Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Green Star 90    08/08/2021    2 recensioni
[...] «quando uno dei capitoli più belli ma anche dolorosi della mia esistenza si è concluso, per almeno un anno non mi sono permesso di andare a trovare mia sorella al cimitero. C’era una sorta di rifiuto che non avevo ancora metabolizzato, era come se assieme a lei andassi a trovare anche le persone care che avevo perduto in Nordafrica e non mi sentivo pronto a farlo, non volevo dirgli veramente addio. Un bel giorno ho riaperto il mio zaino e ci ho trovato dentro la sciarpa dell’amico che mi aveva aiutato a vendicarla e… ho pianto come un deficiente!».
Fugo aveva sbruffato nell’immaginare un tipo flemmatico come lui lasciarsi andare a tal guisa.
«Scusami, è che non riesco a farmi un’idea mentale della scena»
«Non è un problema, rimarresti sconcertato se ti venissero a raccontare di com’ero a vent’anni».
***
Dodici racconti sulla vita, la morte e l'oltre vita.
Buona lettura.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jojo in Heaven'
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10- Vespro dei beati sposi (seconda parte)

Vespro dei beati sposi (seconda parte)

 

We’ve been running from love
We’ve been running from love
And we don’t know what we’re doing here
No we don’t know what we’re doing here

We’re only here
Sharing our free love
Let’s make it clear
That this is free love
No hidden catch
No strings attached
Just free love
No hidden catch
No strings attached
Just free love

Depeche Mode, Freelove

Un racconto sull’amore sottaciuto

 

