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Autore: Pol1709    06/08/2021    1 recensioni
Bentrovati a tutti.
Questa storia è la continuazione de "Il Cavaliere e la Strega", ma si svolge nell'epoca di Oscar. Quest'ultima, dopo aver detto addio alla Guardia Reale, a Conte Fersen ed aver litigato con André (il famoso episodio della camicia strappata...) passa un periodo di riposo in Normandia prima di prendere il comando delle Guardie Francesi di Parigi. Lì viene coinvolta, a causa di una vecchia avversaria, nella caccia a una antica e potentissima arma, inseguita dagli agenti inglesi e affiancata da una antica nemica/amica.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Britannia – Primo secolo d. C.
La sacerdotessa gli fece cenno di fermarsi. Boudicca aggrottò la fronte, la donna l’aveva portata in una sorta di giardino verde. Poteva chiaramente sentire il calmante cinguettio degli uccelli e sorrise. La sacerdotessa strinse le labbra – Mia Regina, come ben sai la Dama del Lago viene solitamente scelta tra chi porta il sangue dell’Antico Popolo e hanno…Beh! Delle caratteristiche fisiche particolari ed è talmente raro vederli che molti si spaventano –
Boudicca fece un cenno con la mano – Va bene! Ho capito! Hanno la pelle bianca come il gesso e i capelli neri come la notte. Ammetto di non aver mai visto un uomo o una donna così, ma adesso basta. Voglio vedere la Dama del Lago! –
La sacerdotessa chinò la testa – E’ di la, all’ombra della sacra quercia, ha stretto amicizia con un nostro vecchio ospite, un viaggiatore. Lui e il suo gruppo sono giunti qui da lontano –
La Regina aggrottò la fronte – E’ un Re gallico in esilio? –
L’altra tentennò – No! Viene da molto più lontano…E non è certo un Re. E non sono nemmeno soldati. Sono perseguitati dai romani perché appartengono a una setta religiosa nata nella loro terra. A Est, molto a Est e quest’uomo viene da un luogo chiamato…Mi sembra Gerusalemme. Dice che è ancora più lontano della Grecia e dell’Egitto –
Boudicca sbatté le palpebre – E ne ha fatta di strada per sfuggire ai romani! Lui e la Dama del Lago sono forse… -
La sacerdotessa la guardò inorridita – No! No di certo! Lei è poco più di una ragazza e lui è…Vecchio! Riesce a malapena ad alzarsi dalla sedia, ma ha stretto un legame particolare con la nostra Signora…Più mentale ed affettivo che fisico e lui e il suo gruppo non hanno mai insidiato le sacerdotesse, anzi, si sono sempre comportati con il massimo rispetto verso le nostre tradizioni –
L’altra annuì e guardò verso un grande albero. Vide due figure ai suoi piedi, una con un abito bianco, come la sua pelle e dai serici e lunghi capelli neri seduta su uno sgabello e un’altra, di fronte, curva e con una lunga barba bianca. Si avvicinò e la figura bianca si girò mostrando un volto pallido e rotondo. Sorrise e si alzò – Boudicca, Regina degli Iceni. Stavo parlando con Giuseppe proprio di te –
Boudicca guardò l’uomo: era proprio vecchio. Dalla pelle raggrinzita e gialla, ma con due occhi gentili che ispiravano simpatie e fiducia. Sorrise e lui abbassò leggermente la testa – I miei omaggi Regina Boudicca. Mi dispiace profondamente per quello che ti è accaduto e che è accaduto alle tue figlie –
La donna abbassò la testa rispondendo al saluto – Mi hanno detto che vieni da lontano, per sfuggire ai romani, da un posto chiamato Gerusalemme –
Lui annuì debolmente – Si. Ma sono nato in un altro posto chiamato Arimatea. Per questo mi chiamano Giuseppe d’Arimatea –
Boudicca strinse le labbra – Un viaggio lungo, dovete aver fatto molti danni ai romani nella vostra terra –
Lui sospirò – In effetti io non ho mai preso in mano una spada, Mia Regina. Il mio unico torto è stato quello di credere…Credere nel Dio dei miei padri e…In… - si fermò incapace di trovare le parole, poi guardò negli occhi la Regina – Ho creduto nel figlio dell’Uomo, nel miglior Maestro che la mia terra e il mio popolo abbia mai avuto –
Boudicca aggrottò la fronte perplessa e guardò la ragazza che sorrise – Nella terra di Giuseppe venerano un solo dio. Strano, vero? Eppure dice che è da secoli che lo fanno e che hanno un tempio che supera in grandezza anche quelli di Roma –
L’altra annuì: “Un dio per pastori! Immagino che sia semplice per loro adorare un unico dio piuttosto che quelli forgiati con il ferro e con il fuoco come i nostri” si disse e guardò la ragazza – Perdonami Mia Signora, ma mi hanno detto che volevi vedermi ora –
La Dama del Lago sorrise e le indicò la strada. Boudicca si girò verso Giuseppe e chinò leggermente il capo, come lui e seguì la ragazza. Quando furono da sole, camminando nell’erba, la giovane si girò verso la Regina – Il mio nome è Ailish, Mia Regina, come sai ho da poco sostituito la vecchia Dama del Lago alla guida di Avalon –
