Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Miky_D_Senpai    14/08/2021    1 recensioni
Il diario mentale di uno studente che non ha ancora capito il mondo che lo circonda, tenendo per sé una regola che è chiara solo alla sua famiglia. Nascondendo con un velo di apatia il rispetto per un'unica persona, riempiendo i propri vuoti con una devozione cieca.
Sopra le leggi di una società che ai suoi occhi cade a pezzi, ma non abbastanza alto da poter godere di una buona visuale sul mondo che lo circonda.
Dal testo:
"Volevate la solita storia sulla scuola? Su quei college americani tutti fighetti in cui c’è sempre il “cattivo ragazzo” che sta con la timida secchiona di turno, che la persuade a passare nel lato oscuro? “Lato oscuro” che poi è semplicemente in penombra.
[...]
... l’avevo notato dalla finestra, fermo nel viale del mio appartamento, di fronte al mio citofono. Mi diverte vederlo sbiancare ogni volta che pronuncio il suo nome."
[AU contemporanea, quasi tutti i personaggi, provate a shippare e lui vi ucciderà]
[Nota dell'autore: Ringrazio chiunque sia passato o passerà a leggere. Devo ammettere che è la prima volta che finisco una long del genere su Efp quindi grazie di tutto il supporto, alla prossima!]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Per quanto ne so ora sono libero, tu avvertimi prima di passare che ti do la conferma [Tu, ieri, 14:15]
Se passo dopo pranzo va bene? [Eren, oggi, 09:11]
Porto anche il libro di geometria che abbiamo una versione nuova [Eren, oggi, 11:07]
Levi? [Eren, oggi, 12:10]
 
Una serie infinita di messaggi non letti, la luce della notifica ancora ignorata e due corpi adagiati su un letto sfatto ancora addormentati. Un gatto che miagola di sottofondo, passando a controllare se per caso qualche umano quella mattina aveva intenzione di sfamarlo.
Ecco la scena che incorniciava uno dei risvegli più pigri e rimandati della mia vita.
Non ne volevo parlare, non avevo intenzione di alzarmi, ma Swiffer sa essere molto convincente, soprattutto usando quel set di artigli pungenti che non sono stati tagliati da un po’.
Mi muovo brancolando nel dormiveglia usando la memoria motoria tipica di un cieco per orientarmi nello spazio di casa mia. Il tragitto sembra allungarsi sempre di più tante meno ore di sonno ho, percorrere il corridoio è estenuante e faticoso quando sembra di dover percorrere la distanza di una maratona.
Mentre metto i croccantini nella ciotola lucidata dalla lingua affamata dell’animale peloso che miagola strusciandosi contro i miei polpacci, mi accorgo che abbiamo dormito tutto l’orario delle lezioni. Altro che sveglia biologica.
Mi torna in mente per un millisecondo che Hanji aveva detto qualcosa riguardo al connettersi solo per prendere la presenza e continuare poi a dormire, ma non ricordo affatto abbiamo messo effettivamente in pratica questo piano.
«Tieni, palla di pelo» lo rassicuro con un filo di voce, mentre lui si fionda sul cibo con la solita impazienza.
Sorrido, senza mostrarlo poiché anche muovere un singolo muscolo facciale sarebbe troppo. Osservando quanto sembra se stesso quando mangia, anche perché è l’unico lato “tenero” che mi dimostra, dato che le fusa le fa solo per gli altri.
Ritirarmi in piedi mi fa tornare in mente cosa si prova ad allenare le gambe, tornando a pensare alla piccola palestra in casa Smith. Il tremore dei tendini mi fa ricordare quanto pesa la gravità.
Nel momento esatto in cui la mia testa raggiunge l’altezza dello spioncino della porta d’ingresso, il campanello suona.
Mi blocco un secondo, il tempo di immaginare chi, tra le varie possibilità, possa essere arrivato sul pianerottolo senza prima suonare al cancello. Scarto l’ipotesi che uno dei miei vicini possa aver aperto a qualcuno che non abbia mai visto.
La lista si riduce drasticamente al primo indizio utile che mi passa per la testa. Traute dovrebbe aver lasciato le chiavi qui l’ultima volta, Eren conosce soltanto il vecchio del primo piano e la sua badante perché una volta li ha dovuti aiutare con la spesa.
Ma una volta aperta la porta si presenza la classica, inaspettata, “terza opzione che nessuno calcola”: il cugino di mio zio. Effettivamente non ha mai ispirato in me il bisogno di prenderlo in considerazione.
«Ciao Levi, disturbo?» nel dirlo resta cautamente dall’altro lato dello zerbino, nascondendo la figlia alle sue spalle. O meglio, lei se ne sta semplicemente a farsi i cavoli suoi al riparo della sua figura.
