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Autore: willbefearless    28/08/2021    0 recensioni
Non l'aveva mai vista così.
Lei, la sua rosa, stava appassendo davanti ai suoi occhi.
E lui non aveva più energie per salvarla.
La voce di Rose Weasley tremò mentre parlava. «E che succederebbe se un Demone e un Angelo si congiungessero?»
Albus sorrise. «Tu, piccola Rose, sei qui per scoprirlo.»
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo tre.

“Questa partita è importante, ragazzi” Zabini, capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde nonché loro portiere, iniziava sempre così i suoi discorsi. “Sono al mio ultimo anno e ho mantenuto la Coppa per tutta la mia permanenza come Capitano, non ho proprio voglia di cederla adesso ai Grifondoro”.
Rose sorrise tra sé e sé. La squadra che avrebbe affrontato quel giorno era capitanata dal suo ragazzo, e la cosa la divertiva ancora di più. Luke, cacciatore, era fin troppo abile a sottovalutare le doti della ragazza come Cercatrice. O forse a sopravvalutare le proprie.
Rose legò i capelli in uno chignon stretto, mentre si preparavano ad uscire dagli spogliatoi. Lucas le si avvicinò, sorridendole con la sua solita aria enigmatica.
“Hai molto da dimostrare oggi, Weasley. Non deludermi”.
Il sorriso che la rossa ricambiò era più velenoso di una zanna di basilisco, mentre “Contaci” replicava, sicura di sé.
Afferrare la propria scopa e montare, per poi sfrecciare all’esterno, in alto nei cieli di Hogwarts, era una delle sensazioni più belle che Rose avesse mai provato in vita sua.
Nonostante suo padre fosse stato, a suo tempo, uno dei portieri migliori che il Grifondoro potesse vantare, sua madre era sempre stata restia alla volontà della figlia di praticare il Quidditch, soprattutto a causa della propensione dei giocatori di tale sport a finire sempre in infermeria, in un modo o nell’altro. Anche Hermione Granger, però, aveva dovuto ricredersi davanti all’abilità innata di sua figlia, che aveva riportato gloria alla squadra di Serpeverde dopo anni di sconfitte: l’ultimo cercatore degno di nota che le serpi potevano vantare, d’altra parte, era niente meno che il padre del biondissimo Malfoy, un Mangiamorte fatto e finito.
Rose si inclinò leggermente con la schiena verso la scopa, e questa prese velocità, portandola a sfrecciare in giro leggera.
Il vento sul viso, la velocità, le persone lontane come piccoli puntini mentre anche tutti i suoi problemi sembravano rimpicciolirsi. Lì in alto nel cielo non c’erano compiti, esami, non c’era Albus con le sue frasi criptiche, non c’erano Scorpius Malfoy né Sierra Nott, la cui vista ormai bastava a darle il voltastomaco.
Quando Rose volava, c’erano solo lei ed il cielo.


Sierra Nott era tante cose.
Sapeva di essere intelligente, ma era anche capace di nascondere questa sua dote nei momenti in cui fingersi sciocca e lenta poteva tornarle utile. Era furba, e lo aveva dimostrato quando aveva visto Scorpius Malfoy struggersi d’amore per la piccola Weasley, ed era riuscita a sottrarglielo con l’inganno e con la scusa di aiutarlo.
Rose Weasley era, da sempre, la beniamina dei Serpeverde – e di tutta Hogwarts, il che era ironico per una serpe. Con quei suoi splendidi occhi di ghiaccio che sapeva rendere calorosi ed accoglienti quando voleva, era stata capace di abbindolare praticamente chiunque. Sierra, ovviamente, la detestava.
Era dal primo anno che in lei era nata un’assurda competitività nei confronti della Weasley.
Per ogni Oltre Ogni Previsione della Nott, c’era sempre un Eccezionale di Rose da celebrare.
Per ogni pozione di Sierra riuscita a puntino, c’era sempre la Weasley ad essere elogiata per i suoi geni Granger, che avevano fatto sì che diventasse presto la pupilla di Lumacorno, posizione che portava non pochi vantaggi.
