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Autore: PitViperOfDoom    05/08/2021    1 recensioni
Midoriya Izuku è sempre stato considerato strano. Come se non fosse abbastanza essere un debole quirkless, doveva pure essere debole, quirkless, e pure strano.
Ma in realtà, la parte "strano" è l'unica veritiera. È determinato a non rimanere un debole e, a dispetto di quello che è scritto sulla carta, non è veramente quirkless. Anche prima di incontrare All-Might ed ereditare il potere dello One For All, Izuku non è quirkless.
Anche se nessuno gli avrebbe creduto se lo avesse raccontato.
{The Sixth Sense AU}
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 16

 

 

Tornò giusto in tempo per vedere Iida affrontare Todoroki. I suoi compagni di classe lo salutarono. Venne accolto con scherzi e affettuose prese in giro e delle caute pacche sulla schiena evitando le sue ferite. Mineta chiese a gran voce se Todoroki gli avesse veramente fatto saltare via un occhio a pugni, finché Tsuyu non lo cacciò sotto la sedia. Se avevano notato quanto di poche parole fosse, non dissero nulla.

Uraraka si mise di nuovo Mika sulle gambe. “Che sfortuna.” Disse a bassa voce. Sotto di loro, il match si concluse rapidamente. Iida stava per farcela, ma Todoroki congelò i suoi motori e gli soffiò la vittoria – senza usare il fuoco, non poté fare a meno di notare.

Stava ascoltando solo con un orecchio. “Eh?”

“Avremmo potuto durare di più, io e te.” Disse lei. “Ma siamo stati accoppiati subito con i due più forti.”

“Immagino di sì.” Izuku accarezzò Mika con fare assente. “Non è una scusa sufficiente, però. Non è che i villain ci farebbero combattere le loro pedine più deboli per prime solo per farci salire di livello.”

Uraraka rise. “È un modo un po’ nerd di vedere le cose. Mi piace.” Era seduta dal suo lato non dolorante e quindi gli diede una gentile spallata. “Dovremo diventare più forti e basta.”

“Già.”

Iida si riunì a loro tra amichevoli cori di congratulazioni. Era rosso dall’imbarazzo, ma comunque sorrise e salutò tutti. Da quanto poteva vedere Izuku, non era vicino alle lacrime come lo era stata Uraraka, ma sollevò comunque Mika con un braccio e gliela offrì con cautela. Iida non la prese, ma il suo sorriso si allargò mentre le faceva i grattini a un orecchio.

“Sono un po’ imbarazzato. Ho cercato di imparare dal tuo scontro contro di lui, ma suppongo che non sia stato comunque abbastanza. Probabilmente hai dedotto più cose tu dal match contro Sero che io nel tuo match contro di lui.”

“Però mi sembri conciato molto meglio di me, ora come ora.” Rispose Izuku.

“Suppongo di sì- e seriamente, Midoriya, avresti dovuto essere più cauto.” E in quel momento Izuku seppe per certo che il suo amico stava bene, perché nulla diceva più “pimpante” per Iida che una filippica ufficiosa sulla sicurezza, completa di vigoroso gesticolare. “Sai, hanno visto tutti che hai fatto del tuo meglio e combattuto con tutto te stesso, non ci sarebbe stata nessuna vergogna – assolutamente nessuna vergogna – nel ritirarsi quando non eri più in grado di continuare!”

Sedendosi, Izuku sorrise e scosse la testa. “Ci sei andato molto vicino, Iida.” Disse.

“Suppongo di sì.” Il sorriso di Iida tornò ad essere timido. “Vorrei che mio fratello mi avesse visto, ma non è riuscito a venire.”

“Peccato.”

“Sì, sfortunatamente è stato molto impegnato con le sue mansioni da eroe.” Iida corrucciò la fronte. “C’è un certo villain a piede libero che fa danni e tutti sono in allerta.”

“Ho sentito.” Disse Izuku con un cenno. “Un tizio di nome Stain?” Che razza di nome, Stain. I rapporti che Izuku aveva letto lo descrivevano come molto pericoloso, però.

“Già, è apparso sui telegiornali, non è vero?” Disse Kirishima. “Sembra una brutta gatta da pelare. Alcune persone lo chiamano l’Assassino di Eroi.”