Più lo guardo, più non capisco. È come se il gene che condividevo con Kenny avesse saltato una generazione. Dicendo così, dovrebbe essere passato a Mikasa, ma anche lei non sembra essere convincente come Ackerman, troppo presa dal suo comportamento da adolescente misteriosa e in crisi.
«Datemi un momento» gli rispondo, lasciandoli da soli davanti alla mia porta mentre vado a mettere il caffè nella moka e poi torno in camera per mettere qualcosa di leggero.
«Hanji, svegliati e mettiti qualcosa, abbiamo visite» Lei si stava già rigirando nelle coperte testando le varie posizioni per poter continuare la sua rumorosa ronfata.
Si è presa tutto lo spazio possibile coprendosi a pezzi e lasciando all’aria i polpacci e i piedi. Mi chiedo come abbiamo fatto ad occupare un letto a singola piazza stando anche comodi se poi basta la sua stravagante postura a riempirne ogni angolo.
Il piano di accendere i telefoni per connettersi in DAD è andato a puttane, notando che sono entrambi dove li abbiamo lasciati ieri sera, completamente carichi e pieni di notifiche non lette, ma non ho tempo da dedicare alla preoccupazione di Petra e dei professori.
Torno in sala con un paio di pantaloni e una canottiera, togliendo appena in tempo il caffè dal fuoco e versandolo nelle quattro tazzine, lasciate poi a fumare sul tavolo mentre li faccio accomodare.
«Nel primo pomeriggio ci sarà il funerale» mi avverte lui, senza darmi il tempo di tornare in sala con lo zucchero. Evidentemente vuole berlo amaro, dato che mi ha fermato sulla soglia della cucina.
Girandomi per rispondergli, la figura femminile sbadigliante mi ricorda qualcosa, qualcuno che al momento mi sfugge.
«Tra quanto?» La lista dei problemi si fa sempre più lunga nella mia mente: far sloggiare Hanji, pranzare, interagire con dei probabili altri familiari, ritrovare un vestito adatto, Eren… Eren? No, lui non c’entra nulla.
«Dovrebbe iniziare all’una, è una cerimonia privata nella sede della loro organizzazione» mi risponde come se leggesse il copione da qualche leggio, esattamente come l’altra volta. L’esatto opposto di Kenny, istintivo e tagliente.
Colgo una piccola sottolineatura sotto la parola “privata”, come se stesse dicendo che la mia compagna di classe non è presente su una lista di invitati. Un funerale laico chiuso al pubblico, mio zio non se ne poteva andare in un modo meno stravagante dopotutto.
«Tranquillo, lei torna a casa sua tra un po’» lo rassicuro indicandola.
Dal suo trascinarsi lungo il corridoio, fortunatamente capisco che ha addirittura rimesso le scarpe. Mi soffermo giusto l’attimo che serve per controllare che abbia anche il resto e devo dire che ogni tanto resto stupito della rapidità con cui ogni tanto le situazioni si sistemano da sole. O come si vestano in fretta.
«Salve» Hanji fa le sue, imbarazzate, presentazioni. Sembra quasi interessata a conoscere meglio Mikasa, probabilmente per via del nostro contorto legame di parentela. Dati i suoi tratti orientali poi dovrebbe essere anche più difficile collegarla a me, se non fosse per quello stupido cognome.
La mia mente sta, mentre gli altri bevono il caffè, calcolando ogni secondo necessario per uscire in tempo, pranzare e mollarla ai suoi. Utilizzando un trucco che ho preso in prestito da Erwin dovrei anche riuscirci.
Azioni stereotipate e ripetitive, la chiave del suo perfetto orario in ogni parte della giornata. Piccoli gesti che ha continuato a fare fino a renderli automatici.
Quelli che per lui possono essere i movimenti nell’abbottonarsi una camicia o passare la cera sul suo ciuffo biondo (Sì, passa la cera per tenerli sempre perfettamente in ordine), per me potrebbero essere le faccende di casa o cucinare. Lamentarmi delle persone che mi circondano e si ostinano a rubarmi ossig-
Devo iniziare a preparare il pranzo, entrare nel loop di ciò che posso finire in fretta e automaticamente. Tenendo le orecchie in allerta per quello che possono finirsi a dire nell’altra stanza.
«Ah, quindi tu sei nella sezione di Eren! Che coincidenza per Levi avere una parente e il suo allievo delle ripetizioni nella stessa sezione!» Le sta palesemente dicendo i cavoli miei, come farebbe con qualsiasi persona che dovrebbe sapere qualcosa di me.
Lo fece quando Petra ammise di avere una cotta per me, quando Mike le chiese quale acqua di colonia utilizzassi e quando una vecchietta si domandò l’origine del mio nome. Sinceramente non sono sicuro che Traute sia l’unica donna che ho attorno a lavorare per agenzie segrete.