«Oh cazzo».
Abbacchio sbatté le palpebre più volte, come se si stesse ridestando da un sogno a occhi aperti. Il Marcantonio degli anni trenta lo aveva spinto a varcare la soglia del luogo che lo spaventava di più in assoluto e adesso non aveva idea di come risolvere la situazione.
«Finalmente siamo entrati» disse la risoluzione della situazione puntando il naso in alto.
Il cielo, da pallido ed evanescente, si era trasformato in una trapunta di stelle accompagnate dalla mezzaluna, unica e discreta fonte di luce del labirinto di viti. I suoni provenienti dall’esterno, comprese le voci delle altre anime e il papulare dei pavoni, si erano spenti all’improvviso, e questo fece loro capire di essersi completamente isolati dal resto dell’aldilà.
«Che posto magnifico» proseguì la risoluzione della situazione stavolta voltandosi indietro, laddove prima c’era l’ingresso coi roseti «la parete è chiusa, quindi mi sa che Narancia aveva ragione: non si esce se prima non si è detto la verità».
«Certo, la verità» quello di Abbacchio era appena un mormorio. Se avesse avuto ancora un vero cuore pompante sarebbe crepato d’infarto «senti, non è che… non so, mi dici cosa fare? Magari cercare una via d’uscita…».
Bucciarati incrociò le braccia e spostò il peso del corpo su una sola gamba. Anche se c’era ancora qualcosa che lo tratteneva dall’esprimere la sua vera essenza, lo trovava più disteso, più umano. Così come lui aveva abbandonato la maschera del capobanda inflessibile e pragmatico, Abbacchio non si era più avvicinato a un bicchiere di vino. Due delle cose che li abbruttivano erano andate distrutte assieme ai loro stand.
«Quante volte devo ripeterti che non sono più il tuo capo e che non devo più impartirti ordini?».
Dal suo tono di voce sembrava rilassato, se non quasi divertito, eppure Abbacchio si sentiva come se gli avesse stampato cinque dita in piena faccia. Scosse il capo e si stropicciò gli occhi: se pensava a quello che avrebbe dovuto dire per uscire da lì rischiava di farsi venire un attacco di ansia.
«Va bene, ritiro quello che ho detto e cerchiamo di uscire» riprese Bucciarati facendosi d’un tratto accondiscendente. Sarebbe stato evidente anche a un cieco che Abbacchio si trovava in difficoltà «vogliamo andare a destra?».
Il più taciturno dei due fece un cenno di assenso e seguì quello che un tempo era il suo capo verso la direzione scelta. L’ipnosi che gli aveva fatto muovere le gambe fino a lì era svanita e la paura era tornata ad attanagliargli l’addome. Chiunque avesse pensato quel posto era sicuramente un genio del male.
«Sei stato bravo a resistere alla forza attrattiva del giardino di Mitra¹ per così tanto» disse Bucciarati proseguendo nel suo cammino «ma presto o tardi ci saresti entrato lo stesso».
Abbacchio seguitava a non parlare e a stringere convulsamente il mazzo di rose che gli avevano regalato Mista e Trish. Con quei fiori appresso lui e Bucciarati sembravano una coppia di sposi che si avviava lungo le navate di una chiesa.
Che razza di immagine mentale.
«Anche se nella nostra condizione dovremmo essere felici sono preoccupato per te» Bucciarati aggirò un vicolo cieco e svoltò a sinistra «devi perdonarmi, so che sto facendo un discorso stupido visto che siamo adulti, ma quando uno dei miei sta male per qualcosa sto male anche io. È… un brutto vizio, lo so».
Abbacchio emise uno sbuffo dalle narici.
«Adesso salta fuori che siamo tuoi anche se non sei più il capo di niente? Che è sta storia?»
«Guarda che non mi sto contraddicendo» Bucciarati si voltò a guardarlo, i fiori stretti al petto come se reggesse il suo tesoro più prezioso «voi siete miei perché avete dato un senso alla mia vita, mi avete rubato l’anima e ve la siete tenuta dentro, e io ho rubato le vostre anime per tenerle con me nel bene e nel male. Voi mi appartenete e io appartengo a voi perché siamo una cosa sola».
Sentendo quelle parole, Abbacchio si strinse d’istinto nelle spalle e mandò giù un groppo alla gola che rischiava di sopraffarlo. Da vivo non avrebbe potuto permettersi di esternare certi pensieri.
«Per dirla in altri termini, questa pace non me la posso godere se tu non fai lo stesso, e anche se non bevi più da quando siamo qui ti vedo solo soffrire»
«È che» Abbacchio si morse il labbro, si sentiva uno schifo sapendo che proprio Bruno, che quella pace se la meritava, si sentisse in quel modo per colpa sua «è che sai come sono fatto… Per farmi fare una confessione devi tirare giù il calendario con tutti i santi. Sono uno difficile da sopportare»
«Leone» disse Bucciarati senza smettere di avanzare.
Abbacchio si drizzò in tutta la sua figura, era raro sentirsi chiamare per nome da lui.
«Che c’è?»
«Ti si ama anche per questo, sappilo».
Alla rigidità posturale si era aggiunto il rossore al volto, che cercò di nascondere chinando il capo per permettere che i capelli gli scivolassero davanti.
