Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Ricorda la storia  |       
Autore: Little Firestar84    03/09/2021    8 recensioni
[AU]Tredici mesi, una settimana, due giorni e una manciata di ore da quando lei era uscita dalla Hall dell’albergo dove avrebbero dovuto unirsi in matrimonio. 402 giorni. 9650 ore. 579.000 minuti. Quasi trentacinque milioni di secondi.
A tutti diceva che avevano fatto bene a lasciarsi, ma in realtà dentro si sentiva cascare il mondo addosso. A volte, era come morire.

Amici, colleghi, amanti: Ryo e Kaori sono stati tante cose, dal giorno in cui si sono incontrati. Ma dopo una lunga lontananza ed essersi spezzati il cuore a vicenda, sapranno riscoprirsi e ritrovarsi?
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hideyuki Makimura, Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ed eccoci qui! Questa mia ultima fanfiction, che spero vi terrà piacevolmente compagnia nelle prossime settimane, è un ennesimo AU...ispirato da un'idea di Kalu Saeba, lei avrebbe voluto qualcosa che seguisse la linea narrativa della fiction italiana Del Commissario Manara... ma l'ispirazione ha preso il sopravvento, e del concept della fiction è rimasto poco o nulla. Ciò che spero siano rimasti sono loro...Ryo, Kaori, Saeko, Hideyuki, Reika e tutti gli altri, tanti, tanto dell'anime quanto del manga che faranno piccole o grandi comparsate in questa storia, che si svilupperà sul piano orizzontale per ciò che riguarda la casistica (ispirata a quel gioiellino semi-sconosciuto che è The Closer) e verticale in vece sul piano emozionale dei nostri. Detto questo... avanti, marche!

EPISODIO #0: 13 MESI, UNA SETTIMANA, DUE GIORNI E UNA MANCIATA DI ORE


“Sto benissimo! Perché, non si vede che sto divinamente?!” Davanti alla preoccupazione dell’amico e collega, Ryo strinse i denti quasi fosse stato un cane feroce in preda ad un attacco di rabbia, e, ogni singolo muscolo del suo corpo teso, incrociò le braccia – una posizione che avrebbe dovuto demarcare strafottenza e noncuranza, ma che Hideyuki Makimura lesse come un disperato tentativo del suo migliore amico di  proteggere il suo animo, apparentemente ruvido, ma in realtà fragile e delicato, bisognoso di affetto, come e più di chiunque altro.  “Cristo santo Maki, non so perché devi sempre guardarmi come se fossi un caso pietoso! Sono quindici anni che mi conosci, ancora non lo hai capito che a me, la vita da scapolo, piace?”

Sospirando, Hide – Maki, come lo chiamavano Ryo e Saeko, capo nonché fidanzata ufficiosa da anni del poliziotto- si sistemò gli occhiali dalla spessa montatura nera sul naso.

Era inutile. Oramai era più di un anno che Ryo si ostinava a negare l’evidenza, ovvero che lui non stava bene, e che la rottura con la sua fidanzata- praticamente nel bel mezzo del sì- gli pesava e lo attanagliava. Se nel breve periodo in cui era stato fidanzato Ryo aveva avuto un’esistenza, se non virtuosa, almeno decente, dopo essersi lasciato il detective era tornato a fare una vita dissoluta: tante donne, una diversa ogni sera (se non più di una), tanto alcol, molto cibo spazzatura e non una sola notte passata a dormire nel suo letto: a Hide era pure capitato di dover raccattare Ryo in strada, addormentato e ubriaco fradicio alle tre, quattro, cinque del mattino… sinceramente, come facesse ad essere ancora vivo, e soprattutto ad avere ancora quel fisico prestante, Hideyuki non lo avrebbe mai capito.

Ma Ryo continuava a dire che andava tutto bene. Che stava bene. Che a lui la vita dello scapolo piaceva. Che essere sul punto di sposarsi era stata la cosa più idiota che avrebbe potuto fare. Che lei gli aveva fatto un piacere mollandolo, e che tutto sommato lei aveva avuto ragione: la vita del maritino a lungo andare gli sarebbe andata stretta, quel loro ménage a lui piaceva solo perché rappresentava una novità, alla fine avrebbero finito per farsi del male, odiarsi, inimicarsi famiglie e amici… chiuderla lì, prima che fosse troppo tardi, era stata decisamente una scelta saggia: dopotutto, non aumentavano forse tutti i giorni i divorzi?

Ecco: questa era la tiritera che Ryo ripeteva incessantemente a tutti quelli che osavano porre quella fatidica domanda .

Poi però, a casa sua, guardava altrettanto incessantemente vecchi album, da solo o senza farsi vedere, quando se ne andava a zonzo per le trafficate strade di Shinjuku, piene di vita, cercava un qualcosa di lei in tutte le donne che vedeva, che incontrava, con cui usciva senza mai combinare nulla- il suo sorriso, il suo profumo, lo stesso taglio di capelli- e soprattutto, ogni sacrosanto giorno, contava da quanti giorni non l’avesse più vista. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che avevano fatto l’amore. Da quando si erano baciati la prima o l’ultima volta.

Tredici mesi, una settimana, due giorni e una manciata di ore da quando lei era uscita dalla Hall dell’albergo dove avrebbero dovuto unirsi in matrimonio, il rito civile celebrato da un Procuratore della polizia metropolitana di Tokyo. 402 giorni. 9650 ore. 579.000 minuti. Quasi trentacinque milioni di secondi.

A tutti diceva che avevano fatto bene a lasciarsi, ma in realtà dentro si sentiva cascare il mondo addosso. A volte, era come morire.

A tutti diceva che avevano fatto bene a lasciarsi, ma in realtà lei gli mancava da morire, come fosse stata l’aria che respirava, e contava ogni secondo da quando non l’aveva più vista.

La conosceva praticamente da sempre, l’aveva amata da quando era divenuta una giovane donna, irruenta e con un carattere peperino, ma dopo la rottura non aveva nemmeno avuto il coraggio di andare a salutarla quando era partita per Chiba, nonostante lei avesse detto a tutti, lui compreso, che voleva che lei e Ryo chiudessero la cosa da amici. Che sposandosi avrebbero fatto un errore.  Che lui si era lasciato affascinare, travolgere dalla novità, ma che lei lo vedeva, Ryo aveva i suoi dubbi, e quando erano stati costretti a fermare la cerimonia, quando quel giovane agente si era accasciato, ferito da un proiettile, sul pavimento di linoleum, lei aveva detto a Ryo di averlo visto quasi sollevato- come se quella morte lo avesse esonerato dal dire apertamente cosa davvero pensava: no, non lo voglio, non posso farlo.

Lei sapeva che lui la desiderava, lo aveva capito quando, in una giornata ventosa, quando lei era ormai ragazzina,  aveva visto Ryo tentare di sbirciare sotto alla gonna della divisa scolastica dopo che il suo corpo era finalmente sbocciato.

Sapeva che teneva a lei, che le era affezionato, e che, a modo suo, le voleva bene – Ryo frequentava la sua famiglia da quando lui e Hide erano entrati all’accademia insieme, e l’aveva vista crescere, era sempre stato di casa. Ma non era certa che lui la amasse nel modo giusto- non come Hide amava Saeko. Non come i loro amici Miki e Umi si amavano. Non come si erano amati i suoi genitori.

Annullare tutto- e non limitarsi a rimandare a data di destinarsi- era la cosa migliore, così lei gli aveva detto. Meno sofferenze in futuro, perché, lei ne era certa, non sarebbero potuti durare: presto o tardi avrebbero finito per divorziare, e magari a quel punto ci sarebbero stati dei bambini e sarebbero stati loro a pagare lo scotto di quelle nozze che, lei ne era certissima, Ryo aveva insistito per avere al più presto possibile proprio perché consapevole che, diversamente, se la sarebbe fatta addosso e avrebbe mandato tutto al diavolo.

Ryo si era limitato ad assecondarla, certo che lei avrebbe finito col ripensarci e ammettere di aver detto un mucchio di stronzate. Pensava davvero che la separazione le avrebbe fatto capire che erano fatti per stare insieme.

Non aveva avuto dubbi nemmeno quando lei gli aveva annunciato (al telefono) di aver vinto un concorso per un corso di formazione presso il miglior laboratorio forense del Giappone, a Chiba, della durata di un anno, che le avrebbe aperto nuove possibilità di carriera. Lei aveva scelto di trasferirsi lì: molto più comodo vivere là che dover fare quasi sessanta chilometri tutti i giorni.

Ryo si disse che non sarebbe partita: alla fine, l’amore che nutriva per lui avrebbe trionfato e lei ci avrebbe ripensato, avrebbe rinunciato a Chiba e sarebbe tornata da lui, sarebbero tornati insieme e alla fine si sarebbero sposati, vivendo, contrariamente a quanto lei diceva, per sempre felici e contenti.

Invece, alla fine, se n’era andata, valigia in mano - la stessa che aveva preparato per partire per la loro luna di miele, probabilmente. L’aveva disfatta, almeno?

Si disse che non sarebbe durata una settimana a Chiba, che un giorno lui sarebbe tornato dal distretto e se la sarebbe trovata rannicchiata sul tappetino, davanti alla porta di casa (perché, dopo il fidanzamento, avevano vissuto pochi giorni insieme, e a lui non era nemmeno mai passato per l’anticamera del cervello che lei potesse volere le chiavi, e aveva sempre posticipato) a piangere che lei senza di lui non poteva stare. L’avrebbe baciata, avrebbero fatto l’amore, sarebbero tornati insieme e si sarebbero lasciati tutto alle spalle.

La settimana era passata, e lei non era tornata.

Erano venute le feste, e lei aveva preferito rimanere a Chiba.

Il compleanno del fratello. L’anniversario di morte del padre. Quello della madre.

Nulla di nulla.

I giorni erano divenuti settimane, le settimane mesi- ed adesso era passato oltre un anno- un anno che, Ryo si rifiutava di ammetterlo ad anima viva, per lui era stato a dir poco orripilante. Beveva, mangiava, usciva, frequentava un mucchio di donne con cui non combinava mai nulla, ma era tutto come un susseguirsi di gesti automatici, senza alcun coinvolgimento emotivo, più per dare l’impressione di stare bene che perché se la sentisse di spassarsela.

Alla gente che glielo chiedeva diceva di stare bene ed essere in forma smagliante- era stato lui il povero cristo mollato, quindi era per lui che gli amici si preoccupavano, nonostante comprendessero il perché della decisione della giovane donna - ma in realtà, si sentiva come uno straccio. Per questo era lì quel giorno, al Cat’s Eye Cafè, ad attenderla per la festa a sorpresa che gli amici ed i colleghi le avevano preparato.

Per rivederla. Per guardarla in faccia. Prima, le avrebbe dimostrato di essere un uomo forte, fiero, che non aveva bisogno di chiedere nulla, mai; le avrebbe fatto vedere cosa si stava perdendo. E così, avrebbe capito cosa si stava perdendo. Solo allora Ryo avrebbe ceduto, dimostrandole che stavolta non avrebbe mollato: le avrebbe fatto capire che erano fatti per stare insieme, a qualunque costo. Le avrebbe dimostrato che, con tempo e dedizione, sarebbe stato capace di lasciarsi alle spalle la vita da scapolo e abbracciare quella di coppia: le avrebbe dimostrato che poteva e voleva essere un uomo degno di lei.

La porta del locale si aprì con un leggero cigolio, e Saeko entrò, ridendo leggera, seguita dalla ben più giovane collega; Ryo la guardò negli occhi, sorridendole con quell’espressione maschia che denotava sicurezza, e che da ragazzo aveva fatto capitolare tante fanciulle perché trasudava sex appeal.

Si aspettava di vederla arrossire, volgere lo sguardo altrove, timida, ma invece, negli occhi della sua ex fidanzata Ryo vide qualcosa che lo stupì, e lo colse impreparato. 

Pietà? No, non era pietà. Sembrava quasi che lo stesse studiando, valutando, come faceva con le sue stramaledettissime prove.

Ryo aggrottò le sopracciglia, e fece per avvicinarsi alla giovane donna alla ricerca di una risposta ai suoi tanti, troppi interrogativi, ma prima che la potesse approcciare un altro uomo le fu accanto; doveva avere all’incirca l’età di Kaori; capelli castani così chiari da tendere al biondo, occhi scuri dall’aria vispa ed intelligente, alto, atletico, serio e composto, indossava un completo grigio sì dall’aria anonima, ma anche costosa, e guardava la sua compagna come se fosse la cosa più preziosa che potesse esistere sulla faccia del pianeta, come se lei e lei sola fosse importante; teneva una mano sul fianco di lei, poggiata non con il fare possessivo che Ryo aveva tenuto durante la loro breve relazione, ma delicato, quasi volesse indicare che lei era sì sua, ma lo era per scelta della donna.

Sembrava un uomo raccomandabile ed adorabile, e Ryo provò un’immediata antipatia a livello di pelle: decisamente, lui e quel tipo non sarebbero mai stati amici.

Fu allora che lei si morse le labbra, quasi timida, non imbarazzata dal fatto che quell’uomo la stesse sfiorando, ma disabituata a pubbliche manifestazioni di affetto simili in generale; lo aveva fatto anche con lui, in passato, e Ryo l’aveva spesso presa in giro, dandole della sciocchina perché si vergognava che lui esternasse il suo desiderio per lei attraverso dei gesti che potevano sembrare piccoli e innocui, ma che per lei erano tutt’altro.

L’uomo gli sorrise, non in modo crudele, ma tutto sommato gentile, affabile- incuriosito, quasi - e vedendo Ryo avvicinarsi gli offrì la mano, che il detective afferrò, e la strinse- guardando tuttavia lei negli occhi, e non l’uomo che, con grande orrore del poliziotto, si stava comportando come un essere umano decente e pure simpatico, e non un coglione stronzo senza spina dorsale. Un vero peccato: non che servisse a farglielo piacere di più, Ryo aveva già deciso che quel tipo a pelle non gli piaceva per nulla, ma non gli sarebbe dispiaciuto avere una scusa in più – anche perché, così, almeno non sarebbe piaciuto a tutti, e non solo a lui.

“Piacere di conoscerla, sono Shinji Mikuni… lei è uno dei colleghi della mia adorabile fidanzata, vero?” Lanciò un’occhiata alla donna, stringendo la mano di Ryo con decisione. Aveva una bella stretta, e Ryo pensò che forse – forse – si era sbagliato su quel tipo, che non era il mollaccione nerd che aveva immaginato essere. Ma che, comunque, continuava a stargli sulle scatole.

Ryo strinse i denti stampandosi in faccia un sorriso così falso, che più falso non poteva essere, gli occhi stretti in due fessure, ed il suo cuore perse uno o forse qualche centinaio di battiti; ebbene, sì, alla mano sinistra lei portava davvero un anello di fidanzamento, con un rubino enorme circondato da tanti diamanti – tutta un’altra cosa rispetto alla  fedina sottile con quel singolo diamante minuscolo che le aveva preso lui, certo, ma che perlomeno non era stato una pacchianeria ma un oggetto elegante e delicato che ben si addiceva alle lunghe, affusolate e delicate dita della donna, nonché al suo carattere, dolce e semplice (ed al portafoglio di Ryo).

No, Ryo non stava bene, e forse non lo sarebbe stato mai più… o almeno, non fino a che non avesse di nuovo avuto al suo fianco l’amore della sua vita, o avesse accettato che lei non voleva saperne di tornare da lui, e che Kaori Makimura si era trovata un altro che, a dirla tutta, non faceva decisamente per lei.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: Little Firestar84