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Autore: musa07    08/09/2021    4 recensioni
[KageHina][SkipTime]
"- È alle sette e cinquantasette il treno? -
- Sì. -
- Il biglietto ce l’hai? I documenti anche? -
- Sì. E sì. - cerca di farlo ridere, Shoyo, ma ultimamente è un’impresa davvero titanica.
Tobio lo guarda con sospetto. Lo sa, se ne rende conto. Lo sente, l’ha sentito in quelle 48 ore nelle quali è ritornato a Tokyo, il peso del suo sguardo penetrante su di sé.
È impossibile per lui non capire Tobio. Da sempre. Il suo aggrottare delle sopracciglia, l’assottigliarsi degli occhi...
Non hanno affrontato l’argomento, anche se ha aleggiato sulle loro teste come una pesante spada di Damocle per tutto il tempo. Non per codardia, ovviamente, ma per non rovinare in qualche modo quelle preziose – quante rare ultimamente – ore insieme. A cercare di dar una parvenza di normalità.
E Shoyo aveva ben dovuto affrontare - e sostenere - un altro sguardo solo qualche giorno prima.
- Torni da lui? -[...]"
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io amo proprio farmi del male
a far i calcoli dei tempi e cose simili...
L’algoritmo della NASA che mi son fatta stavolta è il seguente:
Tobio lascia casa IwaOi intorno alle 21.30-22.00,
casa IwaOi è vicino alla stazione centrale,
lo shinkansen Tokyo-Osaka ha una percorrenza di 2 ore e 53 minuti,
il dormitorio Black Jackals è vicino alla stazione centrale a sua volta.

Fine algoritmo.

E chissenne direte voi,
comprensibilmente tra l’altro,
ma ci tengo che le cose abbiano un senso
(più o meno)
anche se è un’opera di fantasia.

Enjoy

 

 

 

4.2 KageHina

 

E Tobio l’ha ben seguito il suggerimento che gli aveva dato Oikawa. Li segue sempre i suoi consigli.
Anche sapendo che è più o meno – più più che meno – una pazzia, ha prenotato al volo dall’app del telefono il biglietto dello shinkansen per Osaka. Così come quello del ritorno per la mattina dopo, all’alba praticamente, in modo tale da arrivare fresco come una rosa (spoiler: per niente!) agli allenamenti.
Non si è minimamente posto il problema di scrivere prima a Shoyo, lo ha fatto solo una volta essersi assicurato di aver un biglietto in tasca.
Sto arrivando, si è limitato a scrivergli.

Quando gli era capitato di leggere o vedere qualche film di serie B nei quali i protagonisti si fanno i veri chilometri pur di stare insieme anche per un’ora soltanto, Tobio ci aveva pensato se lui l’avrebbe fatta una pazzia simile. Ora, non sa dirsi se macinarsi i 18.555 km che separano Tokyo da Rio de Janeiro (o viceversa) possa considerarsi una pazzia. Forse no, dato che quando uno dei due si sparava quelle meravigliose 23 ore di volo, più innumerevoli scali, era sempre per star insieme almeno una settimana piena. Ecco, in quel preciso istante mentre prende posto sullo shinkansen, pronto a farsi quasi sei ore di treno andata e ritorno per stare insieme a Shoyo meno tempo, sì: indubbiamente può considerarla una pazzia. Forse non da lui, del lui di sei anni fa, prima che Hinata Shoyo gli sconvolgesse la vita. Ma ora sì, ora in quel preciso istante sì. Perché deve gridargli quanto lo ami e che se anche Shoyo lo ama ancora, allora avrebbero dovuto lottare insieme.
Ha ragione Oikawa: le cose non dette, i silenzi, a lungo andare diventano macigni. Deve chiedergli, sapere, se Shoyo lo ama ancora. E lo deve sapere guardandolo negli occhi, farselo dire guardandolo negli occhi. Anche se potrebbe far male. Tanto. Ma è inutile tergiversare, è come quando ci si deve togliere un cerotto. Via, si strappa e si soffre quell’attimo, inutile tentar di far piano, diventa una lenta agonia e basta.
Ha paura? Certo che sì. Scalpita per tutta la durata del tragitto, improvvisamente tutta la stanchezza sparita.

E Shoyo sgrana gli occhi quando, rientrato in camera sua con ancora il fiatone in gola, legge il messaggio di Tobio.
No, aspetta… come sarebbe a dire Sto arrivando?!

