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Autore: _Cthylla_    06/08/2021    1 recensioni
Ovvero: come NON comportarsi in caso di contatto alieno, per quanto si possa aver ragione.
||Come si evince dal titolo, il contesto di questa storia è Transformers Armada. Lo inserirò correttamente qualora il giusto contesto diventi disponibile.||
''Lincoln è l' esempio di una tipica cittadina americana costruita a poca distanza da una montagna, ottimo posto per condurre una vita tranquilla e occuparsi di Billy, il cugino tredicenne che vive in casa con me da circa un anno.''
Questo è il pensiero di Rain O'Connell, donna neppure trentenne dal carattere piuttosto duro nonostante la vita agiata.
Cosa succederà quando scoprirà che a poca distanza da Lincoln vivono dei robot giganti alieni che, per trovare i cosiddetti ''Minicon'', hanno esportato la propria guerra sul pianeta Terra? Riuscirà a far sì che lei e Billy non vengano coinvolti o il suo piccolo mondo fatto di candele e sottobicchieri finirà per intrecciarsi con quello dei Transformers?
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Autobot, Decepticon, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers Animated
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PIOGGIA IN UN FREDDO SABATO SERA















“Moon river, wider than a mile

I'm crossing you in style some day…”
 
 
 
Non era un bel momento per gli Autorobot, Optimus lo sapeva. I Decepticon si erano impadroniti della Spada Stellare, cosa che aveva portato e stava portando a svariati Minicon persi e compagni di squadra feriti in battaglia, e sebbene stessero cercando di trovare l’ultimo Minicon dello Scudo Stellare non erano ancora riusciti nell’impresa. Il morale di tutti quanti era a terra nonostante i suoi tentativi di risollevarlo…
 
 
“Le parole senza i fatti sono inutili, e i fatti ve li trovate addosso sotto forma di tagli. O vi riprendete la Spada, che senza certe scelte avventate sarebbe ancora qua, o trovate lo Scudo: altro non c’è”.
 
 
Tentativi che Rain O’Connell smontava senza pietà alcuna. L’avvertimento riguardo il fatto che il suo atteggiamento un giorno avrebbe potuto portarle problemi -avvertimento che ora, nel ripensarci, suonava come una velata minaccia a lui stesso che aveva detto quelle parole- l’aveva solo invelenita ancora di più, il che era tutto dire. L’unica cosa buona era che lei e Billy frequentassero la base limitatamente, ma quel poco era più che abbastanza.
 
 
 
“You, dream maker, you heart breaker
Wherever you're goin', I'm goin' your way…”
 
 
 
Erano quelli i motivi che, nei momenti liberi, quel giorno e i precedenti lo avevano spinto a cercare conforto fuori dalla base. Inizialmente era stato solo un andarsene fuori, appunto, ma un bel giovedì sera il suo peregrinare l’aveva portato a passare vicino a un “lounge bar” -l’insegna recitava così- dal cui interno aveva sentito una voce femminile cantare un brano terrestre a lui sconosciuto.
 
 
 
“Two drifters, off to see the world…”
 
 
 
L’estensione vocale della cantante non era nulla di speciale, ma non era quello il punto. Ciò che l’aveva indotto prima a rallentare e poi a trovare un posto nel parcheggio era il fatto che la voce di quella donna fosse quanto di più tranquillizzante avesse sentito da svariati millenni a quella parte; se fosse per una frequenza che risuonava in modo particolare nel suo processore o simili Optimus non avrebbe saputo dirlo, ma di sicuro era ciò di cui in quel momento aveva avuto bisogno.
 
 
 
“There's such a lot of world to see…”
 
 
 
Inizialmente combattuto, specie perché conscio del fatto che la cantante fosse un essere umano e che sarebbe stato il caso di evitare il più possibile ogni contatto con gli indigeni, poco dopo aveva concluso che non c’era assolutamente niente di sbagliato in quel che stava facendo. In fin dei conti era solo rimasto fuori dal locale a fare quel che altri esseri umani stavano facendo dentro di esso, senza un approccio vero e proprio con l’artista in questione, ed era rimasto fino alla fine dell’esibizione.
 
