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Autore: Beverly Rose    01/09/2009    3 recensioni
Kagome guardò i resti della camicetta, abbandonata sul tappeto, contrariata. Voleva fare la stilista “da grande” e tutti i suoi amici lo sapevano e la incoraggiavano sempre con entusiasmo. C’era da dire, però, che quando la ragazza annunciava di aver appena disegnato un nuovo modello e di essere alla ricerca di qualcuno sul quale cucire il vestito, tutti si dileguavano. L’ unico che rimaneva era il suo ragazzo, Inuyasha, che da un anno e mezzo -la durata della loro relazione- si prestava a farle da manichino, non senza lamentarsi il più possibile. ... Donate una recensione ad una povera Bev alle prime armi. Pigiate il bottoncino giusto.XD
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Hola! Sono tornata a tempo di record. Si sa, il capitolo era già scritto e io aspettavo, piena di speranza che mia sorella lo leggesse, ma visto che ormai è indietro di parecchi capitoli e che dalle recensioni ricevute sembravate tutte pronte ad organizzare la mia esecuzione in luogo pubblico, ho pensato che sarebbe stato carino almeno aggiornare in fretta.






Freddo. C’era freddo in quella stanza. Sopra di lei, il peso di Onigumo era opprimente. Più cercava di non pensarci, più ci pensava.
Tentò di distrarsi fissando il soffitto, concentrandosi sul fruscio dei loro vestiti.
Le mani del suo capo sbottonarono insofferenti qualche suo bottone e trovarono la strada per la sua pelle scivolando sotto la sua camicia.
Kagome si morse il labbro.
Come si poteva distrarsi quando ci si trovava in una simile situazione?
Disperata, cominciò a contare:

1 2 3
Kagome, mi senti?
4 5 6
Che stai facendo?
7 8 9
Senti quello che dico?
10 11 12
Perché sei stesa a terra?
13 14 15
Chi è quello?
16 18 15
Ho perso il conto.
Kagome spalancò gli occhi traendo un respiro affrettato. L’aria le precipitò nei polmoni con forza eccessiva, stordendola per un attimo.
Cercò di riprendere a contare ma i numeri le venivano in mente solo in disordine. Le mani gelide di Naraku sui suoi fianchi le ghiacciarono i cervello.

16 17 19
Kagome, chi è quello?
20 35 98
Non senti acido nella gola?
110 23 1200
Non senti la nausea che ti attanaglia lo stomaco?
38 94 1
Non lo sopporto
3 7
Non lo sopporto!
5
Non lo …
62
NON

-NO!

Le costò parecchio urlare: la gola le si era seccata talmente tanto che a far uscire la voce le parve che le si lacerasse.
Afferrò con violenza i capelli di Onigumo che si era fermato per guardarla con disappunto e tirò con energia, torcendogli la testa all’indietro.

- Ah!- si lamentò questi; tolse le mani da sotto la camicetta della ragazza per portarseli alla testa e lei ne approfittò per sgusciare via da sotto il suo corpo trafficando affannosamente con i propri bottoni.

Si affannò per uscire velocemente dal labirinto di manichini, il respiro affannoso, una mano stretta al petto dolorante.
I passi di Naraku dietro di lei erano assai lenti e tranquilli.
Afferrò la borsa che giaceva ancora sulla scrivania e si arrischiò a lanciare un’occhiata alle proprie spalle: l’uomo dai capelli neri se ne stava in piedi poco lontano dalla finestra, le mani affondate con disinvoltura nelle tasche.

- Cambiato idea?- si informò con ostentato menefreghismo.

La sua voce era sempre suonata viscida ma da quando era così nauseante?
Kagome mosse un passo indietro ma non potè trattenersi: si chinò in avanti e vomitò sul pavimento lucido dell’ufficio di Yura.
Le ondate di disgusto che provava verso il suo datore di lavoro si confondevano con quelle che rivolgeva a sé stessa.

