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Autore: My Pride    01/09/2021    0 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Just for one night Titolo: Just for one night
Autore: My Pride
Fandom: Batman Beyond
Tipologia: One-shot [ 2209 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne (Al Ghul), Jonathan Samuel Kent

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Malinconico

Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort
Solo i fiori sanno: 19. Giglio: purezza, nobiltà d’animo.
Writeptember: 2. Malattia || 3. Prime piogge


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Lo scrosciare dell'acqua nelle grondaie era incessante, e quelle prime piogge autunnali gli facevano rimpiangere il caldo clima del deserto.
    Stretto nel suo trench nero, con qualche gocciolina intrappolata nei capelli e il capo chino a fissare il marciapiede, Damian se ne stava seduto sui gradini che davano all'appartamento dietro di sé, aspettando che il proprietario dell'abitazione tornasse. Non sarebbe dovuto andare a Gotham, lo sapeva. Non avrebbe dovuto prendere per buona la proposta di suo padre e sperare che, in qualche modo, le cose tra loro cambiassero davvero, che avrebbe avuto una visione più ampia delle cose e che avrebbe capito il suo punto di vista, accettando qualche suggerimento invece di dargli addosso come aveva fatto esattamente anni addietro.
    Imprecò, passandosi una mano fra i capelli bagnati. Era stato un idiota. E si sentiva ancora tale per aver permesso a quel vecchio sentimento di insinuarsi nel suo cuore e dargli un pizzico di speranza per il futuro, un futuro che avrebbe reso migliore il mondo, non soltanto Gotham. I suoi uomini gli avrebbero detto che era patetico, che non meritava di guidare la Lega, e sarebbe stato anche propenso a credere a tutti loro e ad accettare il destino che avrebbero avuto in serbo per lui, stavolta.
    «Damian? Che ci fai qui fuori?»
    La voce di Jon fu così improvvisa che quasi sussultò, dandosi mentalmente dell'idiota per l'ennesima volta. Come poteva essere il capo di un esercito, se si faceva sorprendere in quel modo sotto la pioggia? Deglutì impercettibilmente, seppur sicuro che l'altro l'avesse sentito comunque con i suoi super sensi, prima di alzare lo sguardo e incontrare gli occhi azzurri e confusi del suo migliore amico.
    «Ti stavo aspettando», replicò Damian come se ciò spiegasse tutto, ma Jon fece scorrere lo sguardo sulla sua figura inzuppata da capo a piedi alla porta dell'edificio dietro di lui.
    «E non... non potevi entrare?» chiese incerto, e Damian scosse debolmente il capo.
    «...no. Mi è sembrato giusto così».
    Jon sbatté le palpebre. Era consapevole del fatto che potesse forzare la serratura della sua porta o della sua finestra in qualunque momento, quindi la cosa lo lasciava in qualche modo perplesso. Non era da Damian comportarsi in quel modo, né tantomeno ricordava di averlo mai visto così rannicchiato in se stesso, ma ci avrebbero pensato una volta dentro. «Andiamo, entra», lo invitò, salendo le scale per aiutarlo ad alzarsi da lì; fu ancora più strano il fatto che accettò la mano che gli porse, stringendola per rimettersi in piedi e incamminarsi insieme a lui dentro il palazzo.
    Salirono quelle tre rampe di scale in religioso silenzio, poiché Jon aveva come la netta sensazione che Damian non avesse ancora intenzione di parlare e lui non voleva forzarlo ad aprire bocca se non se la sentiva ancora, entrando altrettanto silenziosamente nell'appartamento quando Jon afferrò le chiavi e le girò nella toppa; c'era un po' di disordine, come una scatola di pizza sul tavolino da caffè e qualche vestito gettato sul divano - dall'armadio a destra, sporgeva persino un lembo del costume di Superman, e non gli sfuggì la breve occhiata di biasimo di Damian per quel segreto che avrebbe potuto rivelare a chiunque -, e Jon fu almeno abbastanza consapevole da mostrarsi un po' imbarazzato.

