Bene ma non
benissimo, sono contenta di essere riuscita ad aggiornare in tempi
umani.
Chiaramente non sarà possibile per la prossima volta. Mi
aspettano due mesi di
fuoco e non credo avrò tempo per scrivere. Sigh-Sigh.
Vi lascio un capitolo dall’apparenza
“vuoto”, giuro sembra, ma in realtà ci
sono
disseminate un paio di notizie importanti.
Solo per rompere un secondo la narrazione dei filoni July-Carter che
dovrebbero
ricominciare alternandosi dal prossimo capitolo (con
Bells-Grace-July-Carter;
ma potrebbe cambiare) e quindi per un po’ lasciamo in
stand-by il gruppo più
nutrito che ha avuto praticamente tutta la trama di fila da 24 a 28. Ma
giustamente avevo le cacciatrici in ballo e da qualche parte dovevo
metterle.
Oltre questo, vorrei che durante la lettura del capitolo, voi
ricordaste che le
cacciatrici sfigate stanno cercando tre giovani donne e che una di
queste è
stata riconosciuta in Heather (guess who saranno le altre due?).
Vorrei ringraziare chi segue/ricorda/preferisce/legge e Edoardo811 che
si
prende la briga di recensire.
Detto questa buona lettura.
RLandH
Ps_ Vi lascio un’immagine qui, di una certa scena di questo
capitolo:
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Lilith-The-Dark-Maiden-890545954
IL
CREPUSCOLO DEGLI IDOLI
Una
mela al giorno toglie il medico di torno,
ma non i problemi, anzi di quelli te né da molti (parola di
Eva, Atalanta e
Biancaneve)
Champ
II
Lauren Odalisque
era una figlia di Afrodite, qualcuno con cui usualmente Champ non aveva
molto a
che fare, ma le piaceva.
I figli della dea dell’amore erano, letteralmente, i loro
nemici naturali,
inoltre, Champ era una figlia di Efesto, il marito becco.
Però, ecco si,
Lauren era piacevole ed era anche sorprendentemente capace di chetare
il
piccolo veggente.
Solo che non aveva spiccicato molte altre parole all’infuori
delle gentilezze
rivolte al ragazzino – meglio, perché Champ non
aveva idea di come si
trattassero i dodicenni maschi.
Lauren aveva
sospirato, pesantemente, i suoi occhi erano scuri ed ombrosi, screziati
di
rosso e lucidi per un pianto che a malapena riusciva a contenere. Champ
la
capiva, una delle sue amiche era morta, o almeno così le era
parso, e l’altra
aveva deciso di unirsi alle cacciatrici.
La figlia di Afrodite aveva cercato di far ragionare Emma sul fatto che
la sua
decisione fosse stata presa troppo di getto, troppo recente dalla morte
di Joe,
che ci fosse bisogno di tempo. Che Lauren avesse bisogno di
lei.
La figlia di Ares non aveva voluto saperne niente.
Champ era tendenzialmente d’accordo con Lauren, essere
Cacciatrice di Artemide
era un impegno, per la vita – per la vita eterna.
Non poteva essere
preso così di getto, in uno stato d’animo
così … confuso.
La divina Artemide non apprezzava molto chi non era seria, poteva
capitare di
dover lasciare, di cambiare idea, ma era raro.
Aveva avuto un moto d’angoscia a pensare ad Em e Joe. Le
uniche due sorelle
reiette – se così poteva definirle – con
cui era rimasta in contatto.
Quando si diventava cacciatrice, si moriva cacciatrice.
Non era solo un giuramento, non era solo uno stile di vita, era una
promessa.
Plasmava la tua vita, il tuo corpo anche, la tua identità.
Nella sua esistenza era stata la Ashley di Beth e la Champ di Artemide.
“Comunque, Lauren, fino a che non fa il giuramento alla
Divina o a Thalia, la
tua amica può ancora tornare indietro” aveva
provato ad aggiustare la
situazione lei.
Non era brava a consolare le persone.
Aveva picchiettato con le dita il volante, aveva lasciato la sua bambina
a
Jeha e la loro nuova accolita, avrebbe recuperato tutte e tre una volta
sistemati Lauren e Marlo.
Avrebbe tato voluto non curarsi di loro, ma una parte del giuramento
che aveva
fatto ad Artemide aveva previsto che avrebbe aiutato chi ne aveva
bisogno –
figurarsi un veggente, in un clima così stretto come quello
in cui vivevano.
C’era anche da considerare che Jeha non si sarebbe portata in
una missione
mortale una sconosciuta, avrebbe dovuto riconsegnare Emma a Thalia.
In quel momento non erano neanche certe che ambedue fossero ancora
Cacciatrici,
se ci rifletteva un po’ Champ.
Formalmente Jeha era il sottotenente, ma aveva abbandonato la posizione
ed il
campo di sua scelta. Senza ordine o permesso di
Thalia. Champ aveva
seguito Jeha perché … era la sua compagna di
battaglia. Ed era la sua migliore
amica.
Tutte le cacciatrici erano sue sorelle, ma Jeha era anche sua amica.
Lauren aveva provato a sorriderle, grata, ma la curva dolce delle
labbra non
aveva raggiunto gli occhi lucidi.
Lei aveva provato a sorriderle incoraggiante, di risposta, prima di
portare di
nuovo gli occhi sulla strada. Champ se ci rifletteva bene non credeva
che
Thalia avesse il dono di revocare l’immortalità,
ma se le loro consorelle
avessero riferito la defezione ad Artemide …
“Emma non cambierà idea” aveva
dichiarato Lauren pacata, “Da quando ha dodici
anni vuole divenire una cacciatrice di Artemide” aveva
raccontato, “Siete
venute al Campo, con Apollo, Percy Jackson e … il figlio di
Ade, lo, ricordi?”
aveva chiesto poi la figlia di Afrodite.
Champ si era morsa le labbra.
“Si” aveva ponderato. Avevano da poco assunto tra
loro Bianca DiAngelo, una
ragazzina, con gli occhi ancora freschi del mondo, con un fratellino
collerico
con lei per quella scelta – e che era morta di lì
a poco, in missione – assieme
a Zoe, che per Champ era stata una guida, una sorella, una compagna.
Faceva male pensarci.
E poi avevano avuto Thalia.
Champ non aveva nulla di personale contro la loro Luogotenente, anzi
Thalia
come persona le piaceva proprio. Era dinamica, divertente, molto
intelligente –
aveva delle idee stuzzicanti in certe cacce da far impallidire Marin e
Luminosa, le loro strateghe – aveva anche ottimi gusti
musicali, la battuta
mordace, riusciva a far impazzire mamma-Chantico.
Era potente, ovviamente, quello pesava moltissimo. Una volta Champ
l’aveva
vista scagliare un fulmine come una freccia, qualcosa di magistrale, se
ci
pensava.
Solo che Thalia era … giovane.
Avevano cercato di reclutarla anni prima, quando aveva dodici anni,
perché
l’avevano visto tutte il potenziale ed era stato pienamente
soddisfatto, solo
che era una sconosciuta.
Era una potente figlia di Zeus, che avevano conosciuto prima e che
aveva accompagnato
Zoe in missione, ma era assurdo che Artemide avesse dato il ruolo di
Luogotenente a lei.
Phoebe era nelle cacciatrici da prima della guerra del Peloponneso.
Svettavano ancora le Aquile di Roma quando Cunegonda aveva giurato.
Leif Erikson non era aggiunto in America quando Hivitia era stata
accolta tra
loro.
Le più giovane di loro – prima di Bianca e Thalia
– erano state Hunter e Marin,
a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta.
Il Luogotenente era la persona in cui loro avevano più
fiducia dopo Artemide,
la persona attorno a cui raccogliersi quando avevano dubbi.
Mettere in discussione Thalia era mettere in discussione Artemide e
Champ si
fidava della sua Signora, per questo aveva inghiottito il rospo, la
loro
Luogotenente si era anche dimostrata capace, però
… aveva notato una certa
insofferenza di alcune sua compagne, in primis Jeha che era stata
investita
della carica di sottotenente da Zoe, nel milleseicento, dopo che Phoebe
aveva
svestito volentieri i panni.