«Ah, questo vicolo lo abbiamo già superato se non vado errato» Bucciarati si era fermato e con l’indice della mano libera dai fiori si pungolava il mento «mi sa tanto che ci siamo persi»
«Ci credo, hai imboccato per due volte la stessa strada» Abbacchio sollevò la testa il tanto che bastava per orientarsi nel dedalo di viti intrecciate e grappoli, e, braccio e mano tremante, afferrò il polso di Bucciarati per condurlo nella via opposta, assumendo il comando della missione più difficile a cui stesse partecipando.
«Vieni, questa parte non l’abbiamo ancora esplorata»
«Va bene capo» lo canzonò Bucciarati.
Pur senza fermarsi, Abbacchio si era voltato a guardarlo con occhi sottili.
«Mi prendi in giro?».
Bruno assunse un’espressione innocente. Lo stava facendo apposta.
«Assolutamente no».
Abbacchio non rispose alla provocazione e tornò a voltargli le spalle: non c’era proprio verso di uscire, anche perché aveva l’impressione che i rami delle viti avessero un moto che gli consentiva di creare nuove pareti e nuovi vicoli ciechi. Ovunque andassero era un susseguirsi di pampini e grappoli gonfi e invitanti, grappoli gonfi e invitanti e stelle ingentilite dalla mezzaluna che non smetteva di seguirli proprio come quelle maledette colombe sul carro dorato.
«Aspetta» disse dopo un po’ girandosi intorno «quella parete prima non c’era, stiamo camminando verso il centro senza poter proseguire e nemmeno tornare indietro. Ma come funziona questo labirinto?».
Teneva ancora Bucciarati per il polso, ma il legittimo proprietario non sembrava infastidito dalla cosa. Anzi, si mise persino a ridere.
«Visto? Te l’ho detto che ci siamo persi, ma tu continui a voler cercare di uscire» profferì Bucciarati con sguardo enigmatico.
Il punto di non ritorno stava per essere raggiunto e non c’era davvero via di scampo.
«Allora fammi capire, ti piace l’idea di restare qui dentro per l’eternità?».
Bucciarati liberò delicatamente il polso dalla presa di Abbacchio e infilò l’ultimo vicolo che avevano incontrato: poggiò la schiena sui rami rigogliosi di pampini e lì rimase, senza abbandonare i fiori e l’espressione indecifrabile.
«Mi piace l’idea di sentirti dire la verità su quello che provi per me».
Trascorse un istante interminabile nel quale gli occhi dei due spiriti saggiarono vicendevolmente le intenzioni dell’altro, consapevoli del fatto che una conversazione del genere potesse avvenire soltanto al prezzo del martirio della loro carne.
«Dai, stendiamoci un attimo a riposare» riprese Bucciarati «non eri tu quello che mi aveva detto di sentirsi a suo agio solo quando è al mio fianco? E allora dimmi come dovrei interpretare quelle parole».
E ciò dicendo piegò le gambe, si sedette sull’erba, noncurante delle macchie di terra che potevano contaminargli il bianco del completo, e posò i fiori accanto a sé.
«Ah» Abbacchio si lasciò scappare un sorriso amaro per simulare il suo vero stato d’animo. Sperava in qualche modo che quella pseudo – pseudo? – confessione restasse laggiù e invece gli stava toccando averci a che fare anche dopo il trapasso. Ma era prevedibile: figurarsi se uno come Bucciarati si lasciava sfuggire un dettaglio simile.
Rimanendo ancora in silenzio, raggiunse il compagno di aldilà e si accomodò al suo fianco, più teso che mai. Poggiò anch’egli i fiori a terra e si schiarì la gola.
«Allora, io… ehi».
Nel momento in cui Abbacchio stava cercando le parole adatte per mettere ordine nel caos sentimentale in cui si era ingarbugliato, Bucciarati gli rese il lavoro più complicato piegandosi di lato per distenderglisi addosso, adagiandosi con la testa sul grembo e spargendogli i capelli sulle cosce.
«Sei un fetente!» fu la prima cosa che venne da dire a un Abbacchio spiazzato da cotanta sfacciataggine «Dai, dillo che ti stai a divertire a vedermi così, forza».
Bucciarati si coprì il volto con le mani, anche lui imbarazzato per l’audacia che lui stesso aveva dimostrato. Due falangi si aprirono per permettere a un frammento azzurro di iride di sbirciare il volto di Abbacchio e sussultò per le risate.
«Molto, sono sincero!» gli confessò, mentre spostava lentamente una mano dal proprio viso al torace di quello che un tempo era un suo sottoposto; percorse la linea dello sterno e si fermò alla base del collo: i vasi sanguigni, o perlomeno la loro proiezione psichica, pulsavano furiosamente. Restò così, in silenzio, crogiolandosi negli ultimi istanti di pace prima della tempesta emotiva, annunciata dal movimento frenetico del pomo d’Adamo di Abbacchio sotto le dita, e pian piano il sorriso che gli colorava il viso si spense cedendo il posto alla malinconia. Quando entrambi capirono che era giunto il momento di affrontare la questione seriamente lasciò cadere la mano lungo il fianco.