“Verrà sconfitto presto.” Disse Iida scrollando le spalle. “Come minimo, All Might non gli permetterà di continuare per molto.”

Lo scontro successivo catturò di nuovo la loro attenzione. Il Festival dello Sport si stava avviando al suo termine e i partecipanti erano rimasti in tre.

Izuku non fu sorpreso quando Bakugou sconfisse Tokoyami. Però era contento che Tokoyami fosse arrivato fino a lì. Se lo meritava; era praticamente l’unica ragione per cui la squadra di Izuku era riuscita a tirare avanti alla fine della battaglia a cavallo.

Lo scontro finale vedeva Bakugou contro Todoroki. Izuku già sapeva chi avrebbe tifato.

Le esplosioni di Bakugou lo facevano sussultare ogni volta che detonavano. Le orecchie gli fischiavano, le dita erano intorpidite da quanto stava stringendo la sedia e stava serrando i denti così tanto che gli faceva male la mascella. Fu molto combattuta – più del suo scontro contro Todoroki, quasi combattuta come quello di Kirishima contro Tetsutetsu, a detta degli altri.

Non vedeva bene a causa dei lampi causati dalle esplosioni di Bakugou, ma quella fu l’unica luce che vide. Todoroki non rilasciò una singola scintilla.

Izuku era riuscito a farsi valere contro di lui senza nemmeno usare One For All. Ma Bakugou aveva un quirk potente ed era un combattente forte e selvaggio anche senza usarlo. Il ghiaccio da solo non sarebbe bastato, ma Todoroki ancora si ostinava a non scatenare il suo fuoco come aveva fatto contro Izuku.

“Pensi che ci sia qualcosa che non va in lui?” Poteva a malapena sentire Uraraka mormorare di fianco a lui; il quirk di Bakugou la ovattava quasi completamente. “Scommetto che andrebbe meglio se usasse il suo fuoco, non pensi?”

“Potrebbe essere ancora ferito.” Si intromise Tsuyu, alzando la voce sopra il fracasso. “Sono abbastanza sicura che abbia il naso steccato.”

Kirishima sgomitò leggermente Izuku da dietro. “Già, vi siete davvero scombinati le facce. Il tuo occhio è a posto?”

“È a posto.” Rispose Izuku. Sul ring, Todoroki incassò un brutto colpo. Fu un brutale pugno allo stomaco, con in aggiunta un’esplosione detonata dal palmo di Bakugou, e lo fece volare via. Quando fece contatto, Izuku chiuse l’occhio e sussultò. Lo aveva provato sulla sua stessa pelle. Non era divertente.

Di fianco a lui, Rei ringhiò.

“Penso che questo scontro finirà presto.” Disse Uraraka a bassa voce. “Todoroki è a metà della potenza e Bakugou…”

“Bakugou sembra incazzato.” Disse Kirishima.

“Sembra sempre incazzato.” Fece notare Tsuyu.

“Sì, ma… Non so, sembra diverso.”

Izuku capiva benissimo cosa intendesse Kirishima, ma stava cercando di non pensarci troppo. La rabbia di Bakugou era qualcosa a cui non gli faceva troppo piacere pensare. Era già abbastanza doverla vedere e ricordare tutte le volte che l’aveva sentita sulla propria pelle.

“Ha usato a malapena il suo fuoco però.” Disse Uraraka. “Deku, tu sei l’unico che l’ha visto da vicino. Pensi che ci sia qualche problema?”

La risposta, ovviamente, era no. Non lo pensava, sapeva che qualcosa non andava. Sarebbe stato difficile trovare qualcosa che andasse.

Era tristemente semplice, in realtà. Significava solo che ci voleva più di una conversazione nel mentre di una scazzottata per aggiustare ciò che era rotto.

Le dita di Izuku si strinsero nel pelo morbido e setoso di Mika guardò con l’occhio che gli pizzicava mentre Bakugou ruggiva e si apriva la strada verso la vittoria a suon di esplosioni. Quando Midnight dichiarò la fine del match, la sua determinazione, infine, si incrinò. Non poteva guardare oltre. Non poteva nemmeno guardare la cerimonia di premiazione.

“Deku?” Disse Uraraka quando si alzò dal suo posto. “C’è qualche problema?”

