1) La donna misteriosa
Era bastata quella semplice domanda, quando
tutto sembrava perduto, a ridarle quel respiro che le si era spezzato in gola.
Si voltò rapidamente. Il volto dell’uomo, illuminato debolmente dal gioco di
luci ambrato di una insegna sopra le loro teste, esprimeva profonda calma. Lo
sguardo fisso su di lei la squadrava con fare interrogatorio. Il tipo imbranato
di poco fa non c’era più…
– Sei
tu City Hunter, vero? – biascicò con
tono gutturale dopo alcuni istanti senza mai interrompere il contatto visivo. A
risponderle un sorriso canzonatorio, quasi divertito dalla riverenza della
audace sconosciuta.
– Dipende,
perché me lo chiedi? – rispose lui avvicinatosi senza troppi convenevoli. Genuinamente
divertito e incuriosito da quell’incontro, cercava nelle parole della donna un
senso al tutto. Dapprima aveva finto durante il tragitto di perdersi varie
volte per testarne i riflessi e l’approccio, poi, compreso di non essere in
pericolo s’era deciso ad agire. Non si trattava d’una professionista, questo il
suo verdetto: i movimenti erano tutti sbagliati, nessun sicario degno di questo
nome si sarebbe fatto fregare così.
– E devo dire, – riprese a pochi passi da lei:
–Non mi dispiace essere seguito da una bella pretendente, ma così è un po’
troppo, no?
– Mi
dispiace, non avevo altro modo di contattarti. Sono giorni che ti cerco… –
rimandò imbarazzata indietreggiando di qualche passo.
–
Dannazione!
– C-cosa?
– Kaori
questa me la deve spiegare! – sbottò senza alcun apparente senso logico, – Se
si tratta di un altro episodio de “I casi li scelgo io” me la pagherà cara! –
Era lei quella dannatamente confusa ora. Come un novello Mr. Hyde, quell’uomo,
il leggendario City Hunter, s’era trasformato in pochi istanti ai suoi occhi in
un bambino lagnoso. Che mi stia sbagliando?
Lo vide ricomporsi rapidamente, come il
migliore degli attori di scena, dopo attimi di inconsolabile sconforto. Una
scena davvero surreale, forse fin troppo. – Tutto bene? – domandò flebilmente
venendo però ignorata. Fece per attirare la sua attenzione quando d’improvviso si
ritrovò le spalle circondate dal braccio dell’uomo che, ritrovato lo spirito
migliore, aveva cominciato a borbottare a bassa voce di pagamenti in natura e
di come fosse stata fortunato nonostante tutto. – Allora, andiamo? –
Camminarono lentamente per un po’, e come
prevedibile lo sweeper più famoso di tutti non aveva
perso tempo nel provarci spudoratamente; lei rispondeva perlopiù con timidi
sorrisi a quei maldestri tentativi, quasi più per non irretirlo. Sembrava
seguirlo sotto pilota automatico e la cosa gli era suonata sempre più sospetta.
Al massimo mormorava di tanto in tanto d’essere grata del suo aiuto. – Come ti
chiami? – domandò intenzionato a capirne di più.
– Kyoko Sato.
Si presentò a sua volta, – Ryo
Saeba.
Non gli ci volle molto per notare varie
criticità in tutta quella faccenda: pedinare qualcuno sotto la pioggia battente
era stata una impresa degna di una notte disperata e non solo; il volto pallido
della donna, bello a suo dire nonostante la fatica che ne solcava i tratti,
narrava ben più di quanto non avessero fatto le poche parole pronunciate. L’aveva
fatto per fiducia? Fiducia in cosa? Era tutto così surreale. In qualche modo sperava
si tradisse o probabilmente erano le solite premure del mestiere a confondergli
i pensieri. – So che sembra assurdo, – enunciò Kyoko anticipandolo – ti starai
domandando cosa ci faccio io qui con te e perché ti stia seguendo senza fare
storie… dopo averti pedinato.