 

- Kags, che cosa ci fai qui? - così felice e raggiante, non ci può credere! Non che non si aspetti che Tobio la possa fare una cosa del genere ma, tipo wow: l’ha davvero fatto? Si è macinato quasi tre ore di treno per… per lui? E Shoyo si sente fortunato. Amato.
- Che c’è? Non posso venire a trovare il mio ragazzo quando ho voglia di vederlo?- lo parafrasa Tobio sussurrando.
Si guardano per un istante negli occhi, un lunghissimo istante. L’uno legge nello sguardo dell’altro che ha dovuto affrontare e combattere contro dei mostri, dei demoni interiori, e che ora sono pronti ad affrontarli insieme. Rimangono lì, muovendo dapprima un primo timido passo l’uno verso l’altro, per poi riempire quel vuoto in poche falcate, rigettandosi l’uno tra le braccia dell’altro, stringendosi forte, le dita di Shoyo che si serrano convulsamente alla felpa di Tobio mentre questi lo solleva per il sedere per portarlo dentro all’entrata secondaria dell'edificio, per poi appoggiarlo contro la parete nell’androne buio e deserto e baciarlo. Con la forza della disperazione. E nemmeno sanno come ci arrivano alla stanza di Hinata.
Shoyo muore dalla voglia dei suoi baci, delle sue carezze, ne ha bisogno, come mai prima d’ora. Ha bisogno di fare l’amore con lui; non l’hanno fatto quei due giorni, non per mancanza di tempo o di desiderio ma perché sentivano che con quel peso nel cuore sarebbe stato in qualche modo non naturale, forzato. Muore dalla voglia di sentire il suo corpo su di sé, le sua mani, le sue labbra, i suoi sospiri… Ma ha bisogno di raccontare tutto a Tobio, di quello che è successo solo qualche ora prima. Non vuole mettere nei casini Atsumu ma non può non dire a Tobio quello che è successo, non è minimamente contemplata questa alternativa. Giustifica in ogni modo e maniera Miya, lo difende a spada tratta e di questo, una parte di Tobio, gli rende onore.
Ascolta, Kageyama, in religioso silenzio. Sa di aver Atsumu a pochi metri di distanza e questa cosa è altamente pericolosa - perché potrebbe costargli la galera a vita tipo, per omicidio premeditato – sente le mani che tremano, il respiro che si fa sempre più corto, gli occhi di Shoyo che lo implorano silenziosamente mentre parla.
- Scarica la tua ira su di me Kags, ti prego. È anche colpa mia in qualche modo. - lo implora mentre gli prende le mani sulle sue – Lui non ha mai fatto niente, ti giuro. Non si è mai spinto oltre. -
E Tobio socchiude gli occhi, si calma. O almeno cerca di farlo. È indubbiamente lodevole, da parte di Hinata, difendere l’altro in quel modo, addossarsi le sue colpe.
- Sho, tu lo ami? Hai bisogno di qualcuno che non sono più io? Di qualcuno che ti rende più felice, più sereno? Di qualcuno che ti faccia sentire più amato di quanto lo faccia io? -
Son queste le domanda più importanti. Come lo è anche la risposta.
- No Tobio, no. Io amo te. - nega energicamente con la testa e quanto amore e quanta disperazione in quelle parole, in quegli occhi – E nessuno mi ha mai fatto sentir amato come lo fai tu. Fin dal primo giorno e in modo sempre più diverso, più forte. Non dubitare mai di questa cosa. -
E allora la diga si spezza. Quel lungo silenzio durato più di due giorni inizia a parlare. Si raccontano, esprimono le proprie paure, i propri dubbi, con sincerità, con il cuore in mano, senza accusarsi di niente, mentre l’uno asciuga le lacrime dal volto dell’altro con una delicatezza commovente e vedendo la piccola frattura che si era creata in quei due giorni risaldarsi, lentamente, rendendo il tutto ancora più prezioso. 
- Scusami Tobio... Tobio... non volevo farti stare male... - una litania praticamente, interrotta solamente dalle mani calde di Kageyama che gli prendono dolcemente il volto tra i palmi, facendoglielo sollevare fino a quando i loro occhi non si incontrarono.
- Shhh... - mentre gli accarezza dolcemente le guance con piccoli gesti circolari, cercando di calmarlo – Sono qui… non ti scusare... -
Ed ora hanno bisogno di qualcosa che vada oltre alle parole. Non è solo qualcosa di fisico ma di animico. Ed è come fare l’amore di nuovo per la prima volta, con quel desiderio assurdo di appartenersi, di marchiarsi in qualche modo, l’impazienza, il desiderio troppo assopito e placato, ma anche l’estrema cura l’uno dell’altro. Il perdersi ad accarezzarsi non solo con le dita che sfiorano ma anche con gli occhi. È bellissimo, Tobio, Shoyo lo sa che ha stuoli di ragazzine che gli sbavano dietro ma che lui non si accorge di avere, e questa cosa lo fa sorridere.
- Che c’è? - gli chiede l’alzatore.
- Niente, pensavo al fatto che sei bellissimo. -
