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Autore: Pol1709    27/08/2021    1 recensioni
Bentrovati a tutti.
Questa storia è la continuazione de "Il Cavaliere e la Strega", ma si svolge nell'epoca di Oscar. Quest'ultima, dopo aver detto addio alla Guardia Reale, a Conte Fersen ed aver litigato con André (il famoso episodio della camicia strappata...) passa un periodo di riposo in Normandia prima di prendere il comando delle Guardie Francesi di Parigi. Lì viene coinvolta, a causa di una vecchia avversaria, nella caccia a una antica e potentissima arma, inseguita dagli agenti inglesi e affiancata da una antica nemica/amica.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Britannia – Primo secolo d. C.
E il momento della battaglia era arrivato. Ed era arrivato anche il momento di dimostrare che il popolo di Britannia era davvero unito e forte contro l’invasore. Nella pianura si erano radunati gli eserciti: da una parte i britanni, numerosi, urlanti e pronti alla battaglia e dall’altra parte, proprio al limitare di una foresta, erano schierati i romani, allineati sotto le loro insegne e silenziosi, ma, si disse Boudicca, non per quello meno pericolosi.
La Regina degli Iceni aveva acquisito una buona lezione ad Avalon e aveva spedito informatori in ogni angolo della Britannia per scoprire i movimenti delle legioni. Ed erano movimenti che non erano nemmeno tanto nascosti: i resti della Nona Legione aveva raggiunto le altre e marciavano insieme, mentre la Seconda Legione non si era ancora mossa dalla sua posizione. E non aveva preso l’arma che la Dama del Lago le aveva offerto, nessun altro al di fuori di lei ne era a conoscenza, ma il loro trionfo campale sarebbe stato immenso e i bardi avrebbero scritto canzoni e canzoni sulle loro gesta portando l’intero popolo di Britannia a combattere l’invasore.
Alla sua destra sua figlia Una si sistemò l’elmo conico sulla testa e lisciò la grande piuma nera di corvo che lo ornava. Dall’altro lato Gavino guardava il nemico di fronte a loro senza alcuna espressione particolare. Boudicca sorrise – Che ne pensi ora? Li possiamo battere questi romani? –
Lui si girò a guardarla e lei vide solo tristezza nei suoi occhi – No, Mia Regina –
Boudicca aggrottò la fronte – Perché dici questo? –
Lui guardò di nuovo i romani – Non abbiamo mai combattuto contro un esercito come quello. I nostri uomini sono impreparati e loro… Loro sanno quello che fanno e anche se li facciamo ritirare hanno il loro campo fortificato dove rifugiarsi…E dietro di noi c’è ancora la Seconda Legione –
La Regina sorrise sprezzante – Quella Legione non ha obbedito agli ordini del loro console e… - disse, ma si fermò e guardò i romani a bocca aperta. Nella foga di raggiungerli non aveva nemmeno calcolato quella isolata legione. Se si fossero ritirati il loro comandante si sarebbe mosso verso di loro, se fossero avanzati si sarebbero trovati davanti il campo fortificato da assediare, con tutte le armi pesanti romane e la Seconda Legione li avrebbe potuti prendere alle spalle. Guardò di nuovo Gavino che annuì impercettibilmente. Lui aveva capito da tempo quello che lei aveva intuito solo in quel momento. Guardò i suoi uomini urlanti e sentì una stretta al cuore. I britanni non erano lupi. Erano un gregge di pecore belanti. Al contrario di loro i lupi si erano mossi in ordine, silenziosi e precisi, come solo i predatori sanno fare. I lupi li avevano circondati. I lupi li stavano per attaccare.