Stava già marciando verso l’uscita più vicina agli spalti.

Trovò rifugio in una sala d’attesa, abbastanza distante dallo stadio che il tifo e il chiasso degli spettatori era solo un fioco ruggire di sottofondo, ovattato da spessi muri d’acciaio. Tutto quello che aveva come compagnia erano un gatto, un fantasma e l’occasionale spirito che non lo degnava di uno sguardo; e gli andava bene così. Sistemandosi su una sedia, si piegò attorno al suo gatto e respirò dentro e fuori e dentro e fuori finché smise di sentire pugni nello stomaco che gli echeggiavano nella memoria.

Probabilmente era meschino. Probabilmente era un po’ patetico. Ma aveva davvero, davvero sperato che Bakugou non vincesse.

Ovviamente, aveva cominciato il Festival dello Sport con un bruciante desiderio di vittoria. Ma nel (fin troppo possibile) caso in cui non ce l’avesse fatta, sapeva che almeno c’erano svariate altre classi piene di studenti che non erano Bakugou che potevano vincere; e quella era stata una consolazione. Ma no. Bakugou aveva vinto, di nuovo. Aveva vinto contro Todoroki che aveva combattuto con metà del suo potere, e Izuku aveva potuto a malapena tenere il passo di Todoroki a metà della potenza.

Si chiese, per un folle momento, se fosse così che Endeavor si era sentito, guardando la schiena di All Might per anni e anni.

Non poteva essere così, però. Izuku non era arrabbiato per la sconfitta. Sapeva perché aveva perso e sapeva di aver scambiato la sua occasione di vincere per qualcosa di altrettanto prezioso. Non riguardava il suo vincere o perdere. Non c’entrava solo il fatto che Bakugou aveva vinto (ancora, ancora, ancora e ancora; il vincitore aveva automaticamente ragione, come se vincere cancellasse tutte le cose che aveva fatto). Quella era una vecchia spina nel fianco, un circolo vizioso che ricominciava sempre daccapo in cui Bakugou vinceva e vinceva e vinceva e dal momento che vinceva non pensava mai di essere nel torto. Non pensava mai che, solo perché vinceva, questo non lo rendeva un grande o anche solo una bella persona o quantomeno una decente.

Lui vinceva e vinceva e basta, tutti cantavano le sue lodi e chiudevano gli occhi sul suo carattere e la sua vena perfida e Izuku era stanco di vederlo accadere ed era stanco di sentirsi come un bimbo petulante perché lasciava che gli facesse così male.

Gli occhi di Izuku bruciavano, ma stavolta trattenne le lacrime. Non valeva la pena di piangere. Si sarebbe sentito in questo modo anche se non fosse stato stufo ed esasperato di lasciare che Bakugou lo facesse piangere.

Mika fece le fusa contro la sua pancia e il freddo abbraccio di Rei gli avvolse il braccio sano. Izuku respirò dentro e fuori, lento e regolare, finché non si sentì meglio.

Quando finalmente si tirò dritto, di nuovo pronto ad affrontare il mondo, si era perso la cerimonia di premiazione. C’erano voci e passi nel corridoio. Non molti – Izuku aveva scelto una sala d’attesa che era lontana dal percorso principale. In silenzio, scivolò nuovamente nel corridoio. Forse i suoi amici si stavano chiedendo dove fosse.

“Um, scusami? Detesto scocciarti ancora ma…”

Izuku alzò gli occhi e vide Suzuki non molto più in là, a girarsi i pollici pallidi.

“È solo che, non so a chi altro chiedere.” Disse lei. “Non ho mai incontrato qualcuno come te prima d’ora.”

“Okumura lo sta infastidendo di nuovo?” Chiese Izuku.

“No, è solo che…” La sua voce le morì in gola, imbarazzata. I suoi occhi lo implorarono di capire.

E lui capì, un pochino.

“Dov’è?” Chiese.

Lei svanì dopo avergli dato direttive e Izuku si strinse Mika al petto con un braccio e si incamminò per vedere cosa poteva fare.