«Dopo che mi hai detto quella cosa sei stato il primo a salire sulla barca. Non avevo avuto il tempo di capire davvero cosa volessi comunicarmi, ma c’è stato un attimo in cui il mio cervello aveva smesso di processare perché a essere onesto, anche se avevo già intuito che la tua non fosse soltanto gratitudine, non pensavo avessi il coraggio di dirlo di fronte a tutti. Quindi… insomma, se abbiamo visto quel carro con le colombe e siamo entrati qui dentro vuol dire che le tue parole significavano qualcosa, e vorrei che me lo dicessi una volta per tutte… Per te, per me e per questi fiori».
Abbacchio si toccò dove prima c’era stata la mano di Bucciarati e trasse un respiro profondo. Una cascata di ciocche cenere² accompagnò il chinarsi della testa per guardare la fonte della propria serenità. Dalla gola uscì una voce bassa, arrochita da anni di disperazione.
«Non saprei dirti quando è cominciata, però posso dirti che sei il primo uomo che mi ha fatto dubitare dei miei gusti³… Quello che ho condiviso con te mi ha fatto rivalutare il senso della mia vita e in virtù di questo non potevo lasciarti da solo su quella barca. Anzi, non volevo, perché se tu fossi andato via prima di me non so cosa avrei fatto, come l’avrei affrontato… La mia vita non avrebbe più avuto senso e… scusa».
Il groppo alla gola che aveva represso a fatica era tornato a fargli male, più insidioso di prima. Comprendendo quanto gli stesse costando esprimere a voce i propri sentimenti, Bucciarati non seguitava a non profferire replica, con la testa sempre sul suo grembo e la pazienza di chi si era conquistato l’immobilità dell’eternità. A un certo punto gli prese la mano e se la portò al petto, e a essa intrecciò le proprie come per infondergli coraggio.
Dio, quanto avrebbe voluto baciarlo.
«Mannaggia a te, sei adorabile» Abbacchio tirò su col naso e si passò la manica sugli occhi lucidi «resti sempre un fetente, ma sei adorabile».
Il sorriso riaffiorò tra le labbra di Bucciarati. Il continuo intrecciarsi, strecciarsi e ricercarsi delle mani comunicavano quello che era impossibile esprimere verbalmente.
«Continua, ti prego» lo esortò.
«La fai facile…» Abbacchio lasciava ancora che la sua mano venisse stuzzicata da quelle di Bucciarati, che così sdraiato altro non voleva essere che un ventenne qualunque accoccolato sulle gambe del fidanzato. All’improvviso gli tornò alla memoria un episodio che in un contesto meno straniante avrebbe titillato la curiosità o il senso del pudore di chiunque.
«Te la ricordi la nostra ultima giornata al mare?».
Bucciarati smise per un attimo di giocare con la sua mano e lo guardò con le sopracciglia inarcate. Gli riuscì di scorgerlo dischiudere le labbra e inumidirle fugacemente con la punta della lingua.
«Scherzi? È stato lì che ho capito che non me la raccontavi giusta»
«Ok, è una domanda stupida, ma non mi viene in mente altro per riprendere il discorso senza diventare una fontana» sbuffò Abbacchio che non sapeva se sentirsi nervoso o semplicemente confuso «quando io e te ci siamo appartati con quella ragazza conosciuta in spiaggia e abbiamo iniziato a farci sesso… e mentre lei ti stava sopra ha spinto la mia testa contro la tua perché… e avevamo paura che qualcuno della squadra ci scoprisse… come siamo riusciti a far finta di dormire in tenda ancora non me lo spiego»
«È stato un bel bacio» commentò Bucciarati incrociando le gambe, il respiro leggermente più pesante «ci avevi messo entusiasmo».
Abbacchio deglutì rumorosamente.
«Mi ero fregato da solo, dovevo intuire che da lì avevi capito tutto» distolse lo sguardo dai mazzi di fiori candidi posati vicini, decisamente non adatti per la piega che aveva assunto il discorso «non ho avuto il coraggio di chiederti di ripetere l’esperienza, con o senza terza incomoda… L’ambiente in cui ci eravamo ficcati e le voci che avrebbero iniziato a girare… era troppo pericoloso. Però mi era sempre rimasto il tarlo di volerlo rifare perché così almeno avrei avuto una buona scusa per… insomma, ficcarti di nuovo la lingua in bocca e toccarti, anche se non ti avrei detto che quello non era solo sesso mi sarebbe bastato lo stesso».
Bucciarati si sistemò meglio sul grembo di lui. Impercettibilmente ma inevitabilmente, la flemma che lo contraddistingueva lo stava abbandonando e a comunicarglielo erano soprattutto le gambe tenute ostinatamente accavallate.
«Però adesso non devi più accontentarti del sesso, o sbaglio?» nel porre la domanda, Bucciarati gli aveva posato la mano sul petto, sotto i lembi visibili della lingerie. La proiezione psichica dei polpastrelli fecero percepire ad Abbacchio il ritmo irregolare del cuore.