 
Dal lato opposto del campo, in un angolo all’ombra degli alberi, il proconsole Gaio Svetonio Paolino, comandante delle forze romane in Britannia, unico tra gli ufficiali a non indossare il pesante elmo da battaglia, si passò una mano tra i riccioli dei suoi capelli grigi. Accanto a lui un tribuno, con una fascia rossa che gli copriva l’occhio sinistro che si vedeva anche da sotto l’elmo crestato, si sistemò sulla sella: - Un rumore bestiale! Indegno di persone civili! –
Il console lo guardò e sorrise debolmente – Eppure quelle…Bestie…Vi hanno sconfitto tra Londinium e Camuludunum –
Il tribuno gonfiò il petto – Lo so console! Io in persona, su richiesta del mio generale, ho posto fine alla sua vita e alla sua onta con la mia spada…Questa stessa spada che ora è qui a servire Roma –
Paolino annuì – Il tuo generale è morto da romano. E merita il nostro rispetto. Tu, invece, cosa vuoi tribuno? –
L’altro lo guardò leccandosi le labbra – Quando le testuggini attaccheranno quella feccia voglio essere con i miei legionari –
Paolino aggrottò la fronte – Un tribuno che guida le testuggini? –
L’altro annuì – Io e i miei legionari siamo rimasti in pochi e se devo morire per Roma lascia che lo faccia sul campo di battaglia –
Paolino sospirò e annuì. Il tribuno spronò il cavallo con i talloni e si diresse al galoppo verso le prime linee. Dall’altro lato del console si avvicinò un cavallo con sopra un ufficiale che indossava una corazza pettorale vistosamente elaborata che lo indicava come il generale della Ventesima Legione Valeria Victrix: - Non mi sembra giusto sprecare così i nostri ufficiali console –
Paolino scrollò le spalle – L’odio è un’arma potente Lucio. I legionari della Nona non vedono l’ora di affondare le loro armi nelle carni del nemico…Ma sono pur sempre legionari romani e lo faranno con ordine e disciplina. Il tribuno però ha ragione, questi barbari emettono dei rumori inumani! Facciamoli smettere –
Il generale batté il pugno sul pettorale della corazza, alzò il braccio e in un attimo le buccine di guerra delle legioni cominciarono a suonare con note stridule, zittendo persino i britanni.
 
Boudicca sentì le trombe di guerra romane squillare e, in un attimo, vide i legionari riunirsi a rettangolo regolare protetti dagli scudi sia di lato che dall’alto nella formazione di cui aveva solo sentito parlare e che il nemico chiamava “testudo”, testuggine. E proprio come una testuggine avanzavano, lentamente, verso di loro. I grandi scudi convessi fornivano una formidabile protezione. Per un attimo pensò di ordinare la ritirata. I suoi uomini non avrebbero potuto fare nulla contro quelle schiere di soldati meravigliosamente addestrati che, solo ad uno squillo di tromba, cambiavano formazione. Ma non era più possibile. I britanni non erano soldati come i legionari e, quando uno di loro corse in avanti all’assalto, gli altri lo seguirono, senza ordini, senza un piano. Le venne da piangere, ma, quando vide che anche sua figlia si lanciava verso il nemico, non poté fare altro che seguirla.
 
Non era passato molto tempo, ma appariva chiaro che i romani, sebbene inferiori come numero, erano in superiorità strategica schiacciante. Le testuggini romane ormai non si muovevano, restavano ferme e circondate dai nemici, ma solo perché non potevano avanzare senza passare letteralmente sopra una montagna di cadaveri dei britanni.
Ad un altro squillo di tromba anche le linee di fanteria romane avanzarono. Una lunga linea di alti scudi con i lunghi “pilum” puntati. I britanni, incapaci di organizzare un’offensiva, attaccarono anche le linee avanzanti, con il risultato di far sfaldare le testuggini i cui legionari si misero in formazione di battaglia circondandoli. E iniziò il massacro.
 
Boudicca annaspò inciampando nel corpo a terra di uno dei suoi guerrieri. Si rialzò a fatica e si guardò attorno. Le urla erano terribili e la polvere non le permetteva di vedere bene quello che accadeva, ma poteva benissimo intuirlo. Stavano perdendo lo scontro. Avevano un esercito dieci volte superiore in numero a quello del nemico. E stavano perdendo di fronte all’organizzazione e alla disciplina romana. Per un attimo la sua mente andò ai sopravvissuti. Cosa avrebbero fatto i romani a coloro che avevano distrutto tre delle loro città? I britanni non avevano mostrato pietà per la popolazione e perché mai i vincitori avrebbero dovuto farlo? Nella sua mente immaginò centinaia di corpi crocifissi, ma non ebbe il tempo di pensare oltre perché un legionario si gettò su di lei.