Ryo sorrise ancora una volta. – Sì, hai ragione
me lo stavo proprio chiedendo. Non credo di averti mai visto prima, e fidati se
ci fossimo già incontrati me ne ricorderei – concluse scanzonato.
Erano oramai distanti dalla zona caotica del
quartiere, le luci vivide dei tanti locali e il chiacchiericcio di chi cercava
una nuova avventura avevano lasciato posto alla tranquillità di strade deserte,
strade dipinte da una leggera nebbia che s’alzava abbracciando qualunque
particolare dell’orizzonte. In lontananza una sirena gridava ai quattro venti
d’un crimine impunito. Sarebbe stato così semplice perdersi quella notte e non
ritrovarsi. Di tanto in tanto Ryo lanciava uno
sguardo alla minuta figura al suo fianco e pensava a cosa avrebbe fatto Kaori
una volta tornati: credeva di certo che si sarebbe arrabbiata per essere stata
“scavalcata” nell’accogliere un caso senza il suo parere. Tuttavia era sicuro
che anche lei, fosse stata al suo posto, non avrebbe mai ignorato un grido
d’aiuto.
Kaori è una persona speciale, sì, speciale era l’unico termine abbastanza
semplice che riusciva a pronunciarsi al momento. Solo lei era capace di disarmarlo
ogni volta come nessuno, solo lei era capace di metterlo dinanzi alla sua
umanità, alla fragilità che tanto ostacolava e ai sentimenti che piano piano
aveva iniziato a provare nei suoi confronti.
– Vedi, Ryo –
riprese Kyoko a fatica, destandolo dai suoi pensieri– s-sei stato proprio tu a
salvarmi la vita tempo fa. Vorrei dirti di più ma ho bisogno di sapere che mi
aiuterai.
– Capisco – la interruppe l’uomo senza molte
cerimonie poco prima di svestirsi del suo impermeabile e di coprirla come
possibile, – ora fanno due le volte in cui ti ho salvato la vita e se
necessario ce ne sarà una terza - terminò indicando uno stabile non molto
distante. – Siamo quasi arrivati, pensi di farcela? Mi racconterai tutto una
volta al caldo.
****
Kaori odiava quei momenti di solitudine
forzata, i soliti momenti dove era costretta a maledire la stupidità dell’uomo
di cui si era innamorata. Non tanto perché le fosse difficile rimuginare sui
propri sentimenti, chiari e definiti da tempo, ma perché osava, probabilmente
arrogandosi un diritto non suo, di riflettere su quelli di Ryo
nei suoi confronti. Decifrarlo era una impresa titanica, e qualvolta le
sembrasse di aver afferrato un nuovo piccolo particolare del suo essere, lui era
subito pronto ad addugliare la cima che le aveva lanciato in un momento di sincerità.
Sarebbe stata un’altra notte insonne, lo sapeva benissimo. Distesa sul letto
guardava abulicamente il soffitto senza trovare pace. Tra le crepe
dell’intonaco cercava chissà quale risposta ai suoi problemi, una nuova pagina
per sfuggire al solito copione fatto di arrabbiature, urla, pianti e gelosie
represse.
Avrebbe voluto almeno per un giorno poter
navigare nei suoi pensieri e riemergerne consapevole: voleva sapere una volta
per tutte, ma tutto ciò non era possibile. Si rigirò un paio di volte prima di
alzarsi. Neanche a farlo di proposito udì Ryo
rincasare poco prima di uscire dalla sua camera. Era tentata di ignorarlo, di
richiudersi dentro per non mostrarsi a lui in quello stato pietoso. Poi
l’inaspettato: – Kaori, Kaori dove sei!
Perché sta urlando?
Senza farsi chiamare una volta di più fu in un
lampo da lui. La scena che le si palesò di fronte era quanto meno potesse
immaginarsi. Temeva si fosse ferito, non di certo che custodisse tra le braccia
una donna esanime, lì in casa loro dopo una notte brava. – Ryo,
cosa diavolo?!