 
 
“We're after the same rainbow's end…”
 
 
 
In seguito l’aveva anche vista uscire insieme a un gruppo di colleghi e andare verso un’automobile molto piccola e compatta di colore verde scuro. L’aveva riconosciuta dalla voce, ovviamente, molto calma anche nel parlare; Optimus non si intendeva molto di terrestri ma aveva notato l’eleganza generale di quella persona ed era stato lieto di sentirla salutare gli altri lasciando intendere che si sarebbero rivisti quello stesso finesettimana. In quello stesso frangente aveva anche colto il suo nome: “Rhiannon”.
 
 
 
“Waitin' 'round the bend,
My huckleberry friend…”
 
 
 
Da quel momento in poi, se non c’era del lavoro da fare alla base, se non c’erano dei Minicon da recuperare o i Decepticon a fare danni in giro per la Terra, il parcheggio di quel lounge bar era diventato un appuntamento fisso per Optimus tanto il giovedì sera quanto i weekend, anche con temporali forti come quello dell’attuale sabato. I suoi recettori audio gli permettevano di escludere il rumore della pioggia e concentrarsi sui suoni che gli interessavano, dunque in tal senso non aveva problemi a godersi l’esibizione.
 
 
 
“Moon river…”
 
 
 
Sapendo di essere arrivato alla canzone finale, Optimus fece un brevissimo e inudibile sospiro e ringraziò mentalmente Rhiannon per i blandi calmanti che, grazie al suo lavoro, lui non aveva dovuto assumere.
 
 
 
“And me…”
 
 
 
La vide uscire dal locale poco dopo, con una mano che aggiustava brevemente i capelli biondo grano e l’altra a sorreggere un dispositivo di comunicazione terrestre noto ai più come “cellulare”. Non aveva un’aria particolarmente felice, contrariamente alle altre sere.
 
«… da quant’è che quella scarpata minacciava di franare? Mai che si siano degnati di mettere quantomeno una rete di contenimento. Sì. Sì, infatti... raggiungo il B&B qui vicino, non ti preoccupare. Allora ci vediamo domattina, strada sbloccata permettendo. Sì, guiderò piano… il tuo piano, non il mio piano, sì. Sì. Anche io. A domani» disse, concludendo così la chiamata «D’altra parte con un temporale del genere era praticamente inevitabile» commentò poi, dirigendosi verso la propria automobile.
 
Optimus Prime accese il motore e, dopo una breve manovra, lasciò il parcheggio con l’intento di tornare alla base. Che quella donna non potesse tornare a casa propria era spiacevole ma aveva già trovato una soluzione al problema, dunque non c’era di che preoccuparsi.
 
Qualche centinaio di metri più avanti, nonostante la pioggia sempre più forte, notò che l’auto della cantante era dietro di lui. Evidentemente per raggiungere il “B&B” -i ragazzi gli avevano detto che si trattava di tipo di albergo- doveva andare in quella direzione.
 
Fu allora che accadde: all’improvviso, un’automobile che arrivava dal senso opposto e che guidava in modo decisamente troppo veloce superò Optimus e proseguì a velocità folle, sbandando visibilmente in più di un momento e andando a invadere l’altra corsia.
 
“…!”
 
Lo stridio dei freni dell’auto di Rhiannon indusse Optimus a fare immediatamente inversione, giusto in tempo per vedere l’altra auto proseguire e quella della donna, che a causa della pioggia ne aveva perso totalmente il controllo, andare completamente fuori strada dopo aver sbattuto contro un guard rail per il quale avevano risparmiato decisamente troppo sui materiali.
 
«Trasformazione!»
 
La presenza dei cybertroniani sulla Terra poteva anche essere un segreto, ma mai nella vita il comandante degli Autorobot avrebbe evitato di intervenire se un civile umano rischiava l’osso del collo e lui poteva tentare di evitare il peggio -qualsiasi opinione potesse avere chicchessia sull’argomento- ragion per cui dopo essersi trasformato si tuffò letteralmente in direzione dell’auto, riuscendo ad afferrarla saldamente tra le mani e cadendo con essa nel dirupo per fortuna non troppo scosceso.
 