Boudicca annuì – Da qualche mese, lo so, mentre io ero in battaglia. Come so che tu mi hai convocato qui con i capi tribù dei territori occidentali –
Ailish sospirò – E non sono nemmeno venuti tutti. A poca distanza da qui c’è il campo della Seconda Legione e l’intero esercito del console romano sta avanzando verso…Verso di te, Regina –
L’altra scrollò le spalle – Il mio esercito è forte, Ailish, ma credevo che, dopo le nostre vittorie, i capi decidessero subito di unirsi a noi –
La Dama del Lago si fermò e la guardò – Loro, come me, devono ponderare molto bene le loro scelte. I nostri padri hanno sottovalutato i romani e sono finiti per inginocchiarsi a loro e tu…Tu hai sconfitto una legione prendendola di sorpresa, perché il loro comandante aveva sottovalutato te e le città che hai conquistato, Mia Regina, erano senza guarnigione perché il grosso delle forze era impegnato con il console Paolino contro i nostri fratelli druidi e le nostre sorelle –
Boudicca sbuffò – E’ un discorso che ho già sentito! Lo hanno fatto anche quei vigliacchi nella sala! Quando il console arriverà qui troverà il popolo di Britannia riunito contro di lui e dovrà implorare il suo Imperatore per avere altre cento o mille legioni per sconfiggerci, perché noi siamo un popolo! Un popolo! E un popolo non si annienta! –
La ragazza sorrise e i suoi occhi chiari brillarono – E’ quello che volevo sentire, Mia Regina! Io non sono come colei che mi ha preceduto. Lei ha visto quello che i romani hanno fatto in Gallia ai sacerdoti e ha preferito non invischiarsi nelle faccende politiche, ma adesso…Adesso grazie a te siamo a un passo dalla vittoria – disse e si avvicinò prendendogli le mani. Boudicca sorrise e strinse le dita – Se l’isola sacra è con noi…Nulla può fermarci –
Ailish annuì – Vieni con me – disse e si avviò verso la foresta.
 
Dopo aver passato il bosco si trovarono in una grande radura con una collina artificiale al centro e nella quale si apriva un ingresso con ai lati un muro di pietra. Boudicca rimase sorpresa – Un Mound…Una tomba –
Ailish sorrise di nuovo – No. E’ una costruzione che risale all’Antico Popolo. Per loro non era una tomba, ma di certo i nostri antenati ne hanno preso spunto per seppellire i grandi re del passato. Questo, Mia Regina, è il luogo più sacro di Avalon. Seguimi –
La ragazza entrò seguita dalla Regina lungo un corridoio in pietra. Boudicca si guardò attorno cercando di capire da dove veniva la luce e poi arrivarono in una grande sala con un altare al centro. Su di esso era adagiata una spada. La Regina la guardò e notò che era formata da un unico blocco di metallo con l’elsa ricoperta di cuoio. Accanto all’arma c’era un piatto dorato con sopra una pietra rossa e, lì vicino, c’era una coppa in legno. Boudicca guardò per un attimo la Dama del Lago e poi si piegò verso la coppa. Da vicino sembrava emanare una sorta di luce viva pulsante.
Ailish strinse le labbra – Quella è un dono. Da parte di Giuseppe e del suo gruppo. E’ la coppa che il loro Maestro, nella loro terra, ha usato in quella che il mio amico chiama “Ultima Cena”. E’ uno strumento che assorbe il potere dell’isola sacra, anche se non siamo ancora sicuri delle sue vere…Potenzialità, ma di certo emana una forza che va oltre l’immaginazione –
Boudicca allungo una mano verso la coppa ed ebbe una fugace visione di una collina spazzata da un vento caldo, con soldati romani e persone in abiti strani che sembravano lamentarsi sotto tre uomini crocifissi. Scrollò la testa e si raddrizzò – E’ questo che volevi farmi vedere? –
La ragazza tentennò – No. In effetti è questo oggetto, accanto alla sacra Excalibur, la spada sacra di Avalon – disse e prese la pietra rossa, la rigirò tra le mani e la mostrò a Boudicca – Questa…Questa è il nostro più grande segreto, nemmeno le mie sacerdotesse ne sono a conoscenza. Lo sapeva solo colei che mi ha preceduto, ma non ne ha mai fatto menzione a nessuno…Secondo lei era qualcosa di troppo potente per essere scatenato. Ma ormai siamo a un punto in cui i romani stanno spazzando via non solo il nostro popolo, ma la nostra intera civiltà. Tu ci hai dato nuova forza, Mia Regina e quindi adesso io la consegno a te affinché, con essa, tu possa trovare l’arma più potente che esista su questa terra –
Boudicca la guardò di nuovo perplessa, ma prese la pietra. La osservò e notò delle strane striature bianche al suo interno: - Come… Come mai è possibile? –
Ailish sorrise e le prese una mano – Devo raccontarti una storia –
 
Dopo un po' di tempo le due donne uscirono di nuovo all’aria aperta. Boudicca, raggiante, strinse nel pugno la pietra rossa e senza più dirsi una parola, tornarono all’albero sotto il quale avevano lasciato Giuseppe a riposare.