Sarebbe dovuto toccare a e lei.
A svegliarla dai suoi cattivi pensieri ci aveva pensato la sua compagna
di
viaggio.
“Sì,
abbiamo fatto
Caccia alla Bandiera” si era ricordata Champ; “Per
la prima volta, abbiamo
giocato anche noi, ai miei fratelli non piace moltissimo giocarci, a me
sì,
dopo quella ho sempre partecipato. Quella è stata la mia
prima caccia, Silena
ci teneva tantissimo. Me la ricordo ancora, era abbastanza ridicola con
l’armatura che le stava grande e quel cipiglio”
Lauren aveva fatto una pausa,
sorrideva, ma la sua allegria era stata sporcata da
qualcos’altro.
Tristezza e nostalgia.
“Abbiamo vinto noi” aveva valutato la cacciatrice,
“E quei due figli di Ermes
hanno avvelenato Phoebe” aveva aggiunto senza cattiveria.
“Sì, decisamente una
cosa da Travis e Connor. Non sono cattivi, sul serio, solo che ogni
tanto …”
aveva provato la figlia di Afrodite.
“Da quella volta, ogni volta che siamo state al campo
è sempre stato solo per
battaglie e guerre. Se Leo e gli altri riusciranno a salvare il mondo,
la
prossima volta potremmo tornare per darvi la rivincita” aveva
fantasticato
Champ. “Oh! Sarebbe fantastico!” aveva esclamato
Lauren, rinnovata di nuova
gioia, dedicandole un bel sorriso pieno.
Si vedeva al cento per cento la sua natura afrodisiaca. Rispetto
a tante
sue sorelle che aveva visto sembrava un po’ più
naturale, più pudico, ma era
solo apparenza; Lauren aveva un viso dalla forma di cuore, perfetto,
una pelle
liscia come una pesca di una tonalità chiara da sembrare
nobiliare ma non
smorta, i capelli erano ordinati, dritti come spade, di color castagno,
che
Champ nel corso della sua lunga vita aveva visto solo grazie a delle
tinture,
ma in Lauren pareva naturale.
Poi, ovviamente, Champ aveva fatto un giuramento ed un voto,
niente più
amore – o sesso – né con gli uomini,
né con le donne, ma doveva ammettere che
il viso dolce di Lauren figlia di Afrodite sembrava fatto a posta per
tendere
un’imboscata.
“Be, sì, dicevo, Emma voleva unirsi a voi
già da quel momento, ma si era presa
questa gigantesca cotta per Joe, che era arrivata al campo proprio
qualche mese
prima” aveva ripreso Lauren, ancora una volta la gioia nella
sua voce si era
affievolita.
“Eravate molto amiche” quella di Champ non era
stata una domanda.
“Con Emma? Sì! Quando avevo dodici anni avevo
questa cotta pazzesca per suo
fratello Mark, così stavo sempre in intorno alla casa di
Ares e siamo diventate
amiche. Con Joe è stato, be … a Emma piaceva
tantissimo … quindi cercavamo ogni
scusa per farla uscire con noi, poi mia sorella ha cominciato ad uscire
con
Beckendorf, che era il fratello di Joe …” aveva
fatto una pausa.
Champ sapeva chi fosse Beckendorf … Charles Beckendorf, era
un mezzosangue
figlio di Efesto, come lei, un suo fratello, morto eroicamente.
E Joe era sua sorella.
Lauren si era asciugata di ogni allegrezza ancora una volta.
Joe era morta. Beckendorf era morto. La fidanzata di Charles, che era
la
sorella di Lauren, era morta.
“A volte mi dispiace essermi persa il campo
…” aveva dichiarato Champ, incerta
delle sue stesse parole.
“Carter voleva portarmi al Campo” aveva dichiarato
Marlo, attirando la loro
attenzione, era stato fino a quel momento accomodato sui sedili
posteriori
della macchina, silenzioso come un gatto.
Champ aveva deglutito, non aveva ben capito che dinamica aveva avuto
quel
piccolo veggente ed il fratellastro che lo aveva abbandonato a Lauren,
per
andare a salvare un altro membro della famiglia dispersa.
La cacciatrice aveva realizzato di non aver mai avuto un rapporto
stretto con i
suoi fratellastri, per alcuni aveva provato empatia nel corso dei
secoli, ma
era diventata un’accolita di Artemide ancora prima di
riuscire a comprendere
per bene chi o cosa fosse, in quel momento pensava di ricordare
solamente di
Leo Valdez, l’amico del fratello di Thalia, che era un
peperino, un po’ molesto
ed aveva il Fuoco come lei, Charles Beckendorf
l’eroe e Jake Mason, il
corrente capo-casa che dopo la battaglia di Manhattan le aveva regalato
una
moka super tecnologica per il caffè, con la scusa che
Charles aveva voluto lasciare
qualcosa ad ogni suo fratello – e i suoi fratellastri avevano
incluso anche lei.
Sebbene fosse un’estranea.
Le guance bianche di Lauren si erano tinte di un rosso pallido,
“Ci andrai, ci
andremo” aveva dichiarato la figlia di Afrodite poi, chinando
gli occhi
nocciola verso Marlo, “Non appena la minaccia Gea
sarà sistemata. Il campo è un
luogo sicuro, arrivarci un po’ meno” aveva detto
evasiva Lauren.
Il campo era teoricamente un posto sicuro.
Ma avrebbe retto ai Romani? Ai Giganti? E madre Gea?
“Ci andrai,
conoscerai i tuoi fratellastri. La casa di Apollo è un posto
molto allegro, ti
troverai bene. Will ti insegnerà tutto sulle arti mediche,
Austin a cantare e
suonare, Kayla con l’arco. C’è anche
Rupert che è bravo quasi quanto lo era Miche…
che è bravissimo con le maledizioni. Una volta hanno fatto
parlare mia sorella
Drew a rime incatenate per due settimane – anche se
è meglio non farla
arrabbiate.
Oh, e ovviamente,
anche, Heather … lei,
sa tirare di spada molto bene ed è la migliore nelle
arrampicate” aveva detto
subito Lauren, “Poi il campo è davvero un bel
posto. Si educano i futuri eroi
sì, ma è anche divertente. Si fanno un sacco di
attività piacevoli, un po’
pericolose ogni tanto, ma interessanti. La mia preferita è
sicuramente la corsa
con l’auriga – anche se giocare contro i figli di
Efesto può essere letale.
Pensa che una volta … Joe, sì Joe …
aveva progettato questa lancia rotante che
spuntava ogni volta che ti avvicinavi a meno di un metro e mezzo, per
incastrarsi nelle ruote e prendere fuoco. Ho avuto bruciature e
vesciche sui
piedi per due settimane” aveva raccontato divertita.
Si stava sforzando di apparire più che mai allegra per non
turbare l’umore del
ragazzino.
“Oh, perché noi hai visto me” aveva
ghignato Champ tenendole il gioco, “Anche
se ero meglio nella giostra” aveva spiegato.
Avevano continuato con chiacchiere leggere per tenere il ragazzino di
buon
umore e distratto.
Champ sorrideva nel vederlo, non credeva di aver mai veduto prima di
allora un
ragazzino di dodici anni che lo sembrasse per davvero, tra i
mezzosangue, come
i mortali odierni.
Anche ai tempi di Champ a dodici anni i bambini venivano trattati come
uomini,
quasi, pensava con tristezza al piccolo Re tanto atteso, che era
costato tanto
dolore a Beth e Mary, morto, poi troppo giovane.
Una vita misera inghiottita dalla storia, niente di più che
un nome in un
libro.
Molto di più di ciò che avrebbe avuto Alyson
Champerwne.
Sorrise a Marlo attraverso lo specchio retrovisore.
“Posso
unirmi alle
cacciatrici, invece?” l’aveva stupito il ragazzino.
Lauren aveva scosso il
capo, mentre Alyson aveva avuto un mancamento, “No, si, ecco,
noi siamo le cacciatrici,
niente maschietti” aveva dichiarato.
“Mai?” aveva chiesto Marlo.