Trovò Todoroki esattamente dove Suzuki aveva detto che sarebbe stato. Era un’altra sala d’attesa ben lontana dal corridoio principale, vuota e silenziosa a parte per uno spettatore che si era perso o spiriti che passavano senza interessarsi. Izuku si fermò sull’uscio e sbirciò dentro; non voleva ancora essere notato. Todoroki era più o meno nello stesso stato in cui Izuku era stato negli ultimi dieci minuti. Era ingobbito, quasi arricciato su ss stesso, le dita impigliate nei capelli. Non era conciato troppo male, ma sembrava comunque a pezzi.

L’unica differenza tra lui e Izuku in quel momento era che lui non aveva nessuno ad offrigli conforto.

Per il momento, Izuku si allontanò dall’uscio. Si sentiva tirare in due direzioni opposte. Da un lato, voleva aiutarlo. Aveva fatto il primo passo per aiutare Todoroki e sarebbe stato stupido lasciare incompleto il percorso. Ma dall’altro, non era sicuro di come Todoroki avrebbe accettato il suo aiuto in quel momento – o quello di chiunque altro, a dirla tutta.

Beh. Forse chiunque, tranne…

Izuku fece un respiro profondo, si allontanò ancora dalla sala d’attesa e sollevò la sua gatta finché non furono faccia a faccia. Fu difficile con un solo braccio, ma ce la fece, e Mika era sempre stata una gatta accomodante.

“Allora, ascoltami.” Sussurrò. “Ho un altro lavoro per te. Devi dare il tuo cento per cento, intesi?”

Mika gli premette la zampa sul mento.

“Non ho croccantini adesso.” Disse. “Croccantini a lavoro finito. Fai del tuo meglio, okay?” Le posò un bacio sulla fronte. “Rendimi fiero, Mika.”

“Oh, hey!” Disse mentre entrava nella sala d’attesa, come se fosse del tutto sorpreso di trovare Todoroki. L’altro si drizzò come se qualcuno lo avesse colpito con una scarica elettrica e Izuku fece finta di niente. “Non vorrei chiedertelo ma se ne stanno andando tutti quindi potresti tenere il mio gatto per un secondo per favore perché devo andare a-“ Non stava veramente pensando a cosa dire a Todoroki e dallo sguardo sbigottito sul suo viso non lo stava comunque ascoltando, quindi mollò Mika sulle sue gambe e scappò via con un “Grazie, torno subito!”

Qualche minuto e sarebbe tornato. Cinque minuti. Forse dieci.

Il suo insegnante era nel corridoio, impossibile da vedere dalla sala d’attesa ma perfettamente a portata d’orecchio. Narita lo affiancava ancora, aspettando paziente come sempre.

Anche con le bende sul suo viso, Izuku poté vedere le sopracciglia di Aizawa alzarsi gentilmente.

Alzò le spalle e continuò a camminare. Non era qualcosa che poteva davvero spiegare a parole.

 

-

 

C’era un gatto sulle gambe di Shouto e non era del tutto sicuro di come fosse finito in quella situazione.

Non aveva contato quanto tempo fosse passato, seduto da solo in quella stanza, temendo di sentire la voce di suo padre e sentendosi l’equivalente emotivo di essere investiti da un camion. Un pugno lo aveva lanciato da un lato all’altro dello stadio per ben due volte in un giorno e aveva subito le urla di persone diverse e tutte per motivi diversi.

Si chiese se qualcuno fosse veramente felice dei risultati del Festival. Sapeva di non esserlo. Era pronto a scommettere che il suo inutile padre non lo era. A parte quell’improvviso sfogo non caratteristico, Midoriya si stava comportando come se avesse visto qualcuno tirare un calcio a un cucciolo, quindi sapeva che nemmeno lui lo era.

Bakugou non era felice del risultato, eppure lui aveva vinto.

E di chi è la colpa? Forse se avessi usato il fuoco invece di combattere come un codardo, avresti potuto offrirgli uno scontro decente invece di farlo a cazzo di cane, deludendo tutti-

La pressione di zampette sulla sua coscia lo scosse dai suoi pensieri. Shouto rimase immobile mentre il gatto di Midoriya fece un paio di giri sul suo grembo prima di spostarsi e accucciarsi.

Sul suo lato sinistro.