Ailish si sedette a gambe incrociate davanti al vecchio e sorrise – Abbiamo fatto quello che dovevamo fare – disse solo.
Il vecchio guardò Boudicca e a lei sembrò che i suoi occhi si illuminassero. La donna sorrise benevolmente – Dev’essere triste per te passare i tuoi ultimi giorni in una terra straniera –
L’uomo sorrise debolmente – La mia terra è il mondo, Mia Regina. Ho vissuto a lungo, più di quanto avrei voluto e più di un uomo normale se è per questo. Presto sarò nella gloria di Dio con i miei fratelli e il mio Maestro –
Lei aggrottò la fronte – Che uomo era quello che ha fatto arrabbiare i romani al punto da esiliarti in capo al mondo? –
Giuseppe sospirò – Un uomo…Lui non era un guerriero, se è quello che vuoi sapere. Non era un nobile, anche se la sua famiglia discendeva dalla più alta stirpe della mia terra. A lui piaceva insegnare, piaceva ridere e stare con la gente…Con la povera gente. Diceva che gli ultimi saranno i primi –
Boudicca sbuffò – Bah! Gli ultimi sono ultimi! E cos’altro diceva? –
Ailish guardò Boudicca piccata – Regina! E’ un ospite dell’isola sacra! –
Giuseppe sorrise e tentennò – E’ una frase che anch’io ho capito molto dopo. Ma diceva anche molte altre cose…Una mi è sempre rimasta in mente più di tutte e l’ha detta anche quando i romani, aizzati dai sacerdoti della mia terra, lo hanno crocifisso: amatevi gli uni con gli altri –
Boudicca aggrottò la fronte incredula – E cosa mai vuole dire? Che io dovrei amare i nemici della mia tribù? I romani che hanno oltraggiato me e le mie figlie? La mia fedeltà va alla sacra dea della guerra e al suo corvo immortale –
Gli occhi di Giuseppe sembrarono cambiare e Boudicca notò che erano più brillanti, più vigili e più attenti, forse quelli dell’uomo giovane che era stato. Lui strinse le labbra – La tua dea ti darà la vendetta. Forse ti darà giustizia. Ma ti darà la pace che cerchi? Tu sei stata oltraggiata, ma quante persone sono state oltraggiate dalle tue azioni, Mia Regina? Quanti orfani a causa tua cercano vendetta? Quante vedove? E non è forse vero che i romani che ti daranno battaglia vogliono vendetta per i loro compagni caduti? L’odio genera odio, questo è l’insegnamento del mio Maestro…Se qualcuno ti offende allora tu porgi l’altra guancia e perdonalo, perché il perdono e l’amore sono più forti dell’odio –
Boudicca si sentì avvampare – Se la pensi così sei solo uno sciocco! – gridò e se ne andò senza nemmeno salutare la Dama del Lago. Si avviò a grandi passi verso la sala dove aveva lasciato sua figlia con Gavino e i capi tribù. Davvero quel vecchio esiliato credeva alle parole che aveva detto? Avrebbe dovuto dare perdono e amore a quel viscido centurione che l’aveva spogliata e aveva cercato di stuprare le sue figlie? Era a causa sua se Maeve era morta e sempre per causa sua Una era diventata una spietata guerriera. Mai! Mai avrebbe perdonato i romani e, per gli dei dell’Annwn, li avrebbe sconfitti anche senza usare l’arma che Ailish gli aveva dato. Non gli serviva. Il suo esercito era forte, magari non come quello romano, ma era motivato oltre ogni ragione. Avrebbe guidato i suoi uomini con il suo carro da battaglia e sarebbe passata sopra le insegne delle legioni, dell’Imperatore e sopra i cadaveri dei legionari. La Britannia avrebbe lanciato un urlo che si sarebbe sentito a Roma e ben oltre.
Sentì gracchiare sopra la sua testa. Alzò lo sguardo e vide un grande corvo nero su un ramo. Sorrise e si disse che la sua dea era con lei. Improvvisamente una grande ombra oscurò il corvo e planò su di lui portandolo fino a terra. Una grande e maestosa aquila era calata sul corvo bloccandolo con i suoi artigli. Il rapace spalancò le grandi ali per proteggere la sua preda e, per un attimo, guardò Boudicca, aprì il suo sinistro becco e colpì il corvo uccidendolo all’istante.
La Regina degli Iceni rabbrividì e tornò sui suoi passi più lentamente. No, si disse, quello che aveva appena visto non era un buon presagio.
 
Inghilterra – Anno 1787 d. C.