«Ripetizioni di cosa?» le chiede la mocciosa, ovviamente interessata alle torture a cui sottopongo il suo fidanzatino.
«Matematica, non lo dà a vedere, ma è una delle materie che lo appassiona di più, tanto da leggere libri a riguardo»
Controllerò la presenza di telecamere nascoste per capire da dove vengono prese tutte quelle informazioni, comincia a essere inquietante.
Ora che ho immaginato tutto questo mi sento osservato e, mentre metto una padella sul fuoco per fare un paio di uova, sento come se tutte le ricerche che avrebbe potuto osservare dietro una lente. Chissà quanto è riuscita a scoprire senza permesso, quanti prodotti osceni ha notato nei carrelli dei vari store online.
«Ma Eren non mi sembra andare così male in matematica» commenta Mikasa, ignorando qualsiasi altro spunto di conversazione degli ultimi secondi lanciato dal padre, l’unico interessato a sapere qualcosa in più su di me.
«È lento e impacciato nei passaggi» le faccio notare, lasciando l’uovo sulla fiamma insieme all’erba cipollina e il pepe.
Vado rapidamente nella stanza in fondo al corridoio, nella camera utilizzata da Kenny ci dovrebbe essere un armadio con qualche vestito abbastanza elegante e inutilizzato.
«Non sarai tu quello troppo veloce?» sento dire da Hanji mentre passo, insieme al solito sguardo di disapprovazione della ragazzina.
Nella ricerca mi imbatto in una camicia e un paio di pantaloni la cui giacca è andata persa da più di quanto io possa effettivamente ricordare. Non ricordo se era sua o di qualcuno i cui vestiti toccherei solo dopo averli fatti disinfestare, fatto sta che restano solo quelli come opzione adatta a un funerale.
Li lascio sul materasso mentre torno in cucina, sperando che tutti abbiano tenuto le mani al loro posto.
«Ohi Levi, gli stavo giusto raccontando di come Pixis ha informato tutti in maniera poco delicata della tua perdita l’altro giorno»
«Ah sì? Quindi era per quello che mi trattavano tutti con riguardo ieri»
Dannato ubriacone.
«E ci ha anche mandato una mail per avvertirci del funerale di oggi»
Maledettissimo ubriacone. E so che l’unica persona che può averlo avvertito, anche se fa finta di niente, è lì seduto sul divano.
Una delle preoccupazioni principali, ripensando a questa mattinata scolastica, è l’assenza di una buona scusa per l’assenza della quattrocchi, o almeno, dovrebbe esserlo per lei, dato che io possa esserne invece quasi giustificato data la notizia del funerale.
Anche se avrei preferito sapere tutto con un minimo di anticipo, per non finire a dovermi preparare mentalmente per questa cerimonia in mezzora.
«Beh, noi vi lasciamo soli» afferma l’uomo con un’inaspettata decisione, lasciando delusa Hanji che era felice di poter finalmente fare salotto con qualcuno.
D’altra parte, Swiffer sembra abbastanza soddisfatto nel momento in cui si riprende il suo angolo preferito del divano, riscaldato a dovere proprio da lui.
Mikasa è già sull’uscio, mentre riporta le tazzine, mettendole nel lavandino senza che glielo chieda.
«Ti devo dire una cosa, mi hanno raccomandato di avvertirti» Era solo una scusa per dirmi una cosa in confidenza, non una cortesia. Ci speravo.
Gli faccio cenno, aprendogli l’acqua, di non aspettarsi una risposta verbale che dimostri la mia curiosità.
«Mi hanno detto che sarà presente anche il signor Smith, non so se lo conosci»
Lui? Perché proprio lui dovrebbe essere presente? Lui è la causa di questa cerimonia e non è assolutamente una cosa di cui andare fieri. Sospiro, una, due volte, facendo tornare un briciolo di calma nella mia mente.
«Hanno detto il motivo?» gli chiedo, tentando quanto meno di ottenere delle informazioni. Si dovrà scusare in ginocchio e portare anche suo figlio, perché entrambi mi stanno portando all’esaurimento.
Scuote la testa, non gli hanno detto altro.
Altre domande, un’infinità di altre domande si affollano nella mia mente. Perché deve essere tutto così incerto e ambiguo? Perché ha tutto a che fare con quella famiglia?
Escono dalla porta lasciandomi ribollire nella mia stessa curiosa frustrazione. Ancora venti minuti prima che io debba necessariamente uscire, una ragazza che affonda la sua faccia nel pelo morbido di un gatto.
L’odio verso una persona a cui tengo continua a tessere i propri fili come un eccentrico artista lavorerebbe un arazzo.
Sono sempre più stanco.
Tutto questo mentre un clacson risuona nel viale e una frittata inizia a bruciarsi.
   
 
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