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Autore: theastwind    04/09/2021    1 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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54 - Salvi per un pelo!
 
Si godette un’alba tanto splendente quanto bastarda.
Quel sole nascente mentiva spudoratamente dicendo a tutti che sarebbe stata una giornata di bel tempo e invece si stava preparando l’inferno…
Adesso era solo al castello di prua, si sentiva riposato e aveva dormito abbastanza dopo aver riportato Nami in cabina…
Mentre giocavano e si divertivano come pazzi, lei si era addormentata quasi di colpo, cascando su di lui: in un primo tempo, la vecchia volpe aveva pensato si trattasse di un espediente poco originale per abbracciarlo, ma poi s’era reso conto che lei dormiva davvero.
E cercava ancora di smaltire l’emozione ricordando che lei lo stava strozzando per una delle cretinate che diceva:
“Avanti… fammi coprire…” – e gli teneva le mani al collo senza stringere mentre lui rideva come un matto.
All’improvviso, lei aveva appoggiato la fronte alla sua con l’affanno e poi, scivolando con il viso su quello di lui, s’era addormentata di colpo, accasciandosi sul suo petto.
E lui l’aveva tenuta addosso a sé, godendosela per un bel po’, mordendola e baciandola, stringendola e toccandola, sentendosi uno schifo per non riuscire a trattenersi dal desiderarla e dal toccarla; decise di riportarla in cabina solo quando si accorse che stava per baciarla sulla bocca e la passione lo aveva preso così tanto che se avesse cominciato, avrebbe anche finito, con o senza lei…
“Il vero problema – pensava, guardando un’alba da quadro di impressionista – è che io la voglio… non è tanto che lei lo sappia o meno… io non devo desiderarla, ma non ci riesco… - e si perdeva nel ricordo, recente, del suo corpo morbido e caldo, di quelle sue guance lisce e morbidissime che non riusciva a non mordere, del suo seno maledettamente sodo schiacciato contro di lui, delle sue gambe e delle sue braccia coperte da quella peluria leggera e bionda, della sua pelle di pesca profumata… - aiuto… aiutatemi…” – e languiva con la fronte appoggiata al parapetto di prua della nave, vittima della voglia di lei e di quel suo apparato riproduttivo mai domo che, da quando la conosceva, faceva gli straordinari.
“… Mio dio… non è possibile… quanto è bella…” – si disperava.
“Sì è davvero bellissima – disse una voce alle sue spalle con un chiaro tono sarcastico – ma non è il caso di ammalarsi per un’alba…”
E risero tutt’e due, l’uno accendendosi una sigaretta, l’altro battendo ripetutamente la fronte sul parapetto, cercando di scrollarsi il desiderio di dosso:
“Che stronzo che sei… Ben!”
Ma l’altro rideva.
“Ci godi, eh? – e rideva anche lui – Ma sai che risate mi faccio quando capiterà a te!”
“Sì, ma adesso tocca a te! – e sfumacchiò – Comunque è vero: è proprio uno splendore… ti capisco.”
“Dammi una sigaretta… – lo implorò, alzandosi da quella posizione, barcollando verso il suo amico e ridendo di eccitazione – io non so davvero come faccia Rufy a navigare con lei… secondo me, non ha ancora fatto lo sviluppo e quindi vivono tutti in grande fratellanza… sennò non si spiega!”
“Il fatto è – gli disse quel gran saggio del suo vice – che tu sei innamorato di lei… E’ bellissima, ma tu la vedi come una dea e la trovi irresistibile…”
“E’ meravigliosa…” – sospirò, cercando di ricomporsi.
“Allora è proprio vero… - considerò Ben – pensavo fosse solo una diceria e invece è vero che gli innamorati sospirano sempre… guardati: sembri una ciminiera…”
Rimasero un po’ in silenzio e poi il vice disse:
“Sento l’odore della tempesta… pensi che faremo in tempo ad entrare nel porto?”
“Se il vento tiene sì… ma se cala come succede sempre prima di un tornado, rimaniamo fermi davanti all’entrata del porto e siamo spacciati…”
“Ah… e che facciamo?”