Shouto non era sicuro del perché lo fece. Era insicuro, non sapendo se il gatto di Midoriya era il tipo da graffiare, quando sollevò gentilmente il gatto e lo spostò, in modo da farlo stendere più verso il centro. La testa dell’animale si girò e- oh, aveva solo un occhio. Quello sinistro mancava, il pelo attraversato da cicatrici.

Il micio rilasciò un miagolio morbido e trillante e si spostò di nuovo, acciambellandosi sulla sua coscia sinistra. Cercò di spostarlo ancora un paio di volte, giusto per essere sicuro, ed entrambe le volte il gatto ritornò sul suo posto preferito.

I gatti amavano le cose calde – quel pensiero gli arrivò dal nulla. Ecco perché si vedevano sempre foto di gatti stesi al sole, o sui computer dei padroni. Era ovvio che preferisse il suo lato sinistro a quello destro.

Controllò la medaglietta sul collare viola. Era una lei e il suo nome era Mika. Quando abbassò di nuovo la mano per accarezzarla, lei rispose con delle fusa che gli penetrarono nelle ossa. Forse se lo stava immaginando, ma gli sembrava quasi come se gli acciacchi che aveva nel punto dove si era seduta stessero iniziando a svanire.

“Ciao.” Disse a bassa voce, mentre lei spingeva la testa contro la sua mano – la sinistra. Si stese sul fianco e premette le zampe contro la sua pancia. “Mi stavo chiedendo… Cosa deve fare di così importante da lasciarti a me? Tu lo sai?”

La gatta non gli rispose, ovviamente, a meno che girare su se stessa in modo da appoggiarsi di nuovo contro il suo stomaco potesse essere considerata una risposta.

Sfortunatamente, non passò molto tempo prima che suo padre scovasse il suo nascondiglio. Quando lo fece, Shouto stava facendo penzolare il laccio di una scarpa per farlo colpire a Mika. Non che si stesse sforzando, perché era più interessata a sciogliersi sul suo fianco sinistro, ma glielo aveva abbassato abbastanza perché lo potesse acchiappare tra le zampe.

“Se hai tempo di cazzeggiare con dei randagi, allora hai tempo per tornare a casa e allenarti.” Scattò Endeavor. “Dopo lo spettacolo di oggi, ne hai chiaramente bisogno – specialmente se hai finalmente deciso di piantarla con i tuoi capricci da ribelle.”

“Non è una randagia.” Disse, ignorando il resto di quello che gli aveva detto quel vecchio bastardo.

“Cosa?”

“È la gatta del mio compagno di classe.” Disse, senza alzare gli occhi. Mika tirò giù l’estremità del laccio e masticò la plastica finché non lo tirò di nuovo via. “Mi ha chiesto di tenerla d’occhio. Quindi, ovviamente, non posso muovermi da qui.”

Dall’altro lato della stanza, sentì la rabbia di suo padre pulsare.

“Ho le mani legate.” Disse con voce piatta. “A questo punto è meglio se torni a casa senza di me. Ti raggiungerò.”

Gli stivali di suo padre sfregarono il pavimento mentre si avvicinava. Spaventata, Mika si girò in modo da avere di nuovo le zampe sotto di sé, ed era rivolta verso Endeavor. La voce di suo padre era un ringhio e Shouto si concentrò sul gatto che aveva in grembo – per quanto lo riguardava, la cosa più interessante della stanza in quel momento. “Ne ho avuto abbastanza dei tuoi patetici, inutili capricci-“ Allungò la mano verso il gatto e Shouto si irrigidì, facendo per tirarsi indietro.

Artigli affilati come spine si piantarono nei suoi pantaloni, pungendogli la pelle. Il pelo sulla schiena di Mika si sollevò e lei appiattì le orecchie contro il cranio, soffiando abbastanza forte da zittire suo padre, il che era, francamente, impressionante. La coda sferzò l’aria e quando la mano di Endeavor arrivò troppo vicino, il sibilo divenne un ululato gorgogliante e la attaccò.

Endeavor ritirò di scatto la mano, nello stesso momento in cui Shouto spinse la propria sedia più lontano. Mika, apparentemente ignara di quanto stesse tentando il pericolo, mantenne le orecchie appiattite contro la testa e sputò. Il suo unico occhio era assottigliato e la bocca era aperta in quello che aveva solo una vaga somiglianza con un sorriso.