 
Oscar aprì gli occhi. Si era assopita per un attimo ed aveva avuto un’altra visione. E, come le altre, la lasciava spaesata e stanca. La vita di Morgana che aveva visto con il loro collegamento mentale era stata qualcosa di molto diverso, era stato come leggere un libro illustrato o uno spettacolo teatrale. Il coinvolgimento che provava con la Regina guerriera era invece totalmente diverso. La sua mente era quasi fusa con quella di Boudicca.
Si morse il labbro inferiore, in fondo alla sua mente, come anche in fondo al suo cuore, sapeva benissimo da cosa era dovuto o meglio, da cosa era stato creato. Quella scena era ancora impressa nella sua mente: il centurione che strappava la veste della Regina, poi le frustate e, come se non bastasse, la tentata violenza sulle bambine. E se quella sera Andrè non si fosse fermato? Se anche lui, come il romano Tito, fosse andato oltre? Lei cosa avrebbe fatto? Ma le mani di lui, quando avevano bloccato le sue braccia, erano state come acciaio. Se non avesse potuto reagire come sarebbe finita?
Chiuse di nuovo gli occhi e vide di fronte a sé una grande figura venire verso di lei, vestita di corazza, con un mantello rosso ondeggiante e una grande cresta a mezzaluna sull’elmo. Gli occhi dell’uomo, sotto il copricapo, brillavano sinistramente e la sua bocca era piegata in un sorriso che non gli piaceva per nulla: “Eccola qui! Hai paura povera barbara? E hai ragione ad averne!” disse e fece scattare le mani verso di lei.
Spalancò di nuovo gli occhi e si aggrappò al tavolo di legno. Lei e Morgana avevano lasciato la foresta per andare ancora più a est, in un silenzio imbarazzante. La Duchessa di Cornovaglia aveva le sue granitiche convinzioni sulle classi sociali e sulla loro rigida gerarchia e questo lo poteva anche comprendere, ma lei non era certo la persona più adatta per convincerla del contrario. Lei non era come Andrè, lei non faceva parte di quel popolo che Morgana difendeva offrendo anche la sua vita, ma che giudicava inferiore. Lei apparteneva alla casta dei nobili, ma non per quello si era mai sentita superiore a qualcuno in particolare. Certo, poteva guardare dall’alto in basso personaggi come la Contessa Du Barry, quella Di Polignac e anche il Cardinale di Rohan, ma quelli erano mascalzoni accertati, nobili o meno che fossero. E di certo non si era mai sentita superiore ad Andrè. Ripensò ancora con piacere alla loro notte ad Avalon, quel bacio d’amore e la sera passata sdraiati l’una accanto all’altro: “Il mio cavaliere” pensò e poi si ricordò invece di dove si trovava.
Lungo la strada avevano trovato una locanda. Morgana aveva insistito per entrare per vedere, parole sue: “Cosa mai facesse il popolo di Britannia mentre il loro legittimo sovrano giaceva immobile nell’isola sacra in attesa del risveglio che lo avrebbe riportato sul trono”. Lei aveva cercato di dissuaderla e che sarebbe stato un errore. Del resto erano braccate da quelle persone con abiti neri di cui non sapeva assolutamente nulla se non che, probabilmente, erano gli stessi che erano entrati nella sua casa in Normandia. Lei avrebbe anche potuto passare inosservata, ma una strega medioevale dalla pelle pallida con corona, spada e scudo no di certo! Ma quando la Fata Morgana ordinava qualcosa, ovviamente un diniego non era previsto.
Ed erano entrate. E per fortuna c’erano pochi avventori che, peraltro, si erano subito ammutoliti nel vedere avanzare la figura in vesti nere e dalla pelle pallida con una spada a lama larga al fianco. Poi Oscar si era seduta ad un tavolo e di nuovo guardò Morgana in piedi, con le mani incrociate dietro la schiena e la testa leggermente piegata a destra davanti al ritratto di Re Giorgio III. L’oste arrivò portando due piatti in metallo e due boccali di legno. L’uomo, un anziano come l’oste di Tintagel, si piegò verso di lei – La vostra amica…Siete sicuro che sta bene? Con quel pallore spettrale farebbe paura ad un morto! Joseph, il mio amico a quel tavolo laggiù, dice che sembra una strega delle antiche leggende…E poi perché guarda il ritratto del Re da tutto quel tempo? –
Oscar sorrise debolmente – E’…Anemica…E poi vive in un posto in cui non c’è molto sole…Ed è…Una suddita devota a Re Giorgio –
L’uomo socchiuse gli occhi – Mmmm…Gli ho messo più grasso e più cotenna nel piatto. Il grasso di cinghiale cura molte malattie e anche voi siete così magrolino….Vi ho aggiunto più carne. Sapete che voi avete uno strano accento? Siete forse del Sussex? O del Kent? –
Oscar sorrise a labbra strette – Lì vicino! Vi ringrazio per l’ottimo piatto, è una meraviglia! Vi ringrazio anche da parte della mia amica – disse e guardò Morgana. L’uomo se ne andò e lei abbassò lo sguardo sulla brodaglia di carne in umido che, in tutta sincerità, aveva un aspetto poco invitante. “Oltre al vino anche il cibo inglese lascia a desiderare…Ecco perché il loro Impero è più grande del nostro…Tutti vogliono scappare da questa terra per mangiare meglio!” pensò e sospirò: era forse il caso di andare a prendere la Duchessa? Quel suo fissare il ritratto di Re Giorgio stava innervosendo tutti. Ma non ce ne fu bisogno. Morgana si girò in quel momento e arrivò al tavolo a grandi passi facendo svolazzare le sue vesti nere. “Come un rapace all’attacco” pensò Oscar.