Parò il colpo e si gettò di lato. Il soldato romano alzò lo scudo per attaccare, ma cadde in avanti colpito a morte. Boudicca guardò il corpo sorpresa e alzò la testa, poi sorrise nel vedere sua figlia, ancora viva e vegeta. Una sorrise sotto il suo elmo conico – Adesso mi devi la vita madre –
Boudicca alzò la sua spada per salutarla, ma, improvvisamente, la vide sobbalzare e impallidire. Abbassò lo sguardo e vide, con orrore, la punta di una spada spuntare dal suo petto e dalla sua corazza di cuoio. La ragazza sobbalzò di nuovo con un rivolo di sangue alla bocca e le lacrime agli occhi – Mamma… - disse piano. Poi la lama si ritrasse di scatto e lei cadde come un sacco di stracci.
Boudicca non poteva credere ai suoi occhi. Aveva visto morire anche la sua primogenita, eppure, stranamente non aveva lacrime per piangere. Di fronte a lei c’era il responsabile di quella morte: un romano con una corazza molto più elaborata di quelle dei legionari e un elmo crestato e decorato, non come quello dei centurioni, segno evidente che l’uomo era un ufficiale di alto rango. E poteva vedere chiaramente che chi lo indossava aveva una benda rossa che gli copriva l’occhio sinistro.
Il romano sorrise – Finalmente! Ti ho riconosciuto Regina dei pezzenti! Non eri così quando ci hai assalito sulla strada per Londinium! Quando hai guidato di persona i tuoi barbari che hanno ucciso centinaia dei miei uomini e ora io ucciderò te, vendicando l’onore della Nona Legione Hispana –
Ma Boudicca non udì quello che aveva detto l’ufficiale romano. Aprì la bocca per urlare e si gettò su di lui come una belva. Il romano parò l’assalto con il grande scudo e poi colpì con il suo gladio il fianco della Regina. Lei sentì un dolore lancinante e, immediatamente, in un colpo solo spossata e cadde in ginocchio lasciando la presa sulla sua spada. Si portò una mano al fianco colpito e sentì un liquido caldo che le inondava le dita.
Il tribuno gettò di lato lo scudo e si avvicinò a lei. Le sollevò il mento con la punta del suo gladio e la guardò sorridendo – Davvero credevi di vincere? Davvero credevi che questi barbari potessero anche solo impensierire le nostre legioni? La tua testa sarà l’ornamento giusto sotto l’aquila della nostra insegna…E lo sai perché? Perché, lurida barbara, Roma Aeterna Victrix (n.d.a.: Roma eterna vincitrice) –
L’ufficiale alzò il braccio per caricare il colpo, ma Boudicca, mentre lui parlava di onore e vendetta, aveva preso il suo pugnale nascosto in uno dei suoi stivali. Con un ultimo sforzo gli balzò addosso facendolo cadere all’indietro e colpì nel piccolo spazio tra l’elmo e la corazza, dove il collo e il petto erano nudi ed indifesi. E colpì. E colpì. Colpì anche quando ormai era chiaro che il romano era morto e lei poteva sentire il caldo sangue sul suo volto e nella bocca. Si afflosciò sul corpo del nemico per un attimo e poi, con le ultime forze che gli rimanevano, si girò e cadde di schiena.
Intorno a lei i rumori della battaglia arrivavano sempre più ovattati. Ma, sopra la polvere, poteva vedere che il cielo era azzurro e terso. Sorrise e poi cominciò a piangere. Ma non per non aver usato l’arma della Dama del Lago. Pianse ripensando alle parole di Giuseppe di Arimatea ad Avalon. Finalmente aveva capito che non era stato il centurione a uccidere Maeve, ma era stata lei che l’aveva abbandonata quando più aveva bisogno di sua madre. E alla fine aveva perso anche Una che si era trasformata in una guerriera, morendo come una guerriera, sulla punta di una spada e senza che lei potesse fare nulla.
Avrebbe potuto liberare la Britannia senza massacri arbitrari, senza distruggere popoli e città e si disse che, si, Giuseppe aveva ragione: l’odio genera solo odio. La furia dei romani aveva generato la rabbia dei britanni e, ora che la battaglia era perduta, cosa sarebbe successo al suo popolo? Vide di fronte a sé il bel volto di suo marito Prasutago che aveva veramente amato e singhiozzò – Perdonami! Perdonami! Non sono riuscita a salvare la nostra gente…Dei abbiate pietà di noi – disse piano.