Nessuno aveva mai speso più di uno sguardo sfuggente nei confronti della Nott, quando c’era Rose nei paraggi, Rose da ammirare, elogiare, venerare.
Scorpius Malfoy era uno sciocco se credeva che avrebbe mai potuto farsi amare da una come Rosaline Weasley, e Sierra ne aveva approfittato, aveva usato i suoi sentimenti per muovere Malfoy come una semplice pedina nel suo gioco di scacchi contro la ragazza oggetto del suo disprezzo. Il fatto che Malfoy fosse anche indiscutibilmente attraente, e che Sierra aveva una cotta per lui da quando, al secondo anno, lui l’aveva aiutata contro le Mandragore durante Erbologia, di sicuro non guastava.
Sierra era perfettamente consapevole del potere che si annidava nel ragazzo.
Era consapevole anche di cosa fosse effettivamente Scorpius, particolare che sfuggiva anche allo stesso biondo. Il potere di Scorpius, tra le mani di una come Rose, era un rischio che Sierra non era disposta a correre.
Era riuscita anche a convincersi che i sentimenti di Scorpius per lei stessero crescendo, nella loro relazione: d’altra parte la baciava spesso, facevano sesso regolarmente e non le faceva mai mancare nulla. E avrebbe continuato a bearsi della sua meravigliosa illusione, se non fosse stato per quello sguardo di troppo tra Rose e Scorpius in aula di pozioni.
La piccola Weasley era attratta dal biondo, Sierra ne era sicura, così come era sicura che non lo avrebbe mai ammesso a se stessa, orgogliosa e testarda come poche.
Scorpius non doveva rendersene conto, però, o Sierra avrebbe perso tutto ciò che aveva costruito con la pazienza e la tenacia.
Fu per questo che, quando Rosaline acciuffò il boccino d’oro con una manovra piuttosto complicata che l’aveva vista lanciarsi quasi dalla propria scopa, rimanendo appesa solo con le gambe – perché Rosaline Weasley doveva anche essere un’ottima giocatrice di Quidditch, ovviamente – Sierra decise di agire.
L’incantesimo non verbale che la Serpeverde pronunciò colpì Rose Weasley mentre era ancora in aria.
Un attimo prima la rossa era lì, che rideva e stringeva tra le mani il boccino d’oro.
L’attimo dopo cadeva da trenta metri d’altezza, pronta all’inesorabile collisione con il suolo.


Quello che successe in quegli attimi di panico, Albus non avrebbe saputo mai spiegarlo.
Lui, da Lettore di Anime qual era, conosceva la vera natura di Scorpius. Solo quello, però.
Quando da lontano vide sua cugina perdere coscienza ed iniziare a cadere in velocità verso il basso, accaddero molte cose in contemporanea.
Primo: qualcuno gridò.
Secondo: la squadra di Serpeverde si riunì al suolo, cercando di fare da scudo all’imminente caduta di Rose.
Terzo: la Nott gridò “Scorpius, no!”, e un attimo dopo Scorpius era lì che si era gettato al di là degli spalti, un’espressione terrorizzata a deformargli i lineamenti.
“Scorpius è impazzito, Albus, che cazzo pensa di poter fare? Così si farà male!” stava gridando la Nott, ma Albus era congelato dal terrore.
Avrebbe voluto essere un Grifondoro, si disse. Avrebbe voluto essere come James, suo fratello, che aveva abbandonato la scopa per sfoderare la bacchetta e le stava provando tutte per arrestare la caduta della cugina. Ma James, purtroppo, non era Albus Silente.
Albus non avrebbe saputo descrivere neanche come si svolsero gli avvenimenti di pochi attimi dopo. Seppe solo che, improvvisamente, l’aria diventò densa, e una nebbia scura avvolse tutti. Nell’oscurità lui continuava a vedere Scorpius, ed Albus sapeva di riuscirci solo perché era un Lettore di Anime, la nebbia che l’amico aveva richiamato a sé come protezione avrebbe dovuto accecare chiunque. Scorpius era piegato su se stesso, e sulla sua schiena i vestiti lacerati avevano fatto spazio a due immense ali nere, troppo grandi per un ragazzo della sua età.
Tra le sue braccia giaceva Rose, svenuta ma sicuramente illesa.
