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Autore: My Pride    03/09/2021    0 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Beating hearts Titolo: Beating Hearts
Autore: My Pride
Fandom: Batman, Super Sons
Tipologia: One-shot [ 2502 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Jonathan Samuel Kent, Richard John Grayson, Damian Bruce Wayne, Bruce Thomas, Wayne, Bat-family

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Malinconico

Avvertimenti: What if?, Slash
Solo i fiori sanno: 9. Crisantemo: vita
Writeptember: 1. Ricovero || 2. Non dirlo a nessuno


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    «Jonathan».
    Jon non seppe dire se fosse stata la voce di Dick o la sensazione di quella mano sulla spalla a farlo sussultare, ma aveva sollevato il capo da quel materasso talmente in fretta che quasi sentì uno scricchiolio dietro al collo, spalancando gli occhi in uno stato di assoluta confusione nel voltarsi. Richard ricambiava il suo sguardo stanco, con le occhiaie scure a contornare i suoi occhi e il viso bianco come un cencio, mentre i rumori nella stanza cominciavano poco a poco tornare e il cuore gli si strinse di nuovo in una morsa al costante bip del macchinario a cui era attaccato Damian.
    Annaspando, si girò nuovamente verso il suo volto emaciato. I suoi splendidi occhi erano chiusi e le lunghe ciglia curve sulle guance, che apparivano ora scavate e pallide come non le aveva mai viste. E non avrebbe mai voluto vederlo in quello stato. Conosceva i rischi, sapeva che come eroi non erano esenti da pericoli di ogni sorta, che spesso e volentieri si veniva feriti e chissà cos'altro, ma quello... quello era tutt'altro paio di maniche.
    Era successo tutto così... in fretta. Non sapeva nemmeno spiegarsi come. Un minuto prima Damian era in piedi sul patio accanto a suo padre, il quale parlava alla folla e ai giornalisti ad una delle solite manifestazioni delle Wayne Enterprises, e il minuto dopo era riverso in terra in una pozza di sangue. Jon aveva sentito il rumore del calcio della pistola prima ancora che sparasse, ma quando aveva allungato la mano per afferrare il proiettile era arrivato troppo tardi. Troppo. Tardi. Poiché aveva dato per scontato che il bersaglio fosse Bruce Wayne. Nessuno avrebbe mai immaginato che avrebbero sparato a suo figlio. E vedere Damian in un letto d'ospedale, con i monitor che controllavano il battito cardiaco che Jon aveva cominciato costantemente ad ascoltare da quando era successo, gli impediva di respirare.
    Ricordava di essersi chinato in quella pozza di sangue e di aver premuto le mani sulla ferita di Damian, di averlo sentito rantolare qualche parola soffocata; ricordava solo vagamente di aver preso a pugni e gomitate qualche avvoltoio della stampa che voleva l'esclusiva di quanto accaduto, o forse era stato proprio Richard a spintonarne via chissà quanti mentre chiamava un'ambulanza come la gran parte delle persone concitate che strillavano lì attorno, poiché il tempo intorno a lui si era completamente azzerato e aveva letteralmente visto rosso. Al punto che, quando aveva seguito la scia di polvere da sparo che quell'attentatore si era lasciato dietro, non ci aveva pensato due volte ad inseguire quell'uomo e una volta raggiunto lo aveva sbattuto contro il muro, talmente forte che aveva sentito benissimo il rumore delle sue ossa che si spezzavano, con una rabbia cieca che gli ribolliva in corpo. Si era reso conto di avere gli occhi in fiamme solo quando era stato Jason - in quel momento nei panni di Red Hood, se ben ricordava - a trovarlo e strattonarlo per fargli mollare la presa, gridandogli parole che non aveva davvero sentito. Si era voltato verso di lui, lasciando andare quasi in automatico il colletto della felpa di quell'uomo che era caduto come una bambola di pezza, e si era poi guardato le mani. Sporche del sangue di quel tizio e... del sangue di Damian. Alla consapevolezza si era accasciato su se stesso, portandosi le mani al viso e singhiozzando, sentendo l'abbraccio di Jason cercare di dargli conforto. Ma Jon aveva sentito l'odore delle lacrime rigare anche il suo viso al di sotto del casco che indossava. Avevano lasciato che fosse la polizia ad occuparsi di quel criminale, e non si erano stupiti poi molto se nemmeno Gordon aveva fatto domande sulle condizioni in cui i suoi uomini l'avevano trovato.