“Oh, be, ci sono stati due uomini, prima che mi unissi io,
con uno non è finita
molto bene, per niente! Con l’altro meglio, però
loro sono eccezioni[1],
ecco, poi c’è quella faccenda con Phillis, ma
lì era una situazione diversa,
complicata, anche la Divina Artemide aveva i suoi dubbi – ma
poi Phillis ha
conosciuto George[2]
… e sto divagando. Comunque, sì, è
successo, ma, deve essere la Signora a
deciderlo ed è difficile” aveva dichiarato.
Scommetteva che se Percy Jackson l’avesse chiesto, la divina
Artemide avrebbe
acconsentito.
“Allora posso diventare una cacciatrice di
Artemide!” aveva dichiarato Marlo
con un sorriso trionfale.
Lauren lo aveva guardato immediatamente, “No! No! Ci sono un
sacco di
controindicazione” aveva cominciato a parlare la figlia di
Afrodite.
Se normalmente Champ sarebbe intervenuta, in tale occasione, aveva
lasciato
fare a Lauren il suo proselitismo.
Champ aveva
arrestato la macchina davanti un bel cancello di metallo dipinto
d’oro, che
univa una cancellata di ferro lucente.
Alle sue spalle, prigioniero di un quadrato, imponente, di barre,
appariva un
giardino perfettamente curato su cui appariva una villa di dimensioni
notevoli.
“Che posto è questo?” aveva chiesto
Lauren, mentre Champ scivolava fuori dalla
macchina.
Sul cancello, svettava un nome, scritto in lettere latine.
C I B E L E.
“Il posto sicuro più vicino. Avrei preferito
andare ad Indianopolis[3]
… ma dovremmo accontentarci” aveva dichiarato
Champ.
Lauren l’aveva seguita con titubanza. Marlo era saltato
giù dal sedile
posteriore con più enfasi, ma la sua impressione cristallina
si era imbrunita
l’attimo dopo, come se un cattivo pensiero le si fosse
annodato nella testa.
“Tutto bene, passerotto?” aveva chiesto subito
Lauren, “Ci sono … cose oscure
lì dentro” aveva stabilito Marlo con voce greve
che mal si abbinava al suo
aspetto così spensierato, “Può darsi,
la Grande Madre Idea è una dea buona, ma
ogni tanto si diletta in artefici che non sempre la gente
comprende” aveva
cercato di minimizzare Champ.
“Più oscure di Flegias” aveva dichiarato
Marlo, rivolto a Lauren.
Champ aveva guardato la figlia di Afrodite in cerca di spiegazione,
quella
aveva risposto all’occhiata con un viso cereo. “Uno
spettro semi-immateriale in
cerca di vendetta, con un remo al limite del demoniaco” aveva
riassunto la
questione.
“State tranquilli, chiunque chieda il permesso di entrare
è protetto al Cibele,
anche dagli altri ospiti” aveva dichiarato Champ, prima di
appropinquarsi al
cancello.
“Se non viene concesso il permesso?” aveva
domandato Lauren; “Non credo sia mai
successo” aveva risposto con leggerezza Champ,
“L’importante è che non si provi
ad entrare di straforo” aveva chiarito.
Una delle poche regole di Madre Idea.
Marlo aveva guardato il cancello della C.I.B.E.L.E. come se fosse stato
di
fuoco rovente e alle sue spalle si fosse aperto il tartaro nei suoi
pertugi più
bui.
Dopo aver suonato,
ci erano voluti una buona manciata di minuti, che avevano speso con
Lauren
cercare di apparire quanto più materna possibile, cercando
di calmare un
tremolio fastidioso che si era andato a creare nel piccolo veggente.
Poi, era comparso un ragazzo vestito da pinguino, che riconobbe subito
in
Attis, con la mascella affilata, il naso dritto come una freccia e i
capelli
neri come l’inchiostro di seppia. Sacerdote della dea Cibele.
A Champ non piacevano gli uomini, né come donna,
né come cacciatrice. Per tutta
la vita, prima di seguire la Signora, le era stato insegnato a temerli[4],
però Attis le piaceva parecchio.
Le sembrava inoffensivo.
Forse perché era il servo devoto di una dea primordiale
potentissima o … forse
perché era pronto per entrare nel coro delle voci bianche.
“Lady Alyson, come è possibile che pur non
invecchiando diventi sempre più
brutta?” aveva chiesto sfacciato il sacerdote.
Lauren era sembrata oltraggiata.
“Passo la mia vita a prendere botte in faccia da mostri, tu
che scusa hai?”
aveva chiesto di rimando, mentre l’altro apriva il cancello,
il momento dopo
con una sonora risata Champ era stata accolta dalle braccia
dell’uomo in un
abbraccio veloce e non troppo invasivo, per quanto caloroso.
“Chi sono i tuoi amici?” aveva chiesto subito,
notando gli altri due.
“Loro sono Lauren e Marlo, sono due semidei in cerca di
rifugio” aveva dichiarato
subito Champ.
Marlo continuava a guardare la casa alle loro spalle con occhi
sgranati, Lauren
aveva sollevato una mano in un saluto timido.
“Oh, benvenuti al C.I.B.E.L.E.! Questo luogo è un
rifugio per ogni anima persa”
aveva dichiarato Attis.
Marlo era rimasto in silenzio, “La sigla oltre che riferirsi
ad una delle molte
forme della Grande Madre sta per Centro Incon-” ma il vociare
di Attis era
stato inghiottito dalla voce squillante del piccolo mezzosangue, che
aveva esordito:
“C’è qualcosa di oscuro lì
dentro!”
Attis aveva assottigliato lo sguardo, irritato di essere stato
interrotto, ma
poi aveva sorriso tranquillo; “Sì” aveva
confermato a Marlo, “Ci sono diverse
entità oscure, dentro, ma nessuna di esse ti
infastidirà. Le regole del
C.I.B.E.L.E. sono ferree” aveva dichiarato con
tranquillità il sacerdote,
aprendo poi la cancellata, “Comunque, Alyson cara, entra con
la macchina se non
vuoi che la rimorchino. Questo è un passo
carrabile” aveva aggiunto.
“Ma che
è successo
qui?” era stata la genuina domanda che era sorta in Champ,
quando aveva
osservato che la hall del C.I.B.E.L.E. di solito animata dagli ospiti
che
andavano e veniva, con allegrezza sul viso e risate vivace, era animato
da
facce lugubre e riadattato come un campo medico.
“Oh, nulla di così eclatante, abbiamo avuto un
alterco con la Signora Gea … In
realtà prima con il Regno di Sciro, ma poi abbiamo fatto
causa comune contro
Gea” aveva dichiarato Attis, accompagnando il gesto con un
movimento della
mano, come se fosse una piccolezza.
Champ aveva preso un respiro profondo.
Grande Madre Idea era una delle dee più antiche che avesse
abitato quel mondo,
esisteva imperitura da millenni, non era antica come Gea, no, ma era
vecchia,
ed era potente, non credeva che la dea della terra avrebbe stuzzicato
una
nemica così forte così presto.
Prima ancora di essersi sbarazzata dei nemici che riteneva inferiori.
Un barbaro stava scappando piuttosto adirato dalle cure invadenti di
una
driade, nonostante avesse un viso tumefatto ed una camminata
claudicante.
“Oh!” aveva esclamato solamente Lauren, con le
labbra schiuse in un ovale
perfetto, mentre stringeva le dita attorno alle spalle di Marlo, quasi
timorosa
di perderlo in quel caos.
Un ragazzo era
corso verso di loro, aveva tra le mani una cesta piena di saponette,
sali da
bagno e asciugami. “Ei Attis!” lo sconosciuto aveva
chiamato a gran voce il
loro accompagnatore.
Champ aveva osservato il ragazzo, anche lui sembrava sfoggiare i resti
dello
scontro, in ammaccature violacee sul viso e gonfiore, aveva una mano
bendata,
però rispetto ad altra gente pareva stare piuttosto bene.
Doveva essere sulla
ventina, con i capelli biondo-castano, gli occhi nocciola ed efelidi
castane a
tormentare una pelle scottata dal sole.
La cacciatrice non era mai stata un’estimatrice di bellezze
maschile, né prima
della caccia né dopo – cosa che era assolutamente
proibita – però doveva
riconoscere una genuina bellezza.