A schiantarsi contro gli alberi quindi fu lui, ma per fortuna la sua corazza era abituata a ben altro, dunque si ammaccò a malapena e, dopo qualche attimo, posò a terra l’automobile con la massima delicatezza possibile.
 
“Sono riuscito a evitare il peggio, se anche non fosse del tutto illesa non credo sia messa male fisicamente” pensò.
 
Vederla aprire lo sportello e uscire dall’abitacolo, incurante del fatto che questo avrebbe infradiciato tutti i suoi abiti e lei stessa, parve confermare la sua teoria. L’espressione di quella donna -Rhiannon. Era il caso di ricordarlo- e lo sguardo sconvolto negli occhi di cui il suo essere cybertroniano gli permetteva di distinguere il colore verde smeraldo erano quanto di più normale possibile essendo reduce da un incidente E trovandosi davanti un alieno metallico alto svariati metri.
Non osava immaginare cosa le stesse passando per la mente. Forse anche lei nonostante il salvataggio stava rimpiangendo di non avere un bazooka a portata di mano.
 
«Sta… stai bene?» furono invece .le prime parole che disse la donna, visibilmente indecisa se avvicinarsi ancora oppure no «Stai bene?... Capisci la mia lingua?»
 
Un essere umano adulto che si interessava alla sua salute e non avrebbe voluto rottamarlo a prescindere in quanto alieno.
Il tempo trascorso con Rain O’Connell faceva sì che questo, per Optimus, avesse quasi del miracoloso.
 
«Sto bene e, sì» disse Optimus, passando dall’essere sdraiato allo stare in ginocchio e tendendo una mano in avanti per riparare la donna dalla pioggia. Gesto inutile ma carino «Capisco la tua lingua. Tu stai bene?»
 
Lei annuì. «Ho il dubbio che quel che sto vedendo possa essere dovuto a un colpo in testa che non mi sono resa conto di aver preso, ma sì, per quanto ne so sono a posto» disse, tremando leggermente per colpa dello shock subito «Grazie. Forse però non dovremmo restare così vicini alla strada, la pioggia è fitta e ci sono gli alberi ma se qualche automobilista guardasse da questa parte potrebbe riuscire a vederti lo stesso».
 
Dall’essere stupito per la gentilezza inaspettata, il comandante degli Autorobot passò all’essere stupito anche per quell’osservazione sensata e per il fatto che, tutto considerato, quella donna sembrasse essere piuttosto tranquilla in sua presenza -più o meno come lo erano stati i ragazzini, che però erano ragazzini.
A detta di Rain O’Connell, un essere umano adulto avrebbe dovuto reagire in modo diverso. Tentando di chiamare le autorità locali perché catturassero e/o distruggessero lui e tutti i suoi commilitoni, per esempio.
 
«Vero. Dovremmo allontanarci ma non è il caso che cammini in queste condizioni, e temo che l’auto in questo non possa aiutarci, dunque avresti problemi se io…» avviò a dire, tendendo verso di lei l’altra mano aperta e col palmo rivolto verso l’alto.
 
«Va bene» annuì di nuovo la donna «… ho preso un colpo in testa e ora mi trovo in una puntata di Shapeshifters G1. Robot gigante, salvataggio eroico, è il cartoon della mia infanzia: non ci sono dubbi. Per caso ci sono anche dei robot giganti cattivi che vogliono tentare di depredare le nostre fonti di energia?»
 
«Non cercano fonti d’energia, no».
 
«Quindi ci sono!»
 
Optimus sapeva cos’era un cartoon, sempre grazie ai preziosi insegnamenti dei ragazzi, e si dispiacque solo che quello “Shapeshifters” nello specifico non fosse stato guardato dall’umanità intera se, insieme all’impressione di aver preso una botta in testa e di stare sognando, riusciva a rendere le persone così bendisposte.
 