Guardò il corpo accanto al suo e strinse le labbra. Forse quel romano in fondo era una brava persona, un marito devoto, un padre amorevole. Forse aveva una famiglia con dei figli che l’avrebbero odiata per sempre e sentì un nodo alla gola. Si girò in posizione fetale verso l’ufficiale romano e gli prese il braccio senza vita – Io…Ti perdono…Io…Ti chiedo perdono – disse con un filo di voce e chiuse gli occhi. E fu così che Gavino la trovò.
 
Inghilterra – Anno 1787 d. C.
Oscar si ridestò. Aveva appena chiuso gli occhi e si era assopita assistendo, suo malgrado, all’epilogo della rivolta di Boudicca. La serata,a anche senza le visioni indotte dalla pietra rossa, era stata comunque molto movimentata. Morgana era svenuta e lei non riusciva a rianimarla. L’aveva messa nel letto togliendole il cinturone con la spada e l’aveva vegliata seduta al piccolo tavolo della stanza fino a quando aveva cominciato a muovere le palpebre.
Aveva fatto portare dal vecchio oste della carne di cinghiale dalla sera prima, con molto più grasso per l’”anemia” di Morgana e una bottiglia di vino. La birra della locanda aveva un sapore migliore, ma la Duchessa di Cornovaglia avrebbe dovuto accontentarsi per quell’occasione. E, proprio nel momento in cui Oscar aveva riaperto gli occhi, anche Morgana si era svegliata mettendosi seduta.
Oscar si alzò dalla sedia e sorrise – Finalmente! La carne è fredda e l’oste ha portato il vino che non ti piace…Ma… - disse, ma non finì la frase perché l’altra si alzò, prese il bicchiere e trangugiò il vino d’un fiato, poi sospirò e la guardò dritta negli occhi – Chi è quell’essere –
Oscar aggrottò la fronte – Non…Non so di…Cosa parli –
L’altra sorrise debolmente – Tu non sei una stupida Lady Oscar…Ma se vuoi passare per tale ti riformulerò la domanda: Cosa ci fa quel centurione romano nella tua mente? –
Oscar deglutì e si sedette pesantemente sulla sedia – Il…Il suo nome è Tito –
Morgana aggrottò la fronte – Ha anche un nome? –
L’altra annuì – Si! E viene da Pompei…Che è in Italia…Credo. E’ il centurione che ha frustato Boudicca e ha tentato di stuprare le sue figlie. Io…Quando ho visto la tua vita è stata come una galleria di immagini di cui ero una semplice spettatrice, ma con la Regina degli Iceni…Le nostre menti si fondono e non riesco a dividere la realtà dal sogno –
Morgana digrignò i denti – Stai mentendo! – disse piano.
Oscar la guardò e si alzò in piedi – Come osi! –
L’altra riempì di nuovo il bicchiere e bevve d’un fiato. Fece una smorfia, ma guardò di nuovo Oscar con i suoi occhi chiari e freddi – Stai mentendo. Che ti piaccia oppure no ho visto dentro la tua mente, ho visto quello che sir André ti ha fatto e l’ho visto anche trasformarsi in quella cosa. Ma quello non è il romano che ha oltraggiato la Regina guerriera e le sue figlie. Quell’essere c’era già dentro di te e ha assunto la forma del centurione perché la tua mente ha voluto così –
Oscar deglutì di nuovo – Non avevi alcun diritto di rovistare nella mia testa! –
L’altra si avvicinò a lei – E invece l’ho fatto! Perché in questa storia siamo alleate ed ero curiosa di vedere cosa mai era accaduto tra te e André e poi volevo finalmente conoscere questo mondo di uguaglianza e fraternità di cui tanto ti riempi la bocca! Ma ho solo visto una bella confusione, se proprio lo vuoi sapere! Tu non sei più la giovane che ho conosciuto e che ho portato a Tintagel e ad Avalon e ti sono accadute cose che sicuramente hanno cambiato il tuo modo di essere. L’oltraggio che sir André ti ha fatto non ha scusanti e, di certo, non sarò io a difenderlo, ma non stai confondendo la tua vita con quella della Regina guerriera, ma la figura del tuo amico con quella di quel centurione –
Oscar spalancò la bocca incapace di rispondere. Poi tentennò – Io…Io non riesco a comprendere… –
Morgana sospirò – Hai un trauma! Non c’è un modo semplice per dirlo. A parte uno strano discorso su rose e lillà…Mi sembra evidente che tu volevi vivere come un uomo e ti sei trovata ad essere debole ed indifesa proprio a causa del tuo migliore amico –