«Mmh, no» la mano libera andò a insinuarsi tra la fronte e la frangetta di Bucciarati, scoprendola accaldata e leggermente sudata «Ti ripeto, non so quando ho iniziato a provare interesse nei tuoi confronti, ma quando ti ho baciato… porca… porca miseria Bruno, mi piaci, mi piaci da impazzire e voglio passare il resto dell’eternità con te perché tu sei il mio paradiso, la mia pace… Sei tutto».
Ecco, finalmente lo aveva detto. Peccato – o per fortuna? – che la tempesta fosse solo cominciata.
«Santiddio che chiavica di dichiarazione che ho fatto» si affrettò ad aggiungere cercando di sdrammatizzare. Trattenersi dal piangere gli stava costando una fatica immane e sicuramente di lì a poco avrebbe ceduto.
Bucciarati sorvolò sulla battuta. Si alzò e avvicinò il volto a quello del confessore, che trattenne il fiato una volta realizzato quanto i loro nasi fossero vicini. Lo vide indugiare con lo sguardo sulle labbra serrate e poi espresse a voce il motivo per il quale provasse tanto timore del giardino di Mitra.
«Sai che le colombe bianche sono visibili solo agli innamorati?» gli prese il mento tra le dita per costringerlo a guardarlo in faccia «Ti avevo detto più di una volta che le vedevo assieme a te, ma non c’era verso di farti cambiare idea in quella testa dura che tieni. Non volevi entrare perché avevi paura di essere felice una buona volta, non è vero? Perché in cuor tuo sentivi di non meritartelo».
La fronte di Bucciarati toccò quella di Abbacchio; ormai i respiri si stavano rompendo sotto il peso degli anni passati a trascurare la loro parte più umana, e tutto per il bene di un disegno del quale non avevano scelto di far parte.
Un rivolo salato percorse la linea della mandibola e bagnò il pollice di Bucciarati.
«Quando ti ho visto con quel buco al petto» proseguì quest’ultimo con la voce sempre più incrinata «e abbiamo dovuto lasciarti da solo, in realtà su quella spiaggia avevano ammazzato me, anche quando… quando Narancia se n’è andato, me n’ero andato io, perché siete la mia cosa più preziosa, tu sei la mia cosa più preziosa… e dovevo stare al mio posto perché non potevo lasciarmi andare, non…».
Altre lacrime sopraggiunsero a spegnergli in gola le ultime parole, sovrapponendosi a quelle di Abbacchio. Una mano affondò nel caschetto, mentre l’altra andò ad asciugargli il ciglio da una goccia, e purtuttavia, anche con quel gesto, non poterono evitare di assaggiare il mescolamento del loro dolore a lungo sottaciuto attraverso il contatto con le labbra, dapprima cauto, dopo sempre più profondo, più fisico, più intimo, e mentre le lingue erano intente a esplorarsi a vicenda non si accorsero inizialmente dello spiraglio d’uscita creato dallo stesso labirinto che li aveva intrappolati.
Quando si separarono per prendere fiato i sospiri di angoscia si erano trasformati in fame di desiderio. Fu allora che entrambi scorsero la luce che li avrebbe indirizzati fuori.
Si guardarono in volto: gli occhi erano gonfi e le ultime lacrime fuggiasche rigavano le gote, ma non avevano più voglia di tornare a rivedere il sole, o perlomeno, ad Abbacchio non interessava più uscire da lì. A un certo punto vide che le gambe di Bucciarati erano ancora serrate, per cui ebbe l’idea di afferrargli una caviglia per invitarlo a mettersi a cavalcioni sopra di lui.
«Che hai da nascondere? Vieni qua, non farti pregare»
«Devo per forza?» Bucciarati arrossì violentemente. Vederlo così era uno spettacolo unico.
«Dai» la voce di Abbacchio era appena un mormorio impastato dalle lacrime, mentre lo tirava a sé per mordergli il labbro «guarda che non mi offendo se mi dimostri il tuo affetto».
Seppur con qualche esitazione, avvertì il peso del busto scivolargli sul bacino e il cavallo dei pantaloni di Bucciarati gonfio contro il proprio inguine.
«Mi sono fatto sgamare» ridacchiò piano nascondendo il volto nell’incavo del collo di Abbacchio, che ne approfittò per infilargli una mano sotto la giacca dove c’era il pizzo nascosto.
«Che fai, ti vendichi?» sentì dire col fiato spezzato, le labbra gonfie per il morso di prima che gli sfioravano la clavicola «è colpa tua e dei tuoi ricordi sul sesso a tre»
«Se vuoi, appena finiremo noi due da soli» gli sussurrò Abbacchio all’orecchio «possiamo cercare quelle sacerdotesse cretesi che ci avevano invitato a entrare quando ci hai raggiunti per la prima volta»
«L’importante è che stavolta tu non fugga…» gli rinfacciò per scherzo Bucciarati, la sua voce ridotta a un soffio «Avevano tutte diciott’anni ma sono più vecchie di Cristo».
Abbacchio riuscì nell’impresa di sbottonargli la giacca con le mani che tremavano, dimentico della propria condizione di fantasma e della miseria che si era trascinata dal mondo dei vivi; l’avrebbe abbandonata sull’erba del labirinto. Quando lui e l’amante presero a togliersi i vestiti non fecero nemmeno caso alle altre lacrime che caddero dal cielo e che li accompagnarono lungo il vero ingresso del paradiso, quello della psiche.
E lì sarebbero rimasti per sempre.