Sperava che fosse così anche il mattino dopo perché, emergenze permettendo, lui intendeva restare nel riparo che avrebbe trovato, considerando che il temporale non accennava a calmarsi -se mai il contrario- e onde evitare ulteriori rotture di scatole che avrebbe sicuramente ricevuto portando un altro essere umano nella base. “Hai coinvolto un’altra persona che non c’entrava nulla nei vostri disastri!”, “Un bambino di due anni è in grado di restare nascosto meglio di te!”, e compagnia cantando.
 
Sì, Optimus aveva deciso: il suo era il piano migliore in quelle circostanze, anche se il suo avere ragione o torto si sarebbe visto solo tra alcune ore.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Sentendosi leggermente infastidita dalla luce, prima cosa che avvertì insieme al rumore di una pioggia leggera e continua, Rhiannon O’Connell -née Lancaster, cognome a cui nello sposarsi con Seamus O’Connell non aveva esitato a rinunciare- iniziò ad agitarsi leggermente nel dormiveglia, stringendosi in una coperta piuttosto morbida nel socchiudere gli occhi e iniziare vagamente a fare mente locale.
 
Quella notte aveva fatto un sogno proprio bizzarro: in esso, mentre si recava al B&B era stata mandata fuori strada dall’azione scellerata di uno dei peggiori guidatori mai incontrati ma, prima di schiantarsi, era stata salvata da un grosso alieno robotico piuttosto somigliante all’eroe di Shapeshifters G1, ovvero Commander. L’alieno in questione parlava la sua lingua -proprio come Commander, di nuovo- e aveva dimostrato una certa premura nei suoi confronti arrivando anche a offrirle delle coperte sia per passare la notte nel suo abitacolo, sia per non sentirsi troppo “impresentabile” se avesse voluto togliersi degli abiti fradici che in quella stagione rischiavano solo di farle prendere un malanno. Trattandosi di un sogno piuttosto strano lei aveva accettato tranquillamente entrambe le cose e, infine, si era sdraiata sull’ampio e morbido sedile dell’abitacolo.
 
Ovviamente nulla di tutto ciò era accaduto, solo che l’arrivo al B&B al momento le sfuggiva, non essendo ancora del tutto sveglia.
 
“Sognare ancora personaggi dei cartoni animati alla mia età… immagino che nonostante tutto la mia bambina interiore non sia ancora morta” pensò, mettendosi a sedere e stiracchiandosi.
 
Poi aprì gli occhi.
Quello accanto a lei era un volante, quelli dietro di lei e davanti a lei erano finestrini, quello alla sua sinistra era un parabrezza e quello sotto di lei era esattamente il sedile sul quale si era sdraiata nel suo sogno, che poi tanto “sogno” evidentemente non era. Aveva ricevuto un aiuto da un grande alieno metallico che parlava la sua lingua e aveva dormito dentro di lui avvolta in una coperta che in quel momento non nascondeva granché del suo intimo di lycra e tulle ricamato -rigorosamente La Perla, neppure a dirlo; ricordando questo, Rhiannon agguantò la coperta e la tirò su fin quasi al mento mentre si guardava attorno con aria piuttosto allarmata.
In considerazione di quel che era successo immaginava di poter evitare gli isterismi da “Lasciami andare subito!”, “Non farmi del male ti prego”, “Cosa vuoi da me?! Non ho niente che ti interessi!” eccetera, perché se l’extraterreste avesse avuto brutte intenzioni avrebbe avuto ampiamente modo di comportarsi di conseguenza, cosa che invece non era successa.
Dopo qualche attimo di immobilità, in ogni caso, decise di procedere nella maniera che le veniva più naturale: con educazione.
 
«Buongiorno» disse, senza smettere di guardarsi attorno.
 
Il suo cervello non aveva ancora accettato del tutto l’idea dell’extraterrestre, dunque si diede quasi dell’idiota pensando che il gentile camionista che doveva averla soccorsa non avrebbe certo potuto sentirla, ma quell’idea venne spazzata via pochi secondi dopo da una voce baritonale che risuonò quietamente nell’abitacolo.
 
«Buongiorno. Tutto bene?»  
 
Quanto aveva bisogno di quel whisky.
 