- B-boke! - con il volto che inevitabilmente si infiamma. Anche se è il suo ragazzo a farglieli, lo imbarazzano sempre molto i complimenti.
Ecco, ora ci siamo! L’ha nuovamente insultato. Ora va davvero tutto bene. La piccola risata di Shoyo si sparge per la stanza mentre lo trascina di nuovo sopra sé per poterlo riprendere a baciare e iniziare a spogliarlo. Ed ad ogni strato di tessuto che cade, salta via anche l’ombra di ogni parola non detta, di ogni silenzio.
Graffiano, leccano, mordono la pelle l’uno dell’altro. Tobio affonda i denti sulla sua spalla con il chiaro intento di marchiarlo – e, forse, di fargli male – per poi passare la lingua dove sono rimasti i segni dei suoi canini, lappando via con cura il rossore che si è venuto a formare nella pelle candida di Shoyo mentre gli ha fatto sollevare il bacino per togliergli l’ultimo intralcio che ancora li separa.
Accarezzano, percorrono con la punta delle dita, con la punta della lingua, con una scia di baci ogni singolo centimetro di quel corpo, di quell’Essere mai perso. Ogni carezza si imprime nell’Anima di entrambi. Ogni tocco è una venerazione, un far sentire all’altro di esserci, sempre e comunque. Una promessa… La promessa tacita che in caso di bisogno, sarebbero state attraversate le fiamme dell’inferno per arrivare a riprendersi e ritrovarsi.
Aggrappato alla schiena tonica del suo Tobio per non perdersi, Shoyo ascolta rapito i gemiti di entrambi aver preso il posto dei sospiri a riempire la stanza.
Ascolta stregato il salmodiare cadenzato del suo nome nella voce dell’altro, sospirato.
Sente una lacrima solitaria rigargli il volto, molto semplicemente perché quello che stanno provando insieme si è fatto nuovamente strada a forza in loro.
Gli intrufola le dita tra i capelli neri scompostamente disordinati, per non permettergli di abbandonare le sue labbra nemmeno per un istante, rendendo più salda la presa allacciandogli le gambe sulla schiena per non lasciarlo andar via da lui. Così come Tobio non gli lascia prender fiato, né respiro, tuttavia attento a non creargli dolore e donargli il massimo del piacere. Shoyo fin dalla loro prima volta ha imparato che Tobio non ha una immensa passione e attenzione solo quando gioca a pallavolo, ma anche quando fa l’amore con lui.
Abbandonando quelle tanto adorate ciocche rosse ribelli, la mano di Tobio risale lungo il braccio dell’altro fino ad incontrarne le dita, per intrecciarle alle sue, nel momento in cui ha percepito di esser entrambi sulla soglia dell’oblio.
- Shoyo… Amore… -
- Tobio… -
L’ultimo mormorio. L’ultimo sospiro. Il perdersi insieme. Lo smorzare i gemiti l’uno sulla spalla dell’altro, mentre tentano di riprendere fiato con Shoyo che lo tiene bloccato per i fianchi con le gambe – vuole ancora sentirlo dentro di sé.
Si solleva da lui e porta lo sguardo sul suo volto, Tobio, e ammira quel viso arrossato dallo sforzo dell’orgasmo, i morbidi ciuffi rossi scomposti. Si sente così stanco ora…
Delicatamente esce da lui, lo ripulisce con cura, in devoto silenzio fino a quando Shoyo non gli prende il volto tra le mani, obbligandolo a guardarlo negli occhi.
- Ti amo… - gli sussurra prima che Kageyama si distenda supino e lui appoggi la testa sul suo petto, lasciandosi accarezzare i capelli.
- Ti amo anch’io. - sospira.
E per un attimo c’è silenzio mentre continuano a sfiorarsi lievi. Almeno fino al momento in cui Shoyo non inizia ad annusarlo attento.
- Tobio? -
- Hum? - stringendogli delicatamente la spalla, gli occhi socchiusi.
- Hai un odore non tuo addosso. -
- Hum…? - corruccia le sopracciglia, dubbioso, poi l’illuminazione - Deve essere quello di Oikawa. -
- Come sarebbe a dire? - ridacchia piano Shoyo, mordicchiandogli il mento.
- Avevo i suoi vestiti addosso, me li ha prestati quando sono stato a casa sua prima di venire qui. -
- Kags? - ride – Puoi darmi una spiegazione convincente sul fatto che tu fossi a casa di Oikawa, ti sia levato i tuoi vestiti e poi Oikawa ha dovuto prestartene dei suoi che non sia che il Daio-Sama ti ha strappato i tuoi di dosso. -
- Imbecille! C’era anche Iwaizumi. -
- Non è che mi rincuori molto questa cosa – scherza – anzi: la situazione sta indubbiamente prendendo una piega molto inquietante e grottesca. -
Ridacchiano piano, mentre le gambe si intrecciano tra di loro, si continuano a schioccare baci, è come se si fossero risvegliati da un lungo sogno nebbioso, si stringono e il sonno li coglie prima di quanto vorrebbero. Lottano disperatamente per restare svegli, per bearsi ancora l’uno del contatto dell’altro, ma alla fine la stanchezza per le emozioni fisiche e spirituali che hanno provato, li sopraffa.