***

¹Secondo Treccani, il dio Mitra «garantisce i patti e protegge i giusti». Era venerato sia in Oriente che presso gli ellenici e i romani ed era una figura fondamentale nei culti misterici; si ipotizza fosse anche il dio dell'amicizia. Spulciare Wikipedia per saperne di più. L'accostamento con le viti è dovuto all'identificazione con Dioniso/Bacco («In vino veritas»).
²Irl l'ho sempre immaginato biondo cenere.
³Sorry not sorry, nella mia headcanon ritengo che Abbacchio e Bucciarati siano attratti sia da donne che da uomini. La tesi è avvalorata ancor di più dal fatto che in Purple Haze Feedback si faccia accenno alle tante donne con cui Abbacchio è stato prima di entrare nella squadra.
⁴Non si conosce molto della civiltà minoica, ma una delle ipotesi riguardo la condizione femminile è che le donne, almeno quelle di status sociale elevato, fossero piuttosto emancipate. Come testimoniato dalla statuina della "signora degli animali", il loro abito tradizionale prevedeva il seno scoperto. Click per ulteriori info.

Musica in Jojo: Freelove è il terzo estratto di Exciter, il decimo album in studio dei Depeche Mode, usciti entrambi nel 2001. Proprio quest'album, assieme a Ultra, sono stati la mia fonte di ispirazione durante la stesura, quindi se avete letto tal pezzone di letteratura ringraziate zio Dave e soci. Trovo che sia la canzone capolista della playlist che l'LP per intero siano una perfetta descrizione della Bruabba, quindi se volete dargli un ascolto cliccate qui, vi assicuro che non ve ne pentirete.

Retroscena: Chattando con alcuni appassionati che leggono Jojo da più tempo di me, è saltato fuori che anche secondo loro Abbacchio ha preso una sbandata per Bucciarati. Credo sia stato quello scambio di pareri, unito alla lettura, seppur in alcuni punti la sottoscritta non concorda con la visione dell'autore, di questo bell'articolo sulla mascolinità non tossica di Jojo a darmi la spinta propulsiva per scrivere quello che avete appena letto. Tutto sommato mi sono divertita a immaginare quei due in una situazione del genere, volevo dare un contributo leggermente diverso all'immagine che si ha solitamente di questo paring e ho iniziato pensando una ipotetica confessione tra i due nell'unico luogo in cui potranno mai essere felici davvero: l'aldilà. Questo perché credo che solo nella morte possano tirare fuori le loro vere essenze di ventenni a cui è stato tolto tutto e che non desiderano altro che la pace.

Prima di salutarvi vi comunico che domenica 15 agosto non ci saranno aggiornamenti. Il penultimo racconto sarà pubblicato alla fine della settimana successiva.
Grazie come sempre per aver letto, recensito e seguito. Un abbraccio e buone vacanze.
   
 
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