«Sì» rispose, cercando di darsi un tono «Mi ha salvata, le devo più di un favore. Mi scuso per il deshabillé, di solito sono molto più discreta» aggiunse poi «… non è un sogno, giusto?»
 
«Non lo è. Se la fa sentire più a suo agio può tranquillamente darmi del “tu” come ieri sera» disse l’extraterrestre.
 
«Stesso vale per l- te. Quella di ieri è stata una circostanza particolare, non ero sicura…» fece un breve sospiro «Dunque, chi devo ringraziare per non aver riportato danni?»
 
«Sono Optimus Prime, comandante degli Autorobot».
 
“Questa faccenda somiglia sempre più a un episodio di Shapeshifters, davvero” pensò la donna.
 
«Il tuo nome invece è Rhiannon, giusto? L’ho sentito nel posto dove lavori».
 
Facendo mente locale, Rhiannon si rese conto che il camion in questione le era tutt’altro che sconosciuto: a dirla tutta lo aveva visto molto spesso nel parcheggio del lounge, quasi ogni giovedì e ogni weekend da un po’di tempo a quella parte, anche se non si era soffermata a pensarci su credendo solo che l’autista si fermasse lì a causa della tratta. A quel punto però sorgeva spontanea una domanda, ossia “Perché il comandante di una squadra di extraterrestri si faceva vedere così spesso nel parcheggio di un comune locale in una comune cittadina qual era Lincoln?”.
 
«Contraddicimi se sbaglio ma credo di averti visto piuttosto spesso nel parcheggio. Quel posto dev’essere più interessante di quel che sembra, o apprezzi la musica jazz?» domandò la donna, prendendola un po’alla larga tra il serio e il faceto.
 
«Il genere musicale delle canzoni si chiama così?»
 
«… un momento, è davvero per la musica?» si stupì Rhiannon.
 
A questo seguì una breve pausa.
 
«È così. È un periodo difficile a causa sia dei nostri nemici sia di alcune questioni interne. Un giovedì sera di qualche tempo fa sono passato per caso lì vicino e i miei recettori audio hanno colto una voce estremamente tranquillizzante. L’ho apprezzata e sono diventato parte del pubblico abituale, solo un po’meno terrestre degli altri».
 
“Con questo sono passata da trovarmi in un episodio di Shapeshifters a una fanfiction di Shapeshifters” pensò la donna, che pur con i suoi quarantaquattro anni d’età non era all’oscuro dell’esistenza di Ao3.
 
«È tutto qui, non sono un… qual era il termine usato da voi umani? Uno stalker. Ecco» concluse Optimus.
 
«Sono in grado di riconoscere la differenza tra uno stalker e qualcuno che apprezza la mia performance artistica. Considerando quel che è successo è stata una fortuna, per me, perché in caso contrario non saresti stato per strada a quell’ora e… chissà»  disse Rhiannon «Meglio non immaginare come avrebbe reagito la mia famiglia. Parlando d’altro, posso chiedere quale ragione ha spinto te, la tua squadra e i tuoi nemici qui sulla Terra?» domandò a Optimus «Non so se le autorità locali siano al corrente della vostra presenza, ma nel caso non lo siano hai la mia parola che non avviserò nessuno, e non solo perché mi prenderebbero per pazza».
 
“Se non altro questa donna, contrariamente ad altre, non ha contatti potenzialmente pericolosi” pensò Prime.
 
«L’oggetto del contendere sono i Minicon, dei piccoli robot dal potere smisurato che milioni di anni or sono abbandonarono il pianeta, entrarono in ibernazione e dopo un impatto con la vostra luna atterrarono rovinosamente qui. Fino a qualche tempo non avevamo idea di dove fossero finiti e su Cybertron eravamo relativamente in tregua, molto relativamente ahimè, ma di recente le azioni di tre  giovani umani li hanno risvegliati. I nostri nemici, i Decepticon, hanno captato il loro segnale e si sono mossi subito con l’intento di schiavizzarli e utilizzarli per potenziarsi come facevano un tempo, e noi ci siamo mossi a nostra volta. Se per disgrazia i Decepticon, e nello specifico il loro leader Megatron-»
 
“Se si fosse chiamato D-16 avrei iniziato a pensare che i creatori di Shapeshifters sapessero più di quel che facevano credere” pensò Rhiannon.
 