Oscar sospirò – Una rosa non sarà mai un lillà…Questo mi ha detto! E o sai cosa significa? Che una donna non potrà mai essere un uomo! Non solo nel fisico, ma anche nelle azioni. E lui, quel…Me l’ha dimostrato! E come lui anche tutti quelli che ho trovato in questa terra – disse alzandosi e mettendosi di fronte alla finestra – Non mancano mai di sottolineare come io sia una donna e poco importa che cavalchi come loro o usi la spada molto meglio di chiunque di loro. A me non cresce la barba, non devo rimanere in piedi per i miei bisogni e non mi crescono peli sulla schiena…Il mio maggior rammarico? Non aver reagito a quello che mi ha fatto André. L’essere rimasta in lacrime mentre lui… - aggiunse e abbassò la testa.
Morgana strinse le labbra e si avvicinò a lei – E’ per questo che sei venuta qui da sola, vero? Per dimostrare a tutti, ma soprattutto a te stessa che potevi farlo –
Oscar girò la testa e sorrise debolmente – Si. E’ vero. Eppure…Alle volte…Sento che mi manca…Mi manca André…Mi manca il mio amico, il mio compagno d’armi…Il mio cavaliere, colui che è stato al mio fianco per tutta la vita, lottando persino con me contro la dea della guerra. Alla persona a cui ho aperto il mio cuore e a cui ho dato il mio primo ed unico bacio d’amore. Ma penso a quello che ha fatto…A quello che mi ha fatto…E mi pento persino di provare nostalgia per lui –
Morgana si mise al suo fianco e guardò anche lei fuori dalla finestra – Io ti direi di tornare in Gallia, tagliare la testa di sir André, metterla su una lancia, farla divorare dai sacri corvi della dea e poi usare il suo cranio come una tazza –
L’altra la guardò aggrottando la fronte e Morgana annuì – Ma, Lady Oscar, questo è quello che farei io. Tu ami quell’uomo e, in fondo al tuo cuore, sai benissimo che, nonostante tutto, si sarebbe fermato e non ti avrebbe mai mancato di rispetto. Tuttavia…La paura di quello che sarebbe potuto accadere, di quello che avrebbe potuto fare, è stata molto grande ed alimenta quell’essere che ho visto. E la paura, come l’odio, è un’arma potente e a doppio taglio e la tua, purtroppo, ha la forma di quel centurione romano e credimi, è forte, molto forte. Qualunque cosa accada, se lo vorrai…Ecco…Io…Posso essere…Al tuo fianco…Se lo vorrai, certo –
Oscar sorrise commossa – La potente Fata Morgana che mi offre il suo aiuto. Sono onorata di avere la mia strega personale –
L’altra digrignò i denti – Osi prendermi in giro!? Sappi che non stavo affatto scherzando! Non hai idea di come, alle volte, sia vuota la mia vita…E tu…Accidenti di una gallica ingrata e maleducata, sei attualmente l’unica cosa vicina ad un amico che possa dire di avere – disse e abbassò la testa.
Oscar annuì seria – Perdonami. Stavo solo cercando di sdrammatizzare la situazione e ti ringrazio – disse e gli mise una mano sul braccio – Ma ora passiamo alle buone notizie, Lady Morgana: Boudicca non ha mai usato l’arma che la Dama del Lago gli ha fornito –
Morgana la guardò sgranando gli occhi e l’altra annuì di nuovo – L’ultima visione che ho avuto riguardava la sua ultima battaglia contro i romani. Ha perso, ma non ha usato l’arma perché credeva che bastasse il valore del suo esercito a liberare la Britannia –
Morgana sorrise – Quindi…Quindi è ancora integra da qualche parte…Dei dell’Annwn! Si! – disse girandosi verso la stanza alzando le bracca in segno di vittoria. Oscar la guardò pensierosa. Nella sua mente, invece, c’era non solo l’immagine di quella giovane dalla pelle candida che era la Dama del Lago mentre consegnava la pietra alla Regina, ma soprattutto quella di Giuseppe di Arimatea, colui che aveva percorso tutto il mondo conosciuto per sfuggire ai romani e che aveva trovato rifugio a Glastonbury. Il vecchio dal viso benevolo e saggio parlava di perdono. Ma davvero tutto si poteva perdonare?