La donna si sedette pesantemente sulla sedia, guardò il piatto e sorrise – Se quel tizio è attualmente il Re della Britannia credo che mio fratello non avrà problemi a sbarazzarsene e riprendere il suo trono – disse a voce alta.
Oscar si piegò verso di lei – Sei impazzita? Quello è il Re d’Inghilterra! Il Re in carica! Almeno parla piano! – disse sottovoce concitatamente. L’altra la guardò perplessa – Hai qualche problema? – disse prendendo il coltello e infilzando un grosso pezzo di carne di cinghiale.
Oscar si piegò ancora di più verso di lei – Qualche problema? Entri qui come se fossi la padrona e ti metti a fissare il ritratto del Re e parli anche di detronizzarlo…Ma non ti sembra di esagerare? –
L’altra portò la carne alla bocca con il coltello e ne staccò un pezzo con i suoi canini affilati. Poi puntò la posata con il cibo ancora conficcato sopra verso di lei – Mangia! Almeno ti calmerai un po' – disse a bocca piena.
Oscar sospirò e guardò di nuovo il piatto, prese il coltello e infilzò un pezzo di carne. Sarebbe stato inutile chiedere una forchetta, del resto solo i nobili possedevano quel tipo di posate e quello le fece pensare ancora una volta, chissà perché, ad Andrè. Qualsiasi cosa, in effetti, le faceva pensare Andrè. Da quando aveva recuperato la memoria su quello che era accaduto ad Avalon vedeva il suo amico sotto due aspetti: il suo cavaliere, colui al quale aveva dato il primo bacio della sua vita e colui che l’aveva letteralmente aggredita a casa sua strappandole la camicia…La camicia…Con quel rumore tremendo. Lasciando esposto non il petto virile di un uomo, ma il suo essere femminile. Lo avrebbe mai perdonato? Poi però il corpo di Andrè mutava in un’armatura romana, con un grande elmo impennacchiato e un volto crudele: “Cagna di una barbara!”.
Fu Morgana a piegarsi verso di lei – Ehi! Si può sapere che accidenti hai!? Quando dormi sogni la Regina guerriera e quando sei sveglia hai uno sguardo trasognato come quello di un cane a cui hanno tolto l’osso…E continui a fare discorsi idioti su popoli che cercano la libertà come…Come gli irlandesi. Datti un contegno, per gli dei dell’Annwn, sei un cavaliere di Avalon anche tu! –
Oscar sospirò – Non sono irlandesi…Te l’ho detto mille volte…Ecco: chiamali americani –
Morgana si pulì la bocca con lo straccio che gli avevano lasciato come tovaglia e prese in mano un boccale – E da che regione dell’Irlanda vengono questi americani? – disse e bevve un sorso per poi risputare la bevanda dentro – E’ birra! La bevono i villici la birra! Tu! – disse all’oste scioccando le dita – Vino! Noi vogliamo vino! E che sia quello della Gallia! –
Oscar si passò una mano sulla fronte – Questa è peggio della Contessa Du Barry e della Contessa di Polignac messe insieme! – disse piano. L’oste, che stava pulendo un boccale dietro al bancone, strinse le labbra – Subito! Come Vostra Signoria comanda! – disse piano allargando le braccia inchinandosi.
Poco dopo arrivò al tavolo portando una caraffa di terracotta. Fece un mezzo inchino verso Morgana – Ecco Vostra Signoria! Il vino migliore dei migliori prati verdi della…Della Quaglia…Come avete ordinato…Schiacciato da mille piedini di cinquecento vergini in una notte di fine estate…Ma prego – disse e appoggiò due bicchieri in legno che teneva nell’altra mano con le dita dentro. Versò il contenuto della caraffa e, con un altro inchino, si ritirò.
Morgana socchiuse gli occhi guardandolo andare via – Tipo strano! E spero per lui che sia un vino buono –
Oscar sorrise debolmente, evidentemente, pur essendo nata in Britannia, a Morgana difettava quello che anche a Versailles chiamavano english humor. Prese il boccale di birra e se lo portò alla bocca: – E allora assaggialo – disse piano.