“Oh, signor Phoenix, possiamo rimandare a dopo? Starei
scortando nuovi ospiti!”
aveva dichiarato Attis calmo, “Ci metto un secondo! Stiamo
partendo,
praticamente Bernie ha già le chiavi nel cruscotto. Posso
prendere queste cose,
si? Non prevedo molte dolce da qui ad Atlantic City!” non si
era dato per vinto
il ragazzo, senza arretrare di un passo.
Era un guerriero. Aveva spalle ampie, bicipiti imponenti e
l’abitudine a non
retrocedere mai. Dopo anni Champ aveva imparato a riconoscerli, i
guerrieri.
“Si, certo!” lo aveva congedato Attis alla svelta,
circumnavigandolo.
Il Signor Phoenix aveva chinato il capo, come segno di rispetto quando
loro
erano passate, con un sorriso bello felice per la piccola vittoria
ottenuta.
Lauren lo aveva osservato con un certo interesse, anche il signor
Phoenix aveva
fatto una pausa per gustarsi con lo sguardo la figlia di Afrodite. “Pensavo che le
figlie di Afrodite fossero più
audaci nel flirtare?” l’aveva richiamata
bonariamente Champ. La figlia di
Afrodite era avvampata di un rosso balaustium. “Pensavo che le
Cacciatrici di Artemide,
abborrissero la parola flirtare?” le aveva risposto, sempre
in tono bonario Lauren,
“Non quando dobbiamo ridere di qualcuno” le aveva
risposto.
“Dopo la
battaglia, qui la situazione è molto caotica,
c’è chi, arriva, chi va!” aveva
dichiarato Attis, nonostante stesse parlando di una battaglia, il suo
tono era
abbastanza leggero.
Voleva dire poche perdite.
Voleva dire vittoria – o di rimando sarebbe stati
già tutto morti. “Chi ha
mandato Gea contro di voi?” aveva chiesto titubante Champ,
“Oh, Troilo, quel
povero ragazzo, e Niobe, te la ricordi, si?” aveva chiesto
Attis, aveva un
sorriso strano sulla faccia, uno sfacciato e provocante.
Champ aveva fatto schioccare le labbra, “Non mi dice
niente” aveva mentito.
“I suoi figli sono stati uccisi da Artemide ed
Apollo” era intervenuta Lauren,
con voce spenta, mentre seguivano Attis lungo la scala padronale, al
centro
dell’androne, verso i piani superiori.
Il sacerdote gli
aveva guidati lungo un corridoio, un altro e così via, ad un
certo punto il
vociare concitato delle persone era stato sostituito da suoni sempre
più radi,
fino a ritrovarsi a camminare in un corridoio piuttosto silenzioso.
Attis aveva aperto le due ante di una porta bianca, offrendo la visione
di un
salottino, su cui un latto spiccava una finestra ottagonale che dava su
una
terrazza.
Se non avesse fatto così freddo, sarebbe probabilmente stata
aperta per
prendere il sole.
Champ aveva cominciato a studiare gli ospiti che vi erano, non
tantissimi, alla
ricerca della luminosa Dea.
Lauren però l’aveva stupita.
“Jake!” aveva dichiarato quella, superandola, Champ
l’aveva vista sfilare verso
delle ottomane imbottite, con una decorazione pacchiana a fiori, dove
un ghoul
… un ghoul?
Stava giocando con
dei fili con una ragazza molto incinta.
“Jacob Evandor?” aveva riprovato la figlia di
Afrodite.
Il ghoul – Champ era diventata brava a riconoscerli
– aveva sollevato lo
sguardo, aggrottando le sopracciglia scure. “Laura?”
aveva chiesto
confuso.
“Lauren” lo aveva corretto la semidea,
“Lauren Odalisque”.
Jake si era sollevato, pieno di disagio.
“Oh vi conoscete?” aveva chiesto subito Attis,
raggiungendo i tre. La ragazza
incinta era rimasta seduta, con il viso tondo, pieno di confusione e
curiosità.
Era giovanissima.
Champ aveva imitato il sacerdote e Marlo aveva seguito lei.
“Sì, non ci vedevamo da un paio
d’anni” aveva riportato Lauren, grattandosi
dietro l’orecchio, con un certo disagio addosso, come se
improvvisamente avesse
ricordato una cosa fastidiosa.
Ah, non si aspettava Lauren avere conoscenza con i mostri.
“Ehm, sì” aveva concesso Jake, anche lui
pregno di disagio, “Da quando, da dopo
la storia con la folgore” aveva provato il ghoul, cotto di
imbarazzo.
Oh, da quando il famigerato Luke Castellan aveva rubato la Folgore di
Zeus?
Erano passati … quasi cinque anni!
Cosa c’entrava Lauren con un Ghoul?
Lauren non si era trattenuta da una smorfia, “Ti trovo diverso”
aveva
valutato cercando di recuperare la compostezza, Champ aveva letto un
tentativo
di gentilezza nella voce.
Quello aveva riso forzatamente, “Be, sì, i
piacevoli inconvenienti di essere
morti e risorti” aveva dichiarato quello.
Lauren aveva battuto le palpebre, colta in castagne,
“Immagino che prima non fosse
un ghoul” era intervenuta Champ, un po’ sulla
difensiva.
“Oh, ma non c’è da preoccuparsi, qui,
Jakie è un nostro ospite e non tenterà di
mangiare nessuno dei presenti” aveva sottolineato Attis.
“Oh, sì è un mostro molto
gentile” aveva dichiarato la ragazza incinta, aveva
ancora i fili intrecciati alle dita.
Lauren aveva sul viso un’espressione sconvolta,
“Come? Quando?” aveva chiesto
confusa.
L’altro si era grattato il capo, tra i capelli scuri,
“Come molti a Manhattan”
aveva dichiarato, “Il come non saprei. Nel senso sono morto
combattendo contro
Malcom Pace o era Jake Mason? Non riesco a ricordarmelo! Sul
perché sono un
ghoul … ah, bo, a quanto pare non c’era interesse
ad acquisire la mia anima nel
dominio dei morti. Non chiedere, non ho idea di che voglia
dire” aveva risposto
spigliato quello.
Lauren continuava ad essere sconvolta.
“Visto che Jake Mason è mio fratello e so per
certo da che parte sta, direi che
questo mi dice da che parte eri tu” era intervenuta Champ con
un tono rude.
Il ghoul aveva fatto un passo indietro. Lauren doveva averlo ricordato,
probabilmente presa dalla gioia di vedere un vecchio amico, doveva aver
dimenticato il tradimento.
“Tieni le frecce nella federa, Lady Alyson”
l’aveva bonariamente richiamata
Attis.
Lauren aveva guardato il mostro, confusa e turbata, dalla sua storia,
dalla
scioltezza in cui l’aveva racconta e chi sa che altro, aveva
boccheggiato un
paio di volte ma poi era riuscita a dire qualcosa.
“Ho incontrato Carter Gale” aveva dichiarato.
Jake era rimasto confuso da quell’annuncio, ci aveva messo un
momento ad
elaborarlo, “Davvero?” aveva chiesto sconvolto.
Molto sconvolto.
“Pari parecchio stupito? Sì, l’America
è grande, ma sai come è … ci si
ritrova
sempre” aveva valutato proprio Lauren.
“Sì, ma c’è una purga
specifica contro i figli di Apollo, non so bene perché,
ma visto che Carter è uno di quelli che sta sempre da solo,
non solo come
figlio di Apollo, ma in generale. Un sacco di figurine pittoresche
hanno
valutato di occuparsi di lui e, ecco, avevo sentito che Flegias e Tizio
lo
stavano cercando” aveva detto pieno di imbarazzo il mostro.
Lauren aveva ridacchiato, “Ohh! E ci hanno trovato, ma ce ne
siamo sbarazzati”
aveva trillato soddisfatta.
Jake aveva sorriso, era raccapricciante ma sembrava rincuorato.
Il quadretto era stato interrotto da Marlo, si era rivolto alla ragazza
incinta, ma lo aveva fatto a voce alta, così anche non
volendo erano stati
tutti catturati da quelle frasi.
