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Autore: Demy77    17/08/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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~~Il sole era da poco calato sull’orizzonte e, in lontananza, spandeva ancora nel cielo i suoi bagliori rosati. Ross era seduto per terra nei pressi del luogo in cui Jud, ore prima, aveva pietosamente seppellito la bambina di Elizabeth. Il servo aveva ricoperto la buca con delle pietre per evitare che animali selvatici facessero scempio del corpicino, poi vi aveva gettato sopra un cumulo di terra su cui aveva infilato due rametti di legno intrecciati a mo’ di croce. Prudie aveva osservato il lavoro a distanza, soffiandosi di tanto in tanto il naso per occultare qualche lacrima, e, a differenza del solito, non aveva trovato nessun motivo per criticare l’opera del marito. Alla fine aveva posato sulla tomba un mazzetto di margherite di campo, si era fatta il segno della croce ed era tornata con la sua andatura barcollante in cucina, subito seguita da Jud.
Era stata una giornata talmente frenetica che quello era il primo istante in cui Ross si fermava a meditare sull’accaduto, ed i pensieri che gli affollavano la mente non erano certo dei più piacevoli.
Spesso, nel corso dei mesi precedenti, aveva maledetto la notte trascorsa con Elizabeth e si era trovato più volte a desiderare che quel figlio, per un motivo o per un altro, non vedesse la luce. Ora però che la creatura giaceva senza vita nella nuda terra Ross si vergognava di averlo pensato e si sentiva in colpa come se fosse responsabile in prima persona della morte della bambina. In fondo la sua lussuria era stata la causa di quella tragedia e delle sofferenze patite da Elizabeth, che non era ancora fuori pericolo, come Dwight gli aveva fatto intuire.
L’urgenza di provvedere alle cure della partoriente non aveva dato modo a Ross di discutere molto con i medici delle cause del parto anticipato e della morte del feto; né egli aveva ritenuto di formulare specifiche domande in proposito, trattandosi di eventi piuttosto frequenti all’epoca. Aveva accettato il fatto che la bambina fosse nata morta come un evento ineluttabile, comune purtroppo a tante famiglie, ricche o povere che fossero, e si era preoccupato più che altro che ad Elizabeth venisse fornita l’assistenza necessaria.
Choake era andato via da pochissimo, adducendo che la moglie aveva organizzato per quella sera una cena con numerosi invitati illustri, cui sarebbe stato disdicevole non prendere parte; Dwight si era offerto dunque di trascorrere la notte accanto ad Elizabeth al posto del più anziano collega. Ross non aveva ancora messo piede nella camera di sua moglie e stava cercando di rimandare il più possibile quel momento. Immaginava che per Elizabeth dovesse essere ancora più doloroso che per lui aver perso la bambina; nonostante tutto, egli non riusciva a piangere, perché era difficile figurarsi la bambina morta come una figlia e provare affetto per un esserino  visto per un solo istante, avvolto in un telo bianco tra le braccia di Dwight; per quanto si sforzasse, non riusciva a provare affetto per quella sfortunata creatura, ma solo pietà.
Ripensò con un brivido a Julia appena nata, a quanto aveva rischiato Demelza in quel frangente, sola con lui in una miniera durante il travaglio. L’emozione provata tenendo Julia neonata in braccio si sovrapponeva all’assenza di sentimenti per la figlia partorita da Elizabeth e ciò tormentava ulteriormente Ross, che si domandava che razza di uomo fosse diventato, ossessionato da tutto ciò che riguardava Demelza ma freddo e distaccato nei riguardi dei membri della sua stessa famiglia.
A riscuoterlo dai suoi non lieti pensieri arrivò Prudie, che era un tipo pratico e non aveva dimenticato che la vita doveva andare avanti, dopo tutto. Piantandosi davanti a lui con le mani sui fianchi gli disse: “Padron Ross, è quasi ora di cena; di solito ricevo indicazioni dalla padrona, ma stasera non è il caso di disturbarla…cosa devo preparare per Valentine?”
Ross pensò che era stato via così a lungo che non sapeva neppure quali fossero i cibi che suo figlio preferiva o detestava. “Decidi tu, Prudie… qualcosa che sia di suo gradimento. Non è il caso di fargli fare le bizze per mangiare, dopo una giornata come questa.” – le rispose.