La nebbia durò pochi secondi.
Quando tutti acquisirono nuovamente la vista, gridando, correndo per il panico, Scorpius era per terra accanto a Rose, privo di sensi.
Di quelle ali di cui Albus era stato unico testimone nessuna traccia, se non i vestiti strappati e insanguinati del Serpeverde.


Hermione Granger era rimasta la stessa di anni prima.
Questa fu la prima cosa che Draco Malfoy pensò, entrando nell’ufficio della preside McGranitt. Aveva gli stessi capelli scompigliati, lo stesso sorriso saccente, le stesse guance rosee e poche rughe in più. Aveva trentasei anni e ne dimostrava dieci di meno.
Ronald Weasley aveva meno capelli, ma era lo stesso ragazzo rosso e allampanato, anche lui era cambiato poco. L’espressione di fastidio che si materializzò sul suo viso non appena Draco fece il suo ingresso bastò a chiarirgli che, anche dopo anni, le cose non potevano essere cambiate ed aggiustate.
“Ah, Draco, ecco, ti stavamo giusto aspettando…” lo salutò la McGranitt, indicandogli di prendere posto in una delle sedie libere.
Draco sorrise, carismatico. “Lo sa, Preside, anche dopo tanti anni sedersi qui fa un certo effetto. Mi aspetto quasi di ricevere una punizione da un momento all’altro” scherzò, strappando un sorriso all’anziana donna e anche alla Granger, poco più in là.
Ron Weasley alzò gli occhi al cielo, ma non si scompose.
“Vi ho accennato nella mia lettera cosa è successo alla partita di Quidditch…” iniziò la McGranitt.
“Sì, e dobbiamo ritirare Rose dalla squadra, non può assolutamente rischiare di-” interruppe la Granger concitata.
Il marito la strinse a sé con un braccio. “Facciamo finire la Preside, Hermione” sorrise bonario.
La McGranitt annuì, prendendo un respiro. “Come vi avevo accennato, la situazione si è risolta nel migliore dei modi. Se vi ho chiamati qui, oggi, è per tuo figlio, Draco”.
A quelle parole, Draco Malfoy si sentì gelare.
Sapeva che suo figlio era strano, lo aveva sempre saputo. Da bambino non sorrideva mai, non aveva mai avuto amici e non aveva mai voluto giocattoli. Da che Draco aveva memoria, i suoi unici compagni erano i libri. Per molto tempo aveva associato l’introversione del figlio alla perdita della madre Astoria in giovane età, ma si era dovuto ricredere con il tempo. Lo vedeva nello sguardo di Scorpius, sempre spento, ma che covava una rabbia nascosta che avrebbe fatto paura al Signore Oscuro. C’era qualcosa di più, un segreto nascosto nel cuore di suo figlio, che lui avrebbe voluto capire.
“Scusi, Preside, ma noi cosa c’entriamo con suo figlio?” domandò Ron Weasley, e per una volta Draco si trovò ad essere d’accordo con lui. Cosa c’entravano i Weasley con Scorpius?
La McGranitt sorrise. “Vedete, Scorpius è colui che ha salvato Rose. Quando è sceso dagli spalti per correre verso di lei, si è generata una nebbia densa che ci ha impedito di vedere qualsiasi cosa, ma la natura di tale incantesimo era chiara. Era una magia protettiva, che gli ha permesso di salvare la ragazza. Il come non ci è ancora dato di capire” cercò di spiegare, facendo una pausa per permettere ai tre di metabolizzare la notizia.
“Ma Minerva…” fece Hermione, insicura. “Una magia protettiva capace di manifestazioni esterne tanto intense è troppo avanzata anche per uno studente del sesto anno. E poi perché Scorpius avrebbe dovuto voler proteggere Rose?”.
“Per il motivo più semplice al mondo, Hermione. Per amore. Per amore Scorpius ha posto un Sigillo su Rose, che si è attivato quando lei era in pericolo. Ma c’è una questione che mi preme ancora di più…”
Le parole della Preside furono interrotte nuovamente, stavolta dalla tosse disperata di Ronald Weasley che sembrava sul punto di affogare.