– A dopo le domande, è svenuta poco prima di
rientrare… credo si sia presa un bel malanno – le rispose lo sweeper, smorzando così ogni principio di discussione
incombente. Kaori, capita la serietà della situazione, non si fece pregare due
volte. Una volta trasportata la povera donna nella sua camera entrò subito in
azione. Di fronte a lei, inerme, c’era una persona che necessitava del suo
aiuto e avrebbe fatto del suo meglio:
– Ci penso io a lei. Devo metterla al caldo.
Ha i vestiti completamente fradici- sussurrò cercando di non tradire la sua
apprensione. - Sono di là se hai bisogno di me –
Una volta svestita la sconosciuta, Kaori non
poté fare a meno di notare alcuni segni sospetti su di un fianco, probabilmente
dovuti ad un urto, o peggio, a un combattimento. – Chissà quante ne hai
passate… – mormorò. In poco tempo fece
in modo di rivestirla con abiti asciutti, per fortuna le due erano di
corporatura simile e non fu un problema farle indossare un suo pigiama.
La donna
dormiva profondamente, solo di tanto in tanto aveva sibilato parole senza senso
prima di acquietarsi definitivamente in un sonno ristoratore una volta presi
gli antipiretici. Kaori, seduta ai piedi del letto la osservava quasi
trattenendo il respiro pur di non disturbare e più la osservava più cresceva in
lei un misto di gelosia e dolore. L’ennesima bella donna tra le braccia di Ryo…
Si sentì dannatamente in colpa solo per aver
pensato a cose del genere in un momento così inopportuno. Quasi come se fosse
una ladra che vien scoperta sul luogo del misfatto scappò via scomposta dalla
stanza. Doveva parlare con lui.
Lo ritrovò seduto sul divano a braccia
conserte. Gli occhi fissi nel vuoto. A terra, poco distante il suo impermeabile
grigio, anch’esso appesantito dalla pioggia, quella dannata pioggia che in una
serata aveva portato cambiamenti così improvvisi con sé. Sembrava aspettasse
una sua mossa. – Ryo, possiamo parlare? – esordì
cautamente avvicinandolo. Silenzio. Prese posto al suo fianco prima di
riprendere il discorso, – avrei bisogno di capire –. A quel punto ottenne
finalmente risposta. – Non ho mai visto prima questa donna, Kaori – sospirò lui
quasi si fosse tolto un peso, – dice di chiamarsi Kyoko, mi ha pedinato sotto
la pioggia venuta da chissà dove. Una cosa so. Non è una professionista ingaggiata per colpirmi.
Avessi voluto l’avrei seminata velocemente ma qualcosa non mi tornava–. Kaori
ascoltò in totale silenzio invitandolo con lo sguardo a continuare e così fece.
– Dirai… perché non ha usato la lavagna alla stazione? Bella domanda, me lo
chiedo anche io e non riesco a darmi risposta. A suo dire le ho già salvato la
vita una volta ma io non credo d’averlo fatto, Kaori– terminò tutto
d’un fiato quasi avesse lasciato andar via il flusso di coscienza che lo stava
tormentando. – E se temesse di essere seguita? – suggerì lei, - ho notato dei
segni sul suo corpo dovuti forse ad una colluttazione, magari non poteva
proprio andarci alla stazione.
– Possibile, ma possiamo solo speculare per ora,
dovremo aspettare che si risvegli.