    La corsa in ospedale dietro l'ambulanza era stata colma d'ansia, e altrettanto lo era stata l'attesa quando avevano portato Damian in sala operatoria. Per quanto avessero cercato tutti di pensare positivo, di stare tranquilli e di sperare per il meglio, nessuno di loro era stato esente dall'avere una crisi nervosa. Un turbinio di cuori pulsanti, ansiti trattenuti e singhiozzi aveva riempito quella sala d'attesa, e persino Bruce, di solito il più composto di tutti loro - perché doveva esserlo, doveva mantenere il controllo, non doveva cedere soprattutto per loro -, si era lasciato andare ad un pianto così disperato che aveva spezzato loro il cuore. Jon era sicuro di aver sentito quello del Cavaliere Oscuro frantumarsi in mille pezzi al pensiero della sorte del proprio figlio.
    Dopo ben cinque ore d'operazione, erano ancora tutti lì, in quel maledetto ospedale, con Damian in quell'altrettanto maledetto letto. I medici li avevano rassicurati che era andato tutto a buon fine, ma avevano voluto tenerlo sotto osservazione e la famiglia aveva quindi deciso di fare dei turni a rotazione pur di restargli accanto. Jon aveva anche perso l'abitudine di accendere la tv presente in camera perché, ogni volta che lo faceva, al telegiornale non mancava mai occasione che passassero la notizia su quell'attentato. Il rampollo dei Wayne, il rampollo dei Wayne, il rampollo dei Wayne. Non facevano altro che rivolgersi a Damian in quel modo, e a Jon stava cominciato a dare davvero fastidio. Nessuno pensava al dolore che stavano provando, all'ansia che attanagliava le loro viscere, cercavano solo di saperne di più come avidi avvoltoi che non vedevano l'ora di fiondarsi sulla carcassa già martoriata della famiglia Wayne. Bruce aveva dato precise disposizioni ai suoi legali di non far avvicinare la stampa, non volendo rilasciare nessuna dichiarazione. Si era comprato il dannato ospedale pur di avere privacy.
    A quei pensieri, Jon si passò nuovamente una mano tremante sul viso, cercando di controllare l’ora sull’orologio che aveva al polso. L’orologio che gli aveva regalato... no, frenò quei pensieri con lo sguardo puntato sul quadrante. Aveva gli occhi ancora lucidi, e gli costò uno sforzo immenso metterlo a fuoco e riuscire a capire dove puntassero le lancette, sospirando affranto. Il suo turno era finito. «Credo... credo di essermi addormentato. Scusa», rispose in automatico, ma Dick gli batté una mano su una spalla. Poteva sentire il suo battito frettoloso, i respiri pesanti che cercava di contenere, e l’odore salato delle lacrime nonostante avesse cercato di lavarle via dal suo viso. Richard Grayson era come un libro aperto.
    «Non scusarti», replicò nel provare a rivolgergli uno dei suoi soliti sorrisi, per quanto parve forzato. «Vai a casa, piuttosto. Fatti una doccia, riposati. Qui adesso ci penso io. Se cambia qualcosa, ti chiamo», lo rassicurò, ma, pur ricambiando debolmente il sorriso, il giovane abbassò ancora una volta lo sguardo verso il volto di Damian.
    «Ti spiace... se resto ancora un po’?»
    «Jon...»
    «Posso resistere. Poi volerò dritto a casa. No, prenderò un taxi».
    «Jon».
    «Voglio solo...»
    «Smettila». Nell’incontrare lo sguardo interrogativo del giovane kryptoniano, Dick sospirò. «Bruce me l’ha detto».
    Gli occhi di Jon si ingigantirono per la confusione. «Non so cosa...»
    «Ha detto che ti sei scusato in lacrime per non essere riuscito a proteggere Damian. Ha detto che secondo te sarebbe colpa tua», affermò Dick in tono lapidario, e Jon perse un battito. Era rimasto così sconvolto che le parole erano uscite dalle sue labbra come un fiume in piena, aveva stretto Bruce a sé e gli aveva singhiozzato delle scuse senza riuscire a fermarsi, e ricordava bene di aver sentito il cuore dell’uomo battere all’unisono col suo e le sue lacrime contro una spalla, per quanto Bruce gli avesse poggiato una mano sulla schiena e gli avesse detto che non avrebbe dovuto pensare cose del genere. «Nessuno della famiglia ha mai pensato che lo fosse, Jonny».