“Dio, cosa stavo per fare? Cosa stavo per … Fare?”

- Bah, sono io ad aver cambiato idea, chissà che alito avrai ora- disse l’uomo sprezzante.

“La volpe e l’uva” pensò Kagome incoerentemente, ancora piegata in due.

Quando si accorse che Onigumo stava camminando nella sua direzione si costrinse a rimettersi dritta.

- Manderò qualcuno a pulire- concesse questi aggirando la pozza di vomito; raggiunse con deliberata lentezza la porta dello studio senza degnare le ragazza di uno sguardo e, subito prima di uscire, parlò un’ultima volta, dandole la schiena:

- Non disturbarti a tornare.

Rimasta sola, Kagome si concesse di piegarsi un due di nuovo e premersi le mani sullo stomaco, dubbiosa, ma quello non si ribellò di nuovo.
Quando alzò il viso fece scorrere lo sguardo su quella prigione colorata che aveva avuto il coraggio di chiamare ufficio: appesi proprio lì c’erano gli abiti che aveva confezionato per la rivista di Naraku, il suo datore di lavoro. Ma ora non aveva un datore di lavoro, non più.
Era disoccupata.
No, veramente era una studentessa con manie di grandezza, finalmente di nuovo.
Non potè trattenere un singhiozzo liberatorio, ma solo uno, quando a testa alta guadagnò l’uscita di quel dannato posto.

***

Inuyasha si stropicciò gli occhi ancora mezzo addormentato.
Chi era il grande genio che gli mandava messaggi all’una e mezza di notte?
Era a casa , quindi di sicuro non poteva essere il Grande Fratello.
Scrutò lo schermo con l’unico occhio aperto e lesse la singola parola che Kagome gli aveva inviato:

“Vieni?”

Digitò un “Dove?” mentre cercava di scrollarsi il sonno di dosso.

Dieci minuti dopo era vestito di tutto punto e pronto a compiere una fuga dalla finestra della propria camera e recarsi al luogo che la sua stramba ragazza gli aveva indicato, la loro scuola, niente di meno.
In effetti quando quella sera l’aveva vista le era sembrata quasi malata e prossima ad uno svenimento clamoroso ma se doveva dirgli qualcosa non poteva farlo allora?
Saltò dritto oltre il davanzale e spiccò la corsa verso il luogo dell’appuntamento, constatando con sollievo che Kagome non l’aveva preso il giro e che l’aspettava proprio lì, davanti al cancello chiuso della loro scuola

- Gli stilisti hanno inclinazioni nottambule?- sbadigliò avvicinandosi.

- Non sono una stilista- fu la risposta.

Inuyasha tacque semplicemente mentre Kagome lo prendeva per mano ed indicava con l’altra l’edificio scolastico.

- Qui ci siamo conosciuti.

- Me lo ricordo, sai?

- Vieni.

I due ragazzi camminarono per mano lungo le vie illuminate di Tokyo.
Tokyo non si fermava mai, ricordò Kagome a sé stessa, ma lei poteva fermarsi se voleva. Si beò del calore della mano di Inuyasha contro la sua e della consistenza della sua pelle. La sua mano vi aderiva alla perfezione, come se fosse stata creata esclusivamente per essere stretta da quella dell’altro.

- E’ tutto molto figo, Kagome - tentò il mezzo demone - ma ti spiacerebbe spiegarmi cosa stiamo facendo?

- Te lo sto spiegando!- fu l’esasperante risposta. Inuyasha alzò gli occhi al cielo.

Si fermarono davanti ad una costruzione dalle luci spente.

- Qui mi hai offerto il gelato- ricordò Kagome.

- Lo so- concesse Inuyasha prima di essere trascinato via per l’ennesima volta.

Raggiunsero in fine una panchina di legno: in quell’ultimo anno e mezzo era stata coperta di scritte di vandali che si credevano artisti.