E l’Alba, beffarda, arriva troppo presto...
Shoyo, con una non meglio precisata palla di capelli arruffati in testa, si mette seduto sul letto, lo abbraccia da dietro mentre lui è intento ad infilarsi la felpa, dopo averla raccattata da dove era stata lanciata solo qualche ora prima.
- Tobio… - mugola, strofinandogli la testa sulla schiena e lui ride piano, gli posa le mani sulle sue. Per fortuna ha messo la sveglia quei minuti prima che gli hanno permesso di svegliarlo dolcemente, quei minuti di ulteriori dolci coccole.
- Diciamoci sempre tutto, Kags… -
- L’abbiamo sempre fatto. E da questa esperienza abbiamo capito che dobbiamo continuare a farlo. -
Riesce a voltarsi per poterlo baciare un’altra volta. E un’altra. E un’altra ancora.
Il sorriso di Tobio, così raro in lui, è la miglior medicina di sempre per Shoyo.
- Ti accompagno alla stazione… -
- Stai dormendo in piedi, amore. - ridacchia.
- Mi piace quando mi chiami “amore”. - mentre si strofina gli occhi e sbadiglia ripetutamente.
- Dormi. - gli rimbocca il lenzuolo e gli posa l’ultimo bacio.
- Cerca di riposarti anche tu. -
- Sì, adesso nello shinkansen mi sparo tre orette di sonno, tranquillo. -
- Chiamami appena sei sul treno. -
- No, ti scrivo, così continui a dormire. -
- Mmm… - è il mugolio che riceve di risposta, chiaro segno che se Shoyo lo accompagnasse in stazione, con tutto il sonno che ha, sarebbe capace di perdersi anche nel binario stesso.
Poi un altro suono non meglio articolato e Tobio si siede sul letto e si abbassa per sentire cosa abbia detto l’altro.

Grazie… Per aver creduto in me… in Noi...