L’altra prese un bicchiere e bevve un sorso. Mandò giù il liquido e poi digrignò i denti come una belva – Ringrazi tutti i suoi dei quel bifolco se non lo passo a fil di spada, come sarebbe mio diritto fare! Credevo che con il corso degli anni il vino della Britannia fosse migliorato come qualità, ma sento che è addirittura peggiorato! –
Oscar rise sommessamente, spinse avanti a sé il piatto e guardò la Duchessa – E’ il momento di andare a dormire –
Morgana aggrottò la fronte – Devi ancora spiegarmi cosa ha a che fare il cerchio di pietra con l’arma che stiamo cercando –
Oscar si piegò verso di lei – E io ti ho detto che saprai ogni cosa a suo tempo. La camera che ci hanno preparato è al primo piano e ho fatto in modo che ci dessero quella con l’ingresso più controllabile e, ovviamente, tu farai il primo turno di guardia –
 
Poco dopo, nella loro stanza, Oscar, una volta stesa nel letto, si addormentò quasi subito. Dall’altro lato della stanza Morgana, alla luce della lampada, se ne stava in piedi a braccia conserte camminando su e giù sul pavimento in assi di quercia. Aveva accettato di fare la guardia volentieri, del resto non aveva sonno. Il suo viaggio in quel futuro strano non le stava piacendo: non aveva visto grandi novità tecnologiche, se non l’uso del vetro nelle finestre che a lei piaceva molto; gli usi e i costumi le sembravano persino più barbari della sua epoca, ma quello che l’aveva colpita era quello che percepiva come il cambiamento delle convenzioni sociali. Quando aveva conosciuto Oscar e André era lui che blaterava di uguaglianza e fraternità tra gli uomini. Che idiozia! Pure sua sorella Morgause, che aveva avuto molti slanci di parità sociale in amore con stallieri e soldati, lo aveva deriso. Si portò l’indice della mano destra sotto il mento pensierosa: era sempre stata fiera di appartenere a una casta di nobili guerrieri e aveva sacrificato tutto per un popolo che in realtà la detestava. Ma era giusto così, il suo ruolo e la sua posizione lo imponevano. Guardò la finestra e vide il suo riflesso nella penombra. Sorrise debolmente: anche come donna aveva raggiunto una posizione di potere e di indipendenza che poche possedevano, come le sue sorelle Morgause e Viviana e persino come sua cognata Ginevra. Guardò Oscar stesa nel letto. E poi davvero Oscar si poteva ritenere uguale ad un allevatore di maiali, ad un pescatore o a un contadino? Quante volte aveva invidiato le altre ragazze dalla pelle chiara, ma non cadaverica come la sua, dai capelli biondi come l’oro mossi dal vento e non neri e lisci come alghe secche. E aveva persino invidiato le figlie dei contadini che giocavano felicemente per le strade e per i campi. Si ricordò improvvisamente che aveva provato a farsele amiche, senza risultato ovviamente, se non quello di farsi rincorrere al suono di “Strega…Strega” eppure, pensò improvvisamente, in quei momenti non pensava alla sua condizione di nobile e non vedeva le altre come inferiori. Del resto, si disse, quante volte da ragazza aveva sognato di farsi stringere tra le braccia robuste dei giovani stallieri di Tintagel e di baciare i bei ragazzi che lavoravano nei campi? E di certo in quelle occasioni non pensava alla gloria sul campo di battaglia o alla sua nobile stirpe.
Scrollò la testa cercando di distogliere la mente da quei pensieri sciocchi. Eppure…Guardò di nuovo Oscar. Lei e André si erano innamorati ad Avalon in quella che sembrava una relazione senza fine. Lei nobile e lui del popolo, anche se cavaliere di Avalon. Di certo suo fratello Artù li avrebbe trovati adorabili e avrebbe ordinato ai bardi di comporre una ballata su di loro. Ma Artù era sempre stato un sognatore, di quelli che cercano sempre il buono nelle persone e si illudono di trovarlo; che voleva un mondo migliore. Un po' come André e come Oscar. Ma cosa mai poteva essere successo perché la donna non volesse più avere nulla a che fare con il suo ex scudiero? Sospirò. Per lei sarebbe stato semplice verificarne il motivo. Ma doveva farlo? In fondo, si disse, stavano cercando insieme un’arma leggendaria e conoscere ogni cosa del proprio alleato era saggio. O era solo una giustificazione? Bah! Lo avrebbe fatto comunque. Del resto era una strega oppure no?
Si avvicinò al letto, si sedette sul pavimento a gambe incrociate e chiuse gli occhi. I suoi poteri potevano funzionare solo in determinate zone, quelle dove passavano le cosiddette correnti di energia terrestre, come Tintagel, come Glastonbury e anche il cerchio di pietre. Dove si trovava in quel momento non poteva, il che voleva dire che avrebbe dovuto usare molta energia, come nell’incantesimo che aveva dovuto usare per nascondere sé stessa, Oscar e André dagli scorridori sassoni. Si disse che in fondo doveva solo entrare nella mente di Oscar e vedere cos’era successo tra lei e André. Non era difficile. Non era una cosa lunga. Sospirò e allungò la mano fino a toccare con la punta delle dita la fronte di Oscar.
 
Si guardò attorno e vide un bosco. Non verdeggiante e illuminato dal sole. Ma una tetra foresta scura con alberi rinsecchiti e senza alcun rumore e, in fondo ad un viale, un grigio palazzo. Morgana provò un brivido lungo la schiena. Che posto era mai quello? Se era la casa di Oscar doveva essere veramente spaventosa.