- E poi ci siamo seduti qui!- esclamò la ragazza prendendo posto.

- Tu volevi disegnarmi un vestito- fece il mezzo demone: cominciava a prenderci gusto.

- Ci siamo baciati per la prima volta.

- Sì, beh, la prima di una lunga serie.

Inuyasha sedette al fianco della sua ragazza e le circondò la vita col braccio; Kagome gli appoggiò la testa sulla spalla e chiuse gli occhi. Il momento della verità era giunto.

- Naraku mi ha detto che per far pubblicare la mia collezione sarei dovuta andare a letto con lui.

Prevedibilmente, l’urlo del mezzo demone rimbombò nella via come l’esplosione di una bomba.

- Calmati, ti prego! Calmati!- implorò Kagome, stringendosi al suo braccio.

Inuyasha era balzato in piedi, zanne e artigli sguainati, pronto a correre nell’ufficio di Naraku (ignorando il fatto che a quell’ora l’avrebbe trovato vuoto) e porre fine alla sua squallida vita; ma con Kagome arpionata al braccio avrebbe rischiato di sbatacchiarla dolorosamente nella corsa e farle del male.

- Io lo faccio secco! Lo ammazzo! Quel dannato, io lo faccio fuori!

- Ti prego, Inuyasha!

- E quando te l’avrebbe chiesto?

Silenzio.

- Ehm. Praticamente il primo giorno che lavoravo per lui- confessò Kagome.

- E tu me lo dici adesso?- sbraitò Inuyasha, infuriandosi anche con lei - tre maledette settimane e tu me lo dici adesso? Sei scema?

Kagome si era ripromessa di non piangere ma qualche lacrima le sfuggì per quando cercasse di trattenerle. Spinse il suo ragazzo perché tornasse a sedersi sulla panchina e prese posto a cavalcioni sulle sua gambe.

- Orgoglio e presunzione- riuscì a mormorare sfregandosi le guancie - è per quello che non te l’ho detto. Volevo che pubblicasse la mia collezione.

- Che vuol dire?- sbottò il ragazzo - che sei andata …?

- No! - Kagome urlò e nuove lacrime sostituirono quelle appena asciugate. Da quanto aveva un disperato bisogno di piangere che si era costretta ad ignorare?
Inuyasha si calmò leggermente e le cinse possessivamente i fianchi con le mani.

- Non ci tornerò mai più.

- Già, col cavolo che ci torni.

Kagome appoggiò la fronte sulla spalla del suo ragazzo e quando lo sentì abbracciarla avvertì sollevarsi dal petto un peso che non si era nemmeno accorta di avere.
Ma non era ancora finita. Un’ultima bomba doveva essere lanciata.

- Ci è mancato poco. Oggi. Stavo per andarci.

Invece di liberarla, le braccia la strinsero di più.

- Ma poi sono andata via- concluse velocemente.

- Ah. Maledetta.

Kagome si costrinse ad alzare la testa e guardarlo in faccia. Due occhi d’ambra accigliati in un cipiglio arrabbiato le restituirono lo sguardo.

- Te lo detto perché tu ti meriti la verità.

- Davvero?

- Sì. Perché sei il mio ragazzo e io ti amo.

- Sul serio?

- Sì.

- Anche quando stavi per farlo con il tuo capo, eh?

- Prima mi sono fermata per te, poi per me.

Silenzio.
Ancora silenzio.

- Quindi, vedi, anche a distanza tu riesci ad essere la cosa migliore per me.

Di nuovo silenzio.
Nuove lacrime premettero per uscire dagli occhi castani di Kagome e scesero prepotenti lungo le sue guance pallide; prima che potesse strofinarle via con le maniche, le mani di Inuyasha salirono ad asciugarle.

- Bah- sbuffò.

Non servì a molto: la ragazza a quel punto ruppe in singhiozzi e si chinò di nuovo sul mezzo demone, premendo il viso contro il suo petto, bagnandogli la maglietta e rovinandosi il trucco che aveva pensato bene di mettersi.

