Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: minipink    16/08/2021    3 recensioni
Raccolta di oneshot incentrate sui portieri del manga, uomini soli in uno sport di squadra.
Il pairing è "xreader", ed il linguaggio è tenuto volutamente neutro.
Genere: Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Gino Hernandez
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Ammazza che stronzo! Ken!” lo redarguì il suo Capitano “non penso che neanche Wakabayashi sarebbe capace di tanto!”

“Che c'entra adesso Wakabayashi?!” ribattè esasperato. Era già abbastanza avvilito così, senza che il Capitano infierisse nominandogli il suo incubo.

“Niente, niente...” cercò di calmare le acque Hyuga, rendendosi conto di aver toccato un tasto dolente. “È solo il primo stronzo che mi è venuto in mente, niente.” Si passò una mano nei capelli ribelli, nervoso. Diede un'occhiata al bancone del bar: ma quanto ci stava mettendo a tornare Takeshi? Aveva bisogno di lui per uscire da quella chiacchierata sgradita.


Dopo il fattaccio nel dojo, Ken era mortificato.

Ma che fare? Mica poteva andare a inchinarsi e chiedere scusa, come aveva fatto con mister Mikami ai tempi dei loro dissapori. Magari fosse bastato così poco... si stava velocemente rendendo conto che i problemi interpersonali erano di gran lunga più complicati. Talmente tanto da pensare l'impensabile... rivolgersi al Capitano in cerca di consigli. Adesso che aveva una ragazza anche lui, magari...

Si rese conto solo in quel momento del suo livello di disperazione: chiedere consiglio a Hyuga su come chiedere scusa ad una ragazza.


Consigli di Hyuga.

Su come chiedere scusa.

Ad una ragazza.



Ragazza che neanche era la sua ragazza, tra l'altro.


Ed era tutta colpa di Nitta! Cazzo gli era saltato in testa di lasciarli da soli! Glielo aveva detto e ridetto! Mai lasciarmi da solo se arriva un'ammiratrice, MAI!


Razza di ingrato.


Takeshi fece la sua ricomparsa con due tè alla pesca e la solita coca cola per Kojiro. “Cosa mi sono perso?”

“Wakashimazu che dice ad una ragazza 'la pubertà raggiungerà anche te, un giorno'” sintetizzò l'attaccante.

“Ma... ma.. Wakashimazu! Quanta brutalità!” uno shockato Sawada non poteva credere alle sue orecchie. “Un'uscita del genere me la sarei aspettata dal Capitano, non da te!”

“Takeshi!” tuonò Kojiro, battendo con forza il pugno sul tavolino. “Cosa c'entro io adesso?!”

“No, niente...niente...” si difese debolmente il più giovane del trio.


Dov'è che l'aveva già sentita, questa conversazione? Lo sguardo furente di Kojiro incrociò per un istante quello del portiere, che a sua volta diresse il suo da un'altra parte, nel tentativo di nascondere un sorrisino.


Tié.


Anche Kojiro portò lo sguardo altrove, appoggiandosi pesantemente allo schienale della sedia e incrociando le braccia sul petto, seccato.

“Potresti provare a mandarle dei fiori, Wakashimazu” buttò lì senza troppa convinzione Sawada, più per distogliere l'attenzione del Capitano da sé che altro.

“No, Takeshi... peggiorerei solo la situazione. È proprio quello il punto: già l'ho offesa, non voglio anche illuderla...”.

“Senti... ma a te questa ragazza interessa? Perché se non è così stai solo perdendo tempo.” intervenne nuovamente Hyuga. “Fregatene.”

“Capitano, te l'ho detto: no, non mi interessa. È una ragazzina, una di quelle che mi seguono. Mi sono dato una regola: mai con una fan. È anche minorenne! Ma ho esagerato: volevo solo scoraggiarla, e invece ho finito per offenderla. Mi guardava come se fossi un idol o un cantante k-pop: eravamo nel dojo, da soli. Non sapevo come uscirne e ho detto una cazzata. Di questo mi dispiace. E no: non me ne frego.”


“Allora, punto primo: smettila di vantarti delle tue ammiratrici,” ribatté Hyuga appoggiando il gomito sul tavolino e agitando il pollice davanti al volto di Wakashimazu, “e punto secondo,” riprese alzando anche l'indice “se la cosa ti pesa tanto chiedile scusa e falla finita. Dì la verità, come la stai dicendo a noi.”

“E quale sarebbe? Che è troppo piccola? Che non mi interessa? Che non voglio relazioni con le mie ammiratrici?”

“Che sei un coglione” tagliò corto Kojiro, che già ne aveva abbastanza di tutta quella storia. Era stanco di fare lo Matsuyama della situazione.


Takeshi, dato il silenzio imbarazzato che era calato dopo l'ultima sparata del Capitano, si dileguò furtivamente in direzione del banco dei gelati.


“Wakashimazu...” riprese Hyuga dopo una breve pausa, voce bassa, seria: “io non sono uno stronzo come Wakabayashi, vero?”