« … dovessero riuscire nel loro intento e a mettere le mani su un ingente numero di Minicon, o peggio ancora su dei terzetti di Minicon particolari, nulla di cui io sia a conoscenza potrebbe impedirgli di conquistare tutto quello su cui posa le ottiche. Noi Autorobot cerchiamo di salvare i Minicon e impedire tutto ciò. Questo è il riassunto».
 
«E se dici che è un periodo difficile immagino che i Decepticon al momento siano in vantaggio» commentò Rhiannon, piuttosto seria.
 
«Sono riusciti a mettere le mani su uno dei tre terzetti di Minicon particolari di cui parlavo. Due di essi formano delle armi, l’altro uno scudo. Al momento siamo in cerca del terzo Minicon che compone quest’ultimo ma non abbiamo ancora avuto fortuna. Il morale dei miei uomini e dei ragazzi è piuttosto basso» si trovò ad ammettere, sorprendendo perfino se stesso per la franchezza con cui aveva parlato del problema a qualcuno che era totalmente esterno alla vicenda.
 
Forse era proprio per quello, perché “esterna”, o magari perché era ancora stupito dal modo in cui lei gli si era approcciata o, ancora, perché era stressante cercare di mandare avanti il tutto quando il processore subiva una pioggia di disapprovazione martellante e acida alla quale in milioni e milioni di anni si era disabituato.
O forse semplicemente perché sì.
 
«“Ragazzi”? Parli per caso dei giovani umani che hanno risvegliato i Minicon? Sono finiti coinvolti in tutto questo?»
 
Per quanto non disprezzasse a prescindere gli extraterrestri metallici, l’idea che dei ragazzi fossero finiti in mezzo a una guerra non le piaceva affatto -come non sarebbe piaciuta a nessuna persona assennata.
 
«Hanno assistito all’arrivo dei Decepticon sul pianeta e certi Minicon hanno sviluppato un legame particolare con loro, dunque la risposta è sì, perché tutto questo li ha resi dei potenziali bersagli» le spiegò Optimus «Come se questo non fosse stato sufficiente, in seguito i Decepticon hanno purtroppo coinvolto altri tre umani che con tutta la vicenda c’entravano ancor meno. Devo dire che i cinque più giovani sono stati tutti molto utili, ognuno a modo suo, nell’insegnarci usi e costumi di questo pianeta così da poterci mimetizzare meglio. Naturalmente cerchiamo di tenere al sicuro tutti quanti e coinvolgerli il meno possibile nei conflitti armati».
 
«Lo davo per scontato, portare dei ragazzi umani con voi in battaglia sarebbe stato del tutto irragionevole».
 
«… già. Parlando d’altro, hai pensato a come muoverti una volta che lasceremo il riparo? Per l’automobile e tutto».
 
«Dirò che mi è stata rubata in un momento in cui mi sono fermata e sono scesa per qualche ragione da definirsi» rispose Rhiannon «Per il resto penso che troverò il modo di andare da qui in città, non è distante».
 
«Posso portarti io prima di tornare alla base, piove ancora e io sono di strada o quasi» si offrì il comandante degli Autorobot.
 
«Hai già fatto molto, non vorrei approfittare oltre. A tal proposito, abito ancora umido o meno è il caso che mi rivesta…»
 
«L’ho asciugato io. Ventole, non fanno miracoli ma credo che dopo tutte le ore passate sia a posto» disse il transformer «Sul serio, sono di strada e non sono ancora stato contattato dalla base per un’emergenza, dunque ti posso accompagnare. Sarei più tranquillo anch’io, Rhiannon».
 
Sentire il suo nome pronunciato da un camion senziente risultava ancora stranissimo nonostante tutto, e  infine si convinse. Dopo aver ringraziato per l’ennesima volta il suo improbabile salvatore ed essere andata scesa per rivestirsi -notando che il vestito, il cappotto e tutto quel che c’era nelle tasche era asciutto per davvero- acconsentì a farsi accompagnare.
 