“Scorpius… ama la mia Rosie? Ma… ma non è possibile! Rose detesta il… il figlio di quello lì!” sbottò concitato appena ebbe ripreso aria.
Draco gli rivolse uno sguardo di sufficienza. “Per quanto detesti ammetterlo, Preside… Weasley potrebbe avere ragione. È risaputo che i nostri figli non nutrano particolare simpatia l’una per l’altro”.
La McGranitt sospirò. “Non so quali siano i meccanismi precisi, ma la magia di Scorpius si è attivata a causa di un sigillo di protezione. Quale che sia la ragione, tuo figlio vuole proteggere la giovane Weasley, Draco” riprese sbrigativa. “Ciò che mi preme capire è alla base della preoccupazione di Hermione. Come può Scorpius avere un tale potere? Se voi permettete, Scorpius e Rose seguiranno lezioni private con l’insegnante di difesa delle arti oscure, e nel frattempo noi cercheremo di capire l’origine di tutto”.
Hermione scambiò un’occhiata fugace con Draco, prima di annuire. Ronald si limitò a guardare da un’altra parte, chiaramente infastidito dalla situazione.
La McGranitt batté le mani, sospirando di sollievo “Bene allora, è deciso!” concluse risoluta.
“Ho solo un dubbio, Preside”
“Dimmi, Draco”
Draco Malfoy passò una mano sul proprio volto stanco. “Cosa diremo ai ragazzi?”
La McGranitt sospirò. “Per il momento, nulla. Sono entrambi Prefetti, ci inventeremo qualcosa di plausibile finché non avremo una maggiore chiarezza della situazione”.
Tutti annuirono in tacito accordo, chi meno propenso, chi più.
Ad Hermione Granger quella storia non piaceva affatto, ma preferì restare in silenzio.
Conosceva vecchie legende su antiche creature legate ad esseri umani marchiati da sigilli di protezione, ma sperava si trattasse appunto solo di quello: leggende.
Lasciò l’ufficio della Preside di Hogwarts senza voltarsi una volta di troppo, decisa a recarsi nell’unico posto che, negli anni, le aveva sempre dato conforto: la biblioteca di Hogwarts.


Rose si era svegliata in infermeria, e non ricordava neanche come fosse successo.
I lunghi capelli rossi formavano contorte onde sul cuscino bianco, ogni colore era scomparso dal volto solitamente sorridente.
La prima cosa che mise a fuoco fu Scorpius, nel lettino accanto al suo.
“Malfoy?” sussurrò allarmata, mettendosi a sedere. Non ricordare nulla di ciò che era accaduto la terrorizzava, era come perdere il controllo, e Rose non perdeva mai il controllo.
Un attimo dopo, due braccia esili furono intorno a lei, stringendola in un abbraccio.
“Dio, Rose, ci hai fatto prendere un colpo!” stava strepitando Dominique, la voce acuta a causa della preoccupazione. Rose le rivolse uno sguardo confuso.
“Io… non ricordo nulla” ammise. La cugina aveva gli occhi umidi, ma quasi rise.
“Domi, spostati, così la schiacci” ammonì una seconda voce, mentre una terza – bassa, calda e familiare – si lasciava andare ad una risata.
I fratelli Potter potevano essere diversissimi tra loro, ma messi l’uno accanto all’altro la somiglianza risultava evidente. Albus e James condividevano gli stessi capelli neri, seppure quelli di Albus ricadevano sempre sgraziatamente lunghi sul suo bel volto, mentre James li portava corti e scompigliati. James era più alto di una spanna, abbronzato e dai lineamenti più marcati, ma le labbra sottili che in quel momento stavano sorridendo ad una Rose estremamente perplessa erano le stesse del fratello minore.
“Ragazzi, cosa è successo? Perché sono qui, e soprattutto perché c’è lui?” Rose indicò Scorpius con un cenno del capo, ancora profondamente addormentato nel letto accanto al suo. Albus sospirò, ed i cugini si lanciarono uno sguardo obliquo.
“Rosie, dopo la partita…” iniziò il più piccolo dei Potter.
“La partita! Com’è finita?” interruppe la rossa.