Il palazzo non era come il suo castello, non era robusta roccia con alte mura e merlature per resistere agli assalti nemici. Sembrava più una villa costruita sulla falsariga di quelle romane che aveva visto nei dintorni di Londinium. Morgana strinse le labbra – Nemmeno un fossato…Come fa a fare la guerra questa gente senza difese… - disse piano e salì i gradini dell’ingresso.
Sentì una folata di vento gelido e si circondò le braccia. Appoggiò le mani sui battenti che si aprirono cigolando e si trovò all’interno. Non riconobbe nessuno dei mobili, ma la stessa aria cupa dell’esterno era presente anche dentro. In più c’era una leggera nebbia che aleggiava sul pavimento, rendendo il tutto più spaventoso. “Oscar…Cosa ti è successo” pensò Morgana guardando l’ambiente circostante. Quella non era certo la mente di una persona sana. Osservò la grande scala che portava al primo piano, ma decise di esplorare anche il piano terra e arrivò in una grande sala con un camino monumentale. Si irrigidì vedendo due figure in piedi. Erano inanimate e quella che pareva un uomo se ne stava bloccato in una posizione innaturale, con un braccio in alto, ma la faccia era quella che la spaventava di più: era letteralmente contorta con la bocca aperta in diagonale a formare un urlo muto e orribile a vedersi. Al fianco portava una spada e di certo era un soldato. Accanto a lui c’era una figura decisamente femminile a giudicare dall’abito lungo. Una donna con le spalle e la testa leggermente piegate in avanti, con i capelli chiari e gli occhi spenti che fissavano il nulla. Morgana si avvicinò e piegò la testa di lato. Che fossero i genitori di Oscar? Si girò e vide un’altra figura inanimata. Era una vecchia donna, dal volto tondo e con una cuffia bianca in testa. Se ne stava in un angolo, a testa bassa e con le mani in grembo.
Il freddo in quella sala era insopportabile e decise di tornare sui suoi passi. Sentì delle voci dall’alto e salì lentamente le scale, ritrovandosi in un corridoio oscuro. Si girò e vide una luce che filtrava da dietro la porta. Si avvicinò lentamente e aprì piano la porta. All’interno del locale non c’era un’aria grigia e fredda, ma tutto era colorato e sembrava pure caldo rispetto al resto della casa.
Si sporse ancora di più dentro e si bloccò vedendo Oscar e André. Entrambi erano in pantaloni e camicia bianca. Notò che lui aveva una ciocca di capelli che gli copriva, chissà perché, l’occhio sinistro e che lei stava sorseggiando qualcosa da una tazza bianca.
Lui si girò e lei appoggiò la tazza su un piattino – Aspetta! Devo parlarti –
Lui si girò di nuovo incuriosito e lei sospirò – Dal momento che ho deciso di vivere come un uomo…Volevo dirti che non intendo più continuare ad avere il tuo aiuto André… - disse e appoggiò la tazza su un tavolino lì accanto – Vedi…Io ancora non so quale sarà il mio prossimo incarico, ma appena lascerò la Guardia Reale credo che non avrò più alcun bisogno di te. Devo imparare a vivere senza appoggiarmi a nessuno…Buonanotte André – disse ed entrò in un’altra stanza.
Lui la seguì e si fermò sull’uscio. Morgana entrò ancora di più nel locale per sentire meglio. André sospirò – Anch’io ti devo dire una cosa… Una rosa è una rosa anche se essa è bianca o rossa…Una rosa non sarà mai un lillà, Oscar –
Morgana aggrottò la fronte, aveva sentito anche lei la stessa frase detta da qualcuno, ma non ricordava chi fosse. Fece ancora un passo in avanti per vedere la reazione di Oscar. Lei si girò e fronteggiò André – Vorresti dire che una donna resta sempre una donna in ogni caso…Questo vuoi dire? – disse quasi urlando. Lui rimase in silenzio e lei continuò – Rispondimi! Mi devi rispondere André! – disse e lo schiaffeggiò.
Morgana rimase perplessa. Era quindi questo il motivo del loro litigio? E non sembrava nemmeno una gran cosa. Non certo quello che poteva giustificare un’ambientazione così lugubre per quel ricordo.
Oscar afferrò André per la camicia e lo attirò a sé – Rispondimi! Mi devi rispondere! E’ importante per me! –
Lui, sempre in silenzio, la prese lentamente per i polsi e spostò le sue mani. Lei rimase sorpresa – Così…Così mi fai male André – disse piano con una voce che tradiva la paura. Morgana mise mano istintivamente all’elsa della spada anche se sapeva che l’arma era, come lei stessa, solo una proiezione mentale.
Improvvisamente lui si mosse in avanti avvicinandosi a lei, le allargò le braccia e la baciò. Morgana si portò una mano alla bocca. No! Non era un bacio quello! Non era amore quello! Era solo violenza: - Cosa hai fatto sir André – disse piano. Fece qualche passo ancora verso di loro, ma si bloccò perché altro stava accadendo.