«A quest’ora il cafè che frequento di solito è già aperto, nell’attesa che mio marito mi dica se la strada per casa è stata già liberata o meno resterò lì. Nel mentre inizierò già a parlare del “furto d’auto”, così…» fece un breve sospiro «Dovrebbe essere a posto».
 
«Ti ringrazio per la volontà di mantenere il nostro segreto» disse Optimus, realmente grato dal profondo della Scintilla «Se c’è qualcosa che ho imparato in questo periodo è che non tutti gli esseri umani prendono o prenderebbero così bene la nostra presenza qui, con quel che comporta».
 
I due, nel breve viaggio che seguì, continuarono a parlare del più e del meno. Rhiannon chiese qualche altro dettaglio riguardo la guerra in corso, Optimus le fece qualche domanda sul suo lavoro. Lì Rhiannon ebbe modo di specificare che cantare in realtà era più che altro un hobby, mentre il suo lavoro vero e proprio consisteva nel dipingere e rifinire gli oggetti di legno intagliati da suo marito: avevano sempre molte commissioni, ancor più sotto le feste.
 
«Ecco, il locale è quello lì in fondo alla strada» disse la donna, indicandolo con un cenno «Da qui in poi sei libero di tornare a combattere i cattivi».
 
«Ti assicuro che rispetto all’avere a che fare con Megatron preferirei di gran lunga continuare a portarti in giro» replicò Prime, del tutto sincero.
 
«Allora nonostante la situazione non sono stata una compagnia sgradevole» commentò Rhiannon, slacciando la cintura «Grazie ancora. Questa sera passerai di nuovo?»
 
«Temo di no, sono stato assente dalla base per tutta la notte, dunque è il caso di lasciar perdere l’uscita di stasera. Perché? Conti di tornare al lounge?» si sorprese il cybertroniano.
 
«Non sarà il mio lavoro principale ma c’è un contratto, sarebbe poco professionale non andare» replicò lei una volta scesa in strada «Arrivederci e in bocca al lupo per tutto, come diciamo da queste parti».
 
«Arrivederci, Rhiannon».
 
La tettoia del cafè la tenne al riparo dalla pioggia mentre dava brevemente un’ultima occhiata a Optimus, che si stava allontanando nel massimo rispetto del limite di velocità. Entrata nel locale salutò il proprietario, che conosceva piuttosto bene, e poté finalmente chiedere il famoso bicchiere di whisky.
 
«Whisky, e di mattina presto? Così mi fai preoccupare» disse l’uomo, un po’allarmato.
 
«Ci credi se ti dico che, oltre al fatto che la strada verso casa mia è bloccata da ieri sera a causa di una frana, poco fa mi hanno rubato l’auto?»
 
«Seriamente?!»
 
«Mi ero fermata al distributore qui vicino, quello self service, ed è successo tutto in un attimo. Non ho neppure visto chi è stato! Sono stata fortunata ad aver incontrato un camionista estremamente gentile che era di strada e mi ha portata qui. Speriamo che la telecamera magari sia riuscita a riprendere il furto e tutto quanto…»
 
«Niente da fare, è ancora guasta» sbuffò il proprietario del cafè alzando gli occhi al soffitto nel dire a Rhiannon qualcosa di cui lei era già perfettamente a conoscenza «Figurati se a qualcuno interessa qualcosa dei distributori di Lincoln! Bella roba» prese un bicchiere e lo riempì a metà «Offre la casa».
 
«Ti ringrazio ma-»
 
«Offre la casa, e niente discussioni».
 
Essere seduta al bancone del cafè, il fare due chiacchiere col proprietario e con alcuni clienti abituali che si aggiunsero in seguito, le paste che riuscì a non farsi offrire poco dopo: quanto di più normale fosse possibile fare in una cittadina anch’essa normale… che al momento ospitava una squadra di militari alieni impegnati a proseguire una guerra che andava avanti da un’eternità.
 