“Spero solo di poter usare gli arpioni.” – sospirò il capitano.
 
“Eccola…” – mormorò Nami, guardando quell’esercito di nuvole che si avvicinava velocemente quando, oramai sveglia, uscì dalla cabina e raggiunse tutti gli altri che, a poppa, guardavano inebetiti il cielo che si stava oscurando, il mare che diventava cupo e minaccioso e il vento che saliva tirando le vele e spingendo la nave ad una velocità superiore ai quindici nodi.
“Buongiorno, meteorologa…” – le sorrise il suo amore.
“E’ arrivata… Tra un paio d’ore ci è addosso… - calcolò lei con un filo di voce – tra quanto arriviamo a Caclas?”
“Verso mezzogiorno se manteniamo questa andatura… perdiamo tempo nel virare… - rispose lui concentratissimo – il problema è che il vento deve rimanere costante per le prossime due ore, ma se c’è una cosa che non è costante negli uragani è proprio il vento…”
“Oh… Shanks… e se strappa le vele?” – chiese preoccupata.
“Non m’importa… le tengo su fino a quando non iniziamo la manovra: dobbiamo guadagnare ogni metro sull’uragano… tanto è sicuro che la nave non ne uscirà illesa… guarda che sta arrivando… - indicò con un gesto della mano rivolto alla furia in avvicinamento – l’importante è che nessuno si faccia male o si perda in acqua…”
E si rivolse ai suoi mentre ora il mare cominciava a farsi sentire pure su un galeone grande come il Vento dell’Est:
“Ragà, qua la situazione è nera: Caclas è a meno di due ore da qui e la tempesta ci investirà in pieno tra due ore… in teoria abbiamo tempo sufficiente per la manovra, ma in pratica no… ci sono troppe variabili, perciò tutti ai vostri posti e tenetevi bene. Al mio primo segnale ammainate la Sirena, al mio secondo segnale ammainate Alba e Tramonto e al terzo segnale ammainate tutte le vele… Yassop, Francis e Johnny… tenetevi pronti con gli arpioni di tribordo!”
“Sì capo!”
“Duca e Ascia... voi al timone… io mi avvicinerò e vi darò le istruzioni al momento… tenetevi pronti e attenti: non potrò ripeterlo due volte l’ordine!”
“Ok, capo!”
Si girò verso di lei:
“Mocciosetta... quando il tempo peggiorerà, entra in cabina e restaci…”
“Ma io posso aiutarti…”
“Lo so… mi sei già stata di grande aiuto, ma sul ponte saresti in pericolo e siamo davvero già in troppi… e poi mi avevi promesso che avresti eseguito le mie istruzioni, te lo ricordi?” – le chiese con un dolcissimo sorriso.
“Mhmmm…” – chinò la testa: il suo Rosso aveva ragione, come al solito…
“Grazie… così stò più tranquillo anche perché se cadi, finisci a fondo con quel culone…”
“E basta!”
“Sei sicura di non aver mangiato la frutta del diavolo che, stranamente, ti si è fermata solo nelle chiappe?”
Lei lo pizzicava e lo guardava truce mentre dietro le sue spalle si stagliavano nuvole talmente nere e basse che sembrava toccassero l’albero maestro.
“Rosso… che razza di nomi sono Sirena, Alba e Tramonto?”
“Beh… Sirena è la vela principale e l’abbiamo chiamata così perché un giorno Lucky l’ammainò come la faccia sua e chiusa sembrava una sirena su uno scoglio… Alba e Tramonto sono le due vele laterali di riserva che, al momento della costruzione, volgevano una ad Est ed una ad Ovest… alba e tramonto appunto!”
“Ah… senti… - si ricordò lui – ho cambiato idea… mi puoi essere d’aiuto: quando vai in cabina, tieni l’orecchio teso e cerca di sentire la mia voce – lei ascoltava tutta attenta il tono serissimo del suo Rosso – al mio segnale ti sposti dall’altro lato della nave per bilanciarne i movimenti ed evitare di ribaltarci…” – ma non poté finire per le sue risate e le botte che lei gli rovesciò addosso.