    «Scusa il disordine. Ti prendo qualcosa per asciugarti, dammi il cappotto», lo spronò, e dopo un attimo di esitazione Damian gli passò il trench, rivelando che sotto indossava l'armatura in kevlar che componeva una parte del suo vestiario da Capo della Lega. Non indossava la sua tunica verde scuro e i parabraccia dorati ma, adesso che vedeva meglio, poteva notare anche gli stivali della sua uniforme.
    Jon si astenne dal commentare e posò l'ombrello mentre si toglieva le scarpe, limitandosi a dirgli che c'erano delle pantofole nella scarpiera e che poteva fare come se si sentisse a casa sua, dirigendosi verso il bagno per abbandonare il trench nella cabina doccia; sentì Damian esitare ancora e muoversi con passi malfermi, trafficando alla ricerca delle suddette pantofole prima di incamminarsi nel suo appartamento. Il battito del suo cuore era accelerato, sembrava quasi che l'agitazione fosse la sola cosa che lo muoveva, e non capiva cosa l'avesse spinto a volare con Goliath fino a Metropolis con quel tempaccio. Per quanto Metropolis non fosse come Gotham, anche lei non era immune alle piogge incessanti che si riversavano fra le strade nei primi giorni di settembre.
    Quando tornò con un asciugamano sottobraccio e dei vestiti, Jon vide che Damian si era poggiato contro il davanzale della finestra, lo sguardo perso ad osservare le strade e la pioggia contro il vetro che creava sul suo viso l'illusione che stesse piangendo. A Jon si strinse il cuore. Non vedeva quell'espressione ferita da anni, e aveva sperato di non vederla mai più. Negli anni era andato a trovarlo spesso alla Lega, comprendendo la sua visione delle cose pur non accettandole del tutto, ma era la prima volta, da quando era diventato la Testa del Demone, che lo ospitava nel suo appartamento a Metropolis.
    «Ehi», richiamò a sua attenzione, vedendolo voltarsi verso di lui mentre si avvicinava a passo spedito. «Ti ho preso anche dei vestiti, così potrai cambiarti e levarti quella roba bagnata di dosso. Cosa direbbero i tuoi assassini se ti vedessero così?» provò a stemperare l'atmosfera, e in parte parve riuscirci, visto il breve sorriso che si dipinse sulle labbra di Damian prima di scomparire.
    «Lunga vita al Demone», rimbeccò Damian, e Jon rise nel porgergli l'asciugamano che accettò di buon grado. Cominciò dapprima a frizionarsi i capelli con attenzione, liberando le ciocche scure dalle goccioline d'acqua prima di drappeggiare l'asciugamano intorno alle spalle e portare entrambe le mani al fianco destro per togliersi l'armatura; la lasciò cadere a terra con un tonfo, finendo di asciugarsi mentre, con la coda dell'occhio, vedeva Jon affaccendarsi per alzare il riscaldamento, mettere un po' in ordine e preparare qualcosa di caldo da bere. Conoscendolo, avrebbe optato per una cioccolata calda con i marshmallow.
    Damian si stava infilando i pantaloni di una tuta quando l'odore di cioccolata cominciò a invadere quel monolocale, nascondendo un sorriso per la prevedibilità dell'amico prima di sedersi sul divano mentre indossava la felpa. Nonostante fosse cresciuto e avesse delle spalle piuttosto larghe, la felpa di Jon gli andava ancora comicamente grande. In quel momento sarebbe potuto sembrare tutto tranne la terrificante Testa del Demone.
    Scosse il capo e trattenne uno starnuto, ringraziando quando Jon, raggiungendolo, gli porse la tazza. Per un po' continuò a non dire nulla, limitandosi a sorseggiare quella bevanda e a scaldarsi anche le mani; poi sospirò.
«Sono andato a quell'incontro con mio padre e McGinnis», disse infine, e Jon si fece attento.
    «Com'è andata?»
    «È stato un fiasco. Proprio come avevo immaginato». Rigirandosi la tazza fra le mani, Damian tossì pesantemente. Gli occhi gli bruciavano, ma non era certo di conoscere il motivo. «Per quanto mi abbia detto di provare ad unire le forze, sembra che continui a non accettare la mia visione delle cose. I miei metodi potrebbero sembrare bruschi, ma è ciò che lui ha sempre fatto quando indossava il mantello. Incuteva paura nei criminali e provava a farli rigare dritti, cercare di raddrizzare le fila di un governo corrotto è praticamente la stessa cosa».
    «Qual era la tua idea?»
    «Avevo proposto di candidare alcuni uomini fidati. Gente che avrebbe potuto essere i nostri occhi e le nostre orecchie e che avrebbe potuto migliorare il mondo».
    «Beh... non mi sembra un'idea così malvagia...»
    «Mio padre non la pensa come te», replicò lapidario. Bevve un sorso di cioccolata, sentendo Jon fargli un cenno per spronare a continuare; stava ascoltando attento, deciso più che mai a capire il suo punto di vista. «Non vuole che le città siano in mano a degli ex-assassini. Gli ho detto che si sono pentiti, che avrebbero agito nel bene comune e che avrebbero amministrato le cose esattamente come chiunque altro, seppur con le competenze maggiori che la Lega aveva offerto loro negli anni. Ma lui è stato irremovibile e... mi sono arrabbiato perché, seguendo la sua logica, anch'io non meriterei una seconda occasione».
    Jon aggrottò la fronte e gli passò automaticamente un braccio intorno alle spalle per attirarlo a sé; il corpo di Damian era caldo, forse un po' troppo. «Non crederai di nuovo di non essere alla sua altezza, vero?» domandò senza tanti giri di parole, sentendo i suoi muscoli irrigidirsi maggiormente. Lo conosceva da abbastanza tempo da sapere che, a modo suo, Damian aveva una purezza che nessuno avrebbe potuto eguagliare, una nobiltà d'animo che veniva rispecchiata nelle sue azioni anche se agli occhi di molti potevano sembrare poco pratiche.
    «Sono adulto», replicò Damian come se ciò significasse tutto, allungandosi per posare la tazza giusto un momento prima che il suo corpo venisse sconquassato da un attacco di tosse; sentì Jon massaggiargli la schiena, apprezzando mentre cercava di riprendere il controllo di sé. «Ma so cosa pensa mio padre, l'ha sempre pensato». La testa gli girava, e fu automaticamente che sbatté più volte le palpebre per schiarire la visione acquosa che aveva. «Aveva smesso di cercarmi proprio perché mi ero unito alla causa di mio nonno, ma non ha mai pensato nemmeno per un momento che l'avessi fatto per poter fare del bene dall'interno. Ho avuto i miei momenti di debolezza, ho pensato che la soluzione migliore per migliorare il mondo fosse prendere ciò che volevo con la forza, ma mi sono ravveduto. Ho avuto la mia redenzione, gli ho dimostrato di poter fare del bene comandando una Lega che mio nonno aveva sempre usato solo per i suoi scopi, mi sono lasciato alle spalle il rancore e ho cercato di essere migliore, ho cercato di cambiare la mia vita e ho sperato che lui lo notasse... ma vede solo il bambino di dieci anni che ha fatto cose terribili». Trasse un lungo respiro, deglutendo. «Perché non può semplicemente accettarmi per come sono?»
    Le parole gli uscivano dalle labbra come un fiume in piena, il sangue gli pulsava nelle orecchie e le tempie gli dolevano, sentiva gli occhi sempre più brucianti mentre cercava di tenere uniti i suoi pensieri senza successo, e non era nemmeno sicuro che l'altro stesse parlando, troppo sopraffatto da ciò che lui stesso stava dicendo. Ci aveva provato davvero, aveva davvero provato ad essere diverso da Ra's, a mettere da parte tutti i piani malvagi che suo nonno aveva in serbo e a compiere nobili azioni per redimersi, aveva aiutato suo padre a combattere contro quel traditore di Zehro... e per cosa?
    «Damian...? Dami, stai bene?»
    La domanda di Jon gli giunse da un punto distante, quasi si fosse trovato sotto strati e strati di ghiaccio,; si sentì
mancare improvvisamente il fiato nei polmoni, portandosi una mano al petto per artigliare la felpa che indossava. Quei pensieri lo consumavano come una malattia, un malessere che si impossessava del suo corpo e della sua mente, poiché non era mai riuscito, nel corso degli anni, a liberarsi del tutto dei pensieri malsani che l'avevano sempre accompagnato nella sua vita. Le persone che aveva ucciso, le azioni terribili che aveva compiuto, il cosiddetto Anno di Sangue a cui era stato sottoposto da sua madre e suo nonno alla giovane età di nove anni... tutto sembrava spingere il suo corpo al limite, ancora e ancora, e lui non riusciva a risalire da quel baratro in cui era caduto, annaspando nel tentativo di tornare a respirare. Il suo mondo si ridusse improvvisamente ad un puntino nero, reclinando il capo all'indietro con le orecchie improvvisamente colme della voce di Jon.
    Non seppe quando riprese conoscenza, sollevando debolmente le palpebre per cercare di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava; la prima cosa che vide fu un soffitto, poi una figura i cui contorni si rivelarono essere proprio quelli di Jon che se ne stava seduto al suo fianco. Riconobbe il suo sorriso, il modo in cui cercava di scansargli i capelli umidi dal viso, rendendosi conto di trovarsi nel suo letto. Era morbido e confortevole, profumava di pulito ed era rinfrescante, o forse la sensazione era data dalla pezza bagnata che sentiva sulla fronte.
    Damian si umettò le labbra secche e cercò di parlare, sentendo la mano di Jon ravvivargli i capelli. Non avrebbe voluto farsi vedere così, era vergognoso, ma il suo corpo aveva ceduto alla pressione e alle ore che aveva passato sotto la pioggia, lasciandolo completamente indifeso. La sua unica consolazione era che lo fosse stato davanti all'unica persona che aveva sempre creduto in lui - a parte Grayson.