“Ho del brodo di gallina – borbottò la donna – potrei fargli una minestra; e per voi invece pane d’orzo e coniglio in umido, va bene?”.
Ross le fece un cenno di assenso con la testa; la cena era l’ultimo dei suoi problemi. Restò lì immobile finchè non imbrunì, e poi ritornò stancamente in casa.
Nel frattempo, al piano superiore Dwight assisteva Elizabeth, che aveva ripreso a lamentarsi per i dolori. Le era salita la febbre; il medico le aveva appoggiato dei panni bagnati sulla fronte per fargliela calare e di tanto in tanto li immergeva nell’acqua del catino, li strizzava e tornava a posizionarli sul viso della paziente. Non era la prima volta che aveva dovuto procedere ad un taglio cesareo e non era neppure la prima volta che un neonato era nato morto; tuttavia c’era qualcosa di strano in quella vicenda che non convinceva né lui né Choake.
Dwight Enys era di indole timida e pacata, ma quando si trattava della sua professione mostrava grande grinta e non esitava ad affrontare argomenti anche sgradevoli, pur di trovare la cura migliore. Elizabeth non si era ancora ripresa del tutto, era sofferente e provata, ma era necessario quanto prima intavolare con lei un discorso serio sull’accaduto.
Dapprima Dwight, scusandosi per causarle imbarazzo, le rappresentò l’esigenza di controllare le sue perdite, in quanto bisognava essere certi che l’emorragia si fosse fermata; anche la ferita doveva essere costantemente monitorata, per scongiurare il rischio di setticemia. Elizabeth non aveva pronunciato una parola, ma aveva consentito al giovane medico di ispezionare ciò che doveva.
Dwight si chiese quale tempesta interiore si celasse dietro l’atteggiamento remissivo della donna. Il dubbio che il decorso della gravidanza non fosse stato del tutto naturale non lo abbandonava e se Elizabeth aveva assunto qualche preparato per abortire o per anticipare la data del parto gli effetti potevano manifestarsi ancora nei giorni successivi. Si fece coraggio e pregò la moglie di Ross di dirgli la verità. Specificò che, pur essendo Ross un suo carissimo amico, non gli avrebbe rivelato nulla di quanto fosse stato detto in quella stanza: “Da oltre venti secoli noi medici siamo vincolati dal giuramento di Ippocrate: non è possibile comunicare ad alcuno i segreti appresi durante l’esercizio della nostra professione. Ma se, nonostante tutto, non vi fidate delle mie parole, parlatene con il dottor Choake con cui siete più in confidenza; ma, per l’amor del cielo, non tacete! Vostra figlia è morta senza che potessimo fare nulla per lei, ma voi potete ancora essere salvata!”
Nonostante le insistenze del medico Elizabeth rimase immobile e tenne gli occhi chiusi, come se non avesse udito le sue parole; nell’impossibilità di instaurare un dialogo, a Dwight non restò che desistere e vegliare l’ammalata per la notte, sperando che non sorgessero complicazioni.
Intanto, tra gli ospiti della cena a casa Choake vi era anche Cary Warleggan, e la sfortunata sorte della signora Poldark fu uno degli argomenti di conversazione della serata. Fu facile quindi per il nipote George apprendere in anteprima quali tragici eventi si erano verificati a Nampara. Il giorno successivo il banchiere piombò senza preavviso a casa del medico e lo tempestò di domande riguardanti Elizabeth e la bambina, suscitando grande sconcerto nel dottore. Che cosa importava a Warleggan di che colore avesse i capelli la neonata, l’epoca di gestazione della signora Poldark e le ragioni per cui il parto era avvenuto in anticipo? George gli aveva chiesto se secondo lui, che aveva esaminato il corpo della bambina, la gravidanza poteva avere avuto inizio a novembre anziché ad ottobre. Choake gli aveva riso in faccia: il capitano Poldark a novembre era già partito per il Portogallo! George però non rideva: aveva alzato un sopracciglio e lo aveva fissato con uno sguardo eloquente, così Choake all’improvviso aveva compreso le ragioni di tutto quell’interesse del banchiere. Era sbalordito, perché mai avrebbe dubitato dell’integrità della signora Poldark; tuttavia la confessione di Warleggan – accompagnata però dalla minaccia a non rivelare ad alcuno il contenuto di quella conversazione – consentiva di spiegare razionalmente quanto era successo il giorno prima. Evidentemente la signora Elizabeth aveva assunto qualche intruglio per accelerare le doglie un mese abbondante prima della data presunta del parto, ma qualcosa era andato storto ed aveva così causato la morte del feto, che doveva essere figlio di George Warleggan e non di Ross Poldark. Ah, se avesse potuto raccontare tutto a sua moglie Polly! Uno scandalo di simile portata sarebbe stato in un attimo sulla bocca di tutti.