 

 

4.3 Finale andante con brio
 

Tobio, nel silenzio più totale nel quale verte il dormitorio, chiude la porta cercando di far meno rumore possibile, si gira e…

- Oh-oh… Ma guarda: Tobio-kun. Qual buon vento?-
E, no: Atsumu non crede che questa volta la sua scaltrezza arrogante lo salverà, né tanto meno la sua faccia di bronzo. Anzi, è quasi certo che se la vedrà saltare. Soprattutto vedendo come Kageyama ha inarcato il sopracciglio sinistro a quella battutina fulminandolo con lo sguardo e questo basta, non serve che dica altro, la sua espressione parla per lui.
Si studiano, senza avere una rete davanti a separarli questa volta. Le altezze ormai sono simili, nessuno dei due deve sollevare o abbassare lo sguardo per arrivare agli occhi dell’altro.
Le espressioni sono indubbiamente differenti. Miya ha la sua faccia da schiaffi delle migliori, quella che addotta sempre quando vuole mostrarsi strafottente e sicuro di sé, quella di Kageyama è granitica. E Atsumu la sta ben cercando di decifrare la sua espressione, a cercar di capire cosa e quanto l’altro sappia, ma è più che certo che sappia tutto. E allora l’espressione cambia, si fa più dura, più tagliente. Ok, forse ha sbagliato ieri sera sul tetto quando ha cercato di baciare Shoyo ma non si sarebbe mai perdonato con se stesso se non ci avesse provato. Solo, vallo a spiegare al ragazzo del suddetto Shoyo una cosa del genere.
Tacciono. La tensione è davvero più che palpabile. Sono come due tigri in gabbia.
- Miya! Ti sei dimenticato il tuo disgustoso spazzolino da denti pieno di germi e di batter… oh… Kageyama… -
Sakusa, uscito come una furia dalla propria stanza, si ferma con ancora lo spazzolino dell’altro a debita distanza e nella mano inguantata, li fissa entrambi, porta lo sguardo ora sull’altro ora sull’altro. Non sa di chi prendere le parti. O meglio: sa che è Atsumu dalla parte del torto, marcio, ma in qualche modo lo ha capito. Sa quanto sia impetuoso e di come cerchi sempre di ottenere ciò che vuole. Non lo giustifica, certo, anzi: lo prenderebbe lui a testate se potesse ma quel minchione si era preso una cotta mostruosa e non può biasimarlo per aver provato a far volgere le cose a suo favore.
D’altra parte non osa neanche lontanamente immaginare che dolore sordo debba aver provato Kageyama all’idea di poter perdere la persona che ama.
Si trova in questa situazione d’impasse quando è un’altra porta quella che si apre alle loro spalle.
- Ohh, adesso vado a fare la cagata del secolOHMIODIOKAGEYAMA! -
I soliti mille decibel di Bokuto. Il quale lancia uno sguardo veloce ai tre, posando poi infine lo sguardo su Kiyoomi e vedere il suo compagno di squadra, di solito sempre così imperturbabile, interdetto non è per lui indubbiamente rincuorante. Muovendosi piano si pone al fianco di Kageyama, sa di essere fisicamente molto più forte di lui, e in caso di necessità è pronto a placarlo.
- Perché non riuscite a parlare con un tono di voce umanamente sopportabile? Soprattutto di prima mattina. - stavolta è la testa di Akaashi che fa capolino dalla stanza di Koutarou e anche se lui è uno bravissimo a dissimulare la sorpresa, rimane disorientato quando vede Tobio, capendo al volo la situazione.
- Ma che succede qui? -
Ecco, quadretto completato.
E Shoyo si sente morire. No, è davvero sicuro che il suo cuore si sia fermato per più di un istante.
Con lo sguardo letteralmente terrorizzato, gli occhi nocciola sgranati, porta lo sguardo ora a Tobio ora ad Atsumu. Doveva prendere in considerazione che si potesse verificare una condizione simile!
- Tsum-Tsum scusa ma tu da dove arrivi? - il cervellino di Bokuto si è messo in moto.
- Ho passato la notte da Omi-Omi. -
- Perché hai passato la notte con Sakusa?! -
- Bokkun, per favore non complicare ancora di più le cose. - sta quasi per scappargli una risatina isterica ma non molla nemmeno per un istante gli occhi blu di Tobio.
-
 Signori, se ci potete scusare un attimo e lasciarci da soli. - dice alla fine Atsumu con il suo solito fare teatrale.
Koutarou si è spostato al fianco di Hinata e gli stringe delicatamente un braccio, per riportarlo nella sua stanza, dove non lo lascerà solo, ben si intende. Ma Shoyo non molla gli occhi da quelli di Tobio almeno fino a quando questi non li porta su di lui, facendogli un piccolo gesto con il capo, a fargli capire che può stare tranquillo.