    «Solo... solo per stanotte, J», sussurrò a mezza voce, e Jon sorrise prima di chinarsi verso il suo viso per sfiorargli appena le labbra.
    «Solo per stanotte», confermò a mo' di rassicurazione mentre gli tamponava un po' la fronte sudata, concentrato sul battito cardiaco che cominciava pian piano a calmarsi mentre le palpebre si abbassavano su quegli occhi febbricitanti.
    Solo per una notte poteva dimenticare di essere il leader di una lega di assassini. Solo per una notte... poteva essere semplicemente Damian.






_Note inconcludenti dell'autrice
Allora, eccoci qui. Questa storia si colloca da qualche parte dopo il capitolo #48 di Batman Beyond, quando Bruce propone a Damian di unire le proprie forze per un mondo migliore. Ma non tutto va sempre come previsto, soprattutto quando ti chiami Damian e tuo padre è stato Batman per gran parte della sua vita
La storia partecipa inoltre all'iniziativa #writeptember
sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia, con i prompt Malattia e Prime piogge. Ogni giorno per trenta giorni, saranno rilasciati dei pacchetti contenenti quattro prompt da scegliere con un minimo di due... quindi mi sa che usciranno un mucchio di storie e io non potrei esserne più felice (era da tanto che non scrivevo, quindi ben venga l'ispirazione)
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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