(Per un momento, gli ricordò il suo padrone.)

“Penso,” disse tranquillamente, evitando di accarezzarla finché non si fosse calmata, “che dovrei solo… Aspettare che il mio compagno di classe ritorni.”

Non ebbe bisogno di vedere l’occhiataccia di suo padre per sentirne la violenza. Ma guardare male era tutto ciò che Endeavor faceva. Evidentemente, non pensò ne valesse la pena, oppure non era interessato alla possibilità di perdere un dito, perché marciò fuori senza dire altro. Mika si accucciò di nuovo, anche se ci vollero un bel po’ di carezze perché riprendesse a fare le fusa.

Non che la cosa gli dispiacesse.

 

-

 

Izuku trovò un modo per tenersi occupato mentre dava tempo alla sua gatta di fare le sue magie. Odiava lasciare le cose a metà.

Perciò, Rei lo aiutò a ritrovare Okumura. Fortunatamente, il poltergeist non era vicino a Endeavor al momento. Probabilmente aveva realizzato che non sarebbe morto di lì a poco. Quindi aveva optato per svolazzare in giro e tenere il muso, innervosendo tutti i fantasmi nei dintorni.

Okumura lo notò immediatamente e i suoi passi esitarono quando il fantasma si avvicinò. Quella era la sua croce da portare, con l’abilità che aveva. Come minimo, rappresentava una novità. Al massimo, era – per mancanza di termini migliori – un’ancora di salvataggio. E, da che Izuku sapesse, era l’unico esistente.

Inizialmente non parlò. Si limitò a guidare Okumura lontano, dove potevano parlare in privato senza che qualcuno con un battito cardiaco potesse intromettersi e vedere Izuku discutere con un muro.

Giusto per essere sicuro, usò il suo trucco speciale. Tirò fuori un vecchio auricolare – uno di quegli apparecchi bluetooth che erano passati di moda. Era vecchio e inutile, non era connesso a nulla; ma almeno lo avrebbe fatto sembrare meno strano se qualcuno lo avesse beccato a conversare con il vuoto.

“Cosa vuoi?” Chiese, guardando il poltergeist direttamente negli occhi. Okumura appariva vagamente come la persona che era stata in vita, solo… strana. La ferita che lo aveva ucciso era visibile in maniera raccapricciante – non che Izuku non fosse abituato al sangue.

Smettila di mettermi i bastoni tra le ruote.” Ringhiò Okumura. A Rei non piacque il suo tono e Okumura indietreggiò quando gli ringhiò di rimando.

“Cosa vuoi da Endeavor?” Chiese Izuku. “Perché lo stai seguendo? Cosa intendi fare?”

Gliela farò pagare.

“Come?” Incalzò Izuku. “Cosa intendi fare, veramente?” Controllò di nuovo i dintorni. “E assillare Todoroki? A cosa dovrebbe servire?”

Non sai niente.” Borbottò pericolosamente Okumura.

“Hai ragione.” Gli disse Izuku. “Non capisco cosa stai cercando di fare.” Strinse i pugni. “Pensi che ti riporterà indietro, se gli strapperai l’anima?”

Stai zitto.

“Pensi che seminare pensieri orribili nella testa di Todoroki li scaccerà dalla tua?” Chiese. “Pensi che smetterà di farti male? Non funzionerà.”

Non puoi saperlo!

“È come grattare una puntura d’insetto.” Disse Izuku, ignorandolo. “Pensi che ti faccia stare meglio, ma stai solo peggiorando le cose e quindi non puoi smettere.”

Non m’interessa!” La voce di Okumura grattò come coltelli nelle sue orecchie. “Deve pagare.”

“Perché è così importante per te?”

Mi ha ucciso!” Ruggì Okumura. “Non volevo combattere ancoraNon volevo morire.” La sua voce sfarfallò, rimbalzando tra l’uomo che era stato e l’incubo che era diventato. “Non dovevo morire per forza, non era obbligato a farlo! È così sbagliato volere che lo sappia?

Izuku ci pensò per un momento. “Sì.” Rispose.

Gli occhi di Okumura lampeggiarono. “Tu-

“È sbagliato per te.” Gli disse Izuku.