“Non farlo abbeverare dalla fonte di Mnemosine
o … potrebbe abbattersi
una catastrofe su di noi!” aveva dichiarato il ragazzo, con
una mano aveva
sfiorato il ventre della giovane donna.
“Non so di cosa stai parlando” aveva detto quella
confusa e spaventata, “Che
succede al mio bambino? Qualche catastrofe?” aveva chiesto.
“Interessante!” era
stato il commento di Attis, “Ci hai portato un
veggente!” aveva squittito, poi
si era accorto dello stato di iperventilazione in cui era scesa la
ragazza
incinta.
Jake si era seduto accanto a lei, mettendole le mani sulle spalle ed
invitandola a respirare piane, con calma, che andava tutto bene.
“Sky, cara, il tuo bambino sta bene! Non ti preoccupare. Hai
sentito il
veggente, tieni il bambino lontano da fonti d’acqua magiche
ed andrà tutto
bene, poi con calma ti spiego tutto” aveva detto Attis con
tranquillità, poi
aveva aggiunto: “Inoltre … il giovane Freyason ti
sta cercando, sotto, voleva
salutarti prima della grande partenza” era intervenuto subito
Attis, facendole
l’occhiolino. Sky era diventata rossa come un pomodoro sul
viso, ma sembrava
essersi calmata.
“Si” aveva sussurrato Champ al suo vecchio amico,
“Ti ho portato l’ultimo
veggente libero” aveva dichiarato, cercando di dare un tono.
Attis le aveva sorriso con la stessa malizia di un gatto sornione,
“Ultimo è
una parola piuttosto definitiva, ma apprezzo il pensiero. Immaginavo
che la
tua, qui, non fosse una visita per compagnia, o per il nostro rinomato
buffet o
la lezione di Yoga Acrobatico delle quattro” aveva valutato
il sacerdote.
“Per quella mi fermo, sempre, lo sai” aveva
ghignato Champ, che non voleva
farsi cogliere nell’incertezza e dare soddisfazione ad un
uomo, mai. “Lo so,
Artemide ci ha fatto anche un’ottima recensione su Divinyelp[5]!”
aveva dichiarato soddisfatto Attis, “Anche se ricordo sempre,
noi non siamo
un’attività commerciale, siamo un
rifugio” la seconda parte l’aveva detto
guardando Lauren, con un tono da vero P.R., di rimando la figlia di
Afrodite
era del tutto concentrata sul ragazzino e sulla donna di nome Sky.
Dopo la scoperta
di Attis dell’esistenza di Marlo il veggente, erano stati
finalmente ricevuti
dalla Signora della Villa.
Champ provava sempre un senso di estraniazione e confusione, quando
vedeva
Grande Madre Idea.
Il suo viso era sempre bianco come il piombo e i capelli erano
d’oro infuocato,
era Beth, nello splendore del suo regno. La sua regina d’oro.
Ma aveva il cipiglio sicuro e forte di sua zia Kate Ashley, ma aveva
quel
portamento vigoroso e gli occhi intriganti della Regina Anne[6]
– una delle matrigne di Beth che Alyson aveva amato di
più.
Gli occhi però erano dello stesso colore rame della Signora
della Natura.
Era sempre uno spettacolo Grande Madre Idea.
Lauren era stato del suo stesso avviso, aveva schiuso le labbra,
“Sile-Mam…
professoressa Ulrich?” aveva boccheggiato alla fine.
“Nessuna delle tre, temo, ma è un piacere essere
scambiata per la divina
Artemide – spero non si arrabbi per questo” aveva
canticchiato la dea. Champ
aveva spiegato per sommi capi come funzionasse l’aspetto
della dea, come
mutasse agli occhi di ogni persona.
“Come sapeva chi era mia madre?” aveva chiesto
Lauren, “Oh, ragazzina, perché
sei sinceramente la ragazza più bella in tutta la
villa” aveva dichiarato la
dea senza indugio.
Marlo, in mezzo a loro non aveva fatto un fiato. Grande Madre Idea
aveva
sorriso verso di lui, “E tu cosa vedi?” aveva
chiesto la dea al ragazzino,
Quello aveva inclinato il capo, come un cane, “Niente. La sua
faccia, signora
dea, è levigata come la pietra” aveva dichiarato,
“Riconosco un po’ di naso, come
nelle statue corrose dal tempo … e la sua pelle è
di un colore str…” ma era
stato interrotto dalla stessa Grande Madre Idea.
“Oh grande Giove! Che occhio!” aveva dichiarato
quella, “Sì, ebbene sì, in
realtà non ho una faccia, così che tutti possano
vedere quella che da loro …
be, l’idea di una madre” aveva
dichiarato. “Ma io sono la Grande Madre
non posso essere una grande madre, ma devo esserle tutte[7]”
aveva aggiunto teatrale.
“Direi che ha senso” aveva dichiarato Lauren.
Grande Madre Idea aveva sorriso, “Non sono più una
giovinetta, eh no, ho i miei
millenni alle spalle, però devo dire che conto sulle dita
delle mani tutte le
creature che mi hanno saputo guardare in faccia” aveva
rivelato.
Champ aveva sospirato, “Questo spiega perché sono
qui. Marlo è un veggente, uno
fortemente dotato, lo ho trovato alla Fontana da Manto e Ermafrodito,
Lauren –
la figlia di Afrodite aveva alzato una mano – voleva portarlo
al campo,
sicuramente un posto sicuro, ma di questi tempi …”
aveva fatto cadere la frase
lì.
“Di questi tempi non è così sicuro.
Eroi scompaiono, serpeggia il caso,
eserciti si avvicinano e arrabbiatissime signore che fanno sentire
anche me una
scolaretta si ridestano, lo so” le era andato incontro Grande
Madre Idea.
“Quindi, sì, sono venuta qui in cerca di asilo per
Marlo, l’ultimo veggente
libero” aveva ripetuto Champ.
“Come potrei dire di no ad un faccino così
carino?” aveva replicato la dea
millenaria.
Champ non era stupita da quella reazione, ma giudicando
l’espressione che aveva
dipinto sul viso Lauren la sua compagna molto di più.
“Tu invece sei una nuova adepta delle cacciatrici?”
aveva chiesto Grande Madre
Idea.
“Oh no, io, ecco, pensavo di tornare al campo. Se ci
sarà una grande battaglia vorrò
essere lì” aveva confidato Lauren,
bruciante di fierezza, aveva, comunque,
guardato amareggiata Marlo, non entusiasta dell’idea di
lasciarlo lì, il
ragazzino le aveva sorriso, una piccola bozza, voleva incoraggiarla lui.
“Oh, be, da qui al campo, la strada è lunga e
pericolosa. Resta al C.I.B.E.L.E.
a breve avrò una delegazione da mandare al campo, devo
consegnare un gingillo a
Chirone, così viaggerai più sicura” le
aveva detto la Grande Madre,
accarezzandole il viso.
“Davvero?” aveva chiesto confusa lei, ma Champ
poteva vedere la gioia
serpeggiare in lei.
“Ma sì, è solo questione di capire cosa
voglia fare la nostra giovane Sky. Le
ho detto che può rimanere qui tutto il tempo che vuole, ma
l’idea del Campo Mezzosangue
la ha fatta splendere molto” aveva valutato la dea.
… parlava della ragazza incinta, sì.
Marlo aveva attirato l’attenzione della Dea, con molta
gentilezza, era
sicuramente il ragazzino più educato del mondo, certo anche
a Champ continuava
a disorientare il suo aspetto così bambinesco.
“Perché c’è così
tanta oscurità qui?” aveva domandato il ragazzino.
Sembrava ossessionato
da quello, chi sa se i suoi poteri di preconoscenza gli stavano dicendo
qualcosa.
Grande Madre Idea aveva inclinato la testa, facendo oscillare i capelli
ramati,
“Vediamo … credo perché ci sia la dea
Lilith nel settore caldaie, la chiamano
la Vergine Oscura per una ragione” aveva dichiarato quella
poi.
La notizia aveva impattato Champ come un’onda
d’acqua gelida in pieno viso.
“Lilith? Quella Lilith? La dea Babilonese Lilith?”
aveva chiesto la cacciatrice
con un certo mordente.