- E’ stato orribile, Inuyasha. Orribile.

Finalmente un pianto come si deve. Dio, se si sentiva meglio. Non avrebbe più visto Naraku né avrebbe dovuto sopportare i suoi ricatti meschini; non avrebbe più dovuto rinunciare ai pomeriggi con gli amici per fare un lavoro che neppure voleva per un dubbio risultato. Yura non le avrebbe più toccato i capelli a tradimento; Yura, quell’impiastro, quel lavoro era suo e non c’era più nessuno che minacciava di soffiarglielo.
Niente più Kagome la sarta, niente più Kagome la ragazzina con il tallieur.
Quello dove era ora era il posto che le apparteneva, lì tra le braccia le suo ragazzo, il mezzo demone Inuyasha, quello dallo strano colore di occhi e capelli e dalle assurde orecchie da cane.
Pianse gli ultimi residui di rabbia e sconforto e disgusto e ansia contro la maglietta di Inuyasha, lasciandola umida.

- Allora?- domandò questi quando anche gli ultimi singhiozzi si furono calmati.

- Allora ti amo- disse Kagome.

- Speriamo.

La ragazza lo guardò in faccia, mortificata, dicendosi che certo avrebbe dovuto aspettarsi una reazione di questo tipo.

- Sei arrabbiato?

- Certo che lo sono!

L’arraffò senza tanti complimenti per le braccia e la trasse in piedi, alzandosi con lei.

- E’ bello sapere che ti fidi di me! Se me l’avesse detto ora quel dannato sarebbe già all’ospedale e ora invece mi tocca aspettare domani per pestarlo!

Kagome l’osservò con tanto d’occhi prima di recuperare la voce.

- Non puoi picchiarlo! Ti denunceranno!

- Mah. Vedremo.

E di nuovo cadde il silenzio.

- E comunque ti amo anch’io, razza di scema- disse Inuyasha.

Kagome alzò lo sguardo, sconvolta. La stanchezza accumulata in quelle settimane parve caderle sulle spalle tutta in una volta ma non ci fece caso.

- Fammi un altro tiro del genere e te la faccio pagare- concluse lui, lasciandosi cadere nuovamente sulla panchina.
Kagome sedette vicino a lui e il silenzio fu confortevole e benaccetto stavolta, mentre si stringevano le mani e si guardavano negli occhi, parlandosi così, anche senza le parole, chi chiedendo perdono, chi perdonando.
Inuyasha ripensò al loro primo bacio, su quella panchina e alle schegge di matita che erano incastrate nei denti di Kagome, prima di chinarsi su di lei e baciarla di nuovo, l'ultimo (per ora) bacio di una lunga serie.

- Kagome?- chiamò alla fine.

- Sì?
- Ma dovevi dirmelo alle una e mezza di notte?

Ops. Ci aveva messo un po’ ad accumulare il coraggio necessario per affrontare il suo ragazzo, eh? Ma una volta trovato aveva temuto che sarebbe venuto meno presto e così aveva ignorato l’ora e l’aveva chiamato.
Fa nulla, pensò, limitandosi ad annuire, temendo di ricevere insulti per quella risposta. Forse non era una stilista, ma comunque una vena artistica la possedeva comunque.
E si sa, gli artisti sono strani, rifletté.
E, dopo aver pianto potè, ridere.
Fine 11° capitolo







Ecco qua. Non mi è piace molto se devo essere sincera, l'ultima parte, poi, mi sembra la sagra del prolisso.
Però, dai, mi capita di non essere una santa a volte però neppure io riuscirei a combinare disastri tipo Kagome con Naraku per motivi equivoci.
Grazie a chi ha recensito, spero che ora leverete la mia foto dal centro del bersaglio delle freccette!
x_Mokona
makiolina
GoddessAradia
Alla prossima!^^
Beverly Rose





 


  
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