- Ho uno shinkansen da prendere al volo. - professa nel momento in cui sono rimasti soli uscendo dalla porta sul retro, incrociando le braccia al petto.
- Sì, ed io un diretto da prendere in faccia. Me lo meriterei magari. Anzi, a tal proposito Tobio-kun, se proprio mi devi colpire, potresti evitare il volto? Sai, ci tengo al mio bel faccino. - fare il minchione è in qualche modo il suo meccanismo di difesa preferito. Ma Tobio non sembra gradire per niente. Anzi… E allora Atsumu si fa serio e cambia completamente anche l’espressione del volto oltre che del tono.
- Tobio non pensare che io mi sia preso gioco di Shoyo-kun. -
- Ti avrei ucciso veramente in quel caso. - la voce è glaciale e istintivamente ha mosso un minaccioso passo verso Miya, che però non arretra e continua a parlare.
- Non ti dirò che mi dispiace o che mi pento, perché mentirei, in parte. Mi dispiace di averti in qualche modo mancato di rispetto, questo sì, di aver pensato solo ed unicamente a me stesso. -
- L’hai destabilizzato, l’hai fatto star male con il tuo egoismo! - e la distanza che li separa ora è colmata e Tobio afferra Atsumu per il bavero della tuta e lo spinge di prepotenza contro il muro.
E il biondo incassa l'ennesimo colpo. Sta buttando fuori tutto l’orgoglio che ha, è questo che gli permette di sostenere ancora lo sguardo dell’altro che lo sta ora fissando furente.
- E cosa mi dici di te, Tobio-kun? -
- Chi se ne frega di me, stronzo! - di nuovo le dita si serrano sulla tuta dell’altro – Non voglio che Shoyo soffra. -
- Lui non è così debole. Sa affrontare le cose con una forza ed una caparbietà che è qualcosa di assurdo. -
- Lo so benissimo, cazzo! Lo conosco molto meglio di te. -
Più la voce di Atsumu si mantiene bassa e neutra, più quella di Tobio ora è un concentrato di emozioni.
Il biondo lo fissa per poi iniziare a ridacchiare piano, Tobio, destabilizzato da ciò, molla la presa.
- E allora perché hai avuto paura che te lo potessi portar via? - ed ora l’espressione si fa dura anche nel volto di Atsumu, mentre si liscia le pieghe sul colletto della tuta.
- Tobio, io non ho mai avuto alcuna speranza. Non so se tu l’abbia mai visto Shoyo-kun quando parla di te… di come gli si illumino gli occhi… ed è… - abbassa per un istante gli occhi a terra – ed è una cosa bellissima. Vedervi dentro tutto l’amore incondizionato che c’è dentro. -
Tobio si calma, respira a fondo, riporta le braccia lungo i fianchi.
- Vi invidio sai? Non è così semplice vedere due persone amarsi in questo modo, essere felici in questo modo. Forse per un istante, un lungo istante, mi sono illuso di poter esser guardato con gli stessi occhi. Con lo stesso amore incondizionato. Indubbiamente patetico da parte mia, vivere l’amore di due altre persone. - ridacchia, portandosi una mano tra i capelli a scostarsi il solito ciuffo ribelle. Caccia le mani in tasca e gli passo a fianco, fermandosi.
- Se lo farai soffrire, Tobio-kun, ti giuro che ti vengo a scovare anche nel buco di culo della terra. - gli mormora duro.
A quella minaccia ringhiata Kageyama lo ferma per un braccio senza guardarlo.
- Non ce ne sarà bisogno. - ringhia a sua volta. Si lanciano un ultimo sguardo che in qualche modo sancisce la resa.
- Oh! Qualcuno è dannatamente sicuro di se stesso e della sua unicità a quanto vedo, eh Tobio-kun? -
Miya ridacchia, Kageyama è indubbiamente l’allievo prescelto di Oikawa, c’è poco da fare.
- Tch, senti da che pulpito. Comunque, ho imparato dal migliore. - * è infatti la risposta dell’altro.
 