La sua … Anne?
“Oh, direi che è più la sua
versione cristiana, ma sì, direi che è
lei”
aveva commentato la Grande Madre Idea.
Una serie di emozioni avevano scombussolato Champ, davvero difficili da
comprendere o metabolizzare. Aveva sentito le mani di Lauren sul suo
corpo,
sorreggerla, evidentemente vittima di un mancamento.
La Grande Madre Idea aveva osservato la scena, assottigliando lo
sguardo, “Vuoi
parlarle?” aveva chiesto, titubante.
Voleva?
No e sì.
Aveva annuito, piena di incertezza.
Lauren timorosa
aveva preso la parola, “Grande Madre Idea, io … so
che Chirone ha un telefono
nella Casa Grande ed i messaggi di Iris non funzionano più;
perciò, mi chiedevo
se potessi raggiungere il campo, io ho … delle notizie da
dare” aveva detto
lugubre la figlia di Afrodite.
La dea maggiore aveva annuito, “Oh, sì. I messaggi
hanno perso tutti i loro
veicoli. Nessuno sa che fine abbia fatto il dio del silenzio, la dea
della fama
è stata fatta a pezzi, Ermes è trincerato
nell’Olimpo e Iris si è ritirata a
vita private – pessimo momento per farlo. Si comunica solo
con i sogni, ma come
potete capire sono pericolosi e terribilmente trafficati”
aveva spiegato la
dea.
“Comunque ho il numero di quello stallone in rubrica,
ovviamente” aveva
aggiunto sfacciata grande Madre Idea, dando una sonora pacca sulla
spalla di
Lauren, che era arrossita come una prugna.
Mentre un servo accompagnava la semidea nell’ufficio dove
sarebbe stato il
telefono, il piccolo profeta si era avvicinato alla sua amica ed aveva
sussurrato qualcosa nell’orecchio della figlia di Afrodite.
Lauren si era sollevata, sul viso si era ritratto
un’espressione piuttosto …
confusa. Aveva gettato un sorriso incerto verso Champ e poi le aveva
dato le
spalle.
Quando Marlo era tornato da lei, la cacciatrice aveva chiesto cosa
avesse detto
all’altra.
Il ragazzino aveva sollevato le spalle, “Potrei anche dirlo,
ma non so il
senso” aveva ammesso poi quello, “Da quando ho
fatto quel sogno, prima dello
scontro con Flegias non riesco … non riesco più a
controllarmi” aveva
dichiarato.
Grande Madre Idea aveva scompigliato i suoi capelli biondi, in un gesto
materno, “Oh, probabilmente perché raccogli il tuo
potere da tuo padre, ma
nelle attuali condizioni del Dio e dell’Oracolo di Delphi,
immagino sia tutto
molto … guasto. Adesso, io e te, andiamo da Josh
nell’Adyton della casa. Credo
tu abbia solo bisogno di ammaestrare il tuo dono, non esistono infondo
solo
profezie o sogni divinatori; ne esistono di altri mezzi, pensa che gli
etruschi
prevedevano il futuro anche solo con il volo degli uccelli”
lo aveva
rincuorato.
A condure Champ
nei sotterranei ci aveva pensato la leonina Atalanta, compagnia che
Champ apprezzava
moltissimo. Un tempo era stata una cacciatrice, ma poi si era sposata
ed era
diventata una serva della Grande Madre, o almeno questa era la versione
breve
che Zoe e Phoebe le avevano dato. Però restava ancora una
valida amica e godeva
ancora delle grazie di Artemide, in qualche maniera.
“Ti trovo bene!” aveva detto Champ, incerta,
Atalanta aveva un grosso cerotto
che copriva la guancia destra, ma a parte il piccolo quadrato
appiccicoso sul
viso, sembrava uscita da una SPA che reduce da una battaglia.
“Praticamente è stata una scaramuccia per me. Sono
entrata ardente di avere un
avversario degno, ma non sono riuscita ad incrociarmi con nessuno di
particolarmente dotato, mostri di quart’ordine e germani
indisciplinati.
Perfino Lilith l’avevano legata come un salame quando sono
arrivata” aveva
detto piena di rancore l’altra guerriera.
“Chi è stato?” aveva chiesto.
Champ aveva un ricordo di Lilith come qualcosa di piccolo e sottile,
non una
dea prorompente, ma pur sempre una dea.
“Una strana combo” aveva risposto Atalanta,
“Un sacerdote egizio, seguace di
Sekhmet, un guerriero cartaginese figlio di Ma e uno spaurito greco
figlio di
Persefone” aveva fatto una pausa, “E
Josh” lo aveva aggiunto con un tono
piuttosto confuso.
“Sembri stupita” aveva valutato Champ, “Quei
tre sono bestie, ma il
nostro Josh è una persona così tranquilla,
è un figlio di Ebe; sta studiando
per diventare Mediatore Linguistico” aveva risposto Atalanta
netta.
Oh, be.
“In realtà credo abbiano contrastato Lilith con un
po’ del potere dell’Aten”
aveva aggiunto la guerriera al servizio della Grande Madre,
corrucciando il
viso olivastro.
Atalanta era slanciata, non era bella nel significato classico del
termine,
però aveva quest’aspetto fiero che le dava
un’aurea di ruggente perfezione.
Aveva i capelli gonfi e ricci, come sarebbe stato d’uopo
sulla criniera di un
leone.
Aten? Dove Champ aveva sentito quel nome.
Non riusciva a ricordarlo.
“Senti, Jeha ha detto qualcosa” aveva ricordato,
non centrava con il discorso,
“Sull’Aten?” aveva indagato Atalanta,
“Cosa ne sa l’Arpia?” aveva domandato.
L’Arpia era un vecchio soprannome che avevano dato a Jeha nei
primi tempi in
cui aveva militato con le cacciatrici, non voleva più essere
Jehanne La
Pulzella di Orleans ed aveva abbracciato quel soprannome senza
esitazione.
Quel soprannome le era stato dato per via del suo carattere non sempre
semplice
e per alcuni suoi poteri[8].
“No, no. Scusa su un’altra cosa, volevo chiederlo
alla Grande Madre, ma lo ho
dimenticato, ma sui Romani. Ha detto che sono tornati” aveva
valutato Champ.
Atalanta l’aveva guardata con serietà,
“Strano, non credevo se ne fossero mai
andati” aveva ammesso.
Era lo stesso pensiero che aveva animato Champ[9].
Quelle considerazioni erano state soppresse dall’ingresso
nello scantinato.
Lo scantinato della villa era
di dimensioni
notevoli: da un lato sbeccavano una serie di lavatrici e lavasciuga in
fila,
per tutti gli ospiti, da un altro c’erano degli attrezzi,
sedie e cose d’ogni
genere accatastate, che davano l’idea più di un
vecchio scantinato impolverato.
Poi, c’era
un
divano, di pelle bordeaux, sulla quale era seduta a braccia conserte
una donna
ed espressione rigida, non era Lilith, però. “Lei
è sua altezza Deidamia, non
le parlare, al momento è molto suscettibile” le
aveva consigliato Atalanta.
La donna aveva guardato con quei suoi occhi scuri e perforanti verso di
loro,
se avesse avuto gli stessi potere di Champ, era certa che entrambe
sarebbero
andate a fuoco.
Atalanta l’aveva spinta oltre, avevano attraversato la
cantina, fino ad una
porta di ferro, che aveva portato nel locale delle caldaie.
L’ambiente se possibile si era fatto ancora più
sinistro. Scuro, bollente,
rumoroso e con l’unica compagnia di una luce sfarfallante.
La dea Lilith troneggiava nell’oscurità, era stesa
su una rete di sottili fili
d’oro, in vero ne era prigioniera, ma la sua posa molle e
rilassata dava l’idea
che fosse del tutto a suo agio, come una acrobata di tessuti aerei che
una
prigioniera.
Lilith era Lilith. Esattamente come l’ultima volta che Champ
l’aveva vista.
Nel corso dei secoli si erano incontrate molte volte, alcune volte le
sue
consorelle ne erano state consapevoli (avevano tutte loro un rapporto
complicato con la Vergine Oscura, Lilith era passione, erotismo ma era
anche
una donna fiera, impiegabile e orgogliosa – il lato oscuro di
Artemide, diceva
sempre Luminosa) e altre in cui non lo erano.