Non sai niente di me!” Okumura scattò in avanti e Izuku saltò via dalla sua portata mentre Rei si spinse tra di loro. Okumura continuò la sua furia, incurante. “Non capisci? Tutto quello che voglio- tutto quello che voglio è che sappia quello che ha fatto. Che sappia che è sbagliato.” Si piegò su sé stesso. “Era sbagliato. Non è così? Non dovevo morire per forza.

“È colui che ti ha ferito.” Disse Izuku piano.

E cos’ho detto io?!

“Allora perché ti fidi che possa farti sentire meglio?”

Non mi fido di lui!

“Allora perché hai deciso che l’unico modo in cui ti sentirai meglio è che lui faccia qualcosa per te?” Chiese Izuku.

Okumura si zittì. Sembrò calmarsi e prima volta sembrò più un uomo che un mostro. “Non l’ho… non l’ho deciso io.”

“Forse.” Disse Izuku, cercando di essere fermo. “Ma non sei obbligato a lasciarlo così. Non dovresti permettere che rimanga così.”

Okumura lo fissò. La sua faccia continuò a mutare, come se non riuscisse a decidere se volesse sembrare arrabbiato o triste o frustrato o inerme.

“Non puoi aspettare che lui si senta in colpa.” Disse Izuku. Parlava a bassa voce adesso. Non era qualcosa da urlare. “Forse non se ne pentirà mai. Forse non sa di aver fatto qualcosa di sbagliato, oppure non gli interessa. Non importa.” Cautamente, fece un passo in avanti. “Non puoi dipendere dalle persone che ti hanno fatto del male per farti stare meglio, altrimenti non starai mai bene. Ti deluderanno e basta, o ti feriranno ancora di più, e poi se ne andranno e tu aspetterai per sempre.”

Okumura non si spostò. Rimase talmente tanto in silenzio che Izuku non era sicuro che avrebbe risposto; ma infine si mosse, come se stesse facendo un profondo respiro di cui non aveva bisogno. “Non voglio aspettare per sempre.” Sussurrò.

Izuku gli toccò il braccio. Era freddo come quello di qualsiasi altro fantasma e Okumura sussultò ma senza allontanarsi. “Allora non farlo. Prosegui per conto suo. Lascialo indietro. Puoi farlo?”

“Non lo so.”

“Penso che tu possa farcela.” Gli disse Izuku. “Non devi trapassare. Non se non sei pronto. Ma penso che tu possa lasciarlo indietro. Penso che tu possa essere di nuovo felice, senza il suo aiuto.”

Okumura lo fissò come se Izuku fosse la cosa più strana che avesse mai visto nella sua vita – e morte. “Io… Io ci posso provare.” Disse, dopo un po’. “Credo? Ci proverò.”

“Grazie.” Disse Izuku, e lo pensava davvero.

“Penso…” La forma di Okumura tremò e finalmente si stabilizzò. Sembrava più giovane, senza tutta quella furia a distorcerlo in qualcosa di mostruoso. “Ho bisogno di pensarci.”

“Va bene. Dovresti.” Izuku piegò la testa di lato. “Solo, lascia in pace Todoroki, ok? Non ti ha fatto niente.”

“… Va bene.” Le spalle gli crollarono. “Va bene, ok. Hai vinto.” Sparì prima che Izuku potesse dire altro.

Rei stava fluttuando abbastanza in alto da poter allungare le mani e toccargli il viso. La punta delle sue dita erano fredde come il ghiaccio mentre gli sfioravano la guancia e Izuku notò per la prima volta la scia salata lungo il lato destro del suo viso. Avrebbe potuto essercene un’altra identica sull’altro lato, se non fosse stato per le bende.

“È ok.” Sussurrò Izuku. “Sto bene. Sto solo piangendo di nuovo. Mi conosci. Succede sempre.”

Rei lo abbracciò forte in ogni caso.

 

Note autrice: Date un’occhiata a questa dolcissima fanart  fatta da the-creepy-unicorn su Tumblr!

Note traduttrice: Mi dispiace davvero di avervi fatto aspettare così tanto e di essere stata poco produttiva durante questa estate, ma per me è un momento veramente difficile. Spero di riuscire a intrattenervi almeno un pochino con questo capitolo. Buona estate a tutti 

   
 
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