Oscar si girò – Aspetta a gioire e dimmi tutto quello che sai sul cerchio di pietre di Salisbury –
Morgana abbassò le braccia e sbatté le palpebre – Il…Il cerchio di pietre? Ma cosa… -
L’altra la guardò seria – Ho detto che ti avrei spiegato il segreto della pietra. E lo farò! Ma prima devi dirmi tutto quello che sai su quel complesso –
Morgana scrollò le spalle, sospirò e la guardò – E’ vecchio! Nessuno sa chi l’ha costruito…E…Poi ci sono le leggende – disse piano.
L’altra aggrottò la fronte – Che tipo di leggende? –
Morgana si sedette piano sul letto e sospirò di nuovo – Si dice che sia stato eretto anche prima dell’arrivo dell’Antico Popolo e che i britanni, per imitarlo, ne abbiano fatti decine di altri, anche se di dimensioni più ridotte –
Oscar si sedette sulla sedia e accavallò le gambe – Quindi quello è probabilmente il primo mai costruito. Anche nel mio paese sono presenti complessi come quello, evidentemente quella sapienza è stata importata da questa terra. Ma dimmi delle leggende. So, perché l’ho visto nella tua mente, che è uno dei punti che generano, o amplificano, i tuoi poteri –
Morgana abbassò la testa e Oscar la vide per la prima volta affranta, quasi spaventata. La Duchessa la guardò – Lo è! Lì ho nascosto me e il mio seguito da mio fratello Artù e il suo esercito quando credeva che fossi stata io a mandare Accolon a sfidarlo. Ma quel posto non è Tintagel, non è Avalon che peraltro è immensamente più potente…E’…Diverso…Anche solo vedere quelle pietre ad alcuni dà un senso di pace, per altri sono opprimenti…Io le ho viste poche volte, per lo più da lontano. Da vicino solo due: una è quella di cui ti ho raccontato e che anche tu hai visto nella mia mente…E la prima…Proprio durante il solstizio d’inverno, quando ero piccola e mia madre e Re Uther vollero fare una gita in quel luogo. Io sentivo che qualcosa mi stava osservando. Quelle rocce sembravano fissarmi, sembravano pulsare come grandi cuori grigi… - disse e si strinse nelle braccia rabbrividendo.
Oscar aggrottò la fronte, vedere quella donna spaventata fece venire anche a lei un brivido lungo la schiena. Ma la Duchessa continuò: – E sembravano chiamarmi! Ho allungato una mano per toccare una delle grandi pietre centrali e ne sentivo…Il richiamo…Forte nella mia mente e non riuscivo a fermarmi. Fu una delle guardie di Uther a prendermi per il braccio e a riportarmi da mia madre che, bontà sua, voleva coricarsi con il Re nella loro tenda lasciando a me il compito di accudire il mio fratellino Artù. Ho sempre pensato che quella fu l’unica volta in cui Igraine fece qualcosa di utile per me. E poi…Ci sono altri mille racconti: viandanti, sacerdoti, guerrieri…Tutti hanno sentito più o meno come se quelle rocce fossero una cosa viva e come se sentissero il richiamo di qualcosa…Qualcosa che dorme e che vuole essere risvegliato. Ma quindi dimmi: cosa c’entra questo con la pietra rossa? –
Oscar sospirò e si avvicinò a lei – La pietra è una mappa. Non chiedermi come o perché sia stata fatta così, perché sinceramente anche nella mia epoca una tale tecnologia è sconosciuta. Esposta alla luna piena le linee bianche al suo interno si illuminano e proiettano una sorta di disegno a tre dimensioni sul terreno –
Morgana aggrottò la fronte – Un…Un disegno…In tre…Dimensioni…E che disegno è? Forse… -
L’altra annuì – Il cerchio di pietre. Io l’ho riconosciuto perché l’avevo disegnato, perché l’avevo visto in una delle visioni sulla tua vita… Anche se... –
Morgana si alzò e si avvicinò a lei – Anche se? –