    Le spalle di Jon tremarono per lo sforzo di contenersi, poggiando una mano sulla sedia e chiudendola intorno ad essa. «Io... ho sentito il grilletto, la scia della pallottola... avrei dovuto...» Le dita strinsero l’imbottitura, le unghie affondarono e raggiunsero il legno, che scricchiolò sotto al suo tocco. «Avrei dovuto capire che era lui il bersaglio».
    «Non ce lo aspettavamo nemmeno noi, Jon. Non puoi prendertela con te stesso».
    «...che senso ha essere più veloce di un proiettile, se non posso nemmeno proteggere la persona che amo?» domandò nel guardare Richard con gli occhi brucianti di lacrime, e quella domanda spiazzò il maggiore dei Wayne. Poteva capire come si sentisse Jon, il peso che credeva di avere sulle proprie spalle, ma era certo che persino Damian l'avrebbe biasimato se lo avesse sentito prendersi la colpa di quanto era accaduto. Aveva visto crescere quel ragazzo e sapeva quanto fosse opprimente l'eredità del simbolo che portava, e l'aver rischiato di perdere Damian sembrava averlo destabilizzato al punto di sentirsi responsabile. Ma non poteva vederlo così.
    «Ascolta, Jonathan», cominciò Dick, avvicinandosi a lui per passarsi un braccio dietro le spalle. Jon era ancora seduto ma, alto com'era, in quel modo era quasi alla sua altezza pur superandolo di un paio di centimetri. «A Damian non piacerebbe vederti così... diavolo, a Damian non piacerebbe vedere così nessuno di noi... e si incazzerebbe se ti sentisse parlare in questo modo».
    «Ma non posso fare a meno di pensare che...»
    «Jon», lo richiamò ancora come un fratello comprensivo. «Io ti capisco. Davvero. Cristo, ho dovuto costringere persino Bruce a farsi una dormita, Tim sta blaterando da ore per non farsi prendere dall'ansia e Alfred non ha nemmeno più la forza di farlo star zitto, ci sta provando Jason, e sai che questo può tradursi in un completo disastro; anche le ragazze sono stanche, quindi, sul serio, prendi un bel respiro e non far agitare di nuovo anche me».
    Jon non disse nulla per un lungo attimo, limitandosi a ricambiare lo sguardo degli occhi azzurri di Dick. Poi trasse un sospiro. «Scusa. Hai ragione», ammise, passandosi un dito sotto l'occhio destro. «Mi comporto come se fossi il solo a...»
    «È normale. È il tuo compagno». Richard sorrise ancora, rassicurante. «So che non lo fai per egoismo. Ma hai sentito i medici, l'operazione è andata bene. Dobbiamo solo aspettare che si svegli».
    Seppur con un piccolo sforzo, anche Jon sorrise. «...grazie, Dick», replicò sincero, ricambiando quell'abbraccio in cui era stato catturato. Quel dolore al petto non era certamente scomparso, ma si era un po' alleggerito, consapevole che stessero tutti vivendo la medesima situazione e che fossero tutti preoccupati per la salute di Damian. Per quanto l'operazione fosse andata bene, sapevano che c'erano pur sempre dei rischi quando si trattava di traumi balistici di quel calibro, ma pensare negativo non avrebbe aiutato nessuno di loro.
    D'un tratto, un rumore richiamò la loro attenzione; ci fu un movimento, seguito da un gracchiante «Mi farete... morire di diabete», e al suono di quel piccolo rantolo si voltarono immediatamente entrambi, sgranando gli occhi nell'incontrare le iridi verdi di Damian attraverso le palpebre semi-aperte.
    Accadde tutto così in fretta che Damian stesso, appena risvegliatosi, faticò a capire che cosa fosse successo: le voci concitate di Dick e Jon parvero mescolarsi fra loro e le loro parole rimbombarono nelle sue orecchie, riuscendo vagamente a rendersi conto di ciò che stava accadendo intorno a sé; sentì una mano sfiorargli il viso, ma dovette mettere bene a fuoco il volto di Grayson prima ancora di notare il suo sorriso e sentire qualche parola frastagliata.
