molte emoticon. Lo fa sempre? O forse mi sta trattando come un povero cretino. Sicuramente la seconda.)
Doveva rispondere.
Come se fosse un macigno da sollevare riattivò Telegram.
(Ricorda, usa le faccine!)
“Di solito mi sveglio moolto più tardi, ma sì il caldo mi ha dato alla testa.”
(Cazzo la faccina… è ridicolo se la mando ora? Vabbè meglio di niente.)
“🤣”
Ogni volta che Marco leggeva “Sta scrivendo” lo pervadeva un’ansia profonda e pregava di implodere per non dover sentire ancora le budella che gli si ritorcevano, ma al contempo sperava di poter continuare quella conversazione per sempre.
“Quel messaggio sulla sabbia è stato davvero carino 🙈”
(Oh cazzo… ok… rispondo: mai carino quanto te.)
Digitò.
(Ma che dico, che cringe. Allora… come dovrei rispondere? Faccio finta di niente? Dico la verità? Sì certo: ti ho scritto perché hai un bel culo.)
Sospirò.
“Ho sfruttato il secchiello di mio cugino piccolo. Il bagnino e gli altri mi avranno preso per pazzo 😅”
“Da cosa viene il tuo nickname?”
“Era il mio soprannome alle medie.”
“Di che anno sei?”
“2002, tu?”
“2004 😶”
(Cosa significa questa faccina? Mi sta dicendo che è troppo piccola? Abbiamo solo due anni di differenza, non è tanto, poi non è che sto facendo niente di male. Le ho guardato il culo. È pedofilia? Mi arresteranno? Aiuto.)
Laura continuò:





Marco si lasciò andare sul letto, aveva la gola secca, i muscoli che gli dolevano e la morte pronta a reclamare la sua anima. Era tutto sudato, chiuse gli occhi e sorrideva come uno scemo. Non riusciva a smettere. Vide che Laura era andata Offline, ma voleva aspettarla finché non fosse tornata, non gli interessava altro. Sembrava una tipa molto alla mano, a pelle gli stava simpatica.
(La vera sfida sarà parlarle di persona, cazzo.)
Fu aggredito da una fame improvvisa, andò in cucina e divorò una merendina, si sentiva euforico, voleva saltare e urlare, cantare e abbracciare il primo che passava. Gli sembrava un sogno che diventava realtà.
(Ora, però, non devo fare la zecca, le devo lasciare i suoi spazi, aspettare che sia lei a contattarmi, non risponderle troppo velocemente ai messaggi e non avvicinarla in spiaggia se non sarà lei a farlo.)
I suoi pensieri si perdevano nella visione di lei.
(È solo un’infatuazione e un bel culo, niente di più per ora.)
Le ore trascorsero lentamente. Controllava in continuazione lo smartphone, ogni notifica che gli arrivava lo faceva sobbalzare, ma non era mai quella sperata. Era una tortura, contava i minuti, le ore che passavano. Quando si rese conto che presto avrebbe avuto con lei un incontro faccia a faccia si sentì mancare. Doveva sistemarsi come meglio poteva. Si lavò, si profumò sotto le ascelle, controllò che i capelli fossero in qualche modo decenti, decise di indossare la maglietta di cui andava più fiero, una di Indiana Jones, trangugiò mezza bottiglia di collutorio ed era pronto per andare in spiaggia. Per non fare brutte figure con Laura decise di spalmarsi la crema in casa prima di uscire, così una volta al mare poteva direttamente tuffarsi mostrandosi anche spavaldo e figo. Non riusciva a non pensare a Laura, immaginò la sua voce. La doveva salutare con una stretta di mano? Bacio sulla guancia? Slinguazzata violenta come in una telenovela? Si grattò la fronte.
(Non essere stupido, sii naturale, è solo una persona che devi conoscere. Fingi che sia un maschio. Un maschio da cui sei sessualmente attratto e che vuoi portare all’altare. Ah ma smettila! Non la conosco nemmeno. Andrà tutto bene, basta mantenere la calma. Non mi sembra una di quelle tipe che crede che solo lei abbia la fica. Andrà tutto bene. Devo solo muovere i primi passi fuori dalla porta.)
Fece un respiro profondo, fantasticò su di sé come un soldato dell’esercito americano pronto ad approdare ad Omaha Beach, quando la porta di casa si aprì vide il portellone del mezzo da sbarco finalmente scendere e i suoi compagni essere maciullati dalle mitragliatrici nemiche.
(Devo proprio rivedere Salvate il soldato Ryan.)
Più guardingo del solito, con il terrore di incrociare Laura sul percorso per andare a mare, Marco camminò per il villaggio fino a giungere all’ingresso che dava alla spiaggia. In base all’orario, Laura non era lì.
(E se è venuta prima per incontrare me?)
Voltò l’angolo pieno di speranze e sogni di ipotetici futuri che prevedevano tutti un bacio appassionato tra lui e la sua amata…
Non c’era.
(Meglio.)
Si incamminò verso il suo ombrellone. Si sistemò.
(Vado a mare? L’aspetto? E se viene coi suoi? Che faccio? Mi devo presentare? No forse no. Aspetterò che sia lei a fare la prima mossa? O devo farla io? Come funziona.)
Rimuginava silenziosamente mentre tamburellava nervosamente con il piede sulla sabbia.
Passi sulla pedana.
Il gruppo dei quattro.
I due che lo avevano aiutato lo guardarono sorridendo, Marco contraccambiò, pregò che non gli facessero domande e fu ascoltato.
Attese.
Faceva molto caldo.
(Meglio andare a fare un bagno, altrimenti svengo quando la vedo.)
Si avviò a mare.
La scorse con la coda dell’occhio.
Sola.
(Oh merda… no, no, fai finta di niente, vai a mare, non sa che l’hai vista. Muoviti e cammina.)
Si immerse con straordinario coraggio nell’acqua ignorando il freddo e, senza mai voltarsi, iniziò a nuotare e andò a largo dove si sentiva al sicuro, lì non lo poteva vedere.
(Sei proprio uno stupido.)
Era troppo lontano per vedere cosa faceva Laura.
(Mi sto altri cinque minuti poi salgo. Perfetto, faccio l’entrata ad effetto come quei fighi che escono dalle onde. Certo… mi manca soltanto il fisico, il carisma e lo charme. Bella merda.)
Toccò il fondale profondo, fiero dell’ossigeno che era riuscito ad incamerare, l’acqua era splendida. Marco era agitato e in ansia, nuotare lo affaticava più del solito.
(Vedi anche di morire qui.)
Andò verso la riva.
Laura stava prendendo il Sole sotto all’ombrellone.
(Merda… devo farlo.)
Il tempo che impiegò per fare la doccia lo sfruttò per provare nella sua testa diversi modi di salutare Laura. Voleva fare una bella impressione, far capire che era un bravo ragazzo e non un pervertito, che voleva conoscerla ed essere amici. Scrutò il sedere di Laura. I pensieri di purezza si sciolsero come neve al Sole.
Si impose autocontrollo, le guardava il viso, la giovane era distratta, rivolta verso il lato opposto con le cuffiette nelle orecchie.
(Merda.)
La missione andava abortita, a meno che non si fosse girata negli ultimi due metri che lo separavano dal suo ombrellone, non avrebbe potuto salutarla, non poteva andarle vicino e toccarla per attirare la sua attenzione, sarebbe stato un fallimento clamoroso.
Mancavano dieci passi poi si sarebbe seduto e avrebbe dovuto attendere un movimento di lei, magari alzarsi goffamente dalla sedia e salutarla, ma come poi? Sarebbe dovuto andare sotto al suo ombrellone? Lasciarla stare? Fare un gesto da lontano?
Laura si voltò.
(Cazzo…)
Sorrise.
(D’un cazzo…)
Si tolse le cuffiette.
(Stracazzo.)
Si mise seduta sul lettino.
(Porca…)
Sollevò una mano in cenno di saluto.
(Di quella vacca…)
Si alzò e andò verso di lui.
(Puttana.)
“Ehi ciao!”, disse Laura.
Il fiato mancò nei polmoni di Marco. Si era dimenticato come si respirasse, aveva dimenticato anche come si camminava. Era prima un piede e poi l’altro? O tutti e due insieme? Per parlare doveva muovere solo le labbra? O anche la lingua? Il sistema nervoso del ragazzo era completamente offline. Bombe nucleari esplodevano tutto intorno a lui, aerei da combattimento ronzavano sulla sua testa, era morto su Omaha Beach.
“Ciao!”, sputò finalmente fuori come Stitch del cartone animato. Tossicchiò e si schiarì la voce. “Tutto bene?”
“Certo! Com’è l’acqua?”, Laura sorrideva, si voltò verso il mare.
(Profuma. Come fa a profumare così tanto? Sarà la crema. Ha una bella voce, graziosa.)
“Bella, molto pulita a largo, freddina e...”
(Non dire bagnata, non dire bagnata, non dire bagnata.)
“Scommetto bagnata.”, aggiunse Laura ridacchiando.
“Un po’ di meno, oggi.”, scherzò Marco.
(Se cala il silenzio che faccio? Continuo a parlare? Cerco argomenti? Le faccio un massaggio? Le do una botta in testa?)
“Che cosa ascoltavi di bello?”, chiese il giovane.
“Imagine Dragons.”, rispose prontamente Laura. “Li conosci?”
“Certo! Molto belli.”
“La tua canzone preferita?”
“Friction, la tua?”
“Believer.”
“Molto bella.”
“Anche la tua non è male.”
Laura stirò le labbra in un sorriso e si morse involontariamente il labbro inferiore.
(Contieniti, Marco, contieniti.)
“Ti va di fare il bagno?”, propose il ragazzo.
“Sei appena uscito, non ti preoccupare. Vado dopo.”
“Macché! Se ti va di fare il bagno, andiamo!”
“E va bene.”
Laura posò l’ipod piegandosi in avanti.
(Allarme! Allarme! Lo ha fatto di proposito! È un test! Se le guardo il culo è finita. Devo andare via! Via!)
Marco scappò sotto il suo ombrellone per inviare un messaggio inesistente alla madre ed evitare ogni tentazione. Quando Laura fu pronta si finse distratto.
“Andiamo?”, domandò lei.
“Eccomi.”
Marco affrontò coraggiosamente l’acqua, anche perché già bagnato da prima. Laura, invece, arretrava di un po’ ogni volta che arrivava l’onda. Era così carina quando si piegava per il freddo e sorrideva per i brividi che la pervadevano, Marco cercava di non guardarla, ma era attratto da lei come magnete, sembrava una bambina, era divertito, spensierato, tutte le altre persone sulla spiaggia scomparvero in un solo istante.
Esisteva solo Laura.
 



 
   
 
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