Ancora interdetto, Choake confermò che era possibile che il bambino fosse nato prima del tempo, perché non aveva affatto l’aspetto di un neonato a termine: non aveva capelli, non aveva unghie ed era di dimensioni molto ridotte. George lo incalzò chiedendo se era possibile che il parto improvviso fosse stato determinato da cause non naturali. Choake si limitò a rispondere che lui ed Enys non avevano conferito con la signora Poldark e non potevano sapere se avesse assunto qualche preparato, ma quel che era certo è che Elizabeth non aveva le doglie nel momento in cui si era sottoposta alle loro cure e gli aborti spontanei a quello stato di gestazione erano molto rari.
George passeggiava nervosamente per la stanza.  Choake gli chiese che cosa intendesse fare: aveva avuto la conferma dei suoi sospetti di paternità, ma oramai la neonata era morta e la signora Elizabeth rischiava di fare la stessa fine, che senso aveva rivangare quegli eventi dolorosi? Gli suggerì di dimenticare, per il bene di tutti; cosa che lui stesso avrebbe fatto, non parlando ad alcuno di quanto confidatogli. L’unica sua premura, disse, sarebbe stata quella di ritornare a Nampara per convincere Elizabeth a rivelargli quale strano medicamento avesse assunto per accelerare le doglie, per fornirle i dovuti rimedi.
George, però, non era affatto dello stesso parere di Choake; quella donna bugiarda e manipolatrice lo aveva ingannato, aveva causato la morte di sua figlia nonostante l’aiuto che le aveva offerto per tirarsi fuori dall’impaccio: non avrebbe trovato pace fino a che non si fosse vendicato. Disse a Choake che avrebbe atteso che la donna si riprendesse, poi l’avrebbe affrontata; lei ed anche suo marito. Choake lo pregò di ponderare bene la decisione, per non rovinare due famiglie: quella di Ross e la sua, la cui reputazione di magistrato sarebbe stata macchiata inesorabilmente se fosse stato reso noto che aveva sedotto una donna sposata. George però non sembrava sentire ragioni e lasciò la casa del medico in preda ad una rabbia cieca.
Nei giorni successivi sia Dwight che Choake tentarono invano di farsi dire da Elizabeth che prodotto aveva assunto; la paziente però fingeva di non comprendere di cosa stessero parlando e negava qualsiasi accusa. Alla fine i due medici dovettero lasciar perdere, anche considerando che le condizioni della paziente si erano stabilizzate e non vi erano nel suo organismo segni allarmanti che facessero pensare ad un andamento non naturale del dopo parto.
Ignaro di quanto George tramava alle sue spalle, Ross aveva visitato Elizabeth ed era stato sollevato nel sapere che era ormai fuori pericolo. Le aveva parlato pochissimo, intuendo la sua scarsa voglia di conversare del doloroso accaduto, e le aveva manifestato la sua premura più che altro assicurandole assistenza materiale da parte di Prudie. Per cercare di tirarla su le aveva parlato di Valentine e l’aveva spronata a rimettersi in forze perché il bambino voleva vederla. Cinque giorni dopo il tragico parto Ross glielo aveva portato in stanza ed era stato molto commovente vedere madre e bambino abbracciati sul letto. Dwight aveva detto che tempo una settimana Elizabeth avrebbe potuto alzarsi, e così fu: in breve Elizabeth si levò dal letto e cominciò a stare seduta in poltrona. Aveva ancora due cerchi neri intorno agli occhi ed un eccessivo pallore sul volto, ma aveva ripreso ad alimentarsi a sufficienza e diceva di sentirsi piuttosto in forze. Parlava molto poco, limitandosi più che altro a rispondere alle altrui domande sul suo stato di salute. Della bambina nessuno osava parlare. Elizabeth accettava di trascorrere del tempo con Valentine ma tendeva ad allontanarlo presto, dicendo che il bambino la stancava. Rifiutava di ricevere visite dall’esterno ed aveva chiesto di non far trapelare notizie, se non molto generiche, sul suo stato di salute.