Champ e Lilith erano legate da un filo.
“Oh,
Atalanta! Mi
hai portato altre visite? Quelle due simpaticone se ne sono andate? Oh,
ma per
l’infamia di Adamo: Lady Alyson!” c’era
quasi calore nella voce della dea,
Lilith aveva labbra carnose e lingua di serpe. “Ciao
Anne”, aveva
miagolato Champ, incerta, sentendosi anche sciocca. “Ciao?
Così saluti la tua
regina?” l’aveva presa in giro la dea.
Champ aveva chinato il capo, “Non sei la mia regina da un bel
po’, ansi, credo
tu non la sia mai stata” aveva dichiarato, indicandosi il
collo.
Lilith aveva riso di gusto, prima di spostarsi, per avvicinare il viso
a Champ,
al sicuro, dietro la rete d’oro, “Io
sarò sempre la tua Regina, perché sarò
sempre La Regina” le aveva detto.
“Beth è stata la mia unica regina” aveva
dichiarato con orgoglio Champ.
Non lo erano state Jane, la Regina Anne, Mary e le due Kathrine, solo
Beth.
“Uhm … non Artemide? La piccola principessina di
Zeus potrebbe restarci male,
ma immagino che sia abituata a vederti correre dietro a Jeha. Dove la
hai
lasciata, a proposito?” aveva infierito Lilith.
“Dove hai lasciato tu la tua amica Eris?” era stata
la risposta di Champ.
Lilith aveva riso con una certa cattiveria, aveva sollevato le braccia
ed aveva
intrecciato le mani nei capelli per scuoterseli e farli scivolare di
nuovo
sulla schiena, in un movimento fluido e seducente.
“Eris conduce i suoi giochi, io le do una mano quando mi
annoio. Sai no,
differentemente da lei, io posso agire direttamente. Sai, ho finto di
essere
un’arpia per entrare qui dentro, stavo proprio pensando alla
nostra Jeha” aveva
scherzato Lilith.
Aveva un sorriso da squalo, la pelle chiara della luna e occhi oro
brillante.
“La nostra orgogliosissima Jeha” aveva ghignato
Lilith ancora.
“Voi avete finito di beffarvi di lei” aveva
dichiarato con rude Champ. “E tu
invece, hai finito di beffarti di lei?” aveva chiesto la dea.
Champ era rimasta attonita.
“Non so di cosa stai parlando, Anne”
aveva detto sdegnosa.
“Com’è che quella rigida stronzetta di
Artemide non ti ha ancora cacciato dalle
sue virtuose vergini?” aveva indagato.
“Smettila! Io sono pura!” era stata la risposta
asettica di Champ, “Certo,
magari nel corpo, ma non nello spirito. Lo sento traboccare da qui il
tuo
desiderio” le aveva risposto la dea, “Dopo secoli
… lei vive nel tuo cuore,
come nel mio” aveva dichiarato Lilith, toccandosi il seno
sinistro.
Oh! Beth era stata la figlia di Henry, orgogliosa e potente, ma era
stata anche
l’eredità di Lilith … oh, Anne
Boleyn come fingeva di essere[10].
“Ma è ovvio che un’altra presenza lo
schiaccia” l’aveva provocata la dea.
Champ aveva deglutito, “Cuciti la bocca” era
intervenuta Atalanta, la figlia di
Efesto si era quasi dimenticata della sua presenza lì.
“Tagliamo la testa al toro, cosa vuole Eris? Chi sono le
altre due ragazze?
Come arriviamo sulla Luna?” aveva chiesto.
“Chi ti dice che ci sia Eris, questa volta,
dietro?” aveva chiesto Lilith.
Perché solo Eris sapeva muovere la hyubris di Jeha
così bene da spingerla ad
abbandonare le cacciatrici. Champ l’aveva seguita
animata dal suo desiderio
di aiutare la sua amica, che sapeva essere animata da nobili motivi, ma
dopo le
parole del piccolo profeta le sembrava ovvio che dovesse essere
l’ennesimo tiro
mancino di Eris.
Che lo volesse o meno, Jeha era diventata la campionessa de
facto della
Signora della Discordia.
“Perché non sono scema, sono brutta come una capra
ubriaca ma non scema” aveva
replicato.
Lilith le aveva sorriso, “No, non lo sei” le aveva
concesso, “Allora lascia che
ti dia un consiglio: cedi alle tue passioni, abbandona le cacciatrici e
muori dopo
aver vissuto” le aveva dichiarato la dea.
“Un consiglio utile?” aveva chiesto.
“Conosci la storia di Ercole, Atena e la mela?”
aveva chiesto Lilith allora.
“Sì. Conosco tutte le storie su Atena”
aveva risposto Champ, perché Jeha le
aveva raccontate e su Ercole, perché lo aveva fatto Zoe.
“Allora, ascoltami bene, Jeha è la mela”
aveva dichiarato Lilith, “Solo un
altro mezzo di Eris per accrescere – un altro piccolo agente
del caos” aveva
raccontato.
“Alla fine Ercole lasciava perdere la mela” aveva
valutato Champ, Lilith le
aveva regalato un sorriso senza mistero, mentre negli occhi leggeva
tutta la
pieta che una creatura come lei poteva provare … per Champ.
Lascia perdere Jeha.
“Ma se la mela veniva stuzzicata cresceva fino al cielo ed
occupare ogni spazio
della gola” aveva ricordato la semidea. Lilith aveva
ridacchiato, amara,
“Certo. E tu vuoi essere lì? Schiacciata e
fagocitata dalla hyubris di una ragazzina
che in seicento anni non si è mai fermata a riflettere se
avesse commesso un
errore?” l’aveva stuzzicata.
“Inoltre il mio ex marito e la sua mogliettina tutta
Sì-Sì-Signore non ti hanno
insegnato che è meglio evitarle le mele[11]?”
l’aveva provocata ulteriormente Lilith, quando Champ non
aveva abboccato
all’amo, “Inoltre pensa alla guerra di Troia o
… chiedilo ad Atalanta, per un
paio di mele si è giocata un po’ il celibato e la
sua fortuna” aveva aggiunto
Lilith.
Atalanta aveva sbuffato, “Storia vecchia. Adesso sto
bene” aveva detto solamente.
“Ti sei dimenticata di citare Biancaneve, Anne” le
aveva risposto Champ, senza
pazienza.
“Una mela al giorno toglierà anche il medico di
torno, ma fa piombare la tua
vita in un’esistenza miserabile. E Jeha è proprio
una mela succosa” aveva detto
graffiante la dea oscura.
La cacciatrice aveva inghiottito la bile e la rabbia per quel commento
ed aveva
preferito dire: “E sulla Luna come ci arrivo?”;
aveva ricordato le parole del
divino Imene. Non era a loro assegnato quel dovere, ma se esisteva
qualcuno da
sfidare il fato era senza alcun dubbio una dea fuori dal loro pantheon,
fuori
dalle loro regole.
Nessun dio poteva agire direttamente, ma Lilith lo faceva con non
curanza, si
mischiava agli uomini, fingeva di essere una di loro, o altre creature,
non si
limitava a restare il tempo di sgravare qualche mezzosangue –
o demone? Contavano
anche i demoni? – ma godeva nell’influenzare gli
eventi.
Eris era la Dea della discordia e del caos.
Ma Lilith era caos.
“Ora stai chiedendo troppo senza dare nulla in
cambio” aveva replicato Lilith.
“Cosa vuoi?” aveva chiesto Champ.
“Non puoi darle nulla” era intervenuta di nuovo
Atalanta.
“Allora immagino che la nostra conversazione sia finita qui.
Mi dispiace, devo
ammetterlo, mi piaci Lady Alyson, mi sei sempre piaciuta, sicuramente
più di
Sir Robert Dudley[12]”
aveva dichiarato Lilith. “Un bello spreco di tempo, Anne”
era stato il
commento acido di Champ, o un tentativo di esserlo. Un piccolo sorriso
era
scivolato dalle sue labbra, per quell’ultimo commento e per
la schiacciante
verità, nonostante tutto il suo astio, infinito astio, una
parte di lei
rimaneva affascinata dalla mortalità di quella dea, dal suo
fascino, ed una
parte sarebbe sempre stata perdutamente grata per aver messo al mondo
Beth.