    «...un medico... chiamo Bruce... bene...» stava dicendo Richard con frasi che a lui sembravano sconnesse, e dovette sbattere debolmente le palpebre per vedere che aveva la mano sulla spalla di Jon prima di fiondarsi fuori dalla porta e lasciarli soli. Damian cercò di tenere gli occhi aperti nel sentire ancora quella spossatezza dovuta all'operazione e ai sedativi che erano stati usati, mentre il dolore al fianco cominciava a farsi sentire. Aveva provato ad aprire la bocca, sentendo la gola secca, e la mano di Jon strinse immediatamente la sua quando tentò di sollevare il braccio.
    «Oh, Dio, D...» sussurrò Jon, portandosi il dorso di quella mano alla fronte. Poteva sentirlo tremare. «Mi dispiace... mi dispiace così tanto...»
    Damian si umettò le labbra, ricambiando debolmente quella stretta. «Scusati un’altra volta e giuro... che ti prendo... a pugni», si sforzò di essere saccente e scontroso come suo solito, ma Jon si lasciò sfuggire una risata simile ad un singhiozzo. Le grosse spalle erano scosse da qualche singulto, e a Damian non sfuggì il rossore intorno ai suoi occhi e la stanchezza che gli segnava il viso.
    «Sei... sei il solito idiota», provò a scherzare Jon nel tirare su col naso, passandosi le punte dei polpastrelli sugli occhi mentre l'altro l'osservava con una vaga espressione scettica. O, almeno, per quanto concesso dal viso stanco che aveva.
    «È così che si parla ad una... persona convalescente?» Umettandosi le labbra, Damian provò a fissarlo negli occhi con estrema attenzione. «State tutti bene?» chiese, e Jon si accigliò.
    «Sono io che dovrei chiedertelo, D».
    «Ma siete voi quelli rimasti al mio capezzale».
    Con un piccolo colpo di tosse per mascherare un nuovo singhiozzo, Jon ridacchiò e annuì, perché, sì, adesso che era sveglio, poteva dire di star bene. Poi sollevò un angolo della bocca, con un luccichio negli occhi. «Chi è quello sdolcinato, adesso?»
    «Non dirlo a nessuno... ho un'immagine da mantenere», replicò Damian nel provare a dar vita ad un piccolo sorriso, e Jon ricambiò, baciandogli il dorso della mano.
    La porta si spalancò proprio in quel momento e sulla soglia si stagliò la figura di Bruce, seguita da quelle di tutta la famiglia che cercava di entrare nonostante qualche richiamo da parte dei medici; fu Bruce stesso a dir loro di aspettare, che avrebbero tutti avuto occasione di assicurarsi che Damian stesse bene, entrando per primo come una furia per avvicinarsi al letto. Jon sorrise un'ultima volta a Damian e si fece da parte, così da permettere a Bruce di prendere il suo posto accanto al proprio figlio; si sedette di peso - a tal punto che Jon quasi avvertì lo scricchiolio del legno - e lo sentì mormorare qualche parola concitata, la voce rotta da qualche singhiozzo, per quanto Damian stesse cercando in tutti i modi di tranquillizzare il padre.
    «Sto bene... sono vivo», sussurrò Damian nello stringergli la mano nella propria, così da portarla al proprio petto. E fu a quel punto che Bruce crollò del tutto. Pianse, pianse come Jon o Damian non l’avevano mai sentito piangere, il volto completamente rigato dalle lacrime che ruzzolavano sulle guance, sulle labbra, oltre il mento; Damian stesso aveva gli occhi lucidi, consapevole del sollievo che scuoteva il corpo del padre mentre singhiozzava “Sei vivo, sei vivo” in tono sconnesso.
    Jon si passò la manica del braccio destro sugli occhi, prima di portarsi una mano alla bocca e lasciarsi andare a singhiozzi liberatori mentre, ignorando quelli che parvero essere dei richiami, entrava anche il resto della famiglia che si accalcava concitata intorno al letto.
    Il mondo era tornato a respirare
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Terzo giorno del #writeptember sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia, con i prompt Ricovero e "Non dirlo a nessuno"
Diciamo che in realtà ho faticato non poso a scrivere questa storia, ma non perché fosse difficile. Semplicemente, era un argomento che mi toccava a tal punto che un pochino mi ha bloccata, quindi cercavo più di scendere a patti con me stessa e a continuare a scrivere che altro. Vedo Dick molto fraterno con tutti, col fatto poi che Clark gli abbia chiesto di fare un po' da mentore a Jon il resto è venuto da sé e quindi è uscito fuori questo piccolo confronto tra i due al capezzale di Damian. E non potevo di certo farla finire male, non ce l'avrei fatta fisicamente aha

Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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