James alzò gli occhi al cielo. “Come vuoi che sia finita? Ovviamente avete vinto” sbottò leggermente velenoso. Anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente, James era consapevole che il talento della cugina come Cercatrice era ineguagliabile – e, segretamente, era orgoglioso di lei, nonostante la sconfitta gli bruciasse ancora un po’ nell’animo.
“Mi fate parlare?” riprese Albus esasperato. “Dicevo, dopo la partita sei come caduta dalla scopa. Eri priva di sensi, e stavi precipitando-”
“Davvero? Ma non sento alcun dolore, eppure lo zio Harry diceva che ricostruire le ossa fosse una faccenda terribilmente dolorosa…” interruppe nuovamente Rose.
Albus le riservò un’occhiataccia. “Se fai così non ti racconto nulla”.
La cugina rise, alzando le mani. “Okay, d’accordo, hai ragione. Ti chiedo scusa, Al” sorrise.
Svegliarsi in infermeria dopo una partita di Quidditch non era mai un bell’affare, ma essere circondata dai cugini la metteva sempre di buon umore.
“Grazie” replicò Albus, ironico. “Cerco di essere riassuntivo. Scorpius ti ha salvata, Rose” sintetizzò in breve.
Rose Weasley sentì chiaramente il respiro morirle in gola a quelle parole.
I suoi occhi chiari, solitamente meravigliosi specchi spalancati in maniera cristallina sul flusso dei suoi pensieri, lasciavano fluire un mare di emozioni contrastanti.
Sgomento, confusione, paura, e qualcosa di diverso – uno strano calore che la Serpeverde non comprendeva e, orgogliosa com’era, non voleva impegnar tempo a spiegarsi quella sensazione sconosciuta.
Il volto pallido era teso, le sopracciglia corrucciate. In quel momento si sentiva come l’eroina indifesa di qualche tragico romanzo babbano di fine ottocento, e Rose odiava sentirsi così. Piccola, indifesa e vulnerabile: tutte cose che non era mai stata, che aveva sempre ripudiato, lei bella e fiera come una regina nel suo mondo in cui niente era mai storto e tutto sempre previsto e prevedibile.
Una farfalla, da qualche parte, aveva battuto le sue ali ignara di come quel lieve gesto avrebbe sconvolto totalmente la vita di una ragazza, a chissà quanti chilometri di distanza. Un battito d’ali avrebbe scombussolato per sempre il mondo di Rose Weasley.
“In che senso mi ha… salvata?” Rose riuscì a trovare un filo di voce per rispondere, sconcertata. Incontrò lo sguardo gentile di Dominique, che le sorrideva preoccupata.
Incontrò il volto teso di James, quello severo di Albus. E non trovò risposta in nessuno di quei visi familiari.
“Non lo sappiamo, Rosie” spiegò Jamie, accarezzando la mano della cugina. “Tutti noi abbiamo visto una sola cosa. Scorpius che ti correva intorno, una nebbia enorme, e poco dopo tu eri tra le sue braccia, perfettamente inerme, ed eravate entrambi privi di sensi”.
Il castello di carte che era l’astio sul quale Rosaline Weasley aveva basato anni di relazione con Scorpius Malfoy, inesorabilmente, stava crollando.
Nel guardare il biondo serpeverde giacere nel letto accanto al suo privo di sensi, sapendo che se si trovava lì era – in fondo – solo colpa sua, dilaniava il suo petto con un dolore tagliente come schegge di vetro sulla pelle candida.
Un po’ in disparte rispetto alla confusione generale, Albus Severus osservava sua cugina rivolgere sguardi addolorati e pieni di sentimento al suo migliore amico.
Se non lo aveva capito prima, adesso ne era sicuro: Rose e Scorpius meritavano di sapere.


Rieccoci con il terzo capitolo, dove si inizia ad accennare a ciò che poi diventerà il cuore pulsante della storia.
Ribadisco di essere perfettamente consapevole che tutto ciò sia davvero poco canonico - per quanto possa esserci di canonico quando si parla delle nuove generazioni. Spero, nonostante ciò, che vi piaccia ciò che scrivo.
Ringrazio le tre persone che hanno seguito/preferito questa storia, spero di leggere i vostri commenti prima o poi!

 

  
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