“STRONZO! E io che ti sto pure a sentire! Deficiente! IDIOTA!”
“Ma perché t’incazzi? Fai compagnia a Lucky… finalmente su questa nave c’è chi bilancia il mio amico e riusciamo a navigare dritti sull’asse orizzontale…” – ma lei lo picchiava e lo pizzicava.
Un’onda anomala e particolarmente forte la sbatté contro di lui e finirono abbracciati con i visi attaccati e le bocche vicinissime; le braccia di lei giravano intorno alla vita di lui, i nasi si sfioravano e si guardavano le labbra di colpo arse e secche mentre il battito cardiaco di entrambi era sospeso fino a data da destinarsi…
Persi nei loro respiri contenuti, ma affannati e caldi, a loro sembrò un’eternità, ma restarono così per una frazione di minuto e cioè fino a quando lei, presa dalla passione, strofinò il viso contro quello di lui, chiuse gli occhi e si alzò in punta di piedi per baciarlo, ma Shanks, sfruttando un’altra onda potente che li allontanò, fece leva contro la fronte di lei e si sottrasse per tempo a quella fantastica prigionia…
“Vai in cabina… - le disse con un filo di voce che si perse nel fragore delle onde e dei primi fulmini – è ora…”
E lei scomparve in coperta.
 
Mentre il suo capitano teneva sotto controllo la tempesta, lei languiva sul suo letto con il cuscino tra le braccia e lo baciava, per nulla soddisfatta, cercando di farsi passare il desiderio delle sue labbra…
“Che bocca… - e ripensava a quelle splendide labbra socchiuse che non aveva baciato per colpa di una stupida onda… - oh… ma che sfiga…” – e si dannava, vittima dei languori per quella morbidissima fessura che non aveva potuto assaggiare…
 
Lui guardava l’uragano e, per quanto preoccupato, era convinto che non sarebbe stato mai potente come quello che avrebbe scatenato con lei su un qualsiasi ripiano orizzontale… o anche verticale o obliquo…
“Non mi formalizzo…” - si disse, guardando onde alte come il suo galeone che si stagliavano come grossi muri scuri in tutte le direzioni.
Il vento era selvaggio e le vele del galeone di Shanks il Rosso cominciavano a cedere riducendosi a brandelli, gli alberi erano provati e le cime volavano da ogni parte. La pioggia grossa, pesante e molto veloce e le onde gigantesche e violente contribuivano a trasformare le vele in colabrodo: molti uomini cadevano o scivolavano sul ponte della nave che cambiava continuamente asse, impennandosi e inabissandosi di parecchi metri sconcertando anche quei veterani del mare.
Erano vicinissimi al porto di Caclas ed era tempo di virare…
Il tutto doveva svolgersi in una manciata di minuti.
“Ammainate la Sirena!” – tuonò in tutto il ponte nel fragore della tempesta e, con una certa difficoltà, la vela principale del Vento dell’Est, lacera, si mise a riposo.
Ma Teschio, il responsabile della Sirena, non riusciva a scendere dall’albero maestro:
“Che succede Teschio?” – gli urlò Shanks dal ponte.
“Una cima… il vento mi ha incastrato con una cima!” – e cercava di liberarsi con il coltello, ma la posizione era scomoda; all’improvviso una forte ondata lo fece sobbalzare e perse il pugnale in mare mentre le oscillazioni lo facevano dondolare a testa all’ingiù appeso per una gamba da una cima che non lo mollava.
Sembrava un burattino, un fuscello… dondolava come un pendolo e Shanks non poteva fare niente…
“Cerca di reggerti al maestro quando ti ci avvicini… Yassop!! Vieni qui!! – e quello si presentò all’istante – Riesci a colpire la fune che tiene legato Teschio?”
Quello guardò in alto e poi Shanks.