La sensazione di irrealtà la colse di nuovo nel ripensare a quel che era successo e alla consapevolezza che quel contatto con gli extraterrestri non sarebbe stato l’ultimo, il tutto incoraggiato da lei stessa quando aveva chiesto a Optimus se sarebbe tornato a sentirla cantare. Era sorpresa per la situazione ed era anche sorpresa dal fatto che, tutto sommato, le stesse bene.
Ricordando le parole del cybertroniano -la loro razza si chiamava così o “transformers”- riguardo il momento difficile ripromise a se stessa di fargli avere un drago di legno dipinto: era un simbolo che oltre a portare fortuna potenziava le capacità di leadership, o così si diceva. Per quanto Optimus fosse poco più di uno sconosciuto, riteneva che avrebbe potuto apprezzare il gesto.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«La civile umana sta bene?»
 
«Sì, Red Alert» confermò Optimus «Sta bene e non è assolutamente intenzionata a tradirci, e non solo perché, a dire suo, se lo facesse la prenderebbero per pazza. A quanto pare non tutti gli esseri umani adulti ci odiano a prescindere dopo averli salvati».
 
«Il caso di Rain è differente, nonostante tutto bisogna riconoscerlo. Il suo primo contatto con noi Transformers sono stati i Decepticon, che hanno rapito lei, Billy e Fred e li hanno coinvolti nel tutto. Forse è diverso rispetto all’evitare un incidente stradale grazie a te» osservò Red Alert.
 
«Forse sì».
 
«Resta inteso che dovrebbe davvero cambiare atteggiamento, però è un dato di fatt-»
 
Nella base risuonò il segnale di una nuova presenza cybertroniana nelle vicinanze.
 
«Red Alert…»
 
«Subito».
 
«Che succede?!» esclamò Hot Shot, arrivato di corsa sul posto insieme a Smokescreen.
 
I monitor si accesero.
 
«È Scavenger!» esclamò il giovane Autorobot «Cosa vuole da noi?!»
 
«Se è venuto fin qui per cercare lo scontro io sono pronto» dichiarò Smokescreen, con lo sguardo puntato sullo schermo.
 
Optimus tuttavia sapeva qualche dettaglio in più rispetto ai suoi ufficiali più giovani, di conseguenza la sua reazione nel vedere lì il mercenario, nonché suo maestro in passato, fu ben diversa.
 
«Red Alert, lascialo entrare».
 
«Sissignore!»
 
«COSA?! Lo lasci venire qui dentro?!» allibì Smokescreen.
 
L’esperienza con Sideways e i commenti poco piacevoli dell’umana adulta, Rain, gli suggerivano che quella potesse non essere una grande idea considerando quel che era successo di recente. Tuttavia le perplessità sue e di Hot Shot non vennero ascoltate, e con suo sommo stupore poco dopo assistette a una stretta di mano tra Optimus e Scavenger.
 
«Ti stavo aspettando, Scavenger. È un piacere vederti qui. Benvenuto» disse il comandante degli Autorobot.
 
«Come previsto ho completato la mia missione tra i Decepticon» disse il mercenario.
 
«Cos’è, uno sporco trucco?!» si fece sentire Smokescreen ancora una volta.
 
«No. Scavenger ha lavorato per noi in incognito» spiegò Optimus.
 
Il simbolo degli Autorobot, fino a quel momento nascosto, comparve sul petto del nuovo arrivato: l’ennesima sorpresa per i due ufficiali più giovani, che fino ad allora l’avevano visto come nemico.
 
«D’ora in poi sarò con voi» affermò.
 
I Decepticon avevano ancora la Spada e due dei tre Minicon dello Scudo Stellare, dunque non si prospettavano tempi facili per gli Autorobot, ma ora potevano contare su un nuovo compagno, e in un simile periodo di “magra” qualsiasi aiuto era una benedizione.
 

 
 
 
Chi l’avrebbe mai detto, ho aggiornato questa storia :’D non sono sicura che interessi ancora a qualcuno, ma l’ho fatto lo stesso.
Spoiler: se riesco ad andare avanti, Optimus Prime sarà ancor più felice di aver aiutato Rhiannon xD
   
 
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