André spinse Oscar verso un grande letto restando sopra di lei. Atterrarono con un tonfo e Oscar riuscì a piegare la testa – Lasciami André! O chiamo aiuto! – gridò.
Improvvisamente Morgana sentì un rumore orribile e secco, quello di una camicia strappata. Era quella di Oscar. Dopo un lungo silenzio, Oscar piegò la testa di lato – Bene…E adesso…Adesso cosa vorresti farmi André…Che cosa vuoi provare… - disse piangendo.
Anche l’occhio visibile di lui divenne lucido e lasciò cadere a terra il pezzo della camicia di Oscar: - Ti prego perdonami Oscar… - disse e piegò la testa – Giuro su Dio che non ti farò mai più una cosa come questa – aggiunse e si avvicinò di nuovo al letto per coprirla delicatamente. Poi si girò e si avviò verso la porta e si fermò di nuovo sull’uscio dandole la schiena: - Una rosa non potrà mai essere un lillà – ripeté – Ascolta Oscar…Non potrai mai cancellare di essere nata donna…Per vent’anni ho vissuto con te…E ho provato dell’affetto per te…Solo per te…Io ti amo Oscar…Credo…Di averti sempre amato… - aggiunse ed uscì.
Morgana se lo vide passare davanti e digrignò i denti – E lo chiami amore? Quello che hai fatto non ha giustificazione! – ringhiò sapendo che lui non poteva sentirla. Eppure André si fermò facendola sobbalzare. Intorno a lei si fece buio e vide che la forma dell’uomo stava cambiando velocemente. Le calze bianche e le scarpe vennero sostituite da dei sandali di cuoio alti fino al polpaccio, pantaloni in pelle, un corto mantello rosso e, sulla testa, un elmo con una grande cresta a mezzaluna.
A Morgana mancò il respiro. Aveva sentito mille volte le descrizioni degli anziani della sua terra sui legionari di Roma e quello che aveva davanti era un centurione. Ma cosa accidenti c’entrava un centurione romano con André e Oscar? Estrasse la spada e impugnò l’elsa con due mani mettendosi in posizione di difesa – Chi sei! –
Si sentì una lenta e roca risata mentre la figura si girava lentamente. Morgana vide due occhi malefici e un ghigno nascosti parzialmente dai guanciali dell’elmo: - Ah…Ah…Ah…Ah…La barbara ha paura! Credeva di essere un uomo e si è ritrovata una debole donna…Non è riuscita nemmeno a fermare quel patetico omuncolo privo di spina dorsale…Lui avrebbe dovuto prenderla! Questo avrebbe fatto un vero uomo! – disse e avanzò verso di lei.
Morgana strinse le labbra – Gli uomini fanno molte stupidaggini…Ma questo…No! Non significa essere un uomo! Ma solo un mascalzone! Non avvicinarti! –
Il centurione estrasse il suo gladio con un rapido movimento e la disarmò facendo cadere la sua spada. Morgana rimase a bocca aperta e si sentì improvvisamente debole e spaventata. Quella non era lei, era la mente di Oscar. E stava avendo paura di quell’essere. Cadde a terra con una disperata voglia di piangere. Il centurione si avvicinò e la prese per i capelli sollevandola. Il dolore che provava in quel momento era atroce e poi fu sbattuta letteralmente sulla parete. Poteva vedere la corazza dell’uomo e sentire un insopportabile fetore di aglio. Il centurione si slacciò il cordino sotto l’elmo e se lo tolse. Il suo volto era quello di Andrè, riconoscibile dalla ciocca di capelli sull’occhio sinistro. Ma il suo sorriso…Non era certo quello della persona che aveva conosciuto. Era più sinistro, più cinico, in una parola sola: più spaventoso. L’essere si avvicinò ancora e gettò l’elmo di lato – La barbara si sforza di essere un uomo, come se gli attributi spuntassero fuori con la volontà…E’ nata donna e resta una donna! E ha paura! Ha paura di vivere come una donna…Ha paura di innamorarsi come una donna…E ha paura di questo! – disse facendo scattare in avanti le braccia.
 
Morgana cadde all’indietro sul pavimento della camera annaspando. Oscar si svegliò di soprassalto alzandosi in piedi. Vide La Duchessa a terra e strinse le mascelle – Tu…Eri tu nella mia mente! Viscida…Strega! – gridò e le fu addosso.
Alzò il pugno per colpirla, ma vide che tremava e che da una delle narici scendeva un rivolo di sangue. Le prese la testa tra le mani e avvicinò il suo volto a quello di lei – Morgana…Fata Morgana…Guardami…Guardami – disse concitatamente.
Morgana fissò il suo sguardo su quello dell’altra e rallentò il suo tremore. Allungò una mano accarezzando la guancia di Oscar che vide le sue orbite ruotare verso l’alto. Poi il suo corpo smise di tremare del tutto e si afflosciò.
   
 
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