Atsumu butta fuori l’aria solo quando gira l’angolo. Sarebbe ipocrita con se stesso se non ammettesse che è stata dura.
- Com’è andata? -
- Oh, mio Dio Omi! Perché mi sbuchi sempre fuori all’improvviso cercando di farmi venire un infarto a soli 22 anni! -
Era così preso dal tirare il fiato che non si è accorto di Kiyoomi appoggiato alla parete, braccia incrociate al petto, che lo attendeva.
- Che bella idea, non capisco proprio come ho fatto a non pensarci prima. Ti tenderò agguati ad ogni angolo da adesso in poi. - beccandosi un’occhiataccia di biasimo.
- Comunque, per rispondere alla tua domanda, sono ancora tutto interno. - facendo una piroetta su se stesso per dimostrarglielo.
- Che peccato. -
- Omi… -
Sakusa è in grado di fiutar l’inquietudine nell’animo degli altri a chilometri di distanza e vorrebbe essere in qualche modo di conforto all’altro perché intuisce chiaramente che Atsumu, per quanto cerchi di non darlo a vedere, è comunque turbato dalla situazione che si è venuta a creare e che ha dovuto affrontare, ma non sa da che parte iniziare. Perché l’unica cosa che andrebbe fatta sarebbe un abbraccio (inizia a sudare freddo alla sola idea) o una pacca sulla spalla (già meglio ma gli vengono i conati di vomito solo a pensarci). E allora, che fare?
- Com’era la storia che mi stavo dicendo ieri? Dell’attore di Draco sulla battuta “tu sai leggere?” -
Atsumu si ferma, sbatte le ciglia interdetto per un istante, poi accenna un piccolo sorriso e inizia a spiegare.
Ha imparato a capire che ci sono tanti e diversi modi per prendersi cura degli altri, per dimostrare che ci si sta prendendo cura degli altri.
Così come avrebbe imparato che ci sono diversi modi di amare e di di farsi amare.
 

Anche Tobio butta fuori l’aria. Fa due tre respiri più profondi, sente le braccia che tremano ancora.
Hai i secondi contanti, letteralmente!, ma DEVE andare da Shoyo.
E Shoyo è lì, che lo attende, divorato dall’ansia.
E di nuovo, come la notte prima, il loro abbraccio vale più di mille parole. Promessa ed impegno, con loro stessi, di rendere ogni momento passato insieme, unico e speciale.

Cosa che avevano fatto fino ad allora.

 

FINE


 

*Postilla (secondo la tradizione giapponese, quando qualcuno fa dei riferimenti a te, si starnutisce)
Nel frattempo a Tokyo…
 

Etciuuuu
Tooru si gira nel letto, voltandosi dalla parte di Hajime, rabbrividendo e cercando tepore.
- Trashykawa se hai preso freddo ti ammazzo di pugni. -
La velocità di azione e reazione di Iwaizumi, che passa dal sonno alla veglia nel giro di 0.2, è sempre qualcosa di sorprendente.
- Iwa-chan son 23 anni che mi minacci di morte pestandomi, potresti cambiare tipo di minaccia? -
- Hah?! -
E quel tono fa venire i brividi a Tooru ogni volta, meglio tenersi cara la vita e tacere. Si accoccola meglio tra le braccia dell’altro, dove Hajime l’ha ulteriormente stretto a sé bruscamente quando l’ha sentito letteralmente ghiacciato. L’alzatore mugola tutto felice, stringendosi a lui.
- Iwa-chan… - gli soffia delicatamente sul collo, con tono di voce suadente, intrufolandogli le mani sotto alla maglia per iniziare ad accarezzargli la schiena in punta di dita – dato che ormai siamo svegli che ne dici se… -
- E poi ti domandi perché ti minaccio di pestarti sempre e comunque… hai le mani ghiacciate. -
- Ma Iwa, insomma! La mia era una proposta p0rn. -
- L’avevo capito, idiota! -
- E quindi...? -
Ma non riesce neanche a finir la frase che l’altro l’ha già fatto scivolare sotto di sé, in una chiara risposta.

 

FINE (davvero stavolta)

 

 

Ecco, adesso sono in lutto… sindrome da calzino spaiato. Dovrò ammazzarmi di rewatch (parte centocinquantamila) delle prime due stagioni, magari, per l’occasione, rileggermi anche il manga. *fissa la parete bianca davanti a sé*
E niente, con questa minilong mi sono innamorata ancor di più della KageHina. E finalmente son riuscita a regalare loro un rating arancione non sbiadito MUAHAAUHAUUU

Le ultime parole in mezzo a questi miei deliri senza senso, sono per tutti VOI che avete avuto la pazienza e la carineria di seguirmi fino a qui. Grazie, di cuore.

 

 

   
 
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