Oscar tentennò. Le era venuta in mente una cosa: per secoli quella pietra era stata nascosta e, recentemente, in poco tempo, tutti i suoi ultimi possessori avevano scoperto il suo segreto, a cominciare probabilmente da Jeanne de Valois che non se ne era voluta liberare per un determinato motivo; dalla cameriera nel suo palazzo, al di lei fratello e fino a lei stessa. Lei era un militare, credeva poco alla casualità o al destino. Come diceva sempre suo padre: “ognuno di noi crea il destino che vuole” e non poteva dargli torto. Eppure in quell’occasione le sue azioni sembravano essere state guidate da quel piccolo sasso rosso che, finalmente, aveva voluto essere trovato e riportato al cerchio di pietre. Scrollò le spalle per scacciare quell’idea malsana che una cosa inanimata potesse avere una sua volontà. Anche se…Ripensò alle parole di Morgana sulle pietre di Salisbury, a come anche lei le aveva definite pervase di un’energia propria, pulsante e, forse, persino pensante. Ripensò ai poteri di Morgana, se lei li possedeva perché legati alla terra, era possibile che la stessa terra li usasse? Ma, anche in quel caso, c’era la terrificante ipotesi che degli oggetti avessero una coscienza. E poi c’era anche un’altra cosa di cui si era accorta e che riguardava quei monoliti, ma, si disse, di certo non poteva avere molta importanza.
Morgana si avvicinò ancora – E quindi l’arma è nel cerchio di pietre? –
Oscar tentennò – Oh, no! La mappa indica un punto preciso accanto al cerchio di pietre ed è lì che, probabilmente, la troveremo –
Morgana aggrottò la fronte – Ecco perché volevi la luna piena! E la Regina non ha usato l’arma contro i romani…Possiamo salvare la Britannia dagli Uomini-Drago e forse dai sassoni – disse piano.
Oscar vide una strana luce nei suoi occhi e, sempre per la prima volta, si chiese che tipo di arma poteva mai essere quella. Si era tuffata in quel viaggio soprattutto per dimenticare i suoi problemi e, nel momento in cui si stavano avvicinando alla soluzione dell’enigma, le vennero in mente tutti i dubbi che, di sicuro, avrebbe fatto meglio ad avere prima di lasciare la Normandia. Forse costruita dagli antenati di Morgana, quelli che lei chiamava l’Antico Popolo? E se era così potente e distruttiva, come mai quell’Antico Popolo non l’aveva mai usata? C’erano troppe domande nella sua testa, si disse, senza contare che c’erano anche i loro inseguitori, quelli che l’avevano assalita a Glastonbury, l’esercito inglese, gli emissari di Giorgio III e non sapeva nemmeno chi altro.
Inspirò a fondo gonfiando il petto “E, per quello che riguarda me, ho un centurione romano che mi vaga nella testa, sento la mancanza di André, ma al tempo stesso lo vorrei strangolare per quello che ha fatto, a prescindere da ogni tipo di perdono che Giuseppe di Arimatea potrebbe insegnarmi e, a proposito, ci sono anche le visioni molto vivide della vita di una Regina guerriera morta secoli fa cercando di liberare la sua terra dall’invasore! Quest’avventura sta diventando molto strana, ma del resto…Sono Oscar François, della stirpe dei de Jarjayes, ufficiale del Re di Francia…E adesso ho pure una strega medioevale per amica!” pensò.
Oscar sorrise e si avvicinò a Morgana – Bene! Con questo radioso ottimismo possiamo anche farcela –
Morgana aggrottò la fronte – Le tue…Le tue paure…Saranno un problema prima o poi, lo sai? –
L’altra annuì – Lo so! Ma la paura, come il nemico, si combatte solo affrontandola! Siamo due guerriere Lady Morgana, non dimenticarlo mai –
Morgana sorrise e annuì – Oh, si! E così sia! –
   
 
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