Lilith aveva riso.
“Direi proprio di sì” le aveva
riconosciuto, “Perché mentre noi chiacchieravamo
amabilmente, tu hai appena perso la tua migliore
possibilità. Singolare eh”
aveva dichiarato Lilith.
“Di che parli?” aveva chiesto Champ, preoccupata.
“Non lo senti? L’aria ora è
meno pesante, non c’è più tutta
quell’angoscia” aveva dichiarato.
C’è qualcosa di oscuro, aveva
detto Marlo.
“Non sei mai stata tu l’oscurità di cui
parlava” non aveva fatto nomi, ma Eris
aveva sorriso come se avesse capito tutto, da sorniona gatto del
Cheshire.
“Oh non so se con l’oscurità ci si
riferisse alla rifulgente figlia di Nyx o
quella morta che cammina della progenie di Apollo” aveva
detto.
Heahter Shine!
La Heather di cui aveva parlato Lauren, seguita dal suo amico Carter di
cui
avevano visto la morte.
Aveva abbandonato di fretta la caldaia, accompagnata dalle urla di
Lilith, “Io
darei o un bel morso a quella mela o me la lascerei alle spalle, Alyson!”;
con altrettanta fretta, poi, aveva abbandonato anche lo scantinato ed
era
risalita per le scale due a due, fino a che non era ritornata al pian
terreno.
“Heather Shine!” aveva strillato,
“Heather Shine!” ancora.
Una delle tre ragazze che Imeno aveva detto potessero giungere sulla
luna, era in
compagnia di una figlia di Nyx, forse era una delle altre due.
“Heather Shine!” aveva chiamato ancora.
“Oh, cercavi Heat?” aveva parlato una voce, era un
ragazzo giovane, indossava
un impermeabile rosso, una camicia imbarazzante, scuro di carnagione
con
piccoli ricci serpentini neri, “Sono partiti poco
fa” aveva dichiarato.
Reggeva sotto un braccio una lastra di pietra dall’aspetto
non molto leggero.
“Dove sono andate?” aveva chiesto subito Champ,
doveva … doveva scriverlo a
Jeha? Come? O doveva lasciar perdere?
E se fosse stato un piano di Eris avrebbero dovuto ignorarlo, Imene
aveva dato
loro una mano, voleva pur dir qualcosa.
Il ragazzo aveva aggrottato il viso, nel cercare di ricordare, poi
aveva detto:
“Uhm … mi pare da due tali … Quilly
ed El-G.; può essere?”
[1]
Champ fa
riferimento ad Orione, che nel canone Riordano è finito per
odiare le
cacciatrici e volerle uccidere (anche nel canone mitologico non finisce
benissimo, visto che muore), l’altro invece è
Ippolito, che era figlio di Teseo
e l’Amazzone Ippolita. Visto che Ippolito rifiuta il culto di
Afrodite e venera
Artemide, ho pensato che in questo canone potesse essere un cacciatore.
Comunque Afrodite fa innamorare Fedra di lui, ma Ippolito la rifiuta
(in
quest’ottica perché cacciatore) e poi Teseo lo fa
ammazzare (STORIA LUNGA, con
menzogne, inganni e tradimenti) Artemide lo fa risorgere (utilizzando
il
nipote) e Ippolito manda al diavolo padre pentito e si trasferisce in
Italia,
dove poi le mitologie si biforcano e ciao-ciao. Nella mia ottica
è stato un
cacciatore per un po’, poi ha abbandonato in favore di una
vita mortale (un
trono ed una bella moglie). Niente, faccio sta cosa alla Jay Kristoff
per non
appesantire la lettura.
[2]
Questa
potevo risparmiarmela, comunque è semplicemente frutto di
un’elucubrazione,
stavo pensando se Artemide negasse l’accesso a chi
è biologicamente maschio o
chi lo è a livello di genere riconosciuto. Phillis, in
questo caso, sarebbe un
personaggio biologicamente uomo che non si identifica in tale (donna
trans? No
binary? Genderfluid? Non è importante) che ha creato una
situazione di: Che
facciamo?
Niente alla fine ha conosciuto un tale George e non è stato
necessario
sbrogliarlo. Una nota inutile, in una parte inutile, che poteva essere
tolta
però, bho, mi aveva divertito il problema.
[3]
Quando
ho pensato questa storia, non era uscito neanche l’ultimo
della Saga degli
Eroi, da quel momento ho cercato sempre di adattare il canone riordiano
alla
mia storia senza sconvolgerla troppo (in alcuni punti è
stato necessario) però alcune
volte non ho potuto. Adesso, letto TOA, sarebbe stato per logico per
Champ
andare ad Indianapolis dove ci sono Em e Joe, così ho dovuto
comunque adattare
le cose.
[4]
Non
giudicate male Alyson, ma è nata e vissuta in
un’epoca dove le donne non
avevano molta libertà e rimanere svergognate da un uomo era
peggio di una
condanna a morte. Insomma, si, venitele in contro. Poi è
vissuta tra le
cacciatrici, quindi si, ehm, Alyson
ha i suoi limiti.
[5]
Parodia
di Yelp, che un po’ la versione in voga in America di App
come Trippadvisor,
non sono sicura, comunque ho aggiunto un Divin davanti,
perché mi sono
ricordata che Riordan usava fare un sacco di queste cosine (tipo il
GPS, la
pubblicità nel taxi di Ganimede e Apollo che citava un sacco
di programmi tv
trash olimpici).
[6]
Anne di
Cleves, nota come la cavalla delle fiandre, la mia moglie di Enrico
VIII
preferita! Era una persona così a modo che perfino
BloodyMary non aveva
inimicizie verso di lei.
[7]
Nel
mondo Riordiano anche Nemesis e Afrodite funzionavano così
(Vendetta e
Bellezza, che nella mia ottica ha senso che siano “ad
personam”) ho applicato
lo stesso principio a Fama (quando è attiva, poi nel
capitolo riassunto si vede
la sua vera faccia) e a GMI, come si era già visto (Heather,
Bernie, Jude e
Carter ne avevano dati tutti una descrizione diversa), inoltre se
provate a
googlare Grande Madre notereste che tutte le sue rappresentazioni in
realtà
sono senza faccia (mi raccomando evitate Simeoni e le sue teorie, pls,
che non
mi troveranno mai d’accordo).
[8]
Non è
“out of the blue”; nel capitolo 7, Imene si rivolge
a Jeha chiamandola proprio:
Jeha l’Arpia (e giuro capirete perché)
[9]
Spiegazione casuale: Jeha faceva riferimento al Triumvirato, Champ
invece ai
mezzosangue del campo di Giove. Atalanta potrebbe far riferimento ad
entrambi
(nb. Parlava del Triumvirato che di quei tempi si era messo a
finanziare prima
Luke poi Octavian; così da per scontato che Jeha e Champ si
riferiscano
entrambe agli Imperatori, riportando che non sono mai andati via. Champ
lo
interpreta come i ragazzi del campo). Insomma una cosa inutile.
[10]
Nel
canone Riordiano ad un certo punto Apollo ha finto di essere, per del
tempo,
Narcisso, il personal trainer di Nerone, così per un periodo
Lilith ha fatto il
medesimo gioco (anche se Lilith è un caso a parte). E
niente, non entriamo nei dettagli lol.
[11]
Allora,
Lilith a questo giro fa riferimento ad Adamo ed Eva, nonostante in
questa
storia ci si continui a riferire a Lilith come Dea Babilonese, in
questo caso è
connotata nella sua versione Giudaico-Cristiana, dove più
che una dea è un
demone ed è, ehm, libera dai vincoli di divieto di azione
diretta. Riassunto:
Lilith può fare quello che le pare. Visto che fare quello
che le pare è la
caratteristica madre della Lilith Giudaico-Cristiana.
[12]
Uno dei
favoriti della Regina Elizabeth I, nonché suo probabile
amante.