Ken lo guardò come si guarda un cucciolo che ti fissa ad orecchie basse dopo aver distrutto mezza casa. Fece un grande sospiro, socchiudendo gli occhi e lasciando cadere le spalle. “Devo andare” disse solamente, prima di alzarsi dal tavolo e dirigersi verso il dojo, lasciando un attaccante piuttosto perplesso dietro di sé.



***


Il Capitano, come avrebbe anche potuto immaginarsi, non era stato di nessun aiuto: alla fin fine avrebbe dovuto fare i conti da solo: come sempre.


Devi colpire alle spalle tuo padre e dirgli che per il calcio è più importante del karate?


Da solo.


Devi farti valere con Mikami per il posto di portiere titolare della nazionale?


Da solo.


Debuttare in Europa con la nazionale senza aver ricevuto davvero una preparazione atletica e tattica adeguata, spaccarsi la mano pur di parare un rigore per salvare partita e orgoglio. Tornare a casa a leccarsi le ferite.


Da solo.


Forse, si disse, questa situazione non era poi così diversa dal dover parare un rigore. E farsi male, e dover poi aggiustare ciò che si era rotto.


Da solo, s'intende.



***


L'opportunità di porgere le proprie scuse arrivò prima di quanto pensasse: come immaginava, al suo arrivo al dojo di famiglia c'erano ancora gli allievi che stavano ultimando la lezione. Fece il giro lungo per entrare senza farsi vedere, evitando di disturbare l'esecuzione degli esercizi, ma i suoi occhi dardeggiavano a destra e sinistra, in cerca della ragazzina della settimana precedente.


Eccola lì: in terza fila, i movimenti maldestri e scoordinati di chi ha appena iniziato a praticare quella disciplina. Suo malgrado sorrise: gli vennero in mente le sue prime lezioni, le sue titubanze, i suoi sbagli, l'impegno e la dedizione verso una tradizione di famiglia. Poi, il calcio che subentra al karate, la gamba rotta, la delusione del padre nell'apprendere che lui voleva seguire una strada diversa...


A lezione terminata, i ragazzi salutano e si apprestano a raggiungere gli spogliatoi.


Sono diventato anche uno stalker, adesso, si disse mentre la teneva d'occhio di nascosto.

Hey”, esordì poco originalmente per attirare la sua attenzione, una volta che tutti gli altri allievi avevano sgombrato il corridoio. La vide bloccarsi sui suoi passi ed irrigidirsi, senza voltarsi. A Ken si strinse il cuore. Ha ragione il Capitano: sono stato proprio uno stronzo.

Senti, io...” tentò, ma la ragazzina riprese la sua marcia verso l'uscita. “No, aspetta!” e si slanciò in avanti per afferrarle il polso.

Aprì la bocca e prese fiato per dire qualcosa, ma, come pochi giorni prima, non uscì nulla di intelligente.

Dammi il tempo di spiegarmi, io non...” io non sono uno stronzo-io non sono come Wakabayashi-io non me ne frego-io non volevo-io non...Tu NON che cosa, Ken? Come pensava di continuare?


Ken era abbastanza impreparato ad affrontare quella situazione, ma era ancora meno preparato a vedere una ragazza piangere.


Per colpa sua.


Ma quando lei si girò, per guardarlo negli occhi nonostante le lacrime, qualcosa scattò.


Rispetto.


Quella ragazza, sedici anni da poco compiuti, aveva più coraggio di lui, per riuscire a guardarlo dritto in faccia nonostante l'umiliazione subita, per riuscire a guardarlo con gli occhi umidi ma decisi, privi della vergogna che invece abitava nei suoi.

Le parole che fino a poco prima si strozzavano nella gola, furono sciolte dall'intensità di quello sguardo.

Io non riesco a perdonarmi di averti trattata in quel modo. Mi dispiace, sono stato insensibile e stupido, non penso una parola di quello che ho detto la scorsa settimana. Tu...” prese una pausa per riprendere fiato e allentare la tensione “tu... tu non sembri affatto una ragazzina di dodici anni, tu sembri esattamente quello che sei: una giovane donna che ha dato una lezione ad un'idiota. Il bambino fra noi due stato io.” Fece un passo indietro: “Spero vorrai accettare le mie scuse e darmi la possibilità di dimostrarti che sono meglio di come mi sono presentato”, concluse con un inchino.


***


Ken Wakashimazu non era come se lo era immaginato, era meglio.


Mentre rimetteva a posto la sua bacheca, riattaccando e ri-incollando foto e articoli.

Le aveva chiesto scusa, si era inchinato davanti a lei. Come l'aveva chiamata? Ah, sì: giovane donna.

D'altra parte, tutti possono sbagliare nella vita, ma se sbagliare era un difetto di molti, chiedere scusa era un pregio di pochi: ed era certamente un pregio del suo angelo dai capelli corvini.


Bacheca ripristinata, sorellina? Tutto perdonato?”

Sì, fratellone: perdonare non cambia il passato, ma cambia il futuro!”


Porca miseria, sua sorella stava crescendo fin troppo in fretta.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: minipink