– Le ho dato qualcosa per la febbre, dovrebbe
riprendersi presto e comunque credo tu abbia fatta la cosa giusta se proprio
vuoi saperlo…sai, credevo fosse un’altra delle tue ma… – riprese lei spezzando il silenzio prima
d’accorgersi che ad ascoltarla non c’era più nessuno. Ryo,
infatti, s’era accasciato lentamente su di lei e in poco tempo le gote di Kaori
si colorarono d’un rosso intenso, così tanto acceso da sfidare in intensità la
tonalità della t-shirt del dormiente partner. Fece scudo della sua figura
accogliendolo al suo grembo e prese a carezzargli delicatamente il viso
tracciandone in un percorso immaginario i lineamenti suddivisi in tante piccole
tappe. Non era la prima volta che si prendeva cura di lui in quel modo, spesso
l’aveva visto dormire e non sempre i suoi sogni erano stati tranquilli: puntualmente
il mattino seguente avrebbe sempre voluto chiedere senza mai avere il coraggio
di farlo. Questa non era una di quelle notti: Ryo
dormiva tranquillo, lasciandosi cullare dal caldo respiro della donna. Kaori,
in cuor suo, sapeva benissimo che al sorgere del sole tale privilegio le
sarebbe stato sottratto, il privilegio di condividere momenti del genere.
Quanto avrebbe voluto che tali istanti non fossero rubati al caso e quanto
avrebbe voluto risvegliarsi lei tra le sue braccia, anche per una sola volta. Si
addormentò anche lei poco prima del sorgere del sole, vinta dalla stanchezza.
****
Ci pensò un movimento brusco di Ryo a provocare il risveglio dei due il mattino seguente.
L’uomo cercando di girarsi s’era ritrovato letteralmente sopra di lei,
colpevole poverina d’essersi ritagliata un piccolo spazio al suo fianco vista
la limitata superficie che li ospitava. Per Kaori fu certamente un risveglio inusuale
aprire senza poca fatica gli occhi e ritrovarsi le labbra del partner a pochi
centimetri dalle sue.
La scena risultò ancora più strana agli occhi
di Kyoko, ritrovatasi lì nel momento più inopportuno per puro caso dopo essersi
allontanata dalla stanza di Kaori alla ricerca del suo benefattore.
–
Scusate… non volevo disturbare – proferì con tono impacciato attirando
l’attenzione dei due.
– No, non è come credi! – gridò subito Ryo alzandosi di scatto.
– A me
interessi solo tu! – eccolo, il solito
farfallone all’attacco. Un paio di balzi ed era lì pronto ad affabulare la sua
prossima preda. Eccolo il copione già visto.
– Non mi sembra carino dire certe cose davanti
alla tua fidanzata– lo apostrofò freddamente la “vittima” pizzicando una mano
che s’era avvicinata troppo per i suoi gusti. – Non ci siamo presentate, io
sono Kyoko – continuò poi rivolgendosi all’altra donna a lei sconosciuta. – Io
sono Kaori e non preoccuparti, Ryo è fatto così ma ti
svelo subito come tenerlo a bada.
Kaori, il nome di ieri sera…
– Non mi avrai mai!
Bastò quella semplice minaccia a far scappare
lo stallone di Shinjuku dalla camera per il divertimento dell’ospite che tutto
d’un tratto si era ritrovata a ridere di gusto come non le capitava da tempo. –
E non preoccuparti per il malinteso! Piacere di conoscerti, sono la partner in
affari di quel farfallone.
– City Hunter… un duo?
Fine Capitolo
Comincia qui il mio piccolo cantuccio
dell’autore. Prima di passare ai commenti sulla storia vorrei ringraziare di
cuore chiunque l’abbia letta e le persone che hanno dedicato del loro tempo a
recensirla. Grazie, non mi aspettavo un responso così immediato e positivo. Sto
ancora testando per il font e l’interlinea, spero che la soluzione attuale sia
di facile lettura per tutti voi. Il corsivo per indicare i pensieri non mi fa
impazzire a dire il vero, ma credo che ogni tanto sia un espediente
interessante da utilizzare.
Questa fanfiction nasce in una notte, quasi
dal nulla. Avevo da anni abbandonato il mondo della scrittura e ci sono
ritornato grazie a questi splendidi personaggi che spero di non rovinare
troppo. Per chi mi domandava della connotazione temporale: sarà presto tutto
più chiaro. Credo sia tutto. Alla prossima!