Ross la aveva assecondata, ritenendo che quei comportamenti fossero normali conseguenze di quanto aveva patito. Lo stesso Dwight gli aveva confermato che il desiderio di solitudine era necessario per elaborare il lutto dopo un evento così grave, e che la pazienza era la cura migliore per ritrovare la Elizabeth di un tempo.
Un giorno Ross tornò a casa dalla miniera prima del tempo, perché era troppo caldo per lavorare ed aveva dato il pomeriggio libero a tutti. Qualcuno ne aveva approfittato per andare a fare un bagno in mare; era tanto caldo che Valentine si trovava in cortile immerso in un catino pieno d’acqua e giocava a spruzzarsi con le sorelle di Jim Carter, tre ragazzine fra i nove e i tredici anni, sotto l’occhio vigile di Prudie. Mentre Jud riportava Seamus nella stalla, la donna andò incontro a Ross sotto il portico e gli disse che aveva bisogno di parlargli a proposito della padrona.
“Non sta bene?” – chiese il capitano allarmato.
“No, credo di no…. Cioè, fisicamente sta bene, ma si è comportata in modo alquanto strano oggi …. Ah, Giuda, non so come spiegarvi, andate a controllare voi stesso!” – aveva tagliato corto la domestica.
Ross salì le scale che conducevano alla camera da letto di Elizabeth e la trovò seduta in poltrona davanti alla finestra. Aveva indossato un grazioso abito di lino azzurro, si era addirittura data del belletto, perché aveva le guance più colorite del solito, ritrovando il gradevole aspetto di qualche mese prima. Teneva tra le braccia un fagotto, una sorta di cuscino avvolto in un lenzuolo ricamato, che le ricadeva sulle ginocchia.
“Ross, mio caro” – gli disse vedendolo entrare.
“Come stai?” – le domandò il marito.
“Molto bene” – fu la secca risposta.
Avvicinandosi a sua moglie, Ross notò come unico particolare fuori posto un candido seno che sbucava fuori dal corsetto, che non aveva potuto notare prima in quanto la visuale era coperta dal cuscino. Gli parve molto strano, ed azzardò una domanda in proposito.
“Che domanda sciocca mi fai, Ross! Sto allattando Ursula, non lo vedi?”- gli rispose Elizabeth.
Ross fissò l’involto che Elizabeth teneva tra le braccia, poggiato sull’avambraccio, proprio come un bambino appena nato. “Ursula?” – riuscì solo a dire.
“Ursula, certo, nostra figlia! Spero che il nome che ho scelto non ti dispiaccia, era quello di mia nonna materna, cui ero molto affezionata. Ah, bisognerà sentire il reverendo Odgers per organizzare il battesimo. Puoi occupartene domani stesso, mio caro? Avrei pensato ai Treneglos come padrini. In fondo Ruth è la mia più cara amica, tua madre è morta e la mia è come se lo fosse, per cui non vedo chi altri potrebbe farlo!”
Elizabeth sembrava aver ritrovato di colpo la loquacità smarrita da quasi un mese.
Ross la fissava sbalordito. “Elizabeth… la bambina che hai partorito è….” – mormorò.
“Adorabile, assolutamente adorabile! Credo che somigli a me, e mi sembra anche giusto, visto che Valentine è identico a te. E quanta fretta ha di crescere, vista la foga con cui beve il suo latte questa piccolina!” Elizabeth continuava a vezzeggiare la bambina immaginaria; tutto ad un tratto rimise a posto il seno nel corsetto e propose a Ross di prenderla in braccio anche lui. L’uomo non sapeva cosa rispondere. Elizabeth aveva evidentemente perduto il senno; temeva tuttavia, non assecondandola e mettendola di fronte alla dura realtà per cui la neonata era morta, di scatenare una reazione ancora peggiore per il suo equilibrio psichico. Doveva consultarsi con Dwight al più presto su come comportarsi; nel frattempo, non trovò di meglio da fare che fingere a sua volta, prendendo in braccio l’involto come se fosse una bambina vera, mentre Elizabeth lo osservava, increspando le labbra in un sorriso soddisfatto.
 
  
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