“Non so…” – non era proprio sicuro di farcela: Teschio ondeggiava di brutto e quasi compiva giri completi intorno all’albero maestro cercando di evitare di prenderlo in pieno e poi la nave oscillava troppo ed era facile perdere l’equilibrio. C’era il rischio di colpire Teschio…
“Teschio!! – lo chiamò Shanks – devo tornare al ponte! Adesso ti libera Yassop!”
“Ma capo!” – Yassop lo guardava sconcertato con un’espressione che voleva dire esattamente: “Ma che cazzo prometti? Va a finire che l’ammazzo!”
Lui se ne avvide e tornò sui suoi passi verso Yassop:
“Fammi capire… pensi di non farcela?” – e il tono non era proprio amichevole.
“Già!” - e guardava il suo capitano zuppo di pioggia e di sudore che parevano trasformare in sangue i suoi capelli che gli volavano da ogni parte per via della furia del vento; lo fissava negli occhi color piombo come le nuvole alle sue spalle.
“E che cazzo ti tengo a fare? Per pensare di non farcela?”
Yassop provò a dire qualcosa, ma il suo capitano l’interruppe:
“E allora sono proprio un deficiente se ti ho permesso di combattere al posto mio con uno dei più grandi tiratori del mondo che voleva la mia testa a Rogue Town… - gli ricordò – eh sì… sono proprio un emerito idiota se ho lasciato che ti battessi con Daddy Masterson!”
L’altro tornò a guardare Teschio, vittima delle onde e del vento:
“Potrei ucciderlo…” – sussurrò in mezzo al fragore dei tuoni.
“Se non lo fai tu, lo farà l’uragano… - rispose mesto Shanks, reggendosi ad una cima per evitare di scivolare su quel ponte che sembrava scosso da un fortissimo terremoto. – Quando ti ho imbarcato sulla mia nave sapevo di prendere il migliore tiratore del mondo! – e cambiò tono, sfottendo - Devi farcela… anche perché sennò la pistola te la metto dove sai tu!” – e rise, andandosene al ponte.
“Spero che Rufy non diventi così idiota… lo spero per Usoop!” – si disse, ridendo il miglior tiratore del mondo.
Shanks corse di nuovo al ponte di comando: con la vela maestra ammainata, la velocità rallentò sensibilmente e fu possibile individuare il braccio Sud del molo, quello più esposto, a poche decine di metri da loro: era formato principalmente da scogli naturali e qualcun altro artificiale.
“Timone!! Venti gradi a tribordo!” – la nave virò verso l’imboccatura del porto e le onde, che prima prendevano la poppa cominciarono ad assalire la parte laterale dello scafo, scuotendo il galeone.
Shanks sapeva che non poteva continuare a lungo e, aspettando il riflusso di un’onda appena passata, ordinò un’altra virata di dieci gradi che, grazie all’onda immediatamente successiva, li spinse quasi nell’insenatura a un centinaio di metri dalle acque calme.
Un fulmine per poco non centrò in pieno l’albero maestro… con il sangue ghiacciato si girò a guardare e capì che, il fragore del tuono aveva coperto il colpo di Yassop che, con la sua mira da campione, aveva centrato in un colpo solo la fune e liberato Teschio. Questi, bianco come un cencio per la paura e lo sballottamento, dopo essere sceso in fretta e in furia dal maestro, vomitò pure l’anima sul ponte.
“Sei grande, Yassop…” – si disse Shanks tornando a guardare la bocca dell’insenatura che era piccola e stava per mancare:
“Ammainate Alba e Tramonto!!” – urlò a squarciagola e la velocità si ridusse ancora e precipitò del tutto perché il vento cessò quasi di colpo lasciandoli in una sorta di bonaccia…
“Oh cazzo…” – Shanks alzò lo sguardo verso il tifone e le due trombe d’aria che, di lì a poco, si sarebbero unite all’oceano chiudendo la gloriosa storia del Vento dell’Est.
“Oh porca puttana! – urlarono due a poppa, vedendo arrivare una cosa gigantesca che superava il concetto di onda per piazzarsi meglio in quello di montagna – che facciamo, capo?”
“Questa la prendiamo… - mormorò lui, impotente – aggrappatevi tutti!! – urlò e la sua voce fu smorzata da una immensa cascata d’acqua che gli precipitò addosso e lo scaraventò a prua facendogli percorrere mezzo ponte della nave a ruzzoloni; sbatté la testa al bompresso a cui si aggrappò con quell’ultimo briciolo di lucidità che aveva.
 
“Shanks… - e si sentiva schiaffeggiare – come stai? Stavi per svenire!” – Lucky era preoccupato visto che non aveva nessun cosciotto in mano: lo aveva dovuto staccare dal parapetto e cercava di capire se avesse ingoiato acqua.
Lui alzò la testa verso il suo amico e da dietro le sue spalle vide precipitare verso di loro l’albero maestro… Diede uno spintone a Lucky che ruzzolò a tribordo mentre lui rotolò a babordo evitando l’albero e, con la testa sanguinante che gli girava, corse di nuovo verso la leva del timone per vedere se erano ancora tutti lì.
Poi si girò verso l’insenatura, la vide scivolare via e si disperò…
“Calmati…” - respirò a fondo, guardando un’altra montagna d’acqua che s’avvicinava.
“Ammainate tutte le vele!!” – e d’un colpo solo tutte le altre rimaste furono chiuse, grazie anche alla quasi totale mancanza di vento che non ancora riprendeva a spirare e avrebbe ricominciato come una furia di lì a pochissimo, buttandoli sugli scogli.
Fortunatamente quella montagna d’acqua era un’onda anomala e non si infranse sul ponte, ma sollevò il Vento dell’Est da babordo spingendolo direttamente nell’insenatura in cui piombò precipitando da un’altezza considerevole, spezzando la parte terminale del bompresso.
“SIII!! – urlò Shanks nel fragore della tempesta – che culo! – ma altre onde arrivavano potentissime visto che non erano ancora nelle acque calme e non avevano virato del tutto: in pratica stavano puntando diritto verso l’altro braccio del molo – timone: venti gradi a tribordo!! – e ancora - arpioni di tribordo! Puntate… Fuoco!”
La virata portò la nave di Shanks a 45 gradi dalla posizione originaria, esponendola al rischio di ribaltarsi per via delle altre montagne d’acqua che sopraggiungevano amichevoli:
“Arpionati!!” – gridò tutto esaltato Yassop la cui mira andava celebrata con i fuochi d’artificio mentre Shanks pensava – “Meno male che ci sei tu…”
“TIRARE!!” – e le bobine del Vento dell’Est presero a trattenere la nave lontano dal molo Nord dell’insenatura mentre lui urlava di nuovo - “Venti gradi a tribordo!!” – e la nave faceva un’altra virata che la rendeva estremamente vulnerabile, ma resisteva senza ribaltarsi.
“Issate Alba!” – urlò mentre Ben, che si occupava di Alba, lo guardò perplesso, ma eseguì.
Alba tornò a gonfiarsi e colse una straordinaria folata da Sud – Ovest che spinse la nave di filato e velocemente dentro la baia nelle acque calme…
“Mollate gli arpioni! Issate Tramonto!” – e la nave recuperò la traiettoria rettilinea in acque calme e con venti ridotti per via delle montagne che giravano dietro la città di Caclas e arginavano la furia dell’uragano…
“Timone venticinque gradi a tribordo!” – e, finalmente, il Vento dell’Est puntò in direzione della banchina immensa di quella città battuta dalla pioggia e dal vento che, però, non poteva immaginare cosa stesse accadendo in mare aperto.
“Ammainate le vele… gettate l’ancora!!” – ordinò, infine, con un filo di voce.
Il Vento dell’Est, logoro e irriconoscibile con cinquanta sfinitissimi pirati a bordo, languiva nelle acque calme, ma battute da una pioggia torrenziale della città di Caclas: gli abitanti, chiusi nelle loro case, non s’erano accorti che erano arrivati i pirati.
   
 
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