Capitolo
44: La creatura
dell’uovo
Fu
la campanella che segnava
la fine delle lezioni mattutine e l’inizio della pausa pranzo
che salvò Gal
dalla tremenda lezione di Trasfigurazione con l’ancora
più tremendo professor
Bennet.
Non
appena fu uscito
dall’aula, il rosso si diresse verso il terzo piano, a
differenza dei suoi
compagni, i quali si stavano dirigendo verso la Sala Grande.
Rimase
per qualche istante in
attesa, fischiettando una canzone finché non scorse Oliver e
Athena correre
verso di lui.
“Tutto
bene?” domandò Gal,
mentre il povero Oliver, rosso in volto e ansimante per la corsa,
balbettava:
“S-sì…”
“Io
non ho notato niente di
strano, mentre venivo qui…” dichiarò
Athena, mettendosi a guardare una vecchia
armatura.
“Allora
sbrighiamoci a
raggiungere il nascondiglio del mio uovo, prima che
quell’impicciona di Delphi
provi a portarmelo via o, peggio, avverta un professore! Conoscendola,
è abbastanza
vipera per la seconda ipotesi…”
commentò Gal, dirigendosi verso la porta dove
aveva nascosto il suo amato uovo.
I
tre entrarono nella piccola
stanza, dove c’era solo una fiaccola, un vecchio quadro e,
avvolto in numerose
coperte e indumenti, un uovo, il quale sembrava parecchio grosso.
“Sarebbe
quello l’uovo?”
domandò Oliver, avvicinandosi per osservarlo da vicino, e
Gal, annuì,
orgoglioso: “Già! Superbo, vero?”
“Non
si può negare che abbia
il suo fascino…” ammise, meditabonda, Athena,
osservando l’uovo.
Proprio
in quel momento, la
porta alle loro spalle si aprì rumorosamente e, quando i tre
si furono voltati,
videro Delphini con un sorriso di puro trionfo.
“Quindi
è qui che nascondevi
quel dannato uovo…” sibilò la
ragazzina, mentre il coetaneo cercava di
fermarla: “Andiamo, Delphi… non vuoi proprio
metterci una pietra oppure un uovo
sopra?”
“Spiritosone…
per colpa di
quel coso, ho quasi rischiato di arrivare tardi a Pozioni! Sono
riuscita ad
entrare in aula, un minuto prima che arrivasse Lumacorno!!!!”
sbottò Delphini,
mentre la sua espressione si deformava in odio puro.
Le
sembrava ancora di
rivivere quel momento, uno dei peggiori di tutta la sua
vita… fortunatamente,
il suo solito posto, in prima fila proprio davanti alla cattedra, era
vuoto.
D’altronde,
tutti gli
studenti preferivano quelli dietro, in modo da poter provare a
chiacchierare
con gli amici e a non ascoltare la lezione di nascosto al
prof…
Si
era seduta al suo solito
posto, di fianco a Kevin, il quale stava tirando fuori i rotoli di
pergamena e
le penne, il quale, molto saggiamente, aveva deciso di non fare domande
sul suo
strano ritardo, e pochi secondi dopo, col suo solito atteggiamento
teatrale da
attore mancato e sprecato, era entrato Lumacorno, coi suoi soliti
baffoni da
tricheco in bella vista.
Lui
non sapeva che Delphini
era quasi arrivata in ritardo a lezione e mai lo avrebbe saputo, a meno
che
colui che avesse anche solo accennato all’accaduto, non
volesse ottenere un bel
biglietto di sola andata per l’inferno a suon di calci!
In
ogni caso, non aveva
alcuna intenzione di perdonare Gal e quel suo stupido
stramaledettissimo uovo
per quell’accaduto!
Dovevano
pagare entrambi:
Gal, mediante la separazione da quell’uovo, e
quell’uovo… si sarebbe fatto un
bel volo dalla scogliera fino al Lago Nero!
Chissà,
magari ai Maridi
piacevano le uova strapazzate e bagnate…
Dal
canto loro, anche Gal,
Athena e Oliver cominciavano ad essere leggermente preoccupati per lo
sguardo
di puro odio e rabbia che l’amica stava, inconsciamente,
mostrando…
Sembrava
un’assassina
professionista!
Se
Delphini reagiva così solo
al pensiero di essere quasi arrivata in ritardo a lezione, come avrebbe
reagito
ad un ritardo vero e proprio?
Non
volevano proprio saperlo…
Ignorando
in tronco lo
sguardo preoccupato dei compagni, Delphini provò a dirigersi
verso il nido
improvvisato, ma fu bloccata prontamente da Gal, che le prese il
braccio.
“Ma
che cavolo fai?!” strillò
la ragazza e il Grifondoro iniziò ad implorarla:
“Ti prego, ti prego, ti prego…
lasciami l’uovo… morirò se ne
verrò separato…”
“E
mollami! Non cambierò
idea! Quella cosa deve sparire!”
“Ti
supplico, Delfimi…”
“Vuoi
farmi arrabbiare ancora
di più?! Mi chiamo Delphini, pezzo
d’idiota!!!”
In
quel preciso istante, un
rumore, come quello di un oggetto di vetro caduto che si rompeva, si
sentì in
tutta la stanza, facendo smettere di colpo i due litiganti.
Gal
e Delphini si voltarono
lentamente in direzione del rumore e, con grande sgomento da parte di
entrambi,
videro, in mezzo al nido di stoffa creato da Gal e circondato da pezzi
di uovo,
la creatura più singolare e strana che si fosse mai vista:
infatti, davanti ai
quattro c’era un galletto adulto col corpo ricoperto di piume
colorate, ma con
le ali di pipistrello e con una coda lunga e liscia, come quella di un
serpente
che terminava con un aculeo simile a quello di un porcospino, anche se
molto
più grosso, molto appuntito.
Qualunque
cosa fosse quella
creatura, una cosa era certa: non era un drago.
“Cosa
diavolo è
quell’animale?” domandò, allibita,
Delphini, mentre Oliver, il quale stava
sfogliando a tutta velocità il suo vecchio e consumato libro
di Newt Scamander,
rispose: “Non ne ho proprio idea, Delphini… non se
ne parla nel mio libro…
probabilmente, si tratta di una creatura rara…”
“Beh,
in ogni caso, adesso
che ce ne facciamo di quella cosa?”
“Io
lo so! La prima cosa che
bisogna fare è dare un nome alla mia creatura!”
esultò Gal, mentre Delphini
sbottava, inferocita: “Razza di stupido, quello è
l’ultimo dei nostri
problemi!”
“Sal,
non urlare, ti supplico…
lasciami dormire almeno una volta… potrai sempre farmi la
pelle domattina… dopo
una sontuosa colazione…” borbottò una
voce maschile, impastata dal sonno.
Delphini,
Athena ed Oliver si
guardarono intorno, ma non videro nessuno.
Da
dove veniva quella voce?
“Ah,
già… mi sono dimenticato
di presentarvi una persona…” disse, imbarazzato,
Gal, dirigendosi al vecchio
quadro e, dopo aver bussato delicatamente alla cornice,
esclamò: “Dai, Ricky,
in piedi! Ho delle persone da farti conoscere!”
Subito,
una figura, la quale
fino a quel momento, se n’era stata sdraiata in mezzo
all’erba a ronfare, si
alzò a sedere, tirandosi giù il brutto e vecchio
cappellaccio, rivelando una
barba e dei capelli folti e selvaggi come la criniera di un leone fulvo.
Con
un’espressione assonnata,
il giovane cavaliere si stiracchiò e sbadigliò,
per poi, grattandosi la testa,
guardare il gruppo.
Ad
un tratto, la sua
espressione si posò su di Delphini e, cercando di trattenere
uno sbadiglio,
borbottò: “Hai cambiato stile, Sal? Lo preferivo
prima… quella sembra la coda
di un cavallo…”
“Infatti,
quest’acconciatura
si chiama ‘Coda di cavallo’, razza di vecchia
crosta maleducata… e per la
cronaca, io mi chiamo Delphini Black!” sibilò,
furiosa e rossa come un
papavero, Delphini, il cui tono avrebbe tranquillamente potuto fendere
l’aria,
tal tanto che era sottile e freddo.
“Oh,
scusa, ti ho scambiato
per lui… sai, hai la sua stessa espressione
facciale… mi meravigliava sempre il
fatto che non gli fossero venute le rughe
premature…”
“Gal!!!!”
strillò Delphini e,
immediatamente, Gal domandò, leggermente preoccupato:
“Che c’è, Delphi?”
“Allontanami
quell’ammasso di
tempera, prima che qui avvenga un quadricidio!!!! E anche quello
stupido pollo
troppo cresciuto!” rispose la ragazzina, furente, indicando
il quadro, e il
rosso protestò: “Non puoi fargli qualunque cosa tu
abbia in mente! Quello è il
mio antenato Godric Gryffindor!”
Subito,
tutti i presenti
osservarono, allibiti il quadro dell’uomo coi capelli rossi
che si stava
strofinando un occhio, come per svegliarsi meglio.
“Adesso
capisco da chi hai
ereditato tutta la cretinaggine che spruzzi fuori da tutte le
parti…” sibilò
Delphini, continuando a guardare in malo modo il personaggio del quadro
“Come
accidenti ha fatto uno così a creare una scuola?”
“Ehi,
portagli rispetto!
Neanch’io ho ancora capito bene come accidenti sono riuscito
a non essere
bocciato l’anno scorso coi voti che ho preso agli esami di
fine anno, quindi…”
ribatté Gal, mentre Delphini alzava gli occhi al cielo, con
una smorfia di pura
esasperazione.
“Sei
proprio sicura di non
essere una parente di Sal? Le tue espressioni sono praticamente
identiche alle
sue…” fece Godric, grattandosi la testa, e Gal
commentò: “Allora anche lui
doveva avere un brutto carattere come lei…”
Prima
che Godric potesse
rispondere, Delphini si mise a dare dei colpi sulla testa di Gal, con
un’espressione davvero furiosa, mentre il povero Grifondoro
gemeva leggermente
dal dolore.
“E’
praticamente identica a
Sal… tutte le volte che lo facevo davvero arrabbiare, o
m’insultava o reagiva
così…” disse, con gli occhi sgranati,
Godric, per poi commentare: “Certo che
vedere la scena da quest’angolatura, invece di subirla sulla
mia testa, da una
strana sensazione… adesso, cosa succedeva di solito? Ah,
Helga arrivava e ci
divideva! Se non ricordo male, diceva…”
“Vi
prego, ragazzi,
smettetela… non è saggio litigare…
soprattutto in questo momento.” Esclamò
Oliver, avvicinandosi ai due litiganti, e Godric esultò:
“Ecco, diceva proprio
questo! A parte il ‘soprattutto in questo
momento’… questa frase è
nuova…”
“Vi
ricordo che dobbiamo
occuparci di una certa creatura…” fece Oliver,
indicando il galletto, il quale,
nel frattempo, stava saltellando in mezzo alla stanza.
“Qualunque
cosa sia quella
cosa, adesso la scaccio una volta per tutte!”
dichiarò Delphini, facendo un
passo verso l’essere, ma subito esso si voltò e
cominciò a battere le ali di
pipistrello violentemente, arruffando persino le piume e gracchiando
con forza.
“E
adesso che accidenti vuole
quel pollo?” sbottò la Serpeverde, fermandosi,
mentre Oliver ammetteva: “Non ne
ho idea…”
“Probabilmente,
ha capito che
vuoi sbarazzarti di lui e ti ha preso in antipatia.”
Dichiarò Gal e Delphini,
per tutta risposta, gli fece una linguaccia.
Nel
frattempo, il pennuto si
era diretto, sempre saltellando, dietro alle gambe di Athena.
“A
me sembra una creatura
davvero interessante…” commentò la
ragazzina, accarezzando la testa
dell’uccello, il quale si fece coccolare senza pensarci due
volte.
“Quel
pollastro è venuto al
mondo da soli undici minuti e si è già fatto
corrompere…” commento Delphini,
ma, proprio in quel momento, l’uccello fece una cosa strana:
le sue guance
cominciarono a gonfiarsi, come se stesse trattenendo il respiro o
nascondendo
nella bocca una gran quantità di cibo.
“Oh,
insomma… è adesso che
ha?!” sbottò Delphini ed ebbe subito risposta.
La
creatura, infatti, fece
uscire dal suo becco un’enorme vampata di fuoco, come se
fosse una sorta di
drago, mettendosi pure a saltellare da tutte le parti.
Pareva
una pompa dell’acqua
che i pompieri usavano per spegnere gli incendi imbizzarrita, con la
differenza
cruciale che stava sputando fuoco e non acqua.
“Ma
si può sapere che cavolo
di creatura è quella cosa?!” strillò
Delphini, mentre Oliver, il quale era
impegnato a sfogliare velocemente le pagine del suo libro per trovare
una
qualunque indicazione sulla creatura, incurante delle fiamme,
borbottava: “Non
trovo niente di niente… deve trattarsi di una creatura molto
rara…”
“Rara
o non rara, se non la
pianta subito, la mando in un zoo a calci!!!”
“Ehi,
porta rispetto a
Furore!”
“Furore?
Ha chiamato quella
cosa Furore?!”
“Sì,
mi ha ricordato uno dei
film preferiti di mio nonno ‘Dalla Cina con
furore’! All’inizio ero indeciso se
chiamarlo così o Rocky, da Rocky Balboa, quel wrestling reso
famoso da quella
serie di film babbana, ma alla fine ho optato per Furore. Non trovi che
sia
appropriato?”
“Beh,
di certo è venuto al
mondo con parecchio furore…”
“Se
vi può interessare, c’è
un libro di Steinbeck intitolato proprio ‘Furore’,
che io ho a casa. L’ho letto
e l’ho anche trovato molto carino, anche se un po’
tragico… ma credo che gli
scrittori ottengano maggior successo con i finali tristi, piuttosto che
con
quelli lieti…” iniziò Athena, ma,
proprio in quel momento, l’uccello si diede
una calmata e saltellò verso il suo nido, dove si mise a
dormire.
“Stupido
volatile casinista…
soltanto tu potevi beccarti una creatura del genere,
Gal…” sbottò Delphini
guardando in malo modo il povero Gal.
“Il
problema adesso è
nasconderlo…” fece Oliver, mentre Delphini
esclamava, furiosa: “Nasconderlo?!
Ma ce ne sbarazziamo subito, invece!!! Quella specie di bomba ad
orologeria è
un autentico pericolo pubblico!!! Ci porterà soltanto dei
casini, ne sono
certa! Inoltre, dato che mi sembra un po’ troppo simile a
quel deficiente del
suo proprietario, avrà l’incredibile talento di
attirare i guai come una
calamita!”
“Ehi…”
protestò leggermente
Gal, con uno sguardo offeso, ma Delphini lo ignorò in tronco.
Provò
di nuovo ad avvicinarsi
a lui, ma l’uccello reagì esattamente come prima,
come se temesse da parte sua
qualche pericolo… cosa, in fondo, assolutamente vera.
“Chissà
perché non vuole
avere a che fare con te…” commentò
Oliver, il quale, al contrario dell’amica,
non aveva alcun tipo di problema ad avvicinarsi a lui… anzi,
si faceva persino
tranquillamente accarezzare.
“Uccello
infernale.” Sibilò
Delphini per poi commentare: “La mia proposta è
quella di sbarazzarcene il
prima possibile, prima che quella cosa ci ammazzi tutti!”
“Ma
è appena nato… non
sopravviverebbe in natura…” protestò
con un lamento Gal, mentre l’amica
sbottava: “Io penso proprio che sarà la natura a
non sopravvivere a lui!”
“Gal
ha ragione… se sono da
soli, i cuccioli di qualunque specie, anche quelle magiche non possono
sopravvivere…”
s’intromise Oliver “Teniamolo solo per qualche
mese, ok? Almeno finché non sarà
in grado di cavarsela da solo…”
“No!”
“Andiamo,
Delphi… si
tratterebbe di un’opera buona…”
tentò Gal, ma venne subito zittito dalla
Serpeverde: “Me ne infischio delle opere buone…
soprattutto se coinvolgono la
mia sicurezza personale!!!”
“Ti
ricordi quando eravamo
sul tetto, l’anno scorso?”
“Tsk…
è stato
indimenticabile.”
“Beh,
io stavo per cadere e
tu mi hai preso…”
“Se
avessi saputo che avresti
allevato un piromane con le penne, ti avrei lasciato cadere!”
“Immagino…
ma tu hai anche
detto un’altra cosa, abbastanza
interessante…”
“E
sarebbe?”
“Hai
detto di non volere un
altro morto sulla coscienza…”
“E
quindi?”
“Quindi,
se lascerai libero
il mio povero piccolo Furore, morirà… e non
è quello che vuoi, vero? Un morto
sulla coscienza!”
Delphini
rimase in silenzio
un attimo, per poi sibilare: “Carogna.”
“Significa
che…?” iniziò Gal,
per poi venire interrotto dalla Serpeverde:
“…Significa che puoi tenerti quella
brutta bestiaccia, ma a due condizioni: primo, che appena è
abbastanza grande
per campare da sé, lo metti in libertà. Secondo:
tienila lontana da me!!!”
“Grazie,
grazie… ti giuro che
non te ne pentirai, Delphi!”
“Tsk…
me ne sono già
pentita.”
“Glielo
hai sul serio
permesso?” domandò Asmodeus, strisciando accanto
alla sua padrona nel buio e
gelido sotterraneo, mentre Delphini ringhiava, al ricordo di quella
discussione: “Ha usato argomenti convincenti… e
poi, ha promesso che se ne
sarebbe sbarazzato alla prima occasione!”
“Sai,
ultimamente ho notato
una cosa interessante…”
“Cioè?”
“Sembri
più… rilassata e
aperta, rispetto a quando ci siamo conosciuti…”
“Che
diavolo intendi dire?”
“Beh,
prima eri sempre scontrosa,
lunatica, solitaria… sembravi sempre in lotta contro il
mondo e l’unica
compagnia che accettavi era la mia… ma, dopo
quell’avventura con quei quattro
hai cominciato ad apprezzare la loro presenza…”
“E’
ancora troppo presto per
dire ‘apprezzare’… diciamo solo che ho
‘accettato’ la loro presenza… non sono
così
male… a parte quel cretino di Gal…”
“Io,
invece, dico che ti sei
affezionata anche a lui…”
“Sì…
aspetto il suo arrivo
come l’eruzione di un vulcano! Non dire cavolate,
Asmodeus… se mi dessero un
falco per tutte le volte che mi ha fatto esasperare, sarei
più ricca di Harry
Potter!”
“Sai,
voi umani siete così
interessanti… non cambiate la pelle come noi serpenti, ma in
compenso, cambiate
carattere… e molto più spesso, rispetto a
noi.”
“Ti
do in pasto ai
Basilischi.”
Per
tutta risposta, il
serpente continuò a strisciare, come se la cosa non lo
preoccupasse minimamente,
forse perché il tono usato per l’ultima
affermazione era tutto tranne che
minaccioso…
Finalmente,
i due giunsero
nella grotta segreta dei basilischi e sentirono qualcosa di grosso
strisciare
verso di loro.
“Chi
è?” domandò la ragazzina
e una voce che solo lei sentiva maschile, rispose: “Sono io,
Kraken.”
“Ah,
ciao, Kraken…” fece
Delphini distrattamente e, proprio in quel momento comparve un
gigantesco
rettile con un pennacchio rosso sul capo, come una sorta di corona
scarlatta,
mentre dietro di lui, appariva un altro, leggermente più
piccolo e senza
pennacchio.
“Oh,
ci sei anche tu,
Scintilla.” Esclamò la ragazzina, per poi notare
uno strano comportamento nelle
due creature: invece di avvicinarsi a lei, erano indietreggiati, come
se la sua
presenza li spaventava.
“Ma
che vi prende?” domandò,
allibita, Delphini e Kraken rispose: “Puzzi di Coccatrice,
ecco il problema!”
“Coccatrice?
Va bene che c’è
stato l’arrosto di pollo con patate stasera, ma non credo che
facci un odore
così disgustoso…” fece la Serpeverde,
ma Scintilla la bloccò: “No, è una cosa
leggermente diversa…”
“Si
tratta del nostro nemico
naturale. Una creatura che noi detestiamo con tutta l’anima,
ricambiati! Odiamo
tutto di loro… persino il loro odore ci disgusta! Basilischi
e Coccatrici sono
nemici giurati dall’alba dei tempi… e ci sono
degli stupidi umani ignoranti che
hanno il coraggio di confonderci! Il peggior insulto per un Basilico
è essere
chiamato Coccatrice!” dichiarò Kraken, con un
trasporto ed un odio tali da far
intuire a Delphini che qualunque cosa fosse quella creatura, la
detestava
parecchio.
Però,
restava la domanda più
importante: Come diamine aveva fatto a prendersi l’odore di
una Coccatrice?!
Non
aveva avuto a che fare
con quelle bestie… a meno che…
“Per
caso, le Coccatrici
sembrano enormi galline con le ali da pipistrello e una coda appuntita,
i quali
sputano per giunta fuoco come i draghi?”
“Sì,
sono proprio loro… ma
dico, come accidenti si fa a confondere un nobile ed acculturato
Basilisco con
uno di quegli stupidi tacchini?! Insomma, guardami! Ho un aspetto
così nobile,
fiero, elegante, intelligente… rappresento il modello
perfetto di un vero
Basilisco… mentre quelle… cose… sono
stupide, rozze, volgari, rumorose… delle
vere galline! C’è da perdere la testa!”
Delphini
non poté evitare di
fare una smorfia.
Quella
descrizione
corrispondeva perfettamente a Gal… di certo non doveva
meravigliarsi che, con
tutte le bestiacce del mondo magico, a Gal fosse toccata proprio quella
che
faceva più danni…
Almeno,
questo spiegava
perché quel pollo si era tanto infuriato quando si era
avvicinata…
probabilmente, aveva percepito in lei qualcosa dei Basilischi e, di
conseguenza, si era agitata, dato che erano suoi nemici
naturali…
“Un’ultima
cosa… sapete
quanto sono state reputate pericolose le Coccatrici?”
domandò Delphini e
Scintilla, dopo aver riflettuto un attimo, rispose: “Beh,
prima che il Maestro
ci sigillasse tutti quanti, disse che uno studioso di creature magiche
aveva
dichiarato che erano pericolose quanto noi, soprattutto nel periodo
della prima
infanzia…”
“Che
gran bella notizia…”
sibilò Delphini, con un’espressione che sembrava
si fosse inghiottita un limone
intero, mentre Kraken aggiungeva: “Comunque, grazie al cielo,
sono molto rare…
quegli stupidi pennuti amavano ficcarsi nelle situazioni pericolose e
ci
lasciavano tutte le volte le penne! Già quando
c’era il Maestro erano in via
d’estinzione… di sicuro, adesso sono tutte
estinte!”
“Purtroppo
no…”
“Beh,
comunque, se avrai a
che fare con una di quelle bestiacce, tieni bene a mente una
cosa…”
“E
cioè?”
“Non
farti beccare da lei.”
Delphini
alzò un
sopracciglio, sorpresa.
Tra
tutti gli avvertimenti
che poteva ricevere quello era in assoluto il più strano!
Va
bene che essere beccati da
un uccello faceva male, ma non era di certo una roba
pericolosa… o almeno così
credeva…
“E
perché?” domandò e Kraken
rispose: “Perché il becco è la parte
più pericolosa della Coccatrice.”
“E’
più pericoloso del suo
lanciafiamme incorporato, della coda col pungiglione da vespa e di quei
suoi
artigliacci?”
“Esatto.
Con quelli può
cavartela in un modo o nell’altro, ma se ti becca…
sei finito. Dico sul serio.
Nostra madre ce lo diceva sempre.”
“E…
diceva anche che cosa fa
il becco di preciso?”
“A
dir la verità no…” ammise
Kraken e, a quel punto, Scintilla s’intromise:
“Però, io, una volta, ho sentito
nostra madre parlare col Maestro delle Coccatrici… ricordo
che in
quell’occasione disse una frase molto strana e che mi rimase
impressa…”
“Ossia?”
“Disse
che il potere del
becco di una Coccatrice era l’unica cosa che noi Basilischi
potevamo avere in
comune con lei e quelle della sua razza… e questo
perché assomigliava in
maniera impressionante all’effetto che i nostri occhi
facevano sulle persone.”