“Forse non ha
capito la gravità di quello che ho detto: la Brown e Weasley
hanno in mente un
piano sovversivo e anche la Lovegood e Malfoy sono coinvolti!”
Era la terza
volta che Pansy ripeteva in modo diverso quell'informazione, ma la
reazione
della professoressa Umbridge rimaneva invariata: batteva le palpebre e
sorrideva poco convinta, mentre girava distrattamente il cucchiaino
nella sua
tazza da tè.
“Mia cara,
quante zollette di zucchero hai detto? Oh, senza zucchero, davvero?
Comunque…
Hem hem penso che la tua mente ti stia giocando dei brutti scherzi.
Draco e la
Lovegood sono i personaggi di punta del teatro e… Brown e
Weasley chi sarebbero
mai?”
Pansy tentò
invano per l’ennesima volta di far sentire le proprie
ragioni; tutto ciò che
ottenne però fu un'altra tazza di tè –
e due biscotti a forma di gatto.
Inquietanti.
“Per la barba
di Merlino, dannazione!” imprecò una volta uscita
dall'ufficio. “Non mi ha
voluto dar retta! Eppure io lo dico: qui c'è qualcosa che
non quadra, vogliono
far saltare il musical e nessuno mi crede!”
Neville fece un
passo avanti un po’ incerto. “Io... Io ti credo,
Pansy”.
Nonostante
fosse ben conscia della sua presenza, la ragazza si ritrovò
quasi a trasalire
nel sentirlo parlare. Gli scoccò un’occhiata
stupita e poi scoppiò a ridere.
“Sai che ti
dico? Non è male averti tra i piedi, Paciock”.
~
“Volete fermare
la Umbridge e il musical?”
“Sì, certo,
Alastor, ma…”
“Mi rendo conto
che questo non è esattamente quello che vorreste, ma
è insomma il massimo che
si può avere. È sempre fare un po’ di
casino e poi…”
“Non approvo
fare casino. Per quanto mi riguarda, vorrei
semplicemente il totale
silenzio offerto dai miei sotterranei”.
“Beh, quindi
nessuno dei due vuole darmi una mano?”
Alastor si
allontanò seccato: per quanti alleati trovasse, altri
rifiutavano la sua
proposta. Perlomeno, però, si rivolgeva solo a coloro che
non avrebbero mai
spifferato nulla alla Principessa del Teatro.
Severus e
Minerva, per esempio, se ne andavano a braccetto a rintanarsi insieme
nel
silenzio dei sotterranei… “Stupidi romantici da
strapazzo” borbottò Alastor tra
sé. Rompevano con le loro rimostranze sul musical e la
Umbridge dall’inizio
dell’anno e adesso che lui proponeva di fare effettivamente
qualcosa si
tiravano indietro – vigliacchi.
~
Draco era a
disagio. Non era una novità: da quando il professor Moody
aveva tentato di
arruolare lui e Luna nel suo ridicolo piano, sobbalzava ogni volta che
lo
sguardo della Umbridge si posava su di lui durante le prove. Temeva
costantemente che gli leggesse in volto la colpevolezza, nonostante lui
non
fosse affatto colpevole. L’idea era del professore, lui non
c’entrava nulla,
non aveva nemmeno accettato… eppure, per qualche
inspiegabile motivo, non era
nemmeno andato a fare la spia. Non aveva detto nulla, aveva a stento
promesso
di rifletterci quando Luna aveva dichiarato che avrebbe rispettato la
sua
scelta.
Era ridicolo.
Si sentiva diviso: da una parte l’istinto gli gridava di
correre dalla Umbridge
e denunciare il complotto ai suoi danni e osservare ghignando il corso
della
giustizia, dall’altra il solo pensiero dell’assurdo
finale stabilito dalla
donna gli toglieva ogni voglia di sorridere. Un Malfoy si schiera dalla
parte
del più forte, del vincente, non si ribella senza un
tornaconto assicurato.
Allora perché ogni volta che si era trovato a portata
d’orecchio della Umbridge
le parole gli erano morte in gola, e perché intimamente si
sentiva già colpevole?
“Si concentri,
signor Malfoy! Ha recitato la parte con mezzo secondo di ritardo, non
è da lei,
ehm ehm devo ammettere di essere preoccupata. Negli ultimi giorni
sembra
distratto”.
“Mi perdoni,
professoressa” recitò in automatico, abbassando lo
sguardo per nascondere
l’irritazione.
“Nervoso,
Malfoy? Non ti preoccupare, sei bravissimo a inchinarti
supplicando”.
Draco alzò la
testa di scatto, punto sul vivo.
“Ehm ehm,
gentile a incoraggiarlo ma ha altro di cui preoccuparsi, signor Potter.
Riprendiamo” intervenne la Umbridge, richiamando tutti
all’ordine. Alzò la
bacchetta per far ripartire la musica.
Fissando torvo
l’idiota-che-è-sopravvissuto,
Draco decise che per nessun motivo al mondo gli avrebbe dato la
soddisfazione
di vederlo inchinarsi di fronte a tutta Hogwarts. Avrebbe parlato con
Luna subito
dopo le prove; suo padre, ne era certo, avrebbe compreso che le sue
azioni
erano mirate a evitare un’inaccettabile umiliazione. Se ne
convinse.
Non notò lo
sguardo compiaciuto di Malocchio, che osservava le prove in disparte.
~
Dolores si
trovava sola nell’aula, una copia del copione in mano e
un’espressione
accigliata in volto.
Le prove non
stavano andando nella maniera eccellente che lei pretendeva: perfino
Draco
Malfoy, la sua punta di diamante, stava perdendo qualche colpo. Il
finale, poi,
era la parte che avevano provato meno! Ce l’avrebbe fatta
Moody-Valjean a
inginocchiarsi con la gamba di legno oppure avrebbe dovuto concedergli
la
grazia di implorare perdono in piedi? Con un sospiro, decise di
rileggere
integralmente gli ultimi due fogli del copione, anche se li conosceva
praticamente a memoria: Javert che arresta Valjean e Marius appena
usciti dalla
fogna di Parigi, Valjean che comprende come il potere della legge sia
superiore
a qualsiasi cosa, entrambi i fuorilegge che si inginocchiano (oppure
Valjean
no? – aggiunse come appunto), la piccola Cosette che implora
per risparmiare
loro almeno la pena di morte e, infine, il sipario che cade dopo
l'ultima
solenne canzone dell’eroe Javert: “Il trionfo della
giustizia”. Dolores stava
quasi per intonare le prime parole della canzone, quando la porta
dell'aula si
spalancò rivelando il suo aiutante.
“Professor
Moody! Hem che ci fa qui?”
Lui ridacchiò,
mentre avanzava con il suo solito riconoscibile passo. “Io
cercavo lei, perciò
la vera domanda: cosa ci fa lei qui, professoressa Umbridge? Troppo
presa dal
lavoro?”
“A dire il
vero, sì” replicò, leggermente piccata.
“Ci tengo a vedere questo spettacolo
realizzato ehm nel migliore dei modi, che il messaggio del finale
penetri nelle
menti dei più giovani e ehm di tutti e poi...”
“Oh, non
preoccuparti, Bamboluccia, sarà uno spettacolo con i
fiocchi”.
Dolores batté
gli occhi un paio di volte, sorpresa non tanto per
l’improvviso tono famigliare
di lui (o per il successivo occhiolino) ma soprattutto per la sicurezza
stessa che
mostrava.
“Adesso crede
nello spettacolo? Non pensa più sia una marea di
scempiaggini?”
“Sono
abbastanza certo di non aver usato quelle parole, forse un casino di
stronzate.
Comunque sì, diciamo che ho cambiato idea: lo spettacolo e
il finale saranno
perfetti”.
Mentre Dolores
Umbridge veniva lasciata ai suoi appunti (e alla confusione di
quell’apparente
ravvedimento del collega), Alastor Moody tornò a caracollare
nel corridoio con
ben altri piani nella mente. Gli esercizi di dissimulazione musicale di
Lavanda
Brown e Ronald Weasley stavano andando a meraviglia (o almeno quasi):
lo
spettacolo